Discorsi sui Santi |
1 - Il Vangelo, come uno specchio, non illude alcuno. Cristo parla meglio che non rendendosi presente e tacendo
2 - Tutti i Cristiani sono discepoli di Cristo. La semplicità cristiana.
Chi avrà vinto le passioni si è sbarazzato di molto
3 - Non tutti i beni rendono buoni
4 - Ha lasciato tutto il mondo chi nulla si è riservato.
Il comportamento di molti, anche senatori e nobilissime dame
5 - Non è male possedere, ma l'esser posseduti.
Chi opera contro la verità nega Cristo. Colui che perde il suo cuore è il peggior nemico di se stesso
6 - Dio ci riserva se stesso, non le sue promesse
8 - I catecumeni sono distinti dai fedeli
9 - Da imitare l'esempio della vicina colonia di Simittù.
Le lodi degli ascoltatori sono un peso, non un onore per Agostino
Vangelo e parola viva di Dio, che penetra le midolla dell'anima e scruta le profondità del cuore, salutarmente viene presentato a tutti noi, né illude alcuno, a meno che l'uomo voglia illudere se stesso.
Ecco, ci è stato posto davanti come uno specchio, nel quale possiamo mirarci tutti e, se dal nostro volto sarà apparsa allo sguardo qualche bruttura, con premura affrettiamoci a detergerlo, per non arrossire quando torniamo a guardare nello specchio.
Come abbiamo udito durante la lettura del Vangelo, dietro al Signore andava infatti molta gente, così che egli si volse a parlare a coloro che lo seguivano.
Che se in ciò che disse si fosse riferito ai soli dodici Apostoli, ciascuno di noi poteva dire: ha parlato per loro, non per noi.
Si crede che altro riguardi i pastori, altro i fedeli.
Parlò alle turbe che lo seguivano, quindi anche a noi tutti ed a voi tutti.
Non dobbiamo ritenere, perché a quel tempo noi non esistevamo, che non abbia parlato per noi: infatti anche noi crediamo in lui che quelli videro; noi possediamo nella fede colui sul quale quelli fissarono lo sguardo.
E neppure ebbe molto effetto, evidentemente, la vista del Cristo con gli occhi del corpo: se avesse avuto vera efficacia, il popolo giudaico per primo avrebbe trovato la salvezza.
È certo, anzi, che quelli e lo videro e, tuttavia, giunsero al disprezzo; per di più, finirono per uccidere colui che avevano veduto e disprezzato.
Eppure crediamo, noi, che invece non abbiamo certamente veduto, eppure abbiamo accolto in cuore colui sul quale non abbiamo fissato lo sguardo.
Ad uno dei suoi, che in quell'occasione si trovava tra i Dodici, poteva dire al riguardo: Perché hai veduto, hai creduto: beati coloro che non vedono eppure credono. ( Gv 20,29 )
Infatti, se ora fosse presente nel corpo il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo e, pur presente, tacesse, che ci gioverebbe?
Ma se con la parola giovò, anche ora che si sta proclamando il Vangelo, egli parla.
Nondimeno anche la sua presenza, come Dio, conferisce molti beni.
Ma dove non è presente Dio, o quando mai Dio è assente?
Tu non tenerti lontano da Dio e Dio è con te, soprattutto perché egli stesso ne ha fatto promessa e noi possediamo la sua promessa quasi documento autografo: Io sarò con voi sino alla fine dei secoli. ( Mt 28,20 )
Però aveva noi davanti a sé, a noi prometteva.
Riprendiamo dunque l'argomento e ascoltiamo la sua parola; inoltre, come ho detto, guardiamoci dentro e coltiviamo con assoluta diligenza tutto ciò che scopriamo ci manca a costituire quell'immagine di bellezza che piace agli occhi di lui.
E, poiché da noi non siamo capaci di tanto, invochiamo il suo soccorso.
A reintegrare la forma sia colui che ha formato, a ricreare sia colui che ha creato, in modo che colui al quale si deve l'origine, egli sia pure a ricostituire in perfezione.
Così, dunque, parlò: Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?
Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono, comincino a deriderlo dicendo: Costui ha iniziato a costruire ma non è stato capace di finire il lavoro.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?
Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace.
