Discorso ai fedeli della Chiesa di Cesarea
L'ardore della vostra carità, voi ben lo sapete, ci ricolma di gaudio.
Per questo esultiamo di gioia nel Signore nostro Dio, di cui dice l'Apostolo: Egli è infatti la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo. ( Ef 2,14 )
Rendiamo dunque grazie allo stesso Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo, il quale ci ha concesso, ancor prima di conoscere ciò che intende fare il nostro fratello Emerito, di comprendere quanto egli ami l'unità.
Ma, intanto, ascoltate i principi, che Dio ha voluto farci udire direttamente dalla sua bocca.
Appena entrò in questa chiesa, fermatosi nello stesso luogo in cui abbiamo iniziato la conversazione con lui, per ispirazione del Signore, che illumina il cuore e governa la lingua, ci disse: " Non posso non volere ciò che voi volete, però posso volere ciò che voglio ".
Notate bene ciò che ha promesso: egli ha detto che non poteva non volere ciò che noi vogliamo; ora, se non può non volere ciò che vogliamo, è perché sa ciò che vogliamo.
Noi vogliamo ciò che anche voi volete, e tutti vogliamo ciò che vuole il Signore.
E ciò che vuole il Signore non è un segreto.
Si legge infatti il suo testamento, con cui ci ha costituito suoi coeredi; ( Rm 8,17 ) in esso si dice: Vi do la mia pace, vi lascio la mia pace. ( Gv 14,27 )
Dunque, presto o tardi, non può non volere ciò che noi vogliamo.
Tuttavia, nella seconda parte della frase, egli ci frappone qualche ritardo: " Posso volere ciò che voglio ".
Proprio così ha detto: " Non posso non volere ciò che voi volete, ma posso volere ciò che voglio ".
Egli può volere ciò che vuole, ma non può non volere ciò che vogliamo.
Vediamo, sì, ciò che egli dice di potere.
Infatti adesso vuole ciò che vuole; ma ciò che ora vuole, non lo vuole Dio.
Che cosa vuole, dunque, adesso? Restare separato dalla Chiesa cattolica, essere ancora in comunione con il partito di Donato, continuare nello scisma, stare ancora dalla parte di coloro che dicono: Io sono di Paolo, io invece di Apollo, e io di Cefa. ( 1 Cor 1,12 )
Ma questo non lo vuole Dio, dal momento che l'Apostolo incalza: Cristo è stato forse diviso? ( 1 Cor 1,13 )
Può dunque volere ciò che vuole, ma per un tempo determinato, cioè finché dura il rispetto umano, non può volere ciò che vuole secondo i postulati della sapienza.
Per il momento ecco ciò che egli vuole, e può volere ciò che vuole.
Ma poiché non può non volere ciò che noi vogliamo, la smetta al più presto di volere ciò che vuole e faccia ciò che vogliamo noi!
Non lasciatevi dunque turbare, fratelli, per qualche piccola dilazione, durante la quale vuole ciò che vuole; pregate piuttosto perché egli adempia ciò che ha promesso, affinché possa volere ciò che noi vogliamo.
E tutti gridarono: "Che sia qui o in nessun altro luogo! ".
Voi, che avete rivelato l'intimo dei vostri cuori con voci acclamanti, aiutateci anche con le vostre preghiere.
Il Signore, che comanda l'unità, ha il potere di cambiare in meglio la volontà.
Ciò che la vostra carità ha gridato: "Che sia qui o in nessun altro luogo! ", noi lo abbiamo riconosciuto e amiamo la voce della vostra carità per lui.
Questo è ciò che anche noi - non per la prima volta, ma da sempre - pensiamo e auspichiamo.
Ed è lo stesso convincimento, cosa fondamentale e necessaria, del nostro fratello e collega nell'episcopato, il vostro vescovo Deuterio.
Da antica data conosciamo bene il suo animo.
Insieme a noi per questo elevò fervide preghiere al Signore con il concilio, nel corso del quale abbiamo fatto una promessa a coloro che sono al di fuori [ della comunione ] e offerto una proposta a questo proposito.
