Esposizione della lettera ai Galati |
1 Il motivo per cui l'Apostolo scrive ai Galati è questo: far loro capire che l'azione della grazia di Dio comporta la liberazione dalla legge.1
Infatti, dopo che era stata predicata loro la grazia del Vangelo, non mancarono certuni provenienti dal giudaismo che ai Galati, ormai in regime di grazia, volevano imporre i gravami della legge e affermavano che il Vangelo sarebbe stato inefficace se essi non si fossero lasciati circoncidere e non si fossero sottoposti alle altre osservanze carnali del rituale giudaico.
Erano certo cristiani ma solo di nome, non avendo accolto fruttuosamente il dono della grazia, desiderando anzi di rimanere sotto i pesi della legge, che il Signore Dio aveva posto sul dorso dell'uomo, servo non della giustizia ma del peccato.
Aveva accordato, in altre parole, una legge giusta ad uomini ingiusti per mettere a nudo i loro peccati, non per toglierli.
Non toglie infatti i peccati se non la grazia della fede, che opera mediante la carità.
Quegli zelanti invece, convinti del contrario, avevano cominciato a nutrire sospetti sull'apostolo Paolo, che ai Galati aveva predicato il Vangelo, quasi che non rispettasse le norme secondo le quali si comportavano gli altri apostoli, che costringevano i pagani a vivere da giudei.
Allo scandalismo di questa gente aveva ceduto anche l'apostolo Pietro, lasciandosi indurre a quella simulazione dalla quale lo richiama lo stesso apostolo Paolo, com'egli ricorda in questa stessa Lettera. ( Gal 2,14 )
Sembrava infatti che anche Pietro ritenesse che il Vangelo fosse inutile ai pagani se non avessero adempiuto le onerose prescrizioni della legge.
Identico problema viene affrontato nella Lettera ai Romani, ma fra i due scritti sembra esserci delle differenze.
Nella prima l'Apostolo tronca la divergenza alla radice e risolve la controversia sorta fra i credenti di origine giudaica e quelli di origine pagana: quella controversia nata dal fatto che gli uni ritenevano il Vangelo quasi un compenso loro dovuto in premio ai meriti acquisiti per le opere della legge e quindi da non darsi agli incirconcisi essendone immeritevoli.
Questi ultimi invece giubilavano per essere stati preferiti ai giudei, responsabili della morte del Signore.
Nella nostra Lettera, al contrario, [ l'Apostolo ] si rivolge a persone turbate dall'influsso autorevole di alcuni giudei che pretendevano sottoporle all'osservanza delle pratiche legali.
I Galati avevano cominciato a credere alle parole di costoro ammettendo che l'apostolo Paolo, nell'impedire ad essi la circoncisione, non aveva predicato secondo verità.
Per questo motivo egli comincia la sua Lettera dicendo: Mi meraviglio che così rapidamente vi lasciate trascinare lontano da colui che vi ha chiamati per la gloria di Cristo per un altro Vangelo. ( Gal 1,6 )
In questo esordio accenna brevemente alla questione in causa; anzi c'era già qualcosa nel saluto iniziale, là dove chiama se stesso Apostolo non da parte di uomini né per mezzo di uomini; ( Gal 1,1 ) saluto che non si trova in nessun'altra delle sue lettere.
Con tali parole mostra con sufficiente chiarezza che quanti propagandavano insegnamenti diversi non venivano da Dio, ma erano inviati dagli uomini.
Inoltre, quanto a se stesso, fa capire che era inesatto considerarlo inferiore agli altri apostoli per quanto concerneva l'autorevolezza della sua testimonianza evangelica.
Egli infatti era ben conscio d'essere apostolo non per iniziativa umana e nemmeno per la mediazione di uomini ma per un intervento di Gesù Cristo e di Dio Padre.
