Discorsi su argomenti vari |
1 - Il Verbo di Dio ci insegna il cammino da scegliere nella nostra vita
2 - Quello che il Verbo di Dio aveva detto, si è sempre compiuto
3 - Ci dobbiamo convertire ora per essere pronti al giudizio finale
4 - Difficile l'ingresso nel regno eterno
5 - I ricchi non disperino del cielo: figura di Cristo è il "cammello" del Vangelo
6 - Ricchi e poveri davanti al giudice
7 - Correggiamoci perché è prossima la venuta del giudice
8 - Le asprezze della vita sono necessarie. Cristo è venuto come medico
Noi, o fratelli, siamo cristiani e ci proponiamo tutti di percorrere un cammino, ma anche se non ce lo proponessimo, di fatto lo percorriamo perché lo scorrere del tempo sospinge tutti quelli che vengono in questa vita a procedere oltre, e non permette a nessuno di restare qui.
Non è concesso di indugiare pigramente: si deve camminare se non si vuol essere trascinati via.
Su questo nostro cammino, a un bivio ci si è fatto incontro un uomo: ma non è un uomo, è Dio, che per gli uomini si è fatto uomo.
Egli ci ha detto: Non incamminatevi per la via di sinistra: essa si presenta facile e piana, piena di delizie, è larga e battuta da molti, ma conduce alla morte.
C'è invece un'altra via che presenta difficoltà fatiche angustie asprezze in gran numero: essa non solo è priva di piaceri, ma offre scarsi conforti umani.
Incamminandovi su di essa, incontrerete difficoltà che potrete però superare presto, e giungerete così alla vetta del gaudio, vincendo quelle insidie da cui per altra via nessuno può scampare.
Se ripercorriamo il passato leggendo le sacre Scritture, troviamo che quell'uomo che si è fatto incontro a noi è il Verbo di Dio, il Verbo in persona che poi si è fatto uomo e ha abitato fra noi. ( Gv 1,14 )
Prima di farsi uomo e abitare fra noi, egli aveva parlato per mezzo dei Profeti.
Fu certo Dio nel suo Verbo che parlò ad Abramo annunciandogli, quando lui era vecchio e Sara anziana e sterile, che la sua stirpe sarebbe andata in terra straniera: egli prestò fede alla parola e la parola si compì.
Gli fu anche annunciato che il popolo che da lui sarebbe disceso sarebbe stato schiavo per quattrocento anni in Egitto, e così avvenne; che sarebbe stato liberato da quella schiavitù, e fu liberato; che avrebbe ricevuto in dono la terra promessa, e la ebbe.
Eventi lontani e prossimi del futuro vennero annunciati e si compirono e ancora si vanno compiendo.
Per mezzo dei Profeti la parola di Dio annunciò che quel popolo peccava e doveva essere consegnato nelle mani dei suoi nemici perché offendeva il suo Dio: e così avvenne.
Annunciò che sarebbe stato condotto a Babilonia in schiavitù, e l'annuncio si compì.
Annunciò che sarebbe venuto da quel popolo il Cristo nostro re, e Cristo è venuto, Cristo è nato, lui che era il Verbo che annunciava la sua stessa venuta.
Fu annunciato che i Giudei l'avrebbero crocifisso, e lo crocifissero.
Fu annunciato che sarebbe risorto e sarebbe stato glorificato, e così avvenne: è risorto ed è salito al cielo.
Fu annunciato che tutta la terra avrebbe creduto nel suo nome, che i re avrebbero perseguitato la sua Chiesa: tutto si è compiuto.
Fu annunciato che i re avrebbero creduto in lui, e la fede dei re è diventata una realtà: come dubitare della nostra fede in Cristo?
Furono annunciate le lacerazioni causate dalle eresie, e noi oggi le vediamo, e gemiamo di dolore per lo strepito che esse fanno, diffondendosi intorno a noi.