Ormai questa dichiarazione porta le nostre firme.
Noi infatti non siamo così gelosi della nostra dignità episcopale, da osteggiare l'unità.
Diventiamo pure inferiori nella dignità, purché siamo superiori nella carità!
Sappiamo bene come sia doveroso accondiscendere alla debolezza umana, perché si realizzi l'unità.
Se parliamo così, fratelli, non è per insinuare che coloro che permangono nello scisma possano nutrire qualche speranza davanti al Signore.
Molti infatti discutono senza comprendere bene ciò che affermano, poiché dicono: " Se sono scismatici, se sono eretici, perché li ammettono così? ".
Ascoltate, fratelli miei! Se noi li ammettessimo [ così come sono ], allora ammetteremmo anche questo nostro fratello Emerito, buono o cattivo che sia, ma pur sempre fratello.
Dico questo, perché lui sa bene che è stato detto a noi dal profeta ciò che abbiamo ripetuto loro durante la conferenza: Dite: Voi siete nostri fratelli, a coloro che vi odiano. ( Is 66,5 )
Ci odiano, noi crediamo che si debba por fine a questo odio: così, finché odia, ode la parola fratello.
E finché non la smetterà di odiare, questo nome sarà per lui un rimprovero.
Noi, dunque, non li accettiamo così come sono: non sia mai, poiché sono eretici!
Li accettiamo invece come cattolici: sono cambiati, sono accolti.
Purtroppo, a causa del male che è in loro, non possiamo far valere i beni che gli riconosciamo.
Infatti il male della ribellione, dello scisma, dell'eresia è un male che appartiene a loro, mentre i beni che noi gli riconosciamo non sono loro: posseggono beni di nostro Signore, posseggono beni della Chiesa.
Il battesimo non è di costoro, ma di Cristo.
L'invocazione del nome di Dio sul loro capo, quando sono ordinati vescovi, quell'invocazione è opera di Dio, non di Donato.
Io non accetto un vescovo come tale, se, nell'atto dell'ordinazione, sul suo capo è stato invocato il nome di Donato.
Nel soldato vagabondo o disertore c'è il reato di diserzione, ma il carattere militare non è del disertore, bensì dell'imperatore.
Il nostro fratello non è però un disertore, non avendo potuto abbandonare ciò di cui ancora non ha fatto parte, in quanto l'errore del disertore nacque in lui quando lo segnò un altro disertore.
Colui che per primo causò lo scisma e si separò dalla Chiesa cattolica con tutti quelli che trascinò con sé: ecco chi fu il disertore.
Gli altri sono stati segnati dai disertori, ma non col sigillo del disertore, bensì dell'imperatore, poiché il disertore non li contrassegnò con il proprio sigillo.
Che cosa intendo dire con l'espressione: il disertore non li ha contrassegnati con il proprio sigillo?
Donato non ha battezzato nel nome di Donato.
Se Donato, quando creò lo scisma, avesse battezzato nel nome di Donato, avrebbe impresso il carattere del disertore.
E se io, nei miei appelli all'unità, trovassi il sigillo del disertore, mi adopererei per sopprimerlo, distruggerlo, abolirlo, rigettarlo, disapprovarlo, respingerlo, anatematizzarlo, condannarlo.
Ora, invece, lo stesso disertore ha impresso il sigillo del suo imperatore.
Il nostro Dio e Signore Gesù Cristo cerca il disertore, cancella il crimine dell'errore, ma non distrugge il suo peculiare carattere.
Anch'io, quando vado incontro al mio fratello e accolgo il mio fratello errante, ciò che tengo presente è la fede nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Questo è il sigillo del mio imperatore! Questo è il carattere che ai suoi soldati o, meglio, ai suoi collaboratori egli comandò di imprimere su tutti coloro che radunavano nel suo accampamento, dicendo: Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. ( Mt 28,19 )
Paolo, sapendo bene che questo era il carattere che il Signore aveva ordinato di imprimere su tutti i credenti, dice angosciato a coloro che volevano appartenere a Paolo: Forse Paolo è stato crocifisso per voi?
