Discorsi sui Santi |
1 - Da Cristo la fortezza negli uomini e nelle donne. Gli anni passano all'indietro, non si fanno avanti
2 - Il medico ha bevuto per primo il calice amaro della morte.
Agli occhi degli uomini appare l'asprezza della morte dei martiri. Ogni parola di Cristo è insegnamento per noi.
Nobile risposta di Donata martire
3 - Lazzaro e il ricco: uguali quanto alla morte, ma con destino diverso.
Le ricchezze non sono di per sé riprovevoli, come non merita lode la povertà in sé. Come vienE condannato il ricco
4 - Discorsi blasfemi sulla vita eterna. I Giudei fratelli del ricco empio
5 - Il ricco Abramo accoglie il povero. In che conto ebbe Abramo quel che possedeva.
Chi è ricco nello spirito è il vero ricco
La forza dei martiri di Cristo, uomini e donne, è Cristo.
Giacché, se soltanto degli uomini si mostrassero forti nel martirio, la virtù sarebbe attribuita al sesso più forte.
Il sesso più debole riuscì a superare da forte i patimenti per il fatto che Dio esercita la sua potenza su tutti.
Quindi, sia l'uomo che la donna, quando sono tribolati, devono dire: Il Signore è la mia forza, ( Sal 118,14 ) e: Ti amo, Signore, mia forza. ( Sal 18,2 )
L'amore stesso è forza: infatti chi è capace di amare, tutto può tollerare coraggiosamente per colui che ama.
E se l'amore sensuale ha portato a questo gli amanti, ad affrontare animosamente molte pene per le loro frivolezze e colpe, né fanno caso ad alcun pericolo quelli che attentano alla castità altrui, quanto devono essere più tenaci nell'amore di Dio coloro che lo amano, dal quale e in vita e in morte non si possono separare?
Immancabilmente l'amante libertino perde ciò che ama se sarà stato ucciso a causa di colei che ama; al contrario, chi ama Dio, non solo forte e giusto, se muore, non perde ciò che ha amato, ma quel che ha amato lo trova morendo.
Infine, chi ama la colpa, teme di confessare, chi ama Dio ha timore di rinnegare.
Perciò, fratelli, scegliamo quell'amore che ci permette di vivere nell'innocenza, e moriamo serenamente; quindi, data la preferenza a un tale amore, una volta che avrà preso possesso del nostro essere interiore, per noi il vivere sarà Cristo e morire un guadagno. ( Fil 1,21 )
Con la morte evitiamo ciò che abbiamo odiato; morendo, raggiungiamo quel che amiamo.
Pertanto lo faccia chi ama questa vita, se poi amando non può essere durevole.
Sia che ami o che non ami, quel che ami sfugge: sfugge, non conservi quel che ami.
Avanzano gli anni, l'età declina, quel che resta si fa breve: quindi, con il prolungarsi della tua vita, gli anni non sono venuti aumentando davanti a te, ma sono passati all'indietro, se fai caso a quanti ne possono rimanere.
Infatti, se te li fossi trovati davanti, ti avrebbero reso più lunga la vita; supponiamo ora che ti restino trent'anni: tu stai vivendo perché essi trascorrano.
Da quando sei nato, hai accumulato invano molti anni che, vivendo a lungo, hai reso più pochi.
Osserva le dita di chi ne sta facendo il calcolo, non attendere che ti si informi di quelli che sono trascorsi, ma di quelli che sono rimasti; ti accorgi, anzi, che questi vengono per scomparire.
Infatti, se hai raggiunto le ore nove, non puoi rendere attuali le ore sei: così pure non fai un domani del ieri che è passato; fra poco anche il 'domani' sarà 'ieri'.
A che giova non disprezzare queste cose che con l'amore non riesci a conservare?
Il giorno che ami ti sfugge, si fa vicino Dio desiderato.
Questo ama, dove puoi giungere con l'amore.
È fedele, ti sta accanto: accostati a lui.
Ed a questo tu eri indolente: è venuto da te, è nato per te, è morto per te.
Non temere, dunque, la coppa amara della morte; la morte è indubbiamente amara, ma attraverso questa amarezza si passa ad una grande soavità.
Tale amarezza cura le profondità della tua anima, non in quanto tu muori, ma se tu muori per la verità.
Tale amarezza è un farmaco, non un veleno: risana il tuo essere interiore, bevi tranquillo.
Quel che non ha esitato a bere il medico, per quale ragione esita a berlo il malato?
