Armamenti
1) Equipaggiamento o rifornimento di armi
2) L'insieme degli attrezzi, congegni e forniture necessari per l'efficienza di un'apparecchiatura meccanica o elettrica, o di un'unità militare
Il documento fondante dell'OSCE, l'Atto finale di Helsinki del 1975, contempla "la necessità di contribuire a ridurre il pericolo di conflitto armato e di malintesi o di errori di valutazione relativi ad attività militari che potrebbero dar luogo ad inquietudine, in particolare in una situazione in cui gli Stati partecipanti manchino di notizie chiare e tempestive sulla natura di tali attività".
Figurano tra tali CSBM lo scambio di informazioni, gli strumenti di osservanza e di verifica e varie forme di collaborazione militare.
Il loro scopo è ridurre il rischio di un conflitto, accrescere la fiducia tra gli Stati partecipanti e contribuire ad una maggior apertura e trasparenza nel campo della pianificazione e delle attività militari.
Inoltre, possono anche fungere da segnali di preallarme di potenziali conflitti.
Il documento fondamentale sulle CSBM è il Documento di Vienna sulle misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza.
Esso promuove fiducia e prevedibilità attraverso misure di trasparenza e di verifica relative alle forze armate e ai principali sistemi di equipaggiamenti.
Il Quadro per il controllo degli armamenti adottato nel 1996 riconosce che il controllo degli armamenti, compresi il disarmo e le misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza, costituiscono parte integrante del concetto OSCE di sicurezza globale e cooperativa.
Il Documento di Vienna, il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa ( CFE ) e il Trattato sui Cieli aperti costituiscono una trama di obblighi ed impegni sul controllo degli armamenti interconnessi e che si rafforzano reciprocamente.
Insieme, concorrono a potenziare la prevedibilità, la trasparenza e la stabilità militare e a ridurre il rischio di un conflitto su vasta scala in Europa.
Il Trattato CFE, inoltre, contempla le limitazioni per i principali sistemi di equipaggiamenti militari in Europa che portarono al processo di disarmo negli anni '90.
Il Foro di cooperazione per la sicurezza è l'organo decisionale dell'OSCE che tratta gli aspetti politico-militari della sicurezza ai quali dà il suo contributo elaborando documenti sulle CSBM, quali i principi regolanti la cessione di armamenti convenzionali e i principi che regolano la non proliferazione.
Il Foro promuove l'attuazione del Codice di condotta relativo agli aspetti politico-militari della sicurezza.
Si tratta di un documento fondamentale per la governance del settore della sicurezza con il quale gli Stati partecipanti s'impegnano a scambiare informazioni sul controllo democratico delle loro rispettive forze armate e di sicurezza.
Il Foro, inoltre, elabora norme e fornisce assistenza pratica per contrastare la proliferazione di armi di piccolo calibro e leggere illecite.
Alcune operazioni OSCE sul terreno lavorano attivamente nel settore del controllo degli armamenti collaborando con i governi nazionali e le organizzazioni internazionali.
Le loro attività comprendono:
rafforzare la gestione delle armi di piccolo calibro e leggere e delle scorte di munizioni convenzionali, compresa la loro distruzione;
sostenere i meccanismi nazionali di controllo sulle armi di piccolo calibro;
prestare assistenza alla bonifica delle aree contaminate da esplosivi;
coadiuvare lo smaltimento delle sostanze chimiche pericolose immagazzinate nei siti militari, compreso il melange, un propellente per missili altamente tossico e volatile;
partecipare alle iniziative nazionali per la raccolta delle armi di piccolo calibro e leggere;
sostenere iniziative volte a ridurre il possesso illegale di armi;
organizzare corsi di formazione e campagne di sensibilizzazione.
L'impegno per il disarmo, il controllo degli armamenti e la non proliferazione rappresenta un elemento qualificante della politica estera italiana.
L'Italia è tradizionalmente attiva su più fronti: in seno alle Nazioni Unite, all'Unione Europea, al G8 nonché nell'ambito dei processi di riesame delle maggiori convenzioni internazionali in materia.
Tra i risultati più importanti conseguiti dal nostro Paese in relazione a tale settore possiamo annoverare l'adozione della Strategia Europea di non proliferazione delle armi di distruzione di massa ( adottata nel corso del semestre di presidenza italiana all'UE nel 2003 ) e la partecipazione alla "Proliferation Security Initiative" ( PSI ) volta all'interdizione dei traffici illeciti di armi di distruzione di massa.
Nel campo del disarmo e della non proliferazione l'impegno dell'Italia si struttura in diversi settori in relazione all'esistenza di differenti categorie di armamenti esistenti.
