Ecologia
È la "scienza dell'ambiente" ( dal greco òikos: casa e lògos: discorso ) che studia la corretta convivenza dell'uomo con la natura. L'ecologia indaga i problemi creatisi per l'indiscriminato uso delle nuove tecnologie, man mano che l'uomo è passato dalla sudditanza verso la natura, all'esercizio di un "dominio" padronale sulla Terra e le sue risorse, con la conseguenza di gravi squilibri, degradi, inquinamenti, sprechi, depauperamenti. Per i cristiani la coscienza ecologica di un mondo in cui la sopravvivenza di tutto dipende da tutti, deriva oltre che da una interpretazione scientifica dei guasti dell'ambiente, dalla corretta lettura in senso biblico del "dominio dell'uomo" sulla natura: non padroni, ma custodi, promotori, "compagni" della "casa" che è il mondo. Il verbo "dominare" in Genesi 1,28 non significa l'esercizio arbitrario del potere, ma richiama l'autorità del re responsabile del popolo a lui affidato, che deve essere protetto e condotto alla prosperità. Ciò corrisponde all'idea sottesa ai due verbi "coltivare e custodire" di Genesi 2,15. La terra è data ai "figli dell'uomo" ( Sal 115,16 ) non per essere saccheggiata ma per "essere abitata" ( Is 45,18 ), rispettando e incrementando la bontà e la bellezza del creato ( "E Dio vide che era cosa buona", Gen 1,9 ss. ) e sempre ricordando che la terra è di Dio ( Lv 25,23 ) ed egli l'ha donata a tutti gli uomini. |
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Lo sviluppo di un'etica ecologicaL'attenzione ai problemi ecologici si è manifestata in campo cristiano con un certo ritardo. Per esempio, nel concilio Vaticano II, che si concluse nel 1965, la preoccupazione per l'ambiente era ancora assente, ansi dominava un'ottimistica speranza di progresso grazie allo sviluppo tecnologico. Ora però la questione ecologica è all'attenzione delle confessioni cristiane. Si ricordano qui soprattutto i documenti collegati con il processo conciliare per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato dovuti all'Assemblea ecumenica europea di Basilea del 1989 e all'Assemblea ecumenica mondiale di Seul del 1990. Quanto alla Chiesa cattolica, oltre a diverse prese di posizione degli episcopati nazionali, vanno ricordati il messaggio del Papa per la giornata della pace 1991 e i riferimenti nelle sue encicliche Centesimus annus ed Evangelium vitae. In particolar modo le Chiese e i teologi cristiani sono stati interpellati dalle accuse mosse al cristianesimo, secondo le quali il mandato biblico di dominare la Terra sarebbe stato una delle cause dello sfruttamento indiscriminato della natura. E stato osservato a questo proposito che l'industrializzazione intensiva e sconsiderata, con i suoi effetti deleteri sull'ambiente, si è sviluppata prima e soprattutto nei paesi di tradizione cristiana, mentre presso le culture primitive e orientali si constata un maggior rispetto per la sacralità della vita e dell'ambiente. Rispondendo a queste accuse si è ricordato da parte cristiana che il detto biblico "riempite la terra, soggiogatela e dominate… su ogni essere vivente" ( Gen 1,28 ) è da interpretarsi in rapporto al contesto, in cui all'uomo, creato a immagine di Dio, viene affidata una partecipazione speciale alla forza creatrice di Dio. L'uomo quindi deve esercitare il suo dominio in sintonia con le intenzioni del Creatore stesso "amante della vita". Anzi nel secondo capitolo del libro della Genesi l'uomo risulta come il primo incaricato di Dio per la custodia del creato ( Gen 2.15 ). Non la Bibbia, quindi, costituisce la matrice ideologica per lo sfruttamento indiscriminato della Terra, bensì orientamenti culturali dell'epoca moderna, dal Rinascimento in poi. che spesso si sono sviluppati in contrapposizione al cristianesimo. Se ne ricordano alcuni: un antropocentrismo laicista che assolittizza le forze inventive dell'uomo, un concetto di sapere visto come potere, l'omologazione dell'idea di progresso con lo sviluppo tecnologico, il dualismo fra l'uomo "soggetto" e il mondo visto come oggetto consegnato al suo intervento manipolatorio, il concetto di un'economia tesa alla massimizzazione del profitto. Questo insieme di fattori culturali e ideologici è all'origine di un atteggiamento che ha avuto così nefaste conseguenze sull'ambiente. D'altra parte anche le Chiese cristiane devono riconoscere di non aver sviluppato abbastanza una teologia della creazione capace di