Discorsi sui tempi Liturgici |
1 - Per mezzo del Verbo in principio Dio creò il cielo e la terra
2 - Il Verbo che era presso Dio si rese visibile agli uomini tramite la sua carne
3 - Per conoscere Dio bisogna trascendere la mutevolezza dell'anima
4 - Dio è invisibile, ma come l'anima dell'uomo, si rivela attraverso le sue opere
5 - Esegesi di: Io sono colui che è
Molte letture divine abbiamo ascoltato; non possiamo fare un discorso proporzionato alla loro lunghezza o, se mai lo potessimo, voi non lo potreste ritenere.
E allora, per quanto ce lo concederà il Signore, vogliamo parlare alla vostra Carità proprio dell'inizio della Scrittura, là dove abbiamo sentito leggere che in principio Dio creò il cielo e la terra. ( Gen 1,1 )
Fate attenzione e pensate chi è colui che ha creato.
So bene però che voi non potete comprendere colui che ha creato.
Allora pensate a ciò che ha creato e lodate colui che ha creato.
In principio Dio creò il cielo e la terra.
Ecco, ciò che è stato creato è davanti a noi, si vede, ci piace.
L'opera si vede, l'autore non si vede, ed anche il mezzo con cui si vede è visibile, mentre quello con cui si ama è nascosto.
Perciò se guardiamo il mondo e amiamo Dio, è certamente migliore quello con cui amiamo che quello con cui vediamo.
Vediamo con gli occhi, amiamo con il senso interiore.
Per questo consideriamo il senso interiore più importante degli occhi, perché è migliore colui che amiamo da dentro che la sua opera che vediamo da fuori.
Vediamo dunque, se vi piace, con quale strumento Dio operò quando creò una mole così grande.
Lo strumento con cui operò fu la parola con cui comandò.
C'è forse da stupirsi? È l'onnipotente che opera.
Quindi se chiedi chi ha creato, è Dio che ha creato; se chiedi che cosa ha creato, ha creato il cielo e la terra se chiedi per mezzo di che cosa ha creato, ha creato per mezzo del Verbo; il Verbo però non l'ha creato.
Quel Verbo per mezzo del quale è stato creato il cielo e la terra, quel Verbo non è stato creato.
Se fosse stato creato, per mezzo di che cosa lo sarebbe, dato che tutto è stato fatto per mezzo di lui? ( Gv 1,3 )
Se tutto ciò che è stato fatto è stato fatto per mezzo del Verbo, senza dubbio non è stato fatto ( il Verbo con cui tutto il resto è stato fatto ).
Ecco perché Mosè, servo di Dio e narratore delle sue opere, dice: In principio Dio creò il cielo e la terra.
Creò nel principio il cielo e la terra.
Con che cosa li creò? Per mezzo del Verbo.
E il Verbo non lo creò? No, perché in principio era il Verbo. ( Gv 1,1 )
Quello con cui creò già esisteva, e creò quello che non esisteva.
Possiamo intendere, e giustamente intendiamo, che proprio nel Verbo unigenito furono creati il cielo e la terra.
Se infatti sono stati creati per mezzo di lui, sono stati creati in lui.
Questo dunque può essere e così va inteso quel principio nel quale Dio creò il cielo e la terra.
Questo stesso Verbo inoltre è quella sapienza di Dio riguardo alla quale viene detto: Tutto hai fatto nella sapienza. ( Sal 104,24 )
Se Dio tutto ha fatto nella sapienza e l'unigenito suo Figlio è indubbiamente sapienza di Dio, ( 1 Cor 1,24 ) allora non possiamo dubitare che è stato fatto nel Figlio tutto ciò che sappiamo essere stato fatto per mezzo del Figlio.
Per di più il Figlio è certamente principio; quando i Giudei lo interrogarono e gli chiesero: Tu chi sei? egli rispose: Il principio. ( Gv 8,25 )
Questo è il senso di: In principio Dio creò il cielo e la terra. ( Gen 1,1 )
In quanto poi a tutte le altre cose, sia nel separarle o ordinarle, sia nell'ornarle e sia anche nel creare quelle che o in cielo o in terra non erano ancora fatte, Dio dice che esse sono.