E concluse questi due paragoni in tal modo: Così, chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo. ( Lc 14,28-33 )
Se a quelli soltanto si attribuisse il nome di discepoli, Cristo non avrebbe parlato per noi; appunto perché, come attesta la Scrittura, tutti i cristiani sono discepoli di Cristo - uno solo, dice, è il vostro Maestro, il Cristo ( Mt 23,10 ) - afferma di non essere discepolo di Cristo solo chi nega che Cristo è il Maestro.
In realtà, non è che siamo vostri maestri in quanto vi parliamo da questa sede posta più in alto, poiché è il Maestro di tutti colui che ha la cattedra al di sopra di, tutti i cieli; ci troviamo insieme soggetti a lui in un'unica scuola, e voi e noi siamo condiscepoli; ma siamo qui ad ammonirvi come usano fare i più grandi della scuola.
La torre e i mezzi, la fede e la pazienza: la torre è la fede, la pazienza equivale ai mezzi.
Se alcuno sarà stato insofferente dei mali di questo mondo, non ebbe mezzi adeguati.
Il re ostile con i ventimila è il diavolo, il re con i diecimila è il cristiano.
Il semplice contro il doppio, la verità contro la falsità, perché la semplicità si oppone alla doppiezza.
Sii semplice di cuore: non essere ipocrita dando a conoscere una cosa e celandone un'altra e vinci quel falso che si trasfigura in angelo di luce. ( 2 Cor 11,14 )
Donde questi, donde quelli ebbero i mezzi?
Dov'è la perfetta semplicità, e assolutamente stabile e del tutto irremovibile?
In quel che segue e che risulta duro.
Consiste proprio in ciò che ho detto: la parola di Dio non illude alcuno: Così - dice - chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo.
Molti lo fecero, e rientrarono in se stessi, ancor prima che si rendesse imminente l'ora della persecuzione, e rinunziarono a tutte le cose proprie di questo mondo, e seguirono Cristo.
Di essi fecero parte gli Apostoli, i quali asserirono: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. ( Lc 18,28 )
Da parte loro non è propriamente che abbiano abbandonato gran che, poiché furono tutti poveri; ma si riconosce che hanno abbandonato proprio molti averi quanti avranno vinto tutte le passioni.
I discepoli si espressero appunto così con il Signore allora che videro allontanarsi contristato quel ricco che, in risposta alla sua domanda, dal Maestro sommamente verace aveva udito il consiglio in ordine alla vita eterna.
Infatti, un giovane ricco si presentò spontaneamente al Signore e gli chiese: Maestro buono, che devo fare di bene per meritare la vita eterna? ( Mt 19,16 )
Come suppongo, nella profusione degli agi che fluivano dalle sue ricchezze, era tormentato da inquietudine per l'inevitabilità della morte e se ne struggeva; sapendo inoltre che niente di quanto possedeva poteva portare con sé nell'altra vita, persino nell'abbondanza dei beni materiali languiva di inedia nell'anima.
Com'è da ritenere, vedendo addensarsi intorno a sé il continuo affluire delle sue ricchezze, faceva interiormente di queste considerazioni: Sono dei beni, hanno una loro bellezza, procurano delizie, si gustano con piacere, ma quando quell'unica ultima ora sarà sopraggiunta, bisogna lasciare tutte le cose.
Nessuna parte di esse può esser portata via di qui.
Rimane la vita e, sola, la coscienza.
Dopo la morte del corpo resta la vita dell'anima e, sola, la coscienza.
Questa se sarà … non già vita, ma seconda morte, e anche peggiore si deve ritenere: niente infatti è peggiore di quella morte dove la morte non muore.
Egli che aveva di tali pensieri in mezzo ai suoi godimenti, da possessore di tanti beni si presentò al Signore.
Andava così dicendo a se stesso: Se oltre a tutti questi beni avrò avuto anche la vita eterna, chi più felice di me?
In base a ciò che gli premeva, pose perciò la domanda; disse: Maestro buono, che devo fare di bene per meritare la vita eterna?
Per prima cosa gli rispose il Signore: Perché mi chiami buono? nessuno è buono, fuorché Dio solo. ( Mt 19,17 )
È come dire: Non ti rende felice altri che Dio.
Sono infatti dei beni le cose possedute dai ricchi, ma tali beni non rendono buoni.
Se realmente quei beni rendessero buoni, ognuno tanto più sarebbe buono quanto più ne avesse in abbondanza.
Poiché appunto notiamo che molti sono tanto peggiori quanto più ricchi, indubbiamente vanno ricercati altri beni che rendono buoni.