Fu annunciato l'abbattimento degli idoli per opera della Chiesa e nel nome di Cristo, e noi lo vediamo compiersi.
Fu annunciato che sarebbero sopraggiunti nella Chiesa scandali e che vi si sarebbero trovate zizzania e pula.
Tutto questo vediamo con i nostri occhi e sopportiamo con tutta la fortezza che Dio ci dona.
Hai forse trovato qualche inganno nelle parole di colui che ti disse di incamminarti per questa via?
Davanti a così grandi prove della sua veracità, devi con sicurezza, se tu sei un fedele, dichiarare: Lo riconosco veritiero in tutti questi casi poiché si è degnato di darne prove di fatto.
Se mi dice sempre il vero, non può ingannarmi, e io credo vero tutto quello che egli dice perché non ha mai mentito, come ho potuto ben conoscere.
Egli è il Verbo di Dio e non posso dubitare che dica il falso parlando di persona, se non ha mentito parlando per bocca dei suoi servi.
Colui poi che ancora non lo conosce, che ancora dubita di Cristo può ben dire anche lui: Poiché tutto il mondo ormai crede in lui, devo pensare che dica il vero, e seguire la sua strada.
O miei fratelli, a coloro che non credono, che non ascoltano la voce dei santi Padri, capiterà quello che capitò al tempo di Noè quando di tutta quella gente si salvarono solo quelli che erano entrati nell'arca.
Se adesso costoro riflettessero e si allontanassero dalla via dell'empietà, convertendosi al nostro Signore, dandogli soddisfazione dei propri peccati e implorando la sua misericordia, avrebbero da lui il perdono delle proprie colpe e certo si salverebbero.
Fu misericordioso Dio verso Ninive che con tre giorni di penitenza ottenne di essere salvata.
Se pur brevissimo era lo spazio di tre giorni loro concesso, essi non disperarono che Dio nella sua misericordia non si piegasse a clemenza.
Se dunque una città così grande ebbe tre giorni di tempo per ottenere la misericordia di Dio, immenso davvero fu lo spazio di cento, duecento, trecento anni in cui si andò costruendo l'arca.
Da quando poi Cristo cominciò a tagliare dalla selva dei popoli, cioè della Chiesa, legna incorruttibile per l'arca della salvezza eterna, certo gli uomini riuscirebbero a salvarsi, se mutassero via e vita, se offrissero a Dio il sacrificio del loro cuore tribolato.
Temano dunque gli uomini di farsi trovare non convertiti nel giorno terribile del giudizio.
E noi, fratelli, da parte nostra impegniamoci a convertirci dalle vie del male e a mutare il nostro modo di vita finché abbiamo tempo di farlo, perché non ci sorprenda impreparati quel giorno: non mente mai colui che ne ha annunciato la venuta, e non se ne può dubitare: è la Verità.
Fu così anche al tempo di Noè: Mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece perire tutti. ( Lc 17,27 )
Essi ponevano la loro speranza in questo mondo e cercavano una sicurezza di vita, ma al di fuori della regione della sicurezza: e si salvarono solo quelli che erano entrati nell'arca.
Molti, ascoltando queste esortazioni ad aspettare il giudizio, e a non lasciarsi sorprendere fuori dell'arca, come coloro che perirono nel diluvio, dicono che li spaventa l'annuncio del Vangelo, li atterrisce la parola di Dio, e chiedono che cosa fare.
Se lo chiede il giovane, se lo chiede l'adolescente.
E molti dicono: Non dovremo mangiare? non dovremo bere? dovremo far sempre digiuno?
E chi aveva intenzione di fare un acquisto si chiede se rinunciarvi: non vorrebbero aggiungersi al numero di coloro che il diluvio fece perire.
Chiediamoci che cosa fare, fratelli, perché se ci vengono chieste davvero queste dure rinunce, non ci resterebbe che piangere, come si rattristarono gli Apostoli sulla condizione del genere umano.
Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi: ( Mt 19,21 ) si rattristò il giovane a cui Gesù aveva dato tale risposta e si allontanò da lui.
Lo aveva chiamato maestro buono interrogandolo sul modo di procurarsi la vita eterna, e gli parve maestro buono finché alla domanda diede quella risposta com'era giusto; ma ascoltata la risposta, lui che era ricco, si rattristò.
E al suo allontanarsi il Signore esclamò con amarezza: Come difficilmente un ricco entra nel regno dei cieli! ( Mt 19,23 ) quasi che esso sia chiuso ai ricchi.
Che cosa avverrà? É stato chiuso.
Ma lo stesso Gesù dice pure: Bussate e vi sarà aperto. ( Mt 7,7 )
Ci si potrebbe davvero augurare che i dannati nel fuoco siano così pochi come pochi sono i ricchi!
Ma degli stessi ricchi molti entreranno nel regno dei cieli, mentre molti poveri andranno nel fuoco eterno se, pur non possedendo ricchezze, sono posseduti dalle passioni.
Si rattristarono allora i discepoli.
Ma il Signore dice: Questo è difficile per gli uomini, ma a Dio tutto è possibile. ( Mt 19,26 )
Voi siete turbati per la difficoltà, poiché egli ha fatto riferimento al cammello; ma il cammello, che è un animale enorme, se vuole, può entrare per la cruna dell'ago.
Ecco come è possibile.
Non senza motivo Giovanni Battista, il precursore del Signore stesso, indossava una veste di peli di cammello: vuol dire che l'indumento che indossava era formato da colui che sarebbe venuto giudice dopo di lui, di cui egli dava testimonianza.
Infatti nel cammello dobbiamo riconoscere una figura del nostro Signore Gesù Cristo: grande è il cammello, tuttavia capace di abbassare fino a terra il capo; ma nessuno può imporgli un carico se lui stesso non si abbassa fino a terra.
Così anche Cristo umiliò se stesso fino alla morte, ( Fil 2,8 ) e questo fece per annientare mediante la sua morte colui che della morte aveva il potere, cioè il diavolo. ( Eb 2,14 )
Questa è la cruna dell'ago dalla quale passò lui con tutta la sua grandezza: nell'ago che punge vediamo la passione che egli soffrì di sua volontà, e nella cruna, che offre il passaggio, le sue sofferenze.
Ecco il cammello passato ormai dalla cruna dell'ago.
Non devono disperare i ricchi: essi entrano sicuramente nel regno dei cieli.
Ma distinguiamo per quali ricchi questo vale.
Ecco un povero, coperto malamente di pochi panni, esulta e ride udendo che i ricchi non entreranno nel regno dei cieli.
Questi miei miseri panni mi faranno entrare - dice -, ma non entreranno coloro che ci offendono e schiacciano: certo saranno esclusi uomini siffatti.
Ma gli chiedo di esaminare bene se lui potrà entrare.
Non entrerai se sei povero ma avido, se sei oppresso dalla miseria ma bruci di brame.
Non sei neppure propriamente povero se lo sei per non aver potuto essere ricco, non per tua scelta: Dio guarda non ai mezzi, ma alla disposizione dell'animo.
Se tu sei malvagio scostumato bestemmiatore ubriacone adultero superbo, certo non appartieni ai poveri di Dio, certo non sei tra coloro per i quali fu annunciato: Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli. ( Mt 5,3 )
E proprio quel ricco di contro al quale ti vantasti, quasi avessi tu il diritto di aspirare al regno dei cieli, io lo vedo invece povero in spirito, e quindi umile pio innocente: egli non bestemmia, obbedisce alla volontà di Dio e, se gli capita di subire perdite del suo patrimonio, subito dice: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; è avvenuto come è piaciuto al Signore: sia benedetto il nome del Signore! ( Gb 1,21 )
Questo ricco umile e mite che non si ribella e non mormora, che obbedisce alla volontà del Signore, avrà il gaudio della terra dei vivi: Beati i miti perché erediteranno la terra. ( Mt 5,4 )
Forse invece tu che sei povero, sei superbo.