E Dio disse: Sia … e quello fu. ( Gen 1,1s )
Così per ciascuna creatura; egli disse e quella fu.
Egli disse e furono create. ( Sal 33,9; Sal 148,5 )
In quale lingua disse? Lo disse per farsi sentire da qualcuno?
Suvvia non cibiamoci sempre di latte!
Innalzate la vostra mente con noi verso un cibo più solido.
Dio non va immaginato come un corpo.
Dio non va immaginato come un uomo.
Dio non va immaginato come un angelo; anche se ai padri si è degnato di manifestarsi così non perché questa fosse la sua natura, ma servendosi di una sua creatura a lui soggetta; in nessun altro modo infatti colui che è l'invisibile si sarebbe potuto manifestare agli sguardi degli uomini.
Vediamo qual è in noi la parte migliore e da questa tenteremo di arrivare a colui che è il migliore di ogni cosa.
La parte migliore in noi è la mente; colui che è il migliore di ogni cosa è Dio.
Ciò che è migliore come puoi concepirlo attraverso una cosa inferiore?
In te il corpo è inferiore alla mente; tra gli esseri nulla c'è migliore di Dio.
Ora sollevati a ciò che c'è di meglio in te, per arrivare, se puoi, a colui che di tutti è il migliore.
Ecco, io sto parlando, e parlo a delle menti; sì, certo, anch'io, visibile nel corpo, guardo delle facce visibili; però attraverso ciò che vedo io parlo a ciò che non vedo.
Io dentro di me porto il pensiero concepito nel cuore e quel che ho concepito nel cuore voglio partorirlo nelle tue orecchie; voglio comunicare a te quello che ho dentro, manifestare a te quel che è nascosto e cerco come farlo arrivare sino alla tua mente.
Anzitutto mi raccolgo davanti ai tuoi orecchi, come se fossi alla porta della tua mente, e poiché invisibile è il pensiero che ho concepito con la mente e non posso condurlo fino a te, gli metto a disposizione il suono come se fosse un veicolo.
Ecco, dunque, il pensiero è invisibile, il suono è percepibile; io pongo ciò che è invisibile sopra ciò che è percepibile e posso arrivare fino a chi ascolta; in questo modo il pensiero è uscito da me, è arrivato a te, ma non si è allontanato da me.
Ordunque, se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi, le più basse alle più alte, le umane alle divine, Dio ha fatto proprio così.
Il Verbo era invisibile presso il Padre; per arrivare fino a noi assunse una specie di veicolo, prese la carne; arrivò fino a noi, ma non si allontanò dal Padre; perciò prima della sua incarnazione, prima dello stesso Adamo, progenitore del genere umano, prima del cielo e della terra e di tutte le cose che sono in essi, in principio era il Verbo, ( Gv 1,1 ) e: nel principio Dio creò il cielo e la terra. ( Gen 1,1 )
Riguardo alla terra Dio la creò che non era ancora ornata, con la sua bellezza non ancora messa a nudo.
Essa era invisibile e incomposta e le tenebre ricoprivano l'abisso.
Tenebre, perché la luce non esisteva; la luce infatti non era ancora stata fatta.
E lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque, ( Gen 1,2 ) lui pure creatore, non disgiunto dal Padre e dal Verbo unigenito.
Qui infatti, se badiamo attentamente, tutta la Trinità viene insinuata.
Quando infatti si dice: In principio creò, come soggetto va sottintesa la oujsi;a del Padre e del Figlio.
Dio Padre nel Figlio principio.
Per aver tutta la Trinità, manca lo Spirito: ecco, lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque.
E Dio disse. ( Gen 1,2-3 ) Disse a chi?
Prima che fosse fatta la creatura, c'era chi sentisse? C'era, si dirà.
Chi, di grazia? C'era il Figlio. E allora Dio disse al Figlio.
Con quale verbo avrà parlato al Verbo?
Se infatti era già il Figlio ( e nessun cristiano ne può dubitare ), egli era anche il Verbo.
Il Figlio era il Verbo e il Padre diceva al Verbo.
E allora tra il Padre e il Verbo intercorrevano parole?