Infatti sono proprio quei beni che non possono essere posseduti dai cattivi: la giustizia, la pietà, la temperanza, la religiosità, la carità, il culto di Dio, da ultimo Dio stesso.
Verso tale Bene dobbiamo affrettarci insieme: né lo possiamo raggiungere senza esserci disfatti di questi altri beni.
Posso io illudervi, dal momento che il Vangelo non illude né voi, né noi?
Esorto la Carità vostra, fratelli, con le parole dell'Apostolo: Il tempo si è fatto breve.
Quanto a quel che ne resta - egli dice - quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero, coloro che piangono come se non piangessero, e quelli che godono come se non godessero, quelli che comprano come se non possedessero, e quelli che usano del mondo come se non ne usassero. ( 1 Cor 7,29-31 )
Così gli Apostoli, a quel tempo, lasciarono tutto quello che avevano e perciò Pietro disse: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto.
Che hai lasciato, Pietro? Una modesta barca e una sola rete.
Mi risponderebbe: Ho lasciato tutto il mondo perché nulla mi sono riservato.
La povertà assoluta, cioè di uno che è povero di tutto, ha scarse risorse, però ha una grande avidità.
Dio non sta a badare a quel che può avere, ma a ciò che desidera: ad essere giudicata è la volontà che è invisibilmente sotto lo sguardo scrutatore di colui che è invisibile.
Lasciarono perciò tutto e, in realtà, lasciarono tutto il mondo, poiché esclusero ogni speranza in questo mondo e seguirono colui che creò il mondo, credettero alle sue promesse; anzi, dopo di loro, lo fecero molti.
Ed è cosa mirabile, fratelli miei, che a fare come loro chi fu?
Proprio coloro che misero a morte il Signore.
E là, a Gerusalemme - salito al cielo il Signore e adempiuta la promessa dieci giorni dopo per aver inviato lo Spirito Santo - ripieni di Spirito Santo, i discepoli parlarono le lingue di tutte le nazioni. ( At 2,4 )
Allora i molti Giudei presenti a Gerusalemme, che ascoltavano meravigliandosi e atterriti dal dono di grazia del Salvatore, trasalendo e come attoniti, andavano chiedendosene la ragione.
Ricevettero in risposta dagli Apostoli che questo aveva concesso per mezzo del suo Spirito colui che essi stessi avevano ucciso; quindi vollero sapere come ottenere salvezza.
Disperavano infatti e giudicavano che un così grave delitto non potesse esser perdonato a loro che avevano messo a morte il Creatore di tutte le cose; vennero però rassicurati dagli Apostoli.
Avendo avuto la sicurezza del perdono e della remissione di ogni pena, abbracciarono la fede.
Quanti vendevano tutto quello che possedevano deposero il prezzo dei loro beni ai piedi degli Apostoli, ( At 2,44-45 ) quanto più nel timore, tanto più buoni.
Un più grande timore li costrinse a privarsi del godimento dei beni.
Agirono così quelli che misero a morte il Signore; molti in seguito si regolarono in tal modo; anche al presente sono in molti.
Ne siamo a conoscenza, ne abbiamo sotto gli occhi gli esempi, in molti troviamo conforto, in molti è la nostra compiacenza, perché la parola di Dio non resta senza frutto in coloro che ascoltano con fede.
Alcuni invece non lo fecero, preferirono usare del mondo come se non ne usassero e furono messi alla prova dal sopraggiungere della persecuzione.
Non solo i plebei, non solo i comuni artigiani, non solo i poveri, i bisognosi, non quelli di modeste condizioni, ma molti, anche di assai ricchi, senatori, persino donne nobilissime, con il sopraggiungere della persecuzione, rinunziarono a tutti i loro beni pur di portare a termine la torre e superare con la semplicità della forza e della pietà il diavolo doppio e ingannatore.
Perciò, esortando al martirio, Cristo Signore disse a tutti: Così, chi non rinunzia a tutto quanto possiede non può essere mio discepolo. ( Lc 14,33 )
Mi rivolgo ora a te, anima cristiana.
Se ti dirò quel che fu detto al ricco: anche tu va, vendi tutto ciò che possiedi e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e segui ( Mt 19,21 ) Cristo, forse anche tu ti allontaneresti triste?
Così appunto anche quel giovane si allontanò triste: tuttavia, non altri che un cristiano può udire le parole citate.