Certo, come io lodo il ricco che è umile, così lodo anche il povero nel quale c'è umiltà: ma mentre il povero non ha di che vantarsi, il ricco ha da impegnarsi in una lotta.
Perciò proprio il ricco entrerà di preferenza nel regno dei cieli, il quale invece verrà chiuso davanti a te, povero, perché viene chiuso davanti all'empio, al superbo, all'adultero, a chi bestemmia, a chi si ubriaca, a chi è avido.
Chi ha avuto fiducia in colui che gli fece la promessa lo troverà fedele debitore.
Il ricco che è umile, umano, fedele, può parlare così giustificandosi: Dio sa che non mi esalto in superbia; se mi capita di alzare la voce e dico qualche parola aspra, sono spinto a farlo dalla necessità di comandare, come vede Dio che legge nella coscienza: non intendo per questo pormi al di sopra degli altri.
Dio penetra dentro le opere che seguono: i ricchi che sono impegnati nel bene, si manifestano generosi e condividono i loro averi con chi non ha nulla.
Uno rivela l'umiltà proprio nell'essere insieme umile e ricco.
Chi fa professione di bontà e pietà, deve condividere quello che ha con chi è nel bisogno, per prepararsi un tesoro che valga nel futuro, per ottenere la vita vera e beata. ( 1 Tm 6,17-19 )
Vivendo in questo modo i ricchi possono essere sicuri che, quando verrà l'ultimo giorno, essi si troveranno nell'arca, saranno nell'edificio, non saranno esposti al diluvio.
Non devono temere per il fatto che sono ricchi.
Se dunque un ricco è giovane e non può vivere nella continenza, è legittimo che prenda moglie.
Ma poiché poco è il tempo che ci rimane, da ora in poi quelli che sono sposati vivano come se non lo fossero; quelli che comprano, come se non possedessero nulla, quelli che piangono come se non piangessero; e quelli che godono come se non godessero; quelli che usano i beni di questo mondo, come se non se ne servissero: perché passa la scena di questo mondo. ( 1 Cor 7,29-31 )
O miei fratelli, alcuni mormorano contro Dio lamentandosi dei nostri tempi: li dicono tristi duri gravosi, ma nondimeno vengono allestiti gli spettacoli.
E più duri dei tempi sono coloro che la durezza dei tempi non vale a correggere.
Trionfa ancora uno sfarzo folle, si aspira alle cose superflue, la brama non ha più limite.
Quanti mali derivano comunemente da tutto ciò!
E abbonda la lussuria a causa degli spettacoli teatrali e musicali e dei pantomimi.
Proprio perché l'uomo intende usare male quello cui aspira, non lo otterrà.
Lo insegna l'apostolo Giacomo: Voi desiderate qualcosa e, se non potete averla, siete pronti a uccidere.
Qualcosa suscita la vostra invidia e, se non riuscite ad ottenerla, vi mettete a lottare, a far guerra.
In realtà voi non ottenete perché le vostre intenzioni sono cattive: volete sprecare tutto nei vostri piaceri. ( Gc 4,2-3 )
Ci dobbiamo impegnare a correggerci, fratelli: sta per venire il giudice.
Del fatto che egli è venuto, finora ci si è presi gioco, ma egli verrà e non avremo il tempo di prendercene gioco.
Dobbiamo correggerci, fratelli, perché verranno tempi migliori che non sarà però concesso di godere a chi vive male.
Ormai il nostro tempo declina, volge alla vecchiaia.
E il nostro cammino non va verso la giovinezza.
Che cosa mai possiamo sperare in questa vita?
