Discorsi su argomenti vari |
1 - Lode della pace. Come comportarsi coi nemici della pace
2 - Amare la pace è possederla
3 - Comunicare la pace con la pace ai fratelli separati
4 - Mitezza con gli scismatici litigiosi. Rimedio della preghiera
5 - Pace fervida di amore. Digiuno e ospitalità verso gli aderenti alla conferenza
É il momento questo di esortare la Carità vostra ad amare la pace secondo tutte le forze di cui il Signore vi fa dono, e a pregare il Signore per la pace.
La pace sia la nostra diletta, la nostra amica; possiamo noi vivere, con essa nel cuore, in casta unione, possiamo con lei gustare un riposo pieno di fiducia, un sodalizio senza amarezze.
Vi sia con essa indissolubile amicizia.
Sia il suo abbraccio pieno di dolcezza.
Non è difficile possedere la pace.
É, al limite, più difficile lodarla.
Se la vogliamo lodare, abbiamo bisogno di avere capacità che forse ci mancano; andiamo in cerca delle idee giuste, soppesiamo le frasi.
Se invece la vogliamo avere, essa è lì, a nostra portata di mano e possiamo possederla senza alcuna fatica.
Quelli che amano la pace vanno lodati.
Quelli che la odiano non vanno provocati col rimprovero: è meglio cominciare a calmarli con l'insegnamento e con [ la strategia del ] silenzio.
Chi ama veramente la pace ama anche i nemici della pace.
Facciamo un esempio: tu che ami questa luce visibile non ti adiri con i ciechi ma li compiangi.
Ti rendi conto di quale bene tu godi, di quale bene essi sono privi e ti appaiono degni di pietà.
Davvero non li condanneresti, anzi, se ne avessi la possibilità, che so io, una capacità medica, o anche un farmaco utile, ti affretteresti a far qualcosa per risanarli.
Così, se ami la pace, chiunque tu sia, abbi compassione di chi non ama quello che tu ami, di chi non possiede quello che possiedi tu.
L'oggetto del tuo amore è di tal natura che non comporta invidia da parte di chi partecipa con te allo stesso possesso.
Chi possiede la stessa pace che possiedi tu, non per questo fa diminuire il tuo possesso.
Se tu desideri un determinato bene terreno, è difficile che non porti un po' d'invidia a chi ne possiede più di te.
Ancora: se per caso ti viene in mente di condividere con un amico una tua proprietà per acquistare reputazione di uomo benefico o per far noto l'amore fraterno anche nelle necessità attuali, se dunque vuoi dividere con un amico un tuo possesso, sia un podere, sia una casa, o qualcosa del genere, devi appunto dividerlo con lui, devi goderlo in partecipazione con lui.
Nel caso che tu ne voglia aggiungere un terzo o un quarto, già devi valutare quanti ne contenga la casa per la coabitazione o quanti ne può mantenere il fondo e devi concludere: un quinto non entra, un sesto non può abitare con noi, non ci sta.
E per un settimo [ devi dire ]: " Una così piccola proprietà come può fornirgli sostentamento? ".
Per lo stesso limite della proprietà, non per volontà tua, bisogna escluderne altri.
Se invece ami, tieni, possiedi la pace, puoi invitarne quanti vuoi alla partecipazione di questo possesso.
Anzi, i suoi confini si allargano quanto più cresce il numero di coloro che la posseggono.
Una casa terrena non contiene più di un certo numero di abitanti.
In quanto alla pace essa cresce in proporzione del numero di chi ne usufruisce.
Che cosa buona è amare! Amare è già possedere.
E chi non vorrebbe veder crescere ciò che ama?
Se vuoi con te pochi partecipi della pace, avrai una pace ben limitata.
Ma se vuoi veder crescere questo tuo possesso, aumenta il numero dei possessori.
O miei fratelli, in che misura è noto quello che vi ho detto, che amare la pace è possedere un bene; che lo stesso amarla è già possederla?
Non ci sono parole adatte a magnificare, non ci sono sentimenti adeguati a meditare questa cosa straordinaria che amare è possedere.
Considera gli altri beni per cui gli uomini si accendono di cupidigia.