Egli non aveva in sé cosa curare con l'amarezza di quella coppa; beve per te, perché tu non creda ti si dia veleno.
Beve per te, perché tu imparassi a dire: Davanti al Signore è preziosa la morte dei suoi santi. ( Sal 116,15 )
Confessando Cristo, [ i martiri ] tollerarono vari tormenti: alcuni furono decapitati, altri arsi al fuoco, altri esposti alle belve, altri privati della sepoltura.
Tormenti penosi tutti, crudeli tutti, orribili tutti: ma davanti agli uomini.
Pertanto la Scrittura, nel dar risalto alla morte dei martiri, dice: Davanti al Signore è preziosa la morte dei suoi santi, davanti a colui che sa giudicare e non può sbagliare.
Notando infatti che la felicità terrena era disprezzata dai sapienti e dai fedeli, uomini stolti ed infedeli ritennero infelici quanti morivano per il nome di Cristo; non avendo gli occhi della fede erano quindi incapaci a scorgere quei beni che erano stati promessi.
È venuto l'Autore e il Datore delle promesse: esortando rassicurò, concedendo lo Spirito operò una perfetta guarigione.
Ha detto infatti: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. ( Lc 12,4 )
Osserva gli stolti che infieriscono: nel caso ascoltino queste parole, non possono far più nulla.
Giacché si accaniscono molto sui cadaveri: dilaniano, bruciano, disperdono, impediscono la sepoltura; e, come per farsene un vanto, dicono: Dov'è quanto ha detto Cristo, per cui quando un uomo avrà ucciso un altro uomo non può fare più nulla?
Ecco ho infierito assai su un uomo morto.
Gli somiglia nel cuore chi è fisicamente insensibile.
Spietato e stolto, che cosa hai fatto?
Se quello ha sensibilità, la tua opera c'è, se non l'ha, sei stato inutilmente crudele.
Cristo ha detto: Vi mostro invece chi dovete temere: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettarvi nella Geenna. ( Lc 12,5 )
Tanto non può fare l'uomo che colpisce e uccide, che giunge a ferire il corpo e, poiché se n'è separato lo spirito che egli non vede, non può andare oltre.
Chi dovete temere? Bada a chi può essere il tuo uccisore, fa' attenzione a come puoi morire.
Dopo la morte sei in potere di chi ti aveva prima della morte; infatti un uomo niente potrebbe fare contro di te, se egli non lo permettesse.
Ti meravigli che lo permetta?
Ascolta il Principe dei martiri che, giudicato da un uomo, lui, Dio in occulto e uomo manifesto, come un uomo veniva disprezzato; così, mentre egli veniva giudicato da un uomo, questi si fece arrogante.
Disse: Non mi rispondi? Non sai che ho il potere di ucciderti e di metterti in libertà? ( Gv 19,10 )
E mite, egli, il Signore di tutti, il servo di tutti, che si dà a servire i malati, non per condizione ma per amore, volle curare anche quello, arrogante e pieno di sé.
Da costui Cristo subiva una specie di giudizio e proprio questo veniva curato da Cristo: il superbo minacciò, ma il Medico tagliò sicuro.
La risposta colpì là dove in sé soffiò a gonfiarsi come volle.
Non dicendogli: Non sei tu ad avere potere su di me, ma sono io piuttosto ad avere potere su di te.
Se avesse detto questo, il Signore avrebbe detto il vero, ma non ci avrebbe offerto un esempio.
Cristo anche durante la passione volle farsi maestro, come pure quando venne tentato dette insegnamenti.
Come ti insegnò che cosa tu debba rispondere al tentatore quando fu tentato, così ti insegnò che rispondere al persecutore quando venne giudicato.
Quella sua voce era la nostra, il Capo parlava nelle veci del corpo.
Che disse, allora? Non avresti alcun potere su di me se non ti fosse stato dato dall'alto. ( Gv 19,11 )
Non disse: Non hai, ma: Non avresti avuto se non avessi ricevuto.
Insegnò che il martire non all'uomo dev'essere sottomesso, ma a Dio, insegnò al martire di non temere l'uomo quando dall'uomo gli viene qualche sofferenza, ma di temere colui che lascia fare all'uomo, colui che dà potere all'uomo.
Formata a tale scuola, una donna di straordinaria fortezza disse: L'onore a Cesare in quanto Cesare, ma il timore a Dio.1
Rese a ciascuno il suo con giusta attribuzione; né superba né debole nella risposta.
