Discorsi sui tempi Liturgici |
1.1 - Cristo è la nostra luce
2.2 - Nella sua nascita Cristo onora l'uomo e la donna
3.3 - Cristo Bambino e Verbo
3.4 - Cristo si è fatto debole per farci forti
Il Signore nostro Gesù, che era presso il Padre prima che nascesse da una madre, si scelse non solo una vergine da cui nascere ma anche il giorno in cui nascere.
Anche gli uomini, benché soggetti ad errore, sogliono scegliersi i giorni: uno per piantare nuovi alberi, un altro per cominciare a costruire, un altro per intraprendere un viaggio, a volte un altro anche per prendere moglie.
Chi fa così lo fa per poter con successo curare ciò che nasce dalla sua impresa.
Ma nessuno può scegliersi il giorno in cui nascere.
Cristo, che è stato il creatore di ambedue le cose - la madre e il giorno - le poté scegliere ambedue.
Il giorno però non l'ha scelto come lo scelgono coloro che scioccamente fanno dipendere i destini dell'uomo dalla disposizione delle stelle.
Infatti Cristo non è divenuto felice per il giorno nel quale è nato; ma ha fatto beato quel giorno nel quale si è degnato di nascere.
Il giorno della sua nascita infatti porta il mistero della sua luce.
Dice infatti l'Apostolo: È già notte inoltrata, il giorno si avvicina.
Svestiamoci dunque delle opere che si compiono nelle tenebre e indossiamo le armi della luce.
Camminiamo dignitosamente come in pieno giorno. ( Rm 13,12-13 )
Riconosciamo il vero giorno e diventiamo giorno!
Eravamo infatti notte quando vivevamo senza la fede in Cristo.
E poiché la mancanza della fede aveva avvolto come una notte il mondo intero, aumentando la fede la notte doveva diminuire.
Perciò con il giorno del Natale del Signore nostro Gesù la notte comincia a diminuire e il giorno a crescere.
Pertanto, fratelli, festeggiamo solennemente questo giorno, però non come i pagani che lo festeggiano a motivo dell'astro solare; ma festeggiamolo a motivo di colui che ha creato questo sole.
Colui che è Verbo è divenuto carne ( Gv 1,14 ) per poter vivere, a nostro vantaggio, sotto questo sole: sotto questo sole con il corpo, perché per la potenza è sopra l'universo intero, all'interno del quale creò il sole.
Ora però Cristo si trova anche con il corpo al di sopra di questo sole, che viene adorato al posto di Dio da coloro che, ciechi di mente, non riescono a vedere il vero sole di giustizia.
Celebriamo in questo giorno, cristiani, non la sua nascita divina ma quella umana, con la quale si è fatto uguale a noi; perché per lui divenuto da invisibile visibile, noi potessimo, partendo dalle realtà visibili, giungere a quelle invisibili.
Secondo la fede cattolica dobbiamo credere che due sono le nascite del Signore: una divina, l'altra umana; quella al di là del tempo, questa nel tempo.
Però tutte e due mirabili: la prima senza necessità di madre, questa senza concorso di padre.
Se non riusciamo a comprendere questa, come potremo parlare di quella divina? ( Is 53,8 )
Chi potrebbe comprendere questa novità assolutamente straordinaria, inusitata, unica al mondo, incredibile ma divenuta credibile e incredibilmente creduta da tutti: che una vergine concepisse, una vergine partorisse e nel partorire rimanesse vergine?
Ciò che la ragione umana non trova credibile l'accetta la fede; e dove viene meno la ragione umana lì avanza la fede.
Chi oserà dire che il Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, ( Gv 1,3 ) non avrebbe potuto formarsi un corpo anche senza una madre, come ha creato il primo uomo senza un padre e senza una madre?
Ma poiché è lui che ha creato ambedue i sessi, quello maschile e quello femminile, nel nascere li volle onorare ambedue, perché è venuto per salvarli ambedue.
Ricordate certamente il racconto del peccato del primo uomo; il serpente non osò rivolgersi all'uomo, ma per ingannarlo si servì della donna.
Passando attraverso la creatura più debole conquistò anche la più forte, penetrando nel cuore della donna riportò vittoria su ambedue.
Perciò, affinché non facessimo ricadere sulla donna, come se fossimo mossi da giusto sdegno, la nostra morte, e affinché non pensassimo che la donna sia stata condannata senza possibilità di salvezza, il Signore, venendo a cercare ciò che era perduto, ( Lc 19,10 ) volle occuparsi, onorandoli, di ambedue i sessi, perché ambedue erano perduti.