Per quanto dunque il Signore ci consentirà d'effettuare questa ricerca e ci darà l'aiuto, intraprendiamo l'analisi e l'esposizione della Lettera nelle sue singole parti a cominciare dall'intestazione.
2 Paolo apostolo non da parte di uomini né per mezzo di uomini ma per iniziativa di Gesù Cristo e di Dio Padre, che lo ha risuscitato dai morti, e tutti i fratelli che sono con me, alle Chiese della Galazia.
Chi è inviato da uomini è un falso testimone; chi è inviato tramite l'uomo può essere veritiero, perché è verace Dio, che può inviare servendosi anche di uomini.
Chi dunque non è stato inviato né per iniziativa umana né per mediazione dell'uomo ma direttamente da Dio è certamente veritiero, e lo è in virtù di colui che rende veritieri anche gli uomini che manda servendosi del ministero di altri uomini.
Erano pertanto veritieri gli apostoli anteriori a Paolo, i quali furono inviati non dagli uomini, ma da Dio tramite quell'uomo che fu Gesù Cristo, cioè per mezzo di Gesù Cristo nella sua condizione di uomo mortale.
Ed era veritiero anche l'ultimo degli apostoli, che fu inviato da Gesù Cristo quando, dopo la resurrezione, era ormai totalmente Dio.
Apostoli della prima ora sono gli altri dodici, [ scelti ] da Cristo in parte ancora uomo, cioè uomo mortale; ultimo degli apostoli è Paolo, [ scelto ] da Cristo ormai totalmente Dio, cioè diventato immortale sotto ogni aspetto.2
Si consideri dunque l'autorità della testimonianza paolina uguale [ a quella degli altri ], dal momento che ad insignirlo interviene il Signore pienamente glorificato, compensando in tal modo l'inferiorità di ordine cronologico.
A questo riguardo notiamo che egli stesso, dopo aver menzionato Dio Padre, aggiunge: Il quale lo ha risuscitato dai morti, per inculcare anche in questa maniera, sia pure di sfuggita, che lui fu mandato [ dal Signore ] quand'era ormai glorificato.
3 Grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.
La grazia di Dio è [ il dono ] con il quale ci sono rimessi i peccati e così possiamo essere riconciliati con Dio;3 la pace è la stessa riconciliazione con Dio.
Il quale ha dato se stesso per i nostri peccati e così tirarci fuori da questo mondo malvagio.
Il mondo presente è da intendersi malvagio nel senso che sono malvagi gli uomini che in esso vivono, come quando, parlando di una casa, diciamo che è malvagia.
La chiamiamo così perché sono malvagie le persone che vi abitano.
Secondo la volontà del nostro Dio e Padre, a cui appartiene la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Se quindi compiamo qualche opera buona, non dobbiamo in alcun modo attribuirlo orgogliosamente a noi stessi, dopo che, a quel che si legge nel Vangelo, lo stesso Figlio di Dio ha detto di non cercare la sua gloria ( Gv 8,50 ) e di non essere venuto a fare la sua volontà ma la volontà di colui che lo aveva mandato. ( Gv 6,38 )
È la volontà e gloria del Padre ricordata ora dall'Apostolo.
Anch'egli infatti, sull'esempio del Signore, dal quale era stato mandato, mette in risalto che non cerca la propria gloria e non adempie un progetto della sua volontà nell'attendere alla predicazione del Vangelo, come poco dopo dirà: Se cercassi l'approvazione degli uomini, non sarei servo di Cristo. ( Gal 1,10 )
4 Mi meraviglio che tanto celermente vi lasciate trasportare lontano da colui che vi ha chiamati alla gloria di Cristo passando ad un altro Vangelo, che poi non è un altro.
Il Vangelo infatti se fosse un altro, diverso da quello recato in terra dal Signore o direttamente o per mezzo di uomini, non meriterebbe nemmeno d'essere chiamato Vangelo.