Perché volete essere miei e non piuttosto del mio Signore?
Perché volete appartenere a me e non piuttosto a colui cui anch'io appartengo?
Riconoscete, considerate bene il vostro carattere: Forse è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?. ( 1 Cor 1,13 )
Noi dunque li accogliamo in modo tale, che non abbiano ragione alcuna di gloriarsi coloro che non accogliamo.
Anche questi siano accolti, ma non si inorgogliscano; vengano pure, siano accolti!
Noi non odiamo in loro ciò che è di Dio.
Neppure essi odiamo, perché sono di Dio e ciò che hanno è di Dio.
Sono di Dio perché sono uomini, e ogni uomo è creatura di Dio.
Di Dio è ciò che hanno: il nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; il battesimo della Trinità è di Dio; di Dio è il Vangelo che possiedono, di Dio è la fede che professano.
Dunque, mi dirà qualcuno, che cosa può mancare ancora a coloro che hanno tutto questo?
Tu dici: " Hanno il battesimo di Cristo ". Sì, lo dico.
Tu dici: " Hanno la fede in Cristo ". Sì, lo affermo.
Allora, se hanno tutto ciò, che cosa gli manca?
Che cos'è il battesimo? Un mistero.
Ascolta l'Apostolo: Se io conoscessi tutti i misteri.
È davvero molto conoscere tutti i misteri di Dio: per quanti ne conosciamo, chi li conosce tutti?
Che cosa dice l'Apostolo? Se conoscessi tutti i misteri e avessi il dono della profezia, aggiungi ancora: e tutta la scienza.
" Ma " - ribatte qualcuno - " tu parlavi della fede ".
Ascolta ancora: Se possedessi tutta la fede.
È difficile possedere la pienezza della fede, come è difficile conoscere tutti i misteri.
E che cosa vuol dire quel: Tutta, così da trasportare le montagne; ma se non avessi la carità, non sono nulla? ( 1 Cor 13,2 )
Fissate, fratelli, fissate la vostra attenzione, ve ne prego, sulla parola dell'Apostolo e chiedetevi perché affrontiamo tanti pericoli e fatiche per cercare i nostri fratelli.
È la carità, che trabocca dai nostri cuori, che li cerca.
Per i miei fratelli e i miei amici - dice il Salmo, rivolgendosi alla santa Gerusalemme - io dirò: Su di te sia pace! ( Sal 122,8 )
Vedete dunque, fratelli miei, che cosa ha detto l'Apostolo: Se conoscessi tutti i misteri, tutta la scienza, la profezia, la fede - quale fede? - così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
Non ha detto: Tutto ciò è nulla, ma: Se non avessi la carità, non sono nulla.
Quale insensato potrebbe dire: " I misteri di Dio sono nulla "?
Quale insensato potrebbe dire: " La profezia è nulla, la scienza è nulla, la fede è nulla "?
Non si dice che esse non sono nulla; ma poiché sono grandi realtà, io, che possiedo cose grandi, se non ho la carità, non sono nulla.
Esse sono grandi e io possiedo realtà eccelse, eppure io non sono nulla, se non ho la carità, per mezzo della quale mi possono giovare le grandi realtà.
Infatti, se non ho la carità, esse possono essere in me, ma non possono giovarmi.
Allora fai attenzione, fratello; ascoltami, ti supplico.
Tu mi domandi: Perché mi cerchi? Io ti rispondo: Perché sei mio fratello!
Tu insisti e dici: Se mi sono perduto, perché mi cerchi? E io ti rispondo: Se non ti fossi perduto, non ti cercherei.
Perché mi cerchi, mi dici? Se sono perduto, perché mi cerchi? E io ti rispondo: Ti cerco perché ti sei perduto.
E per qual motivo ti cerco, con quale finalità ti cerco? È perché, una buona volta, mi si dica: Tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. ( Lc 15,32 )
Tu mi rispondi e dici: Ma io possiedo il sacramento.