Li puoi vedere: c'è chi ama i terreni; chi l'argento, chi l'oro, chi la numerosa prole, chi case ricche, ben arredate, chi fondi molto ameni e di gran valore.
Chi ama queste cose non per il fatto che le ama anche le possiede; può esserne totalmente sprovvisto chi le ama.
Ma anche se non può avere, ama, si strugge dal desiderio di avere.
Se poi comincia a possedere qualcosa è tormentato dal timore di perderlo.
C'è chi ama gli onori, il potere.
Quanti privati cittadini aspirano a raggiungere il potere!
Ma il più delle volte si trovano all'ultimo giorno della loro vita senza aver raggiunto ciò che volevano.
Allora, che prezzo avrà quel bene che potrai possedere appena lo amerai?
L'acquisto del nostro tesoro non richiede prezzo.
Non devi andare in cerca di un protettore per conseguirlo.
Eccolo lì dove tu sei: basta che ami la pace, ed essa istantaneamente è con te.
La pace è un bene del cuore e si comunica agli amici, ma non come il pane.
Se vuoi distribuire il pane, quanto più numerosi sono quelli per cui lo spezzi, tanto meno te ne resta da dare.
La pace invece è simile al pane del miracolo che cresceva nelle mani dei discepoli mentre lo spezzavano e lo distribuivano.
E intanto abbiate la pace tra voi, fratelli.
Se volete attirare gli altri alla pace, abbiatela voi per primi; siate voi anzitutto saldi nella pace.
Per infiammarne gli altri dovete averne voi, all'interno, il lume acceso.
L'eretico rifiuta la pace come l'occhio malato la luce.
Ma per il fatto che il malato di occhi non può tollerare la luce, non ne consegue che essa sia una cosa cattiva.
L'occhio malato rifugge dalla luce eppure è stato fatto in funzione della luce.
Quelli dunque che amano la pace e la vogliono possedere fanno in modo che se ne moltiplichino i possessori, così che questo possesso cresca.
Facciano in modo di aiutare con ogni mezzo i malati d'occhi, con ogni sforzo, con ogni tentativo: anche loro malgrado, anche se resistono alla cura, e saranno felici quando avranno riacquistato la vista! Supponi che il malato si irriti con te.
Non stancarti di aiutarlo standogli vicino.
E tu, amico della pace, rifletti, e gusta per primo l'incanto della tua diletta.
Ardi d'amore tu, così sarai in grado di attirare un altro allo stesso amore, in modo che egli veda ciò che tu vedi, ami ciò che tu ami, possegga ciò che tu possiedi.
É come se ti parlasse la pace, la tua diletta, e ti dicesse: Amami e mi avrai sempre.
Attira qui ad amarmi tutti quelli che puoi: per un amore casto, integro e permanente; attira tutti quelli che puoi.
Essi mi troveranno, mi possederanno, troveranno in me la loro gioia.
Come non si altera la luce per quanti siano quelli che ne godono, così, anche se sono numerosi quelli che mi amano, non mi alterano.
Quelli che non vogliono venire è perché non hanno occhi per vedere.
Non vogliono venire perché il fulgore della pace abbaglia l'occhio malato della discordia.
Considera il miserevole linguaggio di questi malati.
Viene loro riferito: " É stato deciso che i cristiani si mettano in pace ".
A questa notizia dicono fra di loro: " Poveri noi ".
Perché dicono così? Perché quelle parole di paura: " Poveri noi, viene l'unità "?
Quanto più giustamente si dovrebbe paventare la discordia e dire: " Poveri noi! Viene la discordia.
Lungi da noi la discordia che è come la tenebra per chi non vede ".
E invece sta venendo l'unità. Bisogna goderne, fratelli.
Perché aver timori? É stata annunciata l'unità, non una belva, non un incendio: viene l'unità, la luce.
Eppure c'è qualcuno che, se vuole proprio dire la verità, deve dire: " Non tremo di fronte a una belva, non sono pauroso.
Della luce invece ho paura perché il mio occhio è malato ".
Bisogna dunque curarlo. Bisogna farli partecipi di quel bene, che, quando lo si distribuisce, non diventa più piccolo.
Comunichiamolo a loro nella misura delle nostre forze, quante il Signore ce ne dà.