Suvvia, fratelli, liberatevi dagli impacci di un pensare carnale; pensate le cose spirituali in una maniera spirituale; non saltino avanti agli occhi della vostra mente somiglianze tratte dai corpi.
Innalzati sopra tutto ciò che in te è visibile; anzi trascendi anche ciò che in te è invisibile; il corpo si vede, l'anima non si vede, però è soggetta a mutazione: ora vuole, ora non vuol più; ora sa, ora non sa più; ora si ricorda, ora si dimentica: ora va avanti, ora va indietro.
Dio non è così, Dio non è simile a questa natura perché l'anima non è una porzione della sostanza di Dio.
Tutto ciò che Dio è, è il bene immutabile, è il bene incorruttibile.
Anche se Dio è invisibile e l'anima invisibile, tuttavia l'anima è mutabile, Dio invece immutabile.
E allora trascendi non solo quello che in te si vede, ma anche quello che in te muta.
Tutto trascendi, trascendi te stesso.
Un tale, innamorato della bontà invisibile, innamorato della invisibile eternità, esclama tra i sospiri e i gemiti del suo cuore: Le lacrime sono diventate mio pane giorno e notte, mentre continuamente mi chiedono: Dov'è il tuo Dio? ( Sal 42,4 )
E davvero come, per uno che ama, non gli diventeranno pane i gemiti e le lacrime, sì da nutrirsene quasi col sapore di un cibo e da sfogarsi nel pianto, fintantoché non vede quel che ama e intanto continuamente gli chiedono: Dov'è il tuo Dio?
Se a un pagano io chiedessi: Dov'è il tuo Dio? egli m'indicherebbe i suoi idoli.
Se gli frantumassi l'idolo, mi indicherebbe un monte, m'indicherebbe un albero, m'indicherebbe una modesta pietra di fiume: per lui infatti Dio è la pietra che si è scelta fra tante, che ha messo in un luogo più onorato e davanti a cui si prostra in adorazione.
Ecco, dirà indicando col dito, ecco, quello è il mio Dio.
E se io mi rido di quella pietra, se la tolgo di lì, se la spezzo, se la scaglio via, se ci sputo sopra, lui drizza il dito verso il sole, verso la luna, verso una qualunque stella; una la chiama Saturno, una Mercurio, una Giove, una Venere.
Come meglio crede, dovunque drizzi il dito, mi risponderà sempre: Quello là è il mio Dio.
E siccome il sole lo vedo ma non posso infrangerlo, gli astri non posso tirarli giù, non posso sovvertire il cielo, egli crede di averla vinta perché può indicare cose che si vedono, drizzare il dito dove vuole e dire: Ecco, quello è il mio Dio.
E si gira verso di me e dice: E il tuo Dio dov'è?
Nel sentire: Dov'è il tuo Dio? io non ho qualcosa da far vedere con gli occhi, mi trovo davanti delle menti cieche che mi latrano contro e non ho nulla da mostrare ( a quegli occhi che uno ha appunto per vedere ).
Colui che veramente avrei da mostrare egli non ha occhi per vederlo.
Mi viene da piangere, mi viene da nutrirmi di lacrime come di pane.
Il Dio mio infatti è invisibile.
Colui che sta parlando con me e mi dice: Dov'è il tuo Dio? cerca cose che si possano vedere.
Io invece, per arrivare al mio Dio, come dice il medesimo Salmo: Ho meditato su queste cose ed ho spinto al di sopra di me la mia anima. ( Sal 42,5 )
Il mio Dio non è al di sotto, ma al di sopra della mia anima.
Come potrò arrivare a ciò che è al di sopra della mia anima se non spingo al di sopra di me la mia anima?
E tuttavia a questo presuntuoso che va in cerca di cose invisibili, che mi può indicare cose visibili, che va tronfio di cose visibili, io voglio comunque provarmi, con l'aiuto del mio Dio, di dare una risposta.
Tu dunque mi chiedi: Dov'è il tuo Dio? E io ti rispondo: E tu dove sei?
Sì, questa è la mia risposta, e non mi pare campata per aria.
Tu mi hai chiesto dov'è il mio Dio, e io chiedo dov'è colui che m'interroga.