D'accordo, lo possiedi e lo riconosco; è precisamente per questo che ti cerco.
Tu hai aggiunto una motivazione determinante perché io ti cerchi con maggiore diligenza.
Sei infatti una pecora del gregge del mio Signore; ti sei smarrita con il suo marchio.
Per questo ti cerco di più, perché tu hai il mio identico contrassegno.
Perché non possediamo l'unica Chiesa? Abbiamo un identico contrassegno; perché non ci troviamo nell'unico ovile?
Per questo ti cerco, affinché questo sacramento sia per te un mezzo di salvezza, non un motivo di condanna.
Non sai che il disertore è condannato per la sua divisa, che è titolo di onore per il buon soldato?
Per questo precisamente ti cerco, perché tu non perisca con quel marchio.
Questo è infatti segno di salvezza, se tu possiedi la salvezza, se hai la carità.
Questo segno, se tu sei fuori, può sì essere in te, ma non ti può procurare la salvezza.
Vieni, affinché ti sia utile ciò che già avevi; non per ricevere ciò che tu avevi, ma per cominciare a trarre profitto da ciò che avevi e per ricevere ciò che non avevi.
Tu certo avevi il contrassegno della pace, ma ti mancava proprio la pace.
In quella casa, cioè in te, abitava la discordia, anche se sul limitare era iscritto il titolo della pace.
Io riconosco l'iscrizione, ma cerco l'inquilino.
Leggo il titolo della pace: Battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
È un titolo di pace, lo leggo; ma cerco chi vi abita.
Mi aspetto di vedere un mio fratello, poiché riconosco il titolo della pace.
Questo titolo lo possiedo anch'io; voglio dunque entrare.
Che cosa significa: Voglio entrare? Ricevimi come un fratello, affinché possiamo pregare insieme il Padre.
" Con te non prego ". C'è il titolo della pace e mi contraddice la discordia?
Certamente mi adopererò con l'aiuto del Signore per cacciar fuori la discordia, cattiva inquilina, e introdurre la pace, legittima proprietaria.
Quando infatti espello la discordia, introduco la pace: perché mai dovrei deporre i titoli della pace?
Dichiaro apertamente al mio Signore: " O Cristo, che sei la nostra pace, che hai fatto di due un popolo solo, ( Ef 2,14 ) rendici una cosa sola, affinché possiamo con verità cantare: Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! ( Sal 133,1 )
Introduci la concordia, espelli la discordia; entra tu stesso nella casa dei tuoi titoli.
Resta solo tu, nessun altro si installi ingannando con i tuoi titoli.
Cambia il cuore di questo contestatore, tu, che sulla croce, nel giro di un'ora, hai trasformato il ladrone! ". ( Lc 23,40-43 )
Allora, vediamo bene ciò che tu hai. Tu dici: " Io ho il sacramento, ho il battesimo ".
Se io ti dirò: " Provalo! ", tu mi mostri ciò che hai ricevuto, dici la tua professione di fede, confessi ciò in cui credi.
Lo riconosco, non lo cambio, non lo respingo; non sia mai che, per salvare il disertore, io arrechi ingiuria all'imperatore.
Dunque, tu mi hai dimostrato che possiedi il sacramento; esponendo il mistero, mi hai dimostrato che hai la fede.
Ora dammi la prova che possiedi la carità: mantieni l'unità!
Non voglio che tu mi dica: "Ho la carità ". Me ne devi fornire la prova!
Abbiamo un solo Padre: preghiamo insieme! E quando preghi, dimmi, che cosa dici? Padre nostro, che sei nei cieli. ( Mt 6,9 )
Siano rese grazie a Dio! Secondo l'insegnamento di nostro Signore tu hai aggiunto: che sei nei cieli.
Ciascuno di noi aveva il proprio padre sulla terra, ma tutti insieme ne troviamo uno solo nei cieli.
Padre nostro che sei nei cieli: è proprio lui che invochi come Padre.
Il nostro Padre ha voluto avere una sola Sposa.
Dunque, noi che adoriamo un unico Padre, perché non riconosciamo un'unica Madre?