contrastare questi effetti. Si è vista la creazione piuttosto come intervento di Dio all'inizio del mondo, invece di coltivare l'idea di un dialogo continuo fra Dio e il suo creato e di evidenziare gli aspetti cristolagici ( il mondo è creato in vista di Cristo per partecipare alla gloria della redenzione ), gli aspetti sacramentali ( nell'eucaristia entra "il frutto della terra e del lavoro umano" ) e liturgici ( il primo atteggiamento dell'uomo riguardo al creato dev'essere quello della lode di Dio, di gratitudine e di rispetto reverenziale ). Naturalmente da questo patrimonio della fede cristiana non si possono desumere immediatamente delle norme ecologiche. La fede costituisce piuttosto un orizzonte globale di comprensione che entra nelle motivazioni profonde dell'uomo, esercita un ruolo critico nei confronti degli atteggiamenti egoistici di sfruttamento indiscriminato della Terra e serve anche da stimolo per ricercare, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, un nuovo rapporto più giusto nei confronti del creato. I comportamenti etici oggi richiestiLe motivazioni di fondo prima richiamate hanno una rilevanza immediatamente etica in quanto concorrono a formare la moralità soggettiva dell'uomo. Le virtù possono così essere riformulate in chiave ecologica: la virtù della giustizia, come sforzo di considerare il grande ordine nel quale siamo inseriti e di coltivare un rapporto riverente con ogni essere creato e anche con le generazioni future; la virtù della prudenza, come impegno costante di ottenere il sapere ecologico adeguato alla nostra responsabilità e di attuarlo anche nelle nostre scelte quotidiane; la virtù della fortezza, come coraggio civile per un impegno corrispondente alle nostre convinzioni; e infine la virtù della temperanza, come parsimonia nell'uso delle risorse e moderazione nei nostri interventi in ecosistemi così sensibili. Sul versante aggettivo della moralità si tratta poi di trovare ciò che è giusto e corretto in riferimento alla tutela dell'ambiente. Bisogna qui innanzitutto partire da certi principi che possono essere condivisi da tutti, in particolar modo il principio della responsabilità ecologica che postula che ogni intervento su un mondo caratterizzato dall'interdipendenza generale ha bisogno di una legittimazione. La nostra libertà è cosi condizionata dall'obbligo di salvaguardare la casa comune del creato. Un altro principio è quello della prevenzione: non è più pensabile di rimediare in un secondo tempo a certi effetti non voluti, ma, per quanto ci è possibile, prima di intervenire dobbiamo prevedere e studiare l'impatto ecologico. Inoltre il principio di causalità esige che chi provoca danni sia anche tenuto a sostenere le spese per evitare, ridurre ed eliminare i danni stessi. Saranno poi da applicare il principio della sussidiarietà, nel senso che a ogni singolo e a ogni comunità spetta di fare tutto il possibile per la propria promozione, come pure il principio della solidarietà, che considera tutto il mondo come famiglia di fronte alla minaccia di un collasso ecologico generale e richiede di considerare il problema ecologico nell'insieme di un ordine più giusto sulla Terra ( anche perché numerosi sovrasfruttamenti ecologici sono conseguenza di ingiustizie economiche globali ). Da queste considerazioni di principio è possibile sviluppare linee guida intermedie, attraverso le quali stabilire delle priorità chiare per i diversi conflitti di interessi: per esempio, si potrà formulare la preferenza per il consumo di energie rinnovabili o per la reversibilità del danni causati all'ambiente. Infine - sempre in un dialogo costante con chiunque si sente responsabilizzato - si deve arrivare anche a norme ecologiche concrete, che nella maggior parte dei casi si presenteranno come norme giuridiche e leggi civili, nazionali e internazionali. Lo sviluppo di un'etica ecologica è un compito affascinante, che si impone alla coscienza di tutti. Le responsabilità sono enormi e molti, constatando la lentezza e l'inadeguatezza degli interventi fin qui fatti, possono essere tentati dalla rassegnazione. Proprio per ovviare a queste tentazioni comprensibili sarà decisivo riferirsi a quel Dio che nella tradizione biblica e cristiana è visto come colui che si prende cura di ciò che ha creato, che anzi in Cristo ha destinato il mondo a un traguardo di felicità che oltrepassa ogni aspettativa terrena. |