Egli mi dirà: Ecco dove sono, mi vedi, sto parlando con te.
Ma io a lui: Io cerco colui che m'interroga; la sua faccia la vedo, il suo corpo lo vedo, sento la sua voce, osservo la sua lingua; ma io cerco quello che mantiene gli occhi fissi su di me, che dà movimento alla lingua, che fa venir fuori la voce, che mi interroga per sapere.
Tutto questo di cui sto parlando è l'anima.
Quindi ormai non tratto più con te.
Tu mi dici: Fammi vedere il tuo Dio.
E io ti dico: Fammi vedere la tua anima.
Tu allora ti affanni, ti scomponi, ti irrigidisci quando ti dico: Fammi vedere la tua anima.
So bene che non puoi. E perché non puoi? Perché la tua anima è invisibile.
E tuttavia essa in te vale ben più del tuo corpo.
E il mio Dio vale ancora di più della tua anima.
Come vuoi dunque che io ti possa far vedere il mio Dio, se tu non mi puoi far vedere la tua anima, di cui ti sto dimostrando che il mio Dio vale di più?
Tu mi potrai dire: La mia anima la puoi riconoscere dal mio comportamento.
Dal fatto che fisso gli occhi per vedere, tendo gli orecchi per sentire, muovo la lingua per parlare, tiro fuori la voce per farmi sentire, da questo puoi capire e conoscere la mia anima.
Vedi dunque che tu non me la puoi far vedere, ma pretendi che io la riconosca dall'operare?
E allora anche io dall'operare ti posso mostrare il mio Dio.
Non vado oltre; non voglio impegnare la tua mancanza di fede in cose che non puoi capire.
Non voglio citarti le opere del mio Dio dicendo: Ha fatto le cose invisibili, ha fatto le cose visibili, ossia il cielo, la terra, il mare e quanto essi contengono. ( Sal 146,6 )
Non ti mando di qua o di là, ma ritorno alla tua persona.
Tu sei vivo: hai il corpo e hai l'anima; il corpo è visibile, l'anima invisibile; il corpo è l'abitacolo, l'anima l'abitante; il corpo è il veicolo, l'anima colei che usa questo veicolo; il corpo come un veicolo che va guidato, l'anima come l'auriga del tuo corpo.
Ecco, i tuoi sensi sono come le parti del tuo corpo, attraverso cui viene annunziato qualcosa all'anima che vi abita dentro: gli occhi, gli orecchi, l'odorato il gusto, il tatto, le membra così disposte.
Che dire di quel che è dentro per cui tu pensi, per cui dài vita a tutte queste cose?
Ecco, colui che ha fatto tutte queste cose che ammiri dentro di te, questi è il mio Dio.
Però, fratelli miei, se in qualche modo, con questo dialogo presentato così sono riuscito ad arrivare alle vostre menti, al vostro uomo interiore, se così parlando sono arrivato a quelle che vi abitano dentro in vasi di creta, ( Gb 4,19 ) cioè alle vostre anime che abitano nei vostri corpi, non andate a figurarvi le cose di Dio sulla misura di quello che conoscete.
Dio è al di sopra di tutto, del cielo e della terra.
Non vi mettete davanti agli occhi una specie di gran fabbro che compone, dispone, congegna, tornisce, rivolta; o magari anche una specie di gran monarca assiso su un trono regale splendente e ornato che crea a comando.
Spezzate gli idoli dentro i vostri cuori.
Riflettete su quello che fu detto a Mosè quand'egli chiese il nome di Dio: Io sono colui che è. ( Es 3,14 )
Qualunque cosa è, paragonata a lui, non è.
Non può in nessun modo mutare colui che veramente è.
Tutto ciò che muta e fluttua e che non mai cessa di cambiare ha il fu e il sarà, ma in esso non concepire l'è.
Dio infatti non ha il fu e il sarà.
Quello che fu ormai non è più quello che invece sarà non è ancora; e quel che si avvicina solo per passare, si dice che sarà, ma non è.
Pensate, se potete: Io sono colui che è.
Non tentennate con fantasie, non passate da pensiero a pensiero distraente e temporale.