Volgiamo i nostri desideri di là da essa.
La nostra speranza deve tendere unicamente al tempo annunciato dal Vangelo: non in conseguenza della venuta del Cristo i nostri tempi sono tristi, anzi proprio perché i tempi erano tristi e duri, egli è venuto a portare consolazione.
Vi dico, fratelli, che dovevano esserci tempi duri e gravosi perché egli venisse.
Pensiamo che cosa faremmo se non fosse con noi il potente consolatore.
Il genere umano a partire da Adamo in poi giaceva malato: da quando siamo venuti al mondo, dopo la cacciata dal paradiso, la nostra è una vita di malati, e il nostro male è destinato ad aggravarsi nel tempo finale, in prossimità - è sperabile - della salvezza o, per alcuni, della morte.
A questo genere umano giacente infermo nel gran letto del mondo venne in soccorso quel nostro gran medico.
Un medico valente osserva e studia il corso della malattia, fa una prognosi sui suoi sviluppi e, quando è ancora lieve la sofferenza del malato, fa intervenire i suoi aiutanti; allo stesso modo il nostro medico mandò prima a visitarci i Profeti che ci portarono la loro parola, la loro predicazione, ed egli guarì alcuni per mezzo loro.
Essi annunciarono un aggravamento del male in prossimità della fase finale, che avrebbe causato grave tormento al malato e avrebbe richiesto l'intervento del medico in persona a cui potesse direttamente ricorrere il malato.
Era stato annunciato che avrebbe consolato e sanato chi avesse avuto fede in lui: Io percuoto e guarisco: ( Dt 32,39 ) e così avvenne.
Egli è venuto, si è fatto uomo assumendo la nostra condizione di uomini mortali perché noi possiamo condividere la sua immortalità.
Ma gli uomini sono ancora travagliati dalla malattia e, riarsi dalla febbre, con il respiro affannoso, si lamentano che da quando è arrivato il medico, le febbri sono diventate più violente, più grave il tormento, insostenibili i patimenti.
Da qualunque parte sia giunto il medico, non sembra loro sia stata salutare la sua venuta.
Questi i lamenti di chi è ancora immerso nella malattia delle vanità mondane, avendo rifiutato di ricevere dal medico, la medicina della sobrietà.
Dio è venuto come medico, avendo visto gli uomini travagliati dai loro affanni, agitati nelle occupazioni molteplici di questo mondo che fanno perire la loro anima.
Eppure essi osano dire che noi soffriamo di tale triste vita da quando è venuto il Cristo, e che il mondo ha perso le sue forze da quando ci sono i cristiani.
Davvero sei stolto, o uomo malato!
Non ha certo aggravato la tua malattia la venuta del medico: è un medico buono amoroso giusto, pieno di misericordia, che ha previsto la malattia, non l'ha causata.
Egli è venuto a consolarti e guarirti veramente.
Vuole solo toglierti quel superfluo, quelle cose dannose che tu bramavi rendendotene schiavo, e che non ti lasciavano guarire dalla febbre.
Non è spietato il medico che toglie al malato i frutti nocivi: ti ha tolto quella funesta sicurezza che cercavi di conquistare.
Devi liberarti da questo male che ti corrode dentro; anche il tuo soffrire, il tuo lamentarti fanno parte della cura del medico.
Il medico non vuole curarti perché tu non patisca i tormenti che mal sopporti.
Devono essere dolorosi i tempi della nostra vita perché non ci attacchiamo alla felicità terrena.
É necessario, è salutare che questa vita sia travagliata perché si ami l'altra vita.
Nella nostra fiacchezza di spirito ci abbandoniamo ancora con tanto diletto ai piaceri terreni e ai divertimenti dell'anfiteatro, sì che abbiamo bisogno di vedere colpite tali manifestazioni.
Per quante amarezze ci sconvolgano, non riusciamo a non sentire ancora dolce il mondo.
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