O che hai potuto rifiutarti all'ascolto contro il tuo bene quando è stata data lettura del Vangelo?
Hai udito: Chi non rinunzia a tutto quanto possiede, non può essere mio discepolo.
Rifletti in te stesso: sei diventato un fedele, sei battezzato, hai creduto, non hai lasciato quel che possiedi.
Interpello però la tua fede: come sei giunto a credere?
Ecco sopraggiungere un pericolo per la fede; ti si dice: "Se perseveri, porto via quanto hai".
Mi rivolgo alla tua anima.
Se interiormente dici: "Prenda pure quanto possiedo, non abbandono la fede", e conservi e ne hai fatto rinunzia.
Possiedi infatti e non sei posseduto.
In realtà, non è male possedere: il male sta nell'essere posseduti.
Manca però la persecuzione e non hai modo di dar prova al Signore di quanto hai promesso.
Le responsabilità che ogni giorno comporta provano gli uomini.
Che sarebbe infatti se un giorno ti chiami a deporre una falsa testimonianza un non so chi, e si tratti di persona potente che al presente possa incutere timore e, se avrà minacciato, possa recare un danno temporale e voglia persuaderti ad attestare il falso?
Non ti dice: "Rinnega Cristo"; a questo ti ci preparavi infatti.
Quel perfido si è introdotto in modo che tu non pensavi, con il quale non ti confrontavi.
"Deponi - dice - una falsa testimonianza: se non l'avrai data, metterò in atto questo e quello".
Minaccia confisca, minaccia morte.
È qui che devi provare te stesso, qui confrontarti.
Attesti il falso? Hai abbandonato Cristo, perché egli stesso ha detto: Io sono la verità. ( Gv 14,6 )
Hai dato una falsa testimonianza, hai agito contro la Verità, dunque hai abbandonato Cristo.
Minacciando una confisca, riducendoti in povertà, quel tale che ti avrebbe fatto?
Che ti sarebbe venuto a mancare se con te era Dio?
Ma minacciava di più.
In che consiste questo stesso "più"?
La minaccia di ucciderti riguardava la vita del corpo.
L'anima forse? Tu fai caso a ciò che quello minaccia e non sei attento a quello che devi fare tu?
Quello giunge a minacciare la vita del corpo: Ma una bocca che mentisce, uccide l'anima. ( Sap 1,11 )
Siete in due: il nemico e tu; tuttavia anche quello un uomo come te, entrambi soggetti a corruzione quanto al corpo, entrambi immortali quanto all'anima, entrambi temporaneamente di passaggio ed ospiti e pellegrini su questa terra.
Quello minaccia di uccidere ignorando se lo sorprenda la morte prima di effettuare quel che minaccia; pur tuttavia fa' conto che porti a termine ciò che fa temere.
Vi sottopongo ad un esame, vediamo chi sia il tuo peggior nemico: se quello oppure tu.
Quello mette mano alla spada per toglierti la vita del corpo; tu tiri fuori la lingua bugiarda per far perire la tua anima.
Chi ha colpito in modo più grave?
Chi ha inferto una morte peggiore?
Chi si è addentrato più nel profondo?
Quello fino alle ossa, quello fino alle viscere: tu fino al cuore.
Non ti sei riservato nulla di sano quando hai perduto l'anima tua.
Una bocca che mentisce - dice il Signore - uccide, non la carne, ma l'anima.
Di questo genere sono le tentazioni che gli uomini incontrano ogni giorno.
Quando capiterà di trovarsi da vicino al male, per cui o commetti il male o subisci quelle cose che Dio avrà voluto che tu soffra per qualche tempo, è il momento di fare attenzione a quel 'doppio', è quello il caso di calcolare le spese della torre.
Ma riflettendo, ti vengono meno le forze: implora chi ti ha comandato.
Aiuti egli in te i suoi ordini, e farà da sé scaturire per te le sue promesse.
E che ci promette Dio? Fratelli miei, che potrei dire per suscitarne in noi il desiderio?
Che dirò? È oro? È argento? Sono dei poderi, sono gli onori?
È tutto ciò che conosciamo sulla terra? È cosa vile.
Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. ( 1 Cor 2,9 )
Dico subito: non le sue promesse, ma se stesso.
È al di sopra di tutte le cose colui che ha creato tutte le cose: è più bello di tutte le forme colui che ha dato forma a tutto: è superiore ad ogni potere colui che ha conferito energia ad ogni cosa.