Con molto acume, dopo le parole: Vi lasciate trasportare lontano da colui che vi ha chiamati, aggiunge: Alla gloria di Cristo.
Questa infatti volevano quei tali rendere vana, poiché se la circoncisione del corpo e le altre opere legali avessero avuto realmente tanta efficacia da salvare l'uomo, Cristo sarebbe venuto senza un perché.
Ma si tratta di alcuni venuti a turbarvi e desiderosi di stravolgere il Vangelo di Cristo.
Non possono, è vero, modificare il Vangelo di Cristo come invece riescono a creare turbamento in voi, perché il Vangelo rimane perennemente stabile, ma essi, volendo distogliere i credenti dai beni spirituali perché si volgano ai beni carnali, mirano proprio a stravolgere il Vangelo.
Nonostante però i cambiamenti dell'uomo il Vangelo non muta né si trasforma.
Dopo aver quindi affermato di quei tali: Sono stati causa di turbamento per voi, non aggiunge: Essi hanno stravolto il Vangelo di Cristo, ma: Essi avevano intenzione di stravolgerlo.
E continua: Ma succeda pure che o noi stessi o un angelo del cielo vi annunzi un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema!
La verità infatti la si deve amare per se stessa, non per l'uomo o l'angelo che la predica.
Che se uno l'amasse a causa di chi l'annunzia, potrebbe innamorarsi anche della falsità nell'ipotesi che qualcuno gli spiattelli dinanzi idee personali.
Come abbiamo già detto e ora ripeto: Se qualcuno vi annunziasse un Vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema!
Le parole: Come vi abbiamo già detto, si riferiscono alla predicazione fatta quand'era tra loro o al fatto che [ nella Lettera ] ripete due volte quanto asserito.
È certo comunque che la ripetizione incita salutarmente la volontà a ritenere salda la fede, sottolineandone l'importanza.
5 Cerco dunque, adesso, di farmi approvare dagli uomini o non piuttosto da Dio? O cerco di piacere agli uomini?
Se piacessi ancora agli uomini, non sarei servo di Cristo.
Nessuno cerca in qual maniera possa farsi approvare da Dio, perché ogni cosa è a lui manifesta; ma, quanto agli uomini, fa bene a cercare la loro approvazione colui che desidera render loro accetta non la propria persona ma la verità che insegna.
Chi infatti piace agli uomini non perché vuol da loro ottenere la gloria personale ma la gloria di Dio mediante la salvezza dell'uomo, non cerca evidentemente di piacere agli uomini ma a Dio, o, per lo meno, cercando egli di piacere insieme e a Dio e agli uomini, non si può certo dire che intenda piacere agli uomini.
Una cosa infatti è piacere agli uomini e un'altra è piacere a Dio e agli uomini.
Lo stesso è di colui che piace agli uomini per la verità: non è lui che piace ma la verità.
Per quanto riguarda lui stesso, cioè le intenzioni della sua volontà, egli parla di piacere nel senso di " voler piacere ".
Ammesso infatti che senza alcuna sua intenzione o connivenza un predicatore entri nelle grazie altrui per le sue doti e non perché annunzia Dio e il suo Vangelo, ciò non si dovrebbe attribuire alla sua superbia ma ad una falsa estimazione di colui che gli si attacca in maniera sbagliata.
Questo pertanto è il senso generale: Cerco dunque di farmi approvare dagli uomini o non piuttosto da Dio?
O per il fatto che mi faccio approvare dagli uomini, cerco di piacere agli uomini?
Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo.
Il Signore infatti comanda ai suoi servi d'imparare da lui ad essere miti ed umili di cuore: ( Mt 11,29 ) la qual cosa è assolutamente impossibile a colui che cerca di piacere agli uomini in vista di se stesso, cioè per la sua gloria, diciamo così, privata e personale.