Dunque, miei carissimi, l'autentica mitezza cristiana e cattolica va contrapposta a loro, faccio appello alla vostra Carità.
Qui si tratta di curare: è come se ci fosse una infiammazione negli occhi di questi santi.
Bisogna dunque procedere, nella cura, con precauzione, con delicatezza.
Nessuno attacchi briga con loro.
Nessuno voglia con la polemica difendere neanche la sua stessa fede.
Dalla disputa può scattare una scintilla di lite ed ecco data l'occasione a chi la cerca.
Insomma, se anche devi sentire un'ingiuria, tollera, sopporta, passa oltre.
Ricòrdati che sei in funzione di medico.
Osservate il tratto gentile dei medici verso i malati anche quando la medicina è dolorosa.
Essi prestano la loro cura anche quando debbono sentire una protesta.
Non rispondono insulto ad insulto.
La risposta alle loro parole sia puntuale: di uno che cura a uno che dev'essere curato, non di due che litigano.
Sopportate con pazienza, ve ne scongiuro, fratelli miei, [ anche le provocazioni ].
" Non tollero - obietta qualcuno - che si insulti la Chiesa ".
Ma è proprio la Chiesa che ti prega di essere paziente con chi insulta la Chiesa.
" Si denigra il mio vescovo. Si dicono cose infami del mio vescovo e tacerò? ".
Si dicano pure cose infami, ma tu taci, ora: non per consenso - è chiaro - ma per sopportazione.
Se per il momento non entri nelle discussioni, fai un servizio al tuo vescovo.
Cerca di capire il momento: abbi prudenza.
Pensa a quanti bestemmiano il tuo Dio.
Tu senti e Lui non sente? tu sai ed egli non sa?
Eppure fa sorgere il sole sui buoni e sui malvagi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. ( Mt 5,45 )
Dio dunque mostra [ al momento ] pazienza e rimanda la [ manifestazione della ] sua potenza.
Così anche tu valuta il tempo e non eccitare questi occhi gonfi, infiammati: aumenteresti il loro malessere.
Sei amico della pace? Allora sta' interiormente tranquillo con la tua amata.
" Così - dirai - non c'è da far nulla? ".
Certo che hai qualcosa da fare: elimina i litigi.
Volgiti alla preghiera.
Non respingere dunque l'ingiuria con l'ingiuria ma prega per chi la fa.
Vorresti ribattere, parlare a lui, contro di lui.
Invece parla a Dio di lui.
Vedi che non è esattamente il silenzio che t'impongo.
Si tratta di scegliere un interlocutore diverso; quello al quale tu puoi parlare tacendo: a labbra chiuse ma col grido nel cuore.
Dove il tuo avversario non ti vede, lì sarai efficace per lui.
A chi non ama la pace e vuol litigare rispondi così con tutta pace: " Di' quello che vuoi, odia quanto vuoi, detesta quanto ti piace, sempre mio fratello sei.
Perché ti adoperi per non essere mio fratello?
Buono, cattivo, volente, nolente, sempre mio fratello sei ".
Egli potrebbe replicare: " Come posso esserti fratello? Io ti sono avversario, nemico ".
Ma tu: " Anche se parli in questo modo, anche così sei mio fratello ".
Sembra assurdo: mi odia, mi detesta e tuttavia mi è fratello?
Si vorrebbe che io accettassi il modo di vedere di uno che non sa quel che si dica?
Io gli desidero la guarigione: che veda la luce, che mi riconosca fratello.
Vuoi che io accetti quello che lui dice: che io non sarei suo fratello per il fatto che egli mi detesta e mi odia?
Debbo credere a lui e non alla stessa luce?
Sentiamo che cosa dice la stessa Luce.
Leggi il Profeta: Ascoltate, voi che temete, la parola del Signore.
É lo Spirito Santo che parla per bocca del profeta Isaia: Ascoltate la parola del Signore, voi che temete.
Dite: Siete nostri fratelli, anche a coloro che vi odiano e vi detestano.
Il fatto è che la luce risplende, fa vedere la fraternità.
Il malato d'occhi dice: " Chiudi la finestra ".
E invece tu apri gli occhi alla luce.
