Discorsi sui Santi |
Dobbiamo concludere il discorso di ieri, sospeso dall'irrompere di una gioia incontenibile.
Avevo infatti deciso di parlare alla Carità vostra e avevo iniziato a dire che mi pare si spieghi in forza di una disposizione divina il fatto che codesti fratelli si siano diretti a questa città, così da derivarne per loro la sanità a lungo desiderata ed attesa.
E con questa intenzione, inizialmente avevo cominciato ad esortare la Carità vostra a tenere in gran conto i luoghi sacri nei quali non ottennero la guarigione e dai quali sono giunti fino a noi.
E ho già detto di Ancona, città italiana; ero entrato a parlare di Uzala, città che si trova in Africa - il cui vescovo è il mio fratello Evodio di vostra conoscenza -; infatti li aveva sospinti a raggiungere anche quella città la fama e l'operato del medesimo Martire.
Ciò che si poteva concedere non venne dato là perché venisse dato in questo luogo nel quale si doveva concedere.
Ora, volendo ricordare in breve le opere di Dio per l'intercessione del santo Martire, avevo deciso di esporne una sola, trascurando le altre.
Mentre ne stavo parlando, ecco sorgere all'improvviso una festosa animazione per la guarigione di quella fanciulla, e l'avvenimento ci ha costretti a porre termine ben diversamente al discorso.
Ecco dunque il miracolo che sappiamo operato con molti altri, dei quali non è possibile far menzione.
Una donna vide morire un suo figlio infermo, catecumeno e ancora lattante, mentre lo aveva sulle ginocchia.
Quando si accorse che era morto e irreparabilmente perduto, cominciò a piangerlo più come donna di fede che come madre.
Infatti, per suo figlio non desiderava altra vita che quella futura e questa piangeva come strappata a se stessa e perduta.
Tutta piena di un profondo sentimento di fiducia, lo prese, morto, e corse alla Cappella del beato martire Stefano e cominciò a reclamare da lui la vita del figlio dicendo: "Santo Martire, tu vedi che nessun conforto mi è rimasto, al punto di non poter dire che mi abbia preceduto il figlio che tu sai perduto: tu vedi certo la causa del mio dolore.
Rendimi mio figlio, perché io lo abbia alla presenza di colui che ti ha coronato".
In seguito a queste ed altre simili implorazioni, fra lacrime che in certo qual senso non erano supplichevoli, ma, come ho detto, di pretesa, suo figlio tornò in vita.
E poiché aveva detto: "Tu sai perché lo voglio", anche Dio volle rivelare la sincerità dell'animo di lei.
La donna lo recò dai sacerdoti, venne battezzato, santificato, unto, gli fu imposta la mano e, compiuto ogni rito, venne tolto da questa vita.
Quella lo prese con sé e il suo volto aveva un'espressione tale da sembrare che non lo recasse alla pace della tomba, ma fra le braccia del martire Stefano.
Lo spirito di fede della donna fu messo alla prova.
Nel luogo in cui Dio operò un tale miracolo per intercessione del suo Martire non poteva allora guarire costoro?
Eppure, si diressero qui, da noi.
Rivolti al Signore.
Indice |