In un'altra Lettera scrive: Cerchiamo l'approvazione presso gli uomini, ma è a Dio che siamo palesi, ( 2 Cor 5,11 ) e così si comprende quanto è detto nella nostra: Cerco forse di farmi approvare dagli uomini o non piuttosto da Dio?
Che appunto significa: l'approvazione non concerne Dio ma gli uomini.
Non ci si stupisca quindi se altrove dice: Come anch'io cerco di piacere a tutti in tutto.
Subito infatti aggiunge: Non cercando quel che torna utile a me ma a tutti, in modo che si salvino. ( 1 Cor 10,33 )
Ora a nessuno giova in ordine alla salvezza se un uomo piaccia per quel che è personalmente.
Piace utilmente se piace in riferimento a Dio, e cioè affinché piaccia Dio e ne venga glorificato: la qual cosa avviene quando nell'uomo si ammirano i doni di Dio, che si ricevono per il ministero dell'uomo.
Quando l'uomo piace in questa maniera, non è l'uomo che piace ma Dio.
Si può dunque dire con verità l'una e l'altra cosa: sia " io piaccio ", sia " non io piaccio ".
Se ci si rivolge a un ascoltatore che non sia solo intelligente ma anche buono e che sappia bussare con sensi di pietà, gli saranno chiare ambedue le espressioni e non ci sarà contrapposizione di sorta che gli impedisca di entrare.
6 Vi voglio informare, fratelli, sul Vangelo che viene da me predicato [ e ] com'esso non sia a misura di uomo.
Io infatti non l'ho ricevuto da un uomo né da lui l'ho appreso ma per una rivelazione di Gesù Cristo.
Un Vangelo che fosse a misura d'uomo sarebbe un imbroglio: ogni uomo infatti è menzognero, ( Sal 116,11 ) dal momento che quanto di vero si trova nell'uomo non è di origine umana ma proviene da Dio che si serve dell'uomo.
Per questo ogni vangelo a misura d'uomo non merita neppure il nome di vangelo; e tale era quello che bandivano quei tali che volevano ricondurre dalla libertà alla schiavitù i fedeli che, viceversa, Dio chiamava dalla schiavitù alla libertà.
7 Avete sentito dire della mia condotta di un tempo nel giudaismo: come abbia perseguitato oltre misura la Chiesa di Dio, con l'intenzione di metterla a soqquadro, e come ero andato avanti nelle pratiche giudaiche superando molti miei coetanei della mia nazionalità, poiché ero zelante fino all'eccesso delle mie tradizioni avite.
Se i suoi progressi nel giudaismo li aveva fatti perseguitando la Chiesa e tentando di sovvertirla, se ne deduce con chiarezza che il giudaismo è in contrasto con la Chiesa di Dio non per la legge spirituale che i giudei ricevettero ma per il modo carnale di vivere che essi, diventati servi, adottarono.
E se Paolo perseguitava la Chiesa di Dio perché diventato emulo, cioè imitatore, dei padri nelle loro tradizioni, vuol dire che queste sue tradizioni ereditate dai padri sono in se stesse contrarie alla Chiesa di Dio.
La legge non ne ha colpa alcuna. Essa infatti è spirituale ( Rm 7,14 ) e non presenta alcun motivo che costringa ad intenderla in senso carnale.
Se ciò è accaduto, è stato per colpa di coloro che presero in maniera carnale i doni ricevuti e vi aggiunsero molte tradizioni da loro inventate, vanificando in tal modo - come dice lo stesso Signore - il comando di Dio per le loro tradizioni. ( Mt 15,3 )
8 Ma quando Dio, che mi aveva separato per sé fin dal grembo di mia madre e mi aveva chiamato con la sua grazia, si compiacque di rivelarmi il suo Figlio perché io lo annunziassi ai gentili, gli obbedii e non accondiscesi alla carne e al sangue.
È, per così dire, separato dal grembo della madre colui che è separato dal cieco legame che l'unisce ai genitori carnali; accondiscende invece alla carne e al sangue colui che condivide i suggerimenti terreni dei propri parenti e familiari rimasti carnali.