Tu che secondo lui sei ancora in mezzo alle tenebre riconosci il tuo fratello in piena luce e di' senza timore non le mie, ma le parole di Dio.
É Dio che parla: Dite: Siete nostri fratelli.
Di chi? Anche di quelli che vi odiano.
Non ci sarebbe infatti nulla di straordinario se chiamaste fratelli quelli che vi amano.
Invece si tratta proprio di quelli che vi odiano e vi detestano.
Ma come può essere? Sta' a sentire e riconosci il buon frutto di una situazione condotta in tal modo.
Fa' come se interrogassi il Signore Dio tuo e dicessi: " Signore, come posso dire: " Sei mio fratello " a chi odia, a chi detesta?
Dimmi tu quale sarebbe la ragione ".
Eccola: Perché il nome del Signore sia glorificato.
Appaia nella gioia ed essi siano confusi. ( Is 66,5 sec. LXX )
Cerca di vedere, te ne scongiuro, qual è il frutto della pazienza, il risultato della mitezza.
Dite: Siete nostri fratelli.
Perché? Perché il nome del Signore sia glorificato.
Perché non ti si riconosce fratello?
Perché ci si restringe al nome dell'uomo, a glorificare l'uomo [ invece di glorificare Dio ].
Ripeti dunque: " Fratello mio, puoi odiarmi, puoi detestarmi finché vuoi, sei sempre mio fratello.
Riconosci in te il segno di mio Padre, che è la parola del nostro Padre.
Per quanto fratello cattivo, per quanto fratello litigioso, mio fratello sempre sei, perché anche tu dici, come dico io: Padre nostro che sei nei cieli. ( Mt 6,9 )
Il nostro linguaggio è uguale.
Perché non ci manteniamo uniti in lui?
Ti prego, fratello, riconosci il senso di quello che dici insieme a me e condanna quello che fai contro di me.
Considera le parole che escono dalle tue stesse labbra e, più che me, ascolta te stesso.
Pensa chi è Colui a cui diciamo: Padre nostro che sei nei cieli.
Non è un amico, non è un vicino.
É uno, quello a cui ci rivolgiamo, che ci fa obbligo di andare d'accordo, e dato che siamo uniti con una stessa voce davanti al Padre, perché non dobbiamo essere uniti in una stessa pace? ".
Queste cose ditele con fervore, ma con dolcezza.
Sia appassionata la vostra parola, ma per il fervore della carità, non per l'esaltazione della discordia.
E pregate con me il Signore in questi solenni digiuni: quello che già era stabilito di fare per il Signore facciamolo con l'intenzione di un'offerta per questa santa causa.
Il solenne digiuno era previsto per il periodo successivo alla Pentecoste.
Avremmo digiunato in ogni modo anche se non ci fosse stata questa ragione.
Che cosa dunque dobbiamo fare per i nostri fratelli?
Li abbiamo in carico nel nome del Signore nostro Dio e medico nostro; per curarli e risanarli, anzi per offrirli a lui perché siano risanati, non presumendo di essere noi la mano del medico.
E allora che cosa possiamo fare?
Pregare lo stesso medico, digiunando, appunto, con umiltà di cuore, con pia azione di lode, con rispetto verso i fratelli.
Col Signore preghiera fervida, coi fratelli carità.
Si dovrebbero anche aumentare le elemosine perché siano esaudite più facilmente le preghiere.
Praticate anche l'ospitalità: è il momento opportuno dato che vi è qui assembramento dei servi di Dio; è l'occasione buona, la circostanza adatta.
Perché lasciarla vanificare? Fa' l'inventario di quello che hai nel cenacolo della tua casa e decidi che cosa puoi riservare al cielo, cioè in sostanza a te: per il solo tesoro che ti lascia senza preoccupazioni.
Deposita dunque in alto e affida le tue cose non al tuo servo ma al tuo Signore; lì dove non puoi temere che il ladro penetri a rubare, lo scassinatore a rapinare, la violenza del nemico in guerra a depredare.
Fa' in modo di avere dei beni che ti vengano restituiti.
Anzi ti sarà reso in una misura superiore a quella in cui dài.
Il Signore ti vuole usuraio, ma nei riguardi suoi, non del tuo prossimo.
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