Solitamente gli armamenti vengono distinti in armi convenzionali ed armi di distruzione di massa.
Le prime, generalmente ritenute legittime, vengono definite "convenzionali" in base a due osservazioni:
possiedono una capacità distruttiva relativamente contenuta
ed hanno effetti discriminanti per cui consentono una maggiore tutela della popolazione civile.
Le seconde, invece, comprendenti armi nucleari, biologiche, chimiche sono accomunate dalla caratteristica di possedere un potenziale distruttivo enorme e, soprattutto, indiscriminato.
* * *
La Chiesa, con tutti i suoi pontefici a partire da Giovanni XXIII con la Pacem in Terris del 1963 ha, con estrema chiarezza, ripetutamente ed esplicitamente denunciato l'immoralità ed i rischi connessi alla produzione e alla proliferazione di armi, sollecitando al disarmo attraverso lo studio approfondito e attento delle modalità per la « ricomposizione pacifica dei rapporti … fondata sulla mutua fiducia, sulla sincerità nelle trattative, sulla fedeltà agli impegni assunti » ( PT 63 ).
Essa ha anche indicato un possibile itinerario per la riduzione degli armamenti, suggerendo l'attuazione di un « disarmo generale, equilibrato e controllato » degli Stati ( Giovanni Paolo II, 1985 ), sottolineando allo stesso tempo l'urgenza della meta da raggiungere da contemperare con la prudenza e la gradualità per conseguirla, affinché non si provochi piuttosto la consegna immediata della vittima nelle mani del carnefice.
Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa afferma esplicitamente che: « Qualsiasi accumulo eccessivo di armi, o il loro commercio generalizzato, non possono essere giustificati moralmente » ( n. 508 ).
Il Catechismo a sua volta dichiara che: « La ricerca di interessi privati o collettivi a breve termine non può legittimare imprese che fomentano la violenza e i conflitti tra le nazioni e che compromettono l'ordine giuridico internazionale » ( n. 2316 ) ed esprime una severa riserva morale nei confronti della deterrenza come mezzo di dissuasione, considerata da molti il più efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni, in quanto comporta un accumulo eccessivo di armi ( n. 2315 ).
Giovanni Paolo II nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1999, aveva espressamente invocato misure appropriate per il controllo della produzione, della vendita, dell'importazione e dell'esportazione di armi leggere e individuali che facilitano molte manifestazioni di violenza, denunciando che la vendita e il traffico di tali armi costituiscono una seria minaccia per la pace.
Infatti esse sono quelle che uccidono di più e sono usate maggiormente nei conflitti non internazionali.
La loro disponibilità, inoltre, fa aumentare il rischio di nuovi conflitti e l'intensità di quelli in corso.
Egli considera una contraddizione inaccettabile l'atteggiamento degli Stati che applicano severi controlli sul trasferimento internazionale di armi pesanti, mentre non prevedono mai, o solo in rare occasioni, restrizioni sul commercio delle armi leggere e individuali.
Nello stesso documento chiedeva con urgenza che i Governi adottassero regole adeguate per controllare la produzione, l'accumulo, la vendita e il traffico di tali armi, così da contrastarne la crescente diffusione, in larga parte tra gruppi di combattenti che non appartengono alle forze militari di uno Stato.
Anche in considerazione delle ingenti risorse destinate agli armamenti e non allo sviluppo, riproponendo la riflessione di Paolo VI in Populorum progressio, nella Caritas in veritate Benedetto XVI invitava l'umanità a figurare un nuovo modello di sviluppo ( n. 21 ), ricordando la responsabilità che grava su tutti gli Stati.
Sia quelli sviluppati che aumentano la spesa militare senza riguardo dei paesi in via di sviluppo.
Sia quelli in via di sviluppo che impongono sacrifici enormi ai loro popoli pur di guadagnare potenza e prestigio sul piano militare.
Concilio Ecumenico Vaticano II |
|
Pericoli e danni, necessità di evitare la corsa agli … | GS 81 |
GS 82 | |
Magistero |
|
Catechesi Paolo VI | 26-8-1964 |
Ritorna il concetto illusorio che la pace non possa fondarsi che su la terrificante potenza di armi estremamente micidiali | |
Sinodo 1971 - La giustizia nel mondo | 30-11-1971 |
La rapida corsa agli armamenti minaccia il sommo bene degli uomini, cioè la vita | |
Messaggio - Giovanni Paolo II | 7-6-1982 |
II Sessione speciale Nazioni Unite per il disarmo |