Pertanto, tutto ciò che noi amiamo sulla terra è nulla paragonato con Dio.
È poco dire: È niente quanto noi amiamo; anche noi stessi siamo un nulla.
La persona stessa che ama, nei confronti di quello che deve essere amato, necessariamente perde ogni valore ai propri occhi.
Essa è quella carità che viene comandata: Con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente. ( Mt 22,37 )
Ma proseguì a dire: Amerai il prossimo tuo come te stesso.
Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti; ( Mt 22,39-40 ) così che, quando avrai amato il Signore, tu comprenda che allora ami te stesso, se ami il Signore.
Ma se non ami Dio, neppure te stesso ami.
Perciò, quando avrai appreso ad amarti, nell'amore di Dio, trascina il prossimo verso Dio, per godere insieme del bene, del bene così grande quale è Dio.
7 - Abbiamo appena ammirato l'intrepida lotta dei sette fratelli Maccabei e della loro madre.
Che lotta, fratelli miei, se le nostre menti sono capaci di ammirare!
Ponete a confronto con questo santo spettacolo i piaceri e i divertimenti dei teatri.
Lo sguardo, là, si fa torbido; i cuori, qui, ne restano purificati: chi assiste a questo spettacolo, se sarà giunto all'imitazione, si rende meritevole di lode; ivi, al contrario, e lo spettatore è turpe, e sfacciato l'imitatore.
Insomma, amo i martiri, ammiro i martiri: quando si dà lettura delle 'passioni' dei martiri, resto ammirato.
Dimmi "Sii tale" ed hai fatto una lode.
Compiaciti di un mimo, ammira un pantomimo; io ti dirò: "Sii come lui", e tu non ti adirare.
Ma se ti dico: "Sii come lui ", e tu vai in collera, non sono le mie parole a condannarti, ma la reazione della tua ira.
Ti giudichi da te stesso mostrandoti molto offeso: ecco che cosa tu ami: quello che hai timore di essere.
Mi è sembrato opportuno, di fronte allo spettacolo dei santi Maccabei dei quali oggi commemoriamo la vittoria, ammonire la vostra Carità sugli spettacoli dei teatri.
Fratelli, abitanti di Bulla, tutto all'intorno, in quasi tutte le città a voi vicine la dissolutezza dell'empietà non ha più voce.
Non vi vergognate che solo presso di voi si vende immoralità? O magari provate soddisfazione persino a far commercio di immoralità, oltre a frumento, vino, olio e tutte le altre cose poste in vendita nelle piazze rifornite da Roma, o mercati?
E può darsi che a un tal genere di commercio vengano qui dei forestieri, e si dice: "Che cerchi? dei mimi, delle meretrici? ne ottieni in Bulla".
Ve ne gloriate? Non so se possa trovarsi un'infamia maggiore.
Insomma, fratelli miei, e parlo con dolore, le altre città a voi limitrofe vi condannano davanti agli uomini e nel giudizio di Dio.
Chi vuole imitare il male, guarda a voi.
Nella nostra Ippona - dove tali cose sono ormai pressoché scomparse - persone turpi di tal genere sono importate dalla vostra città.
Ma forse voi dite: "Noi somigliamo agli abitanti di Cartagine".
Come c'è a Cartagine una moltitudine virtuosa e pia, così nella grande città è tanta la varietà della popolazione che tutti si giustificano riferendosi agli altri.
A Cartagine si può dire: "Sono i pagani a farlo, sono i Giudei a farlo"; in questo luogo, chiunque è ad agire, si tratta sempre di cristiani.
Con grande dolore vi diciamo queste cose: voglia il Cielo che la ferita del nostro cuore risani con la vostra emendazione!
Ci rivolgiamo alla Carità vostra, conosciamo in nome di Dio la cittadinanza, e la vostra e quella delle zone limitrofe, quanta è qui l'affluenza di gente, quanto il popolo: potete non essere noti a chi vi è ministro della parola e del sacramento?
Chi trova scuse da questa immoralità?
Ecco, si danno gli spettacoli: non intervengano i cristiani, e vediamo se saranno disertati al punto che la stessa immoralità arrossisca di sé.
Vediamo se si convertiranno al Signore e si renderanno libere proprio le persone disoneste, oppure, se insisteranno nell'immoralità, si allontaneranno da questa città.
Cristiani, prendete per voi questa decisione: non frequentate i teatri.
Mi accorgo però che siete in pochi.