Né venni a Gerusalemme da coloro che erano apostoli anteriori a me, ma mi rifugiai in Arabia e poi tornai a Damasco.
In seguito, dopo tre anni, salii a Gerusalemme a vedere Pietro e rimasi quindici giorni presso di lui.
Se Paolo vide Pietro dopo che aveva predicato il Vangelo in Arabia, non lo incontrò per apprendere il Vangelo dallo stesso Pietro; in tal caso l'avrebbe dovuto vedere prima.
Andò invece da lui solo per cementare la carità fraterna anche attraverso la conoscenza personale.
Degli apostoli non vidi nessun altro se non Giacomo, il fratello del Signore.
Quando si dice di Giacomo che era fratello del Signore, bisogna intendere o che era figlio di Giuseppe, nato a lui da un'altra moglie, ovvero che faceva parte del parentado di Maria, madre di Gesù.
9 Su ciò che vi scrivo, ecco attesto dinanzi a Dio che non mentisco.
Dicendo: Ecco attesto dinanzi a Dio che non mentisco fa certo un giuramento.
E cosa può esserci di più sacro che questo giurare?
Non è certamente contrario al comando il giuramento, se esso proviene dal maligno ( Mt 5,37 ) non per l'incredulità di chi giura ma di colui che costringe a giurare.
È da comprendersi bene quindi in che senso il Signore abbia proibito il giuramento.
È proibito nel senso che ciascuno per quanto sta in sé non deve giurare, cosa che invece molti fanno avendo sempre in bocca espressioni di giuramento quasi che siano cosa nobile o gustosa.
Non c'è dubbio infatti che lo stesso Apostolo, il quale conosceva certamente il precetto del Signore, tuttavia uscì in un giuramento; né si deve dare ascolto a coloro che negano aver egli pronunziato giuramenti.
Come se la caveranno coloro dinanzi a parole come queste: Ogni giorno muoio per la vostra gloria, fratelli, che posseggo in Cristo Gesù nostro Signore? ( 1 Cor 15,31 )
Stando ai codici greci ci si deve convincere che si tratta di un evidente giuramento.
Concludendo, l'Apostolo per quanto dipende da sé non giura: non gli piacciono i giuramenti né per sua inclinazione personale né per il gusto che ha di giurare.
Chi giura infatti va certamente oltre il sì sì, no no, ( Mt 5,37 ) e quindi il giuramento proviene dal maligno; il male però è in coloro che, per grettezza mentale o pertinacia nell'incredulità, senza giuramento non accetterebbero la fede.
Successivamente mi recai nelle regioni della Siria e della Cilicia, ma rimanevo di vista sconosciuto alle Chiese della Giudea che sono in Cristo.
Notare che i giudei venuti alla fede di Cristo non si trovavano solo a Gerusalemme e, inoltre, essi non erano così pochi da fondersi con le comunità provenienti dal paganesimo.
In realtà erano talmente numerosi da costituire delle comunità risultanti di soli giudei.
Avevano udito solamente che colui che un tempo ci perseguitava ora sta predicando la fede che prima soleva mettere a soqquadro, e glorificavano Dio a causa mia.
Ecco in che senso diceva sopra di non voler piacere agli uomini.
Non voleva piacere in vista di se stesso ma perché in lui fosse glorificato Dio.
E questo insegna anche il Signore quando dice: Risplendano le vostre opere agli occhi degli uomini affinché, vedendo il bene da voi compiuto, diano gloria al Padre vostro che è nei cieli. ( Mt 5,16 )
10 Successivamente, dopo quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme insieme con Barnaba, prendendo anche Tito.
Nominando questi soci, procede come chi ricorre a parecchie testimonianze. Vi salii per una rivelazione.
Non voleva turbare i cristiani di Gerusalemme quanto ai motivi per i quali allora finalmente era salito in città mentre per tanto tempo non vi era salito.