Se tu sostieni di essere nato da un'altra madre, vuol dire che essa ti ha generato da un altro grembo.
Quanto ho appena detto, non tutti avete potuto comprenderlo.
Noi sappiamo che talvolta, per volontà delle legittime spose, sono stati associati nella stessa eredità anche i figli illegittimi.
Questo lo effettuò la volontà della sposa.
Per esempio, Ismaele è stato diseredato. Sara lo aveva dato alla luce, anche se attraverso il grembo di un'altra donna.
Sara l'aveva generato con il grembo di un'altra, ma con decisione personale.
Disse infatti: Voglio che tu mi dia dei figli attraverso lei, e così fece Abramo. ( Gen 16,2-4 )
La moglie infatti non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma la sposa. ( 1 Cor 7,4 )
Infatti, Ismaele sarebbe stato figlio se non si fosse insuperbito; per il suo orgoglio fu diseredato.
La serva aveva alzato la testa, al punto di far dire: Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco. ( Gen 21,10 )
Vuoi tu conoscere la forza della pace, il potere della concordia, l'efficacia dell'umiltà, e quale ostacolo sia la superbia?
Questa ha diseredato Ismaele, mentre sappiamo che i figli delle serve di Giacobbe, nati anch'essi per volontà delle sue legittime spose, appunto i figli delle serve di Giacobbe sappiamo che furono chiamati a far parte dell'unica eredità.
È per questo che furono elevati tutti e dodici al rango di patriarchi; nessuno fu separato dall'altro per la diversità del grembo materno, perché la carità li associò tutti.
Che importa dunque dove hai ricevuto il battesimo?
Il battesimo è mio, ti dice Sara; il battesimo è mio, ti dice Rachele.
Non ti inorgoglire, vieni all'eredità, tanto più che questa eredità non è quella terra, che fu data ai figli di Giacobbe.
Ai figli di Israele è stata data la terra; ma quanto più crescevano i proprietari, tanto più la loro parte si assottigliava.
La nostra eredità si chiama: pace; leggo il testamento: Vi do la mia pace, vi lascio la mia pace. ( Gv 14,27 )
Custodiamo insieme questo bene che non può essere diviso.
Essa non si riduce per il numero dei possessori, per molti che siano; come è stato promesso: Così sarà la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare.
Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni. ( Gen 22,17-18 )
Si dice anche nell'Apocalisse: Vidi molti, avvolti in vesti candide, che portavano palme nelle mani, e nessuno poteva contarli, provenienti da tutte le nazioni. ( Ap 7,9 )
Vengano, possiedano la pace. La nostra proprietà non si assottiglia; solo la divisione ne provoca la riduzione.
Ecco, fratelli miei, il motivo per cui ci troviamo ancora in angustie: il dissenso del nostro fratello.
Che egli trovi l'accordo con noi nella pace, ed ecco, si è fatto un spazio molto largo!
Ma, che fare, se non sopportare la debolezza del fratello, senza perdere la speranza?
Questo mio sudore, crediamolo, darà i suoi frutti.
Il Signore nostro Dio, il quale ha voluto che io venissi a voi, che ci ha ordinato di andare in cerca di lui, che ha predisposto ogni cosa perché intanto potessimo incontrarlo a faccia a faccia, farà sì che incontriamo anche il suo cuore, grazie alle vostre preghiere, rallegrandoci per la sua rappacificazione e ringraziando Dio perché lo ha salvato: bene, che non può possedere se non nella Chiesa cattolica.
Al di fuori della Chiesa cattolica può tutto, fuorché la salvezza: può avere la dignità episcopale, può possedere i sacramenti, può cantare l'alleluia, può rispondere amen, può custodire il Vangelo, può avere il dono della fede e predicare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ma da nessuna parte potrà trovare la salvezza se non nella Chiesa cattolica.
Passano infatti tutte queste cose, fratelli miei. Lui adesso crede di farsi grande davanti ai suoi, se non si trova d'accordo con la Chiesa: così sarà chiamato martire del partito di Donato.