Si attenne all'apostolo Pietro che dice: Siate sottomessi ad ogni istituzione umana per amore di Dio. ( 1 Pt 2,13 )
Disse: Onore a Cesare in quanto Cesare.
Si onori, sia pure crudele; gli si renda la sottomissione dell'umiltà, anche se non ha il potere supremo.
Potestà assoluta ha infatti colui che ha in suo potere noi e le nostre parole. ( Sap 7,16 )
Temete dunque - dice il Signore - solo chi, dopo aver ucciso, ha il potere di fare, non finché può quaggiù ed oltre più nulla, ma chi, anche dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nel fuoco della Geenna. ( Lc 12,5 )
O infedele, tu guardi alle cose presenti, resti atterrito da quanto avviene al presente: pensa una buona volta a quel che sarà.
Domani e domani, verrà la volta di un domani ultimo; un giorno incalza l'altro, né fa sparire colui che ha fatto il giorno.
Da lui infatti c'è un giorno che non ha un 'ieri' e un 'domani', poiché da lui il giorno non conosce alba e tramonto: c'è da lui una luce senza fine, dove è la sorgente della vita, e nella sua luce vedremo la luce.
Vi prenda dimora almeno l'affetto dell'anima, là sia fisso l'affetto dell'anima, fino a quando di necessità il corpo si trovi quaggiù; se ivi è il suo affetto, vi si troverà l'uomo tutto intero.
Al ricco in porpora e bisso vennero meno le delizie; per il povero coperto di piaghe finirono gli stenti.
L'uno temeva l'ultimo giorno, l'altro lo desiderava.
Venne per entrambi, ma non trovò simile l'uno all'altro; non trovandoli uguali fra loro, non sopraggiunse allo stesso modo per entrambi.
Simile il morire dell'uno e dell'altro; cessare di vivere e cessare di vivere: condizione pari.
Hai inteso che avevano in comune, bada a quanto li separa.
Accadde infatti che quel povero morì e fu portato dagli Angeli nel seno di Abramo, morì anche il ricco e fu sepolto. ( Lc 16,22 )
Forse quel povero non ebbe neppure una sepoltura.
Già conoscete quel che segue: quello era nell'inferno fra i tormenti, l'altro aveva ristoro nel seno di Abramo.
Trascorsero quei piaceri e quelle sventure, l'una e l'altra forma di esistenza ebbe fine e cambiò: il ricco passò dai godimenti alle pene, l'altro dall'estrema povertà all'abbondanza dei beni.
Evidentemente quei piaceri e quelle sventure ebbero breve durata; le pene e i godimenti che invece subentrarono sono senza fine.
In realtà non è che nel ricco sono incolpate le ricchezze e neppure che nel povero viene esaltata la povertà; ma in quello viene condannata l'empietà, in questo è lodata la fede religiosa.
Si dà l'occasione che gli uomini ascoltino tutto questo dal Vangelo: coloro che nulla posseggono si rallegrano, il mendicante esulta a queste parole.
Nel seno di Abramo sarò io, non quel ricco. Rispondiamo al povero: hai in meno le piaghe, aggiungitele attraverso i meriti, desidera anche le lingue dei cani.
Ti vanti d'essere povero, io cerco se sei fedele: infatti la povertà priva della fede quaggiù è tormento, nell'altra vita è condanna.
Rivolgiamo la parola anche al ricco: quando hai ascoltato dal Vangelo di quel ricco che vestiva di porpora e bisso e banchettava ogni giorno splendidamente, sei stato preso da timore; non riprovo il fatto che tu abbia avuto timore, ma vedi di temere maggiormente quel che è riprovevole nella situazione.
Disprezzava il povero che giaceva davanti alla sua porta, questi bramava le briciole che cadevano dalla mensa di lui; ( Lc 16,19-21 ) non gli si porgeva di che coprirsi, non un riparo, non un gesto di solidarietà.
Questo è punito nel ricco, la crudeltà, l'empietà, la vanagloria, la superbia, l'infedeltà: queste cose sono punite nel ricco.
Come lo provi? - dice qualcuno -, in realtà ad essere punite sono le ricchezze.
Se da parte mia non ne traggo le prove dalla stessa pericope evangelica, nessuno mi può dar retta.
Quel ricco, trovandosi nei tormenti dell'inferno, desiderò sulla sua lingua una sola goccia d'acqua dal dito di quel povero che aveva desiderato le briciole della mensa di lui; quello ottenne forse più facilmente le briciole che non il ricco la goccia: infatti gli venne negata. ( Lc 16,22-24 )
Gli rispose Abramo nel cui seno era il povero: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita tua. ( Lc 16,25 )
Questo infatti mi sono proposto di dimostrare, che in lui fu condannata l'empietà e l'infedeltà, non le ricchezze e l'abbondanza dei beni terreni.