In realtà, se vi si recava in seguito a una rivelazione, era certamente utile che almeno in quell'occasione vi si recasse.
Ed esposi loro il Vangelo che predico fra i pagani; [ lo esposi ] però ai notabili.
L'esporre il Vangelo in privato a coloro che nella Chiesa occupavano un posto di rilievo dopo averlo già esposto all'intera comunità non è da ascriversi al fatto che sul principio aveva detto cose false, per cui in seguito privatamente dinanzi a pochi espose l'intera verità.
È probabile che allora avesse taciuto su cose che alcuni, ancora immaturi, non avrebbero accettato: persone cioè simili a quei tali a cui, scrivendo ai Corinzi, dice d'aver dato del latte e non cibo solido. ( 1 Cor 3,2 )
In effetti, se dire il falso non è mai lecito, può invece, a volte, essere utile non dire tutta la verità.
Era comunque doveroso che gli altri apostoli conoscessero l'esatto contenuto della sua predicazione.
Dal fatto che egli era fedele e si manteneva nella fede vera e ortodossa non seguiva necessariamente che egli fosse anche un apostolo.
Le parole che aggiunge, e cioè: Per non correre o non aver corso invano, occorre intenderle non come rivolte a coloro con i quali in privato confrontò il suo Vangelo, ma come una specie di domanda che rivolge ai destinatari della Lettera.
Che egli non stesse correndo e non avesse corso invano doveva risultare evidente anche dall'attestazione degli altri [ apostoli ], che dichiararono come non si scostava in nulla dalla verità del Vangelo.
11 Dice: Ma nemmeno Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu costretto a circoncidersi.
Tito dunque era greco e non c'era nessuna consuetudine o vincolo di parentela che l'obbligasse a circoncidersi, come invece era il caso di Timoteo; tuttavia l'Apostolo facilmente avrebbe consentito che lo si circoncidesse.
Era infatti suo insegnamento ordinario che con la circoncisione non si reca alcun pregiudizio alla salvezza; ma riporre nella circoncisione la speranza di salvarsi - questo voleva mostrare l'Apostolo -, sarebbe stato certo contrario alla salvezza.
Egli dunque avrebbe potuto accettare tranquillamente la cosa, secondo la norma descritta altrove: La circoncisione non conta nulla come non conta nulla il prepuzio: quello che conta è l'osservanza dei comandamenti di Dio. ( 1 Cor 7,19 )
A motivo però di certi falsi fratelli insinuatisi … Tito tuttavia non fu costretto a farsi circoncidere.
E vuol dire: Non si poté costringere Tito a farsi circoncidere perché - dice - quei tali che si erano insinuati a controllare la libertà dei credenti li spiavano con accanimento ed esigevano come necessaria la circoncisione di Tito.
In tal caso essi avrebbero propagato ai quattro venti la necessità della circoncisione per ottenere la salvezza, facendosi forti anche della testimonianza e del consenso di Paolo.
In questa maniera - continua - li avrebbero ricacciati di nuovo nell'asservimento, cioè ricondotti a portare i pesi servili della legge.
Ma conclude dicendo che a costoro non cedette neanche per un'ora, cioè nemmeno per un briciolo di tempo, né si piegò, affinché la verità del Vangelo restasse salda in mezzo ai pagani.
12 Se quegli invidiosi s'erano segnati a dito e volevano si ritenesse uomo sospetto l'apostolo Paolo, era perché costui in passato aveva perseguitato la Chiesa.
Perciò egli continua dicendo: Da coloro poi che sembravano essere pezzi grossi, cosa fossero stati prima a me non interessa.
In effetti, anche coloro che sembrano personaggi ragguardevoli, lo sembrano a chi è ancora uomo carnale, non che essi stessi si ritengano grandi; anzi, se sono buoni servi di Dio, Cristo è colui che