Ecco, verrà il giorno della Passione di Cristo, ecco verrà la Pasqua e questi spazi non potranno contenervi, tanto sarete numerosi.
Allora, ad occupare questi luoghi sarete voi stessi che al presente avete gremito i teatri?
Almeno confrontate gli ambienti e battetevi il petto.
Voi dite forse: Fate bene voi che siete chierici, voi che siete vescovi, a tenervi lontani da questi teatri, non invece noi laici.
Davvero vi sembra di aver detto proprio la parola giusta?
Che siamo noi allora se voi andate perduti?
Altro è quel che siamo per noi stessi, altro quel che siamo per voi.
Per quel che ci riguarda personalmente, siamo cristiani, non per altro che per voi siamo chierici e vescovi.
Ma voi siete membra di Cristo. ( 1 Cor 6,15 )
Quando l'Apostolo si esprimeva così, non parlava a chierici, non a vescovi e sacerdoti.
Si rivolgeva a gente del popolo, a fedeli, si rivolgeva a cristiani: Ma voi siete membra di Cristo.
Badate di quale corpo voi siete le membra, fate attenzione sotto quale Capo, nella compagine di un unico corpo, voi abbiate a vivere; considerate che unico è lo Spirito che avete ricevuto da lui.
Vi ripeto proprio le parole dell'Apostolo: Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? ( 1 Cor 6,15 )
E i nostri cristiani non solo tengono in gran conto le prostitute, ma ne fanno persino un'istituzione: non solo reclutano quante già lo erano, ma inducono ad esserlo quelle che non lo erano; come se non abbiano anch'esse l'anima, come se non sia stato versato il sangue di Cristo anche per loro, come non sia stata detta l'affermazione: Le prostitute e i pubblicani vi precedono nel regno dei cieli. ( Mt 21,31 )
Mentre pertanto dovremmo darci da fare per la loro salvezza, si preferisce andare con loro in perdizione.
E questa è opera di cristiani: non voglio dire, anche di fedeli.
Forse un catecumeno prova confusione di sé e dice: Sono catecumeno.
Sei catecumeno? Catecumeno.
Una tua fronte ha ricevuto il segno di Cristo ed un'altra tu porti al teatro?
Vuoi andare? Cambia fronte e va'.
Di conseguenza, non perdere quella fronte che non puoi cambiare.
Su di te viene invocato il nome di Dio, Cristo viene invocato su di te, Dio viene invocato su di te, ti viene tracciato e fissato sulla fronte il segno della croce di Cristo.
Tutti voglio esortare, a tutti infondere coraggio: vi accorgerete quanto la vostra dignità di uomini sarà più grande nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.
Giungo persino a dire: Vedete di imitare una città a voi vicina, la vicina città di Simittù, questa imitate.
Non vi dico altro.
Nel nome dei Signore Gesù Cristo, vi dico più chiaramente: Là nessuno frequenta il teatro, nessuno là è rimasto corrotto.
Il legato volle instaurarvi immoralità di tal genere: non vi è intervenuto alcun cittadino importante, nessuno del basso popolo, nessun giudeo.
Non sono persone oneste costoro? non è una città quella? quella non è una colonia tanto più rispettabile quanto più libera da queste cose?
Non vi faremmo certo di questi discorsi se venissimo a sapere di voi cose buone: al contrario, tacendo, temo di meritare condanna allo stesso modo che voi.
È stata volontà di Dio, fratelli miei, di trovarmi a passare da queste parti. Il mio fratello nell'episcopato mi ha trattenuto, ha comandato, mi ha pregato, mi ha costretto a parlarvi.
Di che trattare se non di ciò che mi fa maggiormente temere? di che trattare se non di quanto mi procura più grande dolore?
Non sapete che io e noi tutti dobbiamo rendere strettissimo conto delle vostre lodi?
Credete che queste lodi siano per noi un onore?
Sono un onere, non un onore.
Si rende un conto assai severo di quelle lodi; ho tanto timore che nel suo giudizio il Cristo ci debba dire: Cattivi servi, mostravate di compiacervi delle lodi del mio popolo senza fargli capire di trovarsi nella morte.
Ma il Signore Dio nostro concederà che d'ora innanzi possiamo aver di voi buone notizie e che nella sua misericordia possiamo essere consolati dalla vostra emendazione: sarà infatti tanto più grande la gioia quanto ora è grande l'afflizione.
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