Hai ricevuto, disse, i tuoi beni durante la vita tua.
Che s'intende per i tuoi beni? Che non hai creduto in altri beni.
Che vuol dire durante la vita tua? Che non hai creduto nell'altra vita.
Quindi, i tuoi beni, non di Dio; durante la vita tua, non di Cristo.
Hai ricevuto i tuoi beni durante la vita tua: è venuto meno quello in cui hai creduto, perciò non hai ricevuto quei beni che sono migliori; infatti, trovandoti in mezzo a quelli di minor valore, non hai voluto credere a questi.
Forse noi poniamo sotto accusa questo ricco e il senso delle parole di Abramo lo interpretiamo secondo la nostra capacità di giudizio.
Per rendere qualcosa in modo più chiaro, si spieghi quel che è oscuro, si renda evidente ciò che vi è riposto, si apra a chi bussa.
Dopo che gli venne rifiutato il soccorso, minimo gesto di misericordia, perché si adempisse la Scrittura che afferma: Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia, ( Gc 2,13 ) pregò che venisse inviato Lazzaro dai suoi fratelli ad avvertirli di che si tratti dopo questa vita.
Gli si rispose che non poteva essere realizzato, ma se quelli volevano evitare quei medesimi luoghi di tormento, ascoltassero Mosè e i Profeti.
Disse: Hanno Mosè e i Profeti, ascoltino quelli. ( Lc 16,29 )
Egli però si conosceva e conosceva i suoi fratelli, infatti erano soliti borbottare fra loro tali argomenti i fratelli senza fede.
Beffandosi della parola di Dio, all'udire qualche espressione contenuta nella legge e nei Profeti che riguardava i supplizi eterni da evitare e i premi eterni da desiderare, si dicevano borbottando: Chi è tornato dall'al di là? chi ne è venuto? Chi potrà raccontare come ci si trova?
Da quando ho seppellito mio padre non ne ho più udito la voce.
Egli, sapendo questo, che con i suoi fratelli era solito fare discorsi blasfemi nell'intenzione e nell'espressione, chiedeva appunto che si facesse quanto essi dicevano non essersi verificato e per cui disprezzavano la parola di Dio.
E disse: Vada qualcuno di qui e li avverta.
E il padre Abramo: Hanno Mosè e i Profeti, ascoltino quelli.
Ma egli, memore dei loro colloqui: No, padre Abramo. ( Lc 16,30 )
Quasi a dire: So io di che eravamo soliti parlare.
No, padre Abramo: so quel che dico, so quel che chiedo.
Dispregiatore del povero, compassionevole tardivo, volle che venisse usata verso i suoi fratelli quella misericordia che non riservò a se stesso.
No, disse, no, padre Abramo: non credono a Mosè ed ai Profeti.
Lo so, tale sono stato anch'io: Ma se qualcuno dai morti andrà da loro, gli crederanno. ( Lc 16,30 )
E il padre Abramo: Se non ascoltano Mosè e i Profeti - infatti erano Giudei e solo un giudeo può chiamare padre Abramo.
Rispose dunque il padre Abramo: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi. ( Lc 16,31 )
È avvenuto, si è adempiuto: non hanno ascoltato Mosè e i Profeti, non hanno riconosciuto il Signore risorto.
Come sorsero infatti dei dispregiatori di Mosè e dei Profeti, così non vollero saperne del Signore risorto dai morti, contro il quale comprarono falsi testimoni.
Vi daremo del denaro ( Mt 28,12 ) - dicono ai custodi del sepolcro - e dichiarate: i suoi discepoli sono venuti e lo hanno rubato mentre noi dormivamo. ( Mt 28,13 )
Testimoni che dormono, comprati, corrotti, che rinnegano la loro vita, che inventano furti altrui!
Se eravate desti a vigilare, perché non li avete arrestati?
Se dormivate, com'è stato che avete veduto?
Per quanto posso giudicare, abbiamo dato le prove che in quel ricco non sono incolpate le ricchezze, ma l'empietà e la mancanza di fede, la superbia, la crudeltà.
Ascolta un attestato di maggior valore a riprova che non si biasimano le ricchezze.
Dove fu cacciato quel ricco? Nell'inferno, fra i tormenti.