Dio non lo permetta! Sia sradicata dal suo cuore, nel nome del Signore, quest'arroganza.
Anche lui conosce bene questo passo e lo legge: Se dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. ( 1 Cor 13,3 )
Io non dico: se lui si vanta di aver subìto qualche maltrattamento o qualche danno di ordine materiale per la sua appartenenza al partito di Donato, non gli giova a nulla.
Dico di più: Se subisce al di fuori della Chiesa la persecuzione da parte di un nemico di Cristo, non da parte di un fratello cattolico che cerca di assicurargli la salvezza; ribadisco: se al di fuori della Chiesa è perseguitato da un nemico di Cristo, e questo nemico, che è al di fuori della Chiesa di Cristo di Cristo, gli dicesse: Offri l'incenso agli idoli, adora le mie divinità, e non volendo adorarli venisse ucciso dal nemico di Cristo, può pure versare il suo sangue, ma non può ricevere la corona.
Essi sanno bene, quando presero parte con noi alla conferenza tenuta a Cartagine, come siano stati costretti a confessare le persecuzioni che i loro antenati hanno fatto subire al vescovo Ceciliano.
Fu allora che, in pieno disaccordo con la Chiesa cattolica, crearono lo scisma.
Sì, lo perseguitarono i loro antenati, cioè coloro che per primi formarono il partito di Donato hanno perseguitato Ceciliano.
Lo trascinarono, mossi da zelo persecutorio, fino al tribunale dell'imperatore.
Presentarono all'imperatore le loro accuse, del tutto infondate.
L'imperatore ordinò che si istruisse la causa ed essa si celebrò davanti a un tribunale di vescovi: le loro accuse si rivelarono false, Ceciliano fu assolto.
Ma essi non cessarono di perseguitarlo, anzi, si appellarono più volte all'imperatore, finché essi lo designarono in seguito giudice della causa.
Lui in persona presenziò alle udienze, ascoltò le due parti e istruì la causa.
Terminata l'istruttoria, l'imperatore dichiarò innocente Ceciliano.
Quando contestammo loro questo fatto, si rivoltarono contro di noi affermando che l'imperatore aveva condannato Ceciliano all'esilio.
E questo è falso.
Tuttavia osservate bene le loro argomentazioni: che cioè Ceciliano, in seguito alle accuse dei loro antenati, era stato deferito al tribunale dell'imperatore ed esiliato.
Abbiamo letto gli atti: gli interventi sono dello stesso Emerito, si conserva la firma autografa di lui che sottoscrive le proprie dichiarazioni.
Fate bene attenzione, ve ne prego, e giudicate ora la nostra causa.
È certo che i loro antenati hanno perseguitato Ceciliano, è certo che lo hanno trascinato davanti all'imperatore, è altrettanto certo che fecero di tutto per farlo condannare.
Non voglio insistere sul fatto che non sia stato condannato, neppure voglio ribadire che è stato assolto perché innocente.
Atteniamoci alle loro asserzioni. Quando essi lo perseguitavano, quando si adoperarono per farlo condannare, che cos'era allora Ceciliano?
Quando subiva persecuzione da parte dei loro antenati, che cos'era? Ditemelo: che cos'era?
Era cristiano? Era cattolico? Che cos'era, insomma? Essi non dicono: non era cattolico, ma: era un criminale.
Dunque, i criminali possono subire persecuzione da parte dei santi.
Ebbene, ammettiamo pure questo: Ceciliano, che subiva una persecuzione, era un criminale.
Anche qui non dico: mentivano, ma: Si ingannavano; per metterci d'accordo con loro, dico: Era un criminale.
Bene, ma coloro che lo perseguitavano, che cos'erano? A te la scelta!
Se erano iniqui, abbandona gli iniqui, vieni fra noi; se invece erano santi, può capitare che i santi perseguitino l'iniquo.
Allora, non prendertela con noi se perseguitiamo; non dire: " Voi siete ingiusti perché perseguitate altri ".
Voi infatti avete già dimostrato che si può dare il caso, in cui i giusti perseguitino l'ingiusto.
