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Trattato IV

Le nove condizioni dell'obbedienza

L'obbedienza è la virtù che i religiosi e le persone che vivono in comunità debbono considerare come la più importante e la più necessaria.

È indispensabile che chi gode di questo beneficio e che vuole praticare questa virtù in tutta la sua estensione, sappia in che cosa consiste e quali sono le condizioni che l'accompagnano, senza le quali non si può, in verità, darle il nome di obbedienza.

L'obbedienza è una virtù che aiuta a sottomettere la propria volontà e il proprio giudizio a un uomo che tiene le veci di Dio.

Nove sono le condizioni che debbono necessariamente accompagnare l'obbedienza:

1° che sia cristiana e religiosa,

2° che sia universale,

3° che sia disponibile,

4° che sia esatta e totale,

5° che sia pronta,

6° che sia cieca,

7° che sia semplice,

8° che sia umile e rispettosa,

9° che sia cordiale e affettuosa.

La prima di queste condizioni designa il motivo che deve spingerci a obbedire.

Le tre seguenti si riferiscono soprattutto alle persone a cui dobbiamo obbedienza e alle circostanze in cui si deve obbedire.

La quinta indica il tempo esatto in cui si deve obbedire.

Le ultime quattro, infine, esprimono il modo con cui si deve obbedire.

Le condizioni dell'obbedienza nei loro particolari

1. L'obbedienza deve essere cristiana e religiosa

La prima condizione dell'obbedienza è che sia cristiana e religiosa.

Bisogna, cioè, obbedire per virtù e per spirito di Religione, come a Dio stesso - che rispettiamo e onoriamo nella persona del Direttore che egli ha rivestito della sua autorità - e per il solo motivo di obbedire a lui e di fare la sua santa volontà.

I difetti contrari a questo tipo di obbedienza sono:

1° Non avere mire e sentimenti di fede che portano a obbedire a Dio nella persona del Direttore.

2° Non obbedire a motivo dei difetti che riscontriamo nel Direttore, qualunque ne sia la ragione, anche se essa è, all'apparenza, buona.

Questo ci porta a obbedire a un Direttore piuttosto ci un altro, perché ci è più simpatico, perché è più intelligente, dotto e più distinto.

3° Obbedire solo perché non possiamo fare altrimenti o perché, in caso contrario, saremmo rimproverati e puniti.

4° Preferire tendenze interiori e pretese ispirazioni o anche i nostri gusti che sono però in contrasto con gli ordini precisi o con i consigli che ci vengono dati e prescritti dalla Regola.

Preferire, in una parola, il nostro punto di vista all'obbedienza, oppure i pareri o le opinioni degli altri alle opinioni e ai pareri del Direttore, perché li reputiamo migliori.

2. L'obbedienza deve essere universale

La seconda condizione dell'obbedienza è che sia universale, che ci porti, cioè, a obbedire a tutti: Direttori, uguali e inferiori, senza fare distinzione e, naturalmente, a quanto viene comandato, ovunque e sempre.

I difetti contrari sono: obbedire a un Direttore e non ad un altro, ovvero obbedire al Direttore ma non a chi comanda in suo nome; in una cosa e non in un'altra; in un luogo o in una casa piuttosto che in un'altra.

3. L'obbedienza deve essere disponibile

La terza condizione dell'obbedienza è che sia disposta a eseguire qualsiasi ordine del Direttore.

I difetti contrari sono:

1° Eseguire un ordine piuttosto che un altro.

2° Dare ascolto alle nostre inclinazioni o alle nostre ripugnanze riguardo agli ordini ricevuti.

3° Prevenire il Direttore per indurlo ad accondiscendere ai nostri gusti o proponendogli apertamente le disposizioni da dare perché più confacenti a noi e magari più utili ed esponendogliene i motivi ( sempre per costringerlo ad acconsentire ai nostri gusti e a farci evitare ciò che ripugna ); ovvero estorcendogli permessi per motivi che, anche all'apparenza, potrebbero ostacolare il nostro avanzamento spirituale o il buon andamento della comunità.

Ma noi, purtroppo, non esitiamo a trascurare queste ragioni per andare appresso ai nostri capricci.

4. L'obbedienza deve essere esatta e totale

La quarta condizione è che sia esatta e totale, senza omettere nulla di ciò che crediamo essere la volontà del Direttore, ma non facendo neanche nulla di più, contentandosi di fare quanto ci viene comandato.

I difetti contrari sono;

1° Fare solo una parte di ciò che ci risulta essere la volontà del Direttore o di quanto ha effettivamente comandato, sia per viltà sia perché abbiamo deciso di fare altrimenti.

È risaputo che, in circostanze simili, siamo portati a scegliere ciò che più ci piace - e che maggiormente asseconda i nostri gusti - o ciò che ci infastidisce di meno.

2° Fare di più di quanto il Direttore comanda, fosse anche per motivi di bene.

Il Fratello Direttore comanda, ad es., di pulire una stanza, noi ne puliamo due.

Ci ordina di fare mezz'ora di orazione, noi ne facciamo un'ora, e così via …

3° Eseguire gli ordini secondo il nostro punto di vista e non nel modo che ci è stato prescritto.

Il Fratello Direttore, ad es., ordina di tagliare un oggetto con le forbici e noi lo facciamo con un coltello.

Oppure, adoperiamo uno strumento nuovo, anziché uno usato, che avremo cercato e trovato, col pretesto che il lavoro riuscirà meglio.