Perciò in nessuno dei due sessi dobbiamo fare ingiuria al Creatore: la natività del Signore è garanzia per ambedue a sperare nella salvezza.
Il sesso maschile è stato onorato nel corpo di Cristo, il sesso femminile è stato onorato nella madre di Cristo.
La grazia di Gesù Cristo ha vinto l'astuzia del serpente.
Ambedue i sessi rinascano quindi in colui che oggi è nato e celebrino questo giorno.
In questo giorno Cristo Signore non cominciò ad esistere ma, esistendo da sempre presso il Padre, portò alla luce di questo mondo il corpo che prese dalla madre; donò alla madre la fecondità, non le tolse l'integrità.
Viene concepito, nasce, è infante.
Chi è questo infante? - Si dice infante infatti perché non può favellare, cioè parlare -.
È infante e nello stesso tempo è Verbo.
Tace in quanto infante ma insegna per mezzo degli angeli.
Viene annunziato ai pastori colui che è principe e pastore dei pastori e giace in una mangiatoia come foraggio per i giumenti fedeli.
Era stato predetto per mezzo del profeta: Il bue ha conosciuto il suo proprietario e l'asino la mangiatoia del suo padrone. ( Is 1,3 )
Perciò sedette sopra un asinello quando entrò a Gerusalemme tra le acclamazioni di una moltitudine di gente che lo precedeva e lo seguiva. ( Mt 21,1-9 )
Riconosciamolo anche noi, accostiamoci anche noi alla mangiatoia, mangiamo anche noi il foraggio, portiamo su di noi il Signore, colui che ci regge, per arrivare, dietro alla sua guida, alla Gerusalemme celeste.
La nascita di Cristo dalla madre è avvenuta nella debolezza, ma la nascita di Cristo dal Padre è avvenuta nella potenza.
Cristo ha avuto nei giorni temporali un giorno temporale; ma lui è il giorno eterno sorto dal giorno eterno.
Giustamente la voce del suo Salmo ci accende di fervore, come voce di tromba celeste, quando ascoltiamo: Cantate al Signore un canto nuovo; canta al Signore, terra tutta; cantate al Signore e benedite il suo nome. ( Sal 96,1-2 )
Riconosciamo e annunziamo il giorno da giorno, che è nato nella carne in questo giorno terreno.
Giorno Figlio dal Giorno Padre, Dio da Dio, luce da luce.
Questa è infatti la salvezza di cui si parla in un altro Salmo: Dio ci sia propizio e ci benedica, ci mostri sereno il suo volto; perché ci siano note sulla terra le tue vie, la tua salvezza fra tutte le genti. ( Sal 67,2-3 )
Il concetto espresso prima con le parole sulla terra lo ripete poi con l'espressione fra tutte le genti; e quanto prima ha detto con la tua via lo ripete con l'espressione la tua salvezza.
Ricordiamo che lo stesso Signore ha detto: Io sono la via. ( Gv 14,6 )
E quando poco fa ci è stato letto il Vangelo, abbiamo udito che al fortunato vecchio Simeone era stato rivelato da Dio che non avrebbe assaggiato la morte prima di aver visto il Cristo del Signore.
Costui, preso tra le braccia Cristo bambino e riconosciuto nel piccolo il grande Signore, esclamò: Ora lascia, Signore, che il tuo servo se ne vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza. ( Lc 2,29-30 )
Proclamiamo dunque - ed è bene che lo facciamo - il giorno da giorno, la sua salvezza.
Proclamiamo tra le genti la sua gloria, fra tutti i popoli le sue meraviglie. ( Sal 96,2-3 )
Egli giace in una mangiatoia, ma contiene l'universo intero; succhia da un seno, ma è il pane degli angeli; è avvolto in pochi panni, ma ci riveste dell'immortalità; viene allattato, ma viene adorato; non trova riparo in un albergo, ma si costruisce il tempio nel cuore dei suoi fedeli.
Perché la debolezza divenisse forte la fortezza si è fatta debole.
Perciò non solo non disprezziamo, ma anzi ammiriamo ancor più anche la sua nascita nel corpo e in questo evento riconosciamo quanto una così grande dignità si sia umiliata per noi.
Con questa considerazione accendiamo di carità i nostri cuori per poter arrivare alla sua vita eterna.
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