Dove fu portato il povero? Nel seno di Abramo.
Vedi il povero nel seno di Abramo: Abramo l'accolse, egli fu accolto.
Quello stesso Abramo che fu il patriarca fedele.
Aggiungi e, quel che vorrei dire, leggi nel libro della Genesi delle ricchezze di Abramo, dell'oro, dell'argento, del bestiame, della servitù: ( Gen 13,2 ) Abramo era nell'abbondanza.
Perché condanni il ricco? Il ricco accolse il povero.
Lungi da noi dar colpa alle ricchezze, né con questo però vogliamo portare in alto l'avarizia.
Il ricco non stia a dire che ho parlato per lui, che ho voluto rassicurarlo.
Ha avuto timore infatti nella ripresentazione del passo evangelico: all'udire del ricco precipitato nelle pene infernali, ha avuto timore.
Ho esposto le ragioni che danno sicurezza.
[ Il ricco ] non abbia timore delle ricchezze, ma dei vizi: non tema l'abbondanza ma l'avarizia; non tema di avere, ma la bramosia di avere.
Sia facoltoso come Abramo ed abbia, con le ricchezze, la fede: conservi, possegga, non si lasci possedere.
Qualcuno mi dirà: In che modo seppe esser ricco Abramo?
Vuoi sapere come si regolò Abramo quanto ai beni materiali?
Che c'era in lui? il sentimento religioso; che cosa? la fede; che cosa? l'obbedienza; che cosa? i beni spirituali.
Vuoi sapere? vuoi giungere a conoscerlo attraverso la lettura presentata?
Ogni uomo conserva per i propri figli tutto ciò che giudica di poter mettere insieme senza colpa.
Quindi, dal momento che tutti gli uomini conservano i loro averi per i propri figli - e coloro che non hanno figli vi si adattano di necessità, perché non hanno a chi lasciare il patrimonio costituito - essendo perciò evidente che tutti gli uomini amano più i loro figli che le ricchezze personali, ed amano di più coloro per i quali accumulano che quanto mettono insieme, vuoi sapere in che conto Abramo aveva quell'eredità?
Leggi in che conto ebbe l'erede in seguito al comando di Dio.
Fa' conto di vedere un padre ricco, quindi e colui che possiede, e ciò che possiede, e colui che è l'erede.
Soppesa quello e quello, attribuisci i rispettivi valori, ordina l'amore.
Senza dubbio contava di più colui al quale riservava il patrimonio che i beni a lui destinati.
Credo che se a costui il Signore Gesù Cristo avesse detto: Se vuoi essere perfetto, va, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi, ( Mt 19,21 ) come quel ricco nel Vangelo, anche Abramo si sarebbe allontanato triste.
Avrebbe udito con tristezza: "abbandona le ricchezze" chi di buon animo ascoltò: "sacrifica a me l'erede"?
Sacrifica a me il tuo figlio unico, il tuo amato figlio: rendilo a me che l'ho dato.
Non dubitò, non esitò; non adombrò di mestizia la pietà né chi avrebbe offerto il sacrificio, né chi doveva essere sacrificato: infatti neppure il fanciullo stesso si allarmò sotto l'arma del padre.
Fu condotto compiacente da chi si abbandonava in compiacenza, venne legato, posto sull'altare senza por tempo in mezzo: si levò la destra armata del padre per nulla tremante, niente affatto debole, né ritratta prima del comando di Colui che aveva voluto si levasse.
Ecco in che modo dovete possedere; conservate pure il possesso di tutto quanto avete potuto avere; non allo scopo di fomentare le ambizioni, ma per compiere bene i doveri della pietà e poter attendere tranquilli l'ultimo giorno.
Veramente ricchi quanti siano interiormente ricchi; all'esterno come avete potuto, nello spirito come vi è stato fatto obbligo.
Possiedi? Il Signore ha dato. Hai perduto? Il Signore ha tolto. ( Gb 1,21 )
Rallegrati, perché colui che ha tolto non ha sottratto se stesso.
Non ti basta colui che ti ha creato? Come è piaciuto al Signore, così si è verificato. ( Gb 1,21 )
Parla, di che temi? Forse che mentre tu sei cattivo ed egli è buono, a te piace il bene ed a lui il male?
Non può essere. Credi buono ciò che piace a lui buono.
Come è piaciuto al Signore, così si è verificato: sia benedetto il nome del Signore. Sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio. ( Rm 8,28 )
Indice |
1 | Passio sanct. Scillitanorum (ed. J.A. Robinson), P. 114 |