Fissatevi su questo è, state fermi sull'è.
Dove andate? State sull'è, affinché anche voi possiate essere.
Ma quando potremo noi tener fermo il pensiero che vola per sua natura?
Quando potremo fissarlo su qual cosa di stabile? Quando lo potremo?
E allora Dio ha avuto compassione.
Lui che è, lui che disse: Così dirai ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a voi, dopo aver detto il nome della sua essenza, subito aggiunse il nome della sua misericordia.
Qual è il nome della sua essenza? Io sono colui che è.
Dirai ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a voi. ( Es 3,14 )
Però Mosè era anche lui un uomo; si trovava in mezzo a cose che, a confronto con Dio, non sono; era sulla terra, era nella carne; e nella stessa carne era anima, era una natura mutevole, con il fardello della fragilità umana.
Anche quello che gli era stato detto: Io sono colui che è, come poteva capirlo?
Infatti attraverso cose che poteva vedere con gli occhi gli parlava colui che non poteva esser visto e, di ciò che si vedeva, Dio invisibile se ne serviva come di uno strumento.
Perciò non quello che Mosè vedeva questo era tutto Dio; come neanche il suono che esce da me, che sono un uomo, quello è tutta la mia parola.
Io ho nel cuore una parola che non ha suono: il suono passa, quella parola rimane.
E così avendo Dio parlato all'uomo, essendosi degnato l'invisibile di manifestarsi attraverso sembianze visibili, l'eterno attraverso cose temporali, l'immutabile attraverso cose transitorie, dopo aver detto: Io sono colui che è, e: Dirai ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a voi, ( siccome Mosè non era in grado di capire il significato di: Io sono colui che è, e di: Colui che è mi ha mandato a voi, o anche, se lo poteva capir lui, non l'avremmo potuto capir noi che pur dobbiamo leggere queste cose ), per questa ragione, dopo il nome della sua essenza, subito aggiunse il nome della misericordia.
È come se avesse detto a Mosè: Ho detto: Io sono colui che è, ma tu non lo puoi capire, il tuo cuore non è fermo, non sei immutabile come me, la tua mente non è incommutabile.
Hai sentito che cosa sono; senti ora una cosa che puoi capire, senti una cosa che puoi sperare.
Dio disse di nuovo a Mosè: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. ( Es 3,6.15 )
Non puoi capire il nome della mia essenza, capire il nome della mia misericordia.
Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe.
Però quel che io sono è eterno; Abramo, Isacco e Giacobbe anch'essi eterni; o meglio non eterni, ma da lui resi eterni.
È proprio con questo argomento che il Signore stesso mise a tacere i Sadducei calunniatori; siccome essi negavano la risurrezione, trasse da questo passo l'argomento della sacra Scrittura: Leggete quel che il Signore disse a Mosè nel roveto: Io sono il Dio di Abramo, il Dio d'Isacco, il Dio di Giacobbe.
Non è il Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti costoro sono vivi. ( Lc 20,37-38; Mt 22,31-32; Mc 12,26-27 )
Per questo motivo quando disse: Io sono colui che è, non aggiunse: Questo è il mio nome in eterno; perché nessuno può dubitare che ciò che è, in tanto è in quanto è eterno.
Invece dopo aver detto: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, lì subito aggiunse: Questo è il mio nome in eterno; ( Es 3,15 ) quasi a voler dire: Non aver paura per il fatto che il genere umano è mortale non ti preoccupare che una volta morto, tu non sia più.
Questo è il mio nome in eterno.
Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe non sarebbe un nome eterno se Abramo, Isacco e Giacobbe non vivessero in eterno.
Rivolti al Signore e Preghiera.
La forza della sua misericordia confermi il nostro cuore nella sua verità, confermi e acqueti le nostre anime; la sua grazia abbondi sopra di noi e di noi abbia pietà, e tolga via gli scandali di mezzo a noi e dalla sua Chiesa e da tutti i nostri carissimi fratelli.
E con la sua potenza e l'abbondanza della sua misericordia su di noi ci conceda di piacergli in eterno.
Per Gesù Cristo, Figlio suo e Signore nostro, che vive e regna con lui e con lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
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