E risaputo che, in casi simili, la natura è sempre pronta a trovare pretesti.

4° Eseguire sì l'ordine, ma in un momento diverso da quello indicato dal Direttore.

Ci avrà, ad es., stabilito un determinato giorno o una determinata ora per eseguire un lavoro, e noi, invece, lo facciamo in un altro momento, con il pretesto che quel giorno e quell'ora sono più comodi e anche più adatti di quelli fissati dal Direttore.

5. L'obbedienza deve essere pronta

La quinta condizione dell'obbedienza è che sia pronta.

La prontezza esige che si obbedisca subito, nel momento stesso in cui l'ordine è impartito, al primo sguardo, al primo tocco di campana.

Prontezza significa lasciare una lettera appena iniziata a scrivere e una sillaba iniziata a leggere, lasciare a metà o per un quarto un'azione iniziata, per iniziarne subito un'altra; una parola appena iniziata, durante la ricreazione, quando la campana ne annuncia la fine; troncare la parola che stiamo pronunciando, se suona la campana degli esercizi.

Dobbiamo, insomma, lasciare incompleta qualsiasi cosa - anche se la reputiamo necessaria - tranne che ci abbiano autorizzato a continuarla.

6. L'obbedienza deve essere cieca

La sesta condizione dell'obbedienza è che sia cieca, che non badi, cioè, se quanto ci viene comandato sia buono o cattivo, tranne che esso sia palesemente contrario ai comandamenti di Dio.

Anche se l'ordine sembra dato a sproposito e ci vengono in mente pensieri che potrebbero spingerci a pensare così, neanche allora dobbiamo dare ascolto a questi pensieri e tanto meno metterli in atto.

Dobbiamo, anzi, convincerci che il Fratello Direttore ha ragione e che non c'è nulla di meglio da fare che eseguire i suoi ordini, anche se fossimo persuasi che noi avremmo agito meglio, perché non c'è nulla di meglio ne di più perfetto che fare la volontà di Dio.

Essa, infatti, consiste in una sola cosa: quella che ci viene infallibilmente manifestata dagli ordini dei nostri Direttori.

Ne abbiamo conferma dal Vangelo: chi ascolta voi, ascolta me ( Lc 10,16 ).

I difetti contrari a questo tipo di obbedienza sono:

1° Cercare di capire se la cosa comandata è buona o cattiva.

2° Esaminare se l'ordine è stato dato a proposito o no.

3° Qualsiasi altra riflessione fondata su un ragionamento che potrebbe dare credito all'una o all'altra supposizione.

7. L'obbedienza deve essere semplice

La settima condizione dell'obbedienza è che sia semplice, che ci porti, cioè, a eseguire con semplicità quanto ci viene comandato, proprio perché è comandato, senza preoccuparci di ciò che ci viene imposto e di come potremo eseguirlo e a rinunziare perfino ai pensieri che potrebbero venirci in mente.

I difetti contrari sono costituiti da qualsiasi domanda sul perché e sul come che l'obbedienza non può ne ammettere ne tollerare:

- Perché, ad es., il Direttore dà quell'ordine e non un altro?

- Perché a noi e non ad un altro?

- Perché tollera certe cose negli altri e in noi no?

- Perché comanda tante cose simultaneamente, e addirittura contrarie tra di loro?

- Perché da ordini inutili, ridicoli e fors'anche nocivi?

- Perché è tanto altezzoso e duro quando da un ordine?

- Perché vuole cose impossibili?

- Perché vuole che si facciano tante cose insieme?

- Ovvero rivolgendo domande simili a se stesso, al Direttore o ad altre persone.

8. L'obbedienza deve essere umile e rispettosa

L'ottava condizione dell'obbedienza è che sia umile e rispettosa, senza replicare a nessuno per cercare attenuanti e, magari, per farci dispensare dall'obbedienza.

I difetti contrari sono:

- Replicare, in qualsiasi modo, all'ordine ricevuto.

- Dire o pensare: Non posso eseguire quell'ordine, oppure:

Lo eseguirò, ma non adesso; farò in modo di eseguirlo mentre faccio quell'altra cosa …

- Dire o pensare: Quell'ordine mi infastidisce; non è possibile fare tante cose insieme; è troppo difficile per me; qualcuno ha detto che bisognava fare così; ovvero replicare in qualsiasi altro modo.

9. L'obbedienza deve essere cordiale e affettuosa

La nona condizione dell'obbedienza è che sia cordiale e affettuosa, che ci porti, cioè, ad accettare con gioia qualsiasi ordine e a eseguirlo allegramente e spontaneamente, senza crucciarci di cosa alcuna, anche se essa ci sembrerà difficile o fastidiosa.

I difetti contrari sono:

1° ricevere gli ordini del Direttore con freddezza, con indifferenza o con volto triste e malinconico;

2° angustiarsi per gli ordini ricevuti, eseguirli con distacco, stancamente e, magari, borbottando o palesando avversione per essi;

3° respingere chi dà un ordine o chi ce lo comunica da parte sua o che lo fa eseguire;

4° mostrarsi irritati o risentiti con il Direttore o con qualsiasi altra persona, a causa dell'ordine dato;

5° in una parola, tutto ciò che potrebbe far capire agli altri che siamo scontenti degli ordini dati e molto infastiditi di doverli eseguire.

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