È possibile o no? Mi si risponda o l'uno o l'altro. Se non può succedere, perché i vostri hanno perseguitato Ceciliano?
Se invece può succedere, perché ti stupisci? Perché esalti la pena senza mostrarne la causa?
Dice il Signore: Beati i perseguitati; aggiungi: per causa della giustizia ( Mt 5,10 ) ed hai escluso i briganti, hai escluso gli operatori di malefici, hai escluso gli adùlteri, hai escluso gli empi, hai escluso i sacrileghi, hai escluso gli eretici.
Costoro subiscono persecuzione, ma non per causa della giustizia.
D'altra parte, che tipo di persecuzione subisce il nostro fratello, lui che è stato condotto davanti a noi?
Essa è una persecuzione ben più gloriosa, sì, e io ne sono onorato.
Mi biasimi pure chi vuole: io faccio professione di una simile persecuzione.
Leggo nel Salmo: Chi calunnia in segreto il suo prossimo, io lo perseguitavo. ( Sal 101,5 )
Se giustamente perseguito chi calunnia occultamente il prossimo, a maggior diritto potrò perseguire chi insulta pubblicamente la Chiesa di Dio, e va dicendo: " Non è lei ", oppure: " È la nostra, è quella del nostro partito ", oppure: " Quella è una prostituta ".
Dunque, non dovrò perseguire chi insulta la Chiesa? Certamente lo perseguiterò, poiché io sono membro della Chiesa.
Sì, lo perseguiterò proprio perché sono figlio della Chiesa.
Io mi servo della voce della stessa Chiesa, e proprio lei dice per mezzo mio nel Salmo: Inseguirò i miei nemici e li raggiungerò, non tornerò senza averli annientati. ( Sal 18,38 )
Siano annientati in ciò che essi hanno di male, progrediscano sempre più nel bene!
Fratelli, non crediate che sia stato fatto qualcosa di inusitato al nostro fratello.
Quando il partito di Donato spadroneggiava a Costantina, bloccò un laico, nostro catecumeno e nato da genitori cattolici, di nome Petiliano.
Lo oppresse mentr'era contrario, lo inseguì quando fuggì, lo scoprì nel suo nascondiglio, lo trasse fuori terrorizzato, lo battezzò tremante, lo ordinò contro sua volontà.
Ecco quale violenza egli esercitò su uno dei nostri! Esso lo rapì per dargli la morte: noi invece non lo cerchiamo forse per condurlo alla salvezza?
Ho detto queste cose alla vostra Carità, per rispondere a quel grido che avete lanciato: " Che sia qui o in nessun'altra parte! ".1
È proprio ciò che vogliamo anche noi, che sia qui, qui, ma nella pace; " qui, qui ", ma nell'unità; " qui, qui ", ma nella società della carità.
Allora sarà veramente " qui ". Poiché, [ se non sarà così ], meglio " in nessun'altra parte " che " qui ".
Ma il Signore concederà che sia " qui " piuttosto che " in nessun'altra parte ".
E se non sarà qui, Dio non permetta che non sia neppure altrove.
Non sia mai: O qui o altrove. Lo avete inteso; lo ha inteso!
Ciò che Dio ha operato nella sua anima, lui lo sa. Noi infatti dall'esterno colpiamo l'udito, lui sa parlare dentro.
Egli nell'intimo predica la pace e la predica senza posa, purché ci poniamo in ascolto.
La sua misericordia non verrà meno, grazie alle vostre preghiere, perché il nostro lavoro sia fruttuoso.
Comunque, se oggi Emerito non prende la decisione di entrare nella nostra comunione, non solo non dobbiamo stancarci, ma al contrario dobbiamo insistere con ogni mezzo a disposizione, e anche in questo non dobbiamo stancarci mai.
Possiamo differire il momento, ma non possiamo né dobbiamo desistere dal nostro tentativo.
Ci verrà in aiuto colui che lo ha già condotto qui accanto a noi, per concederci di gioire con lui nell'unità, insieme a voi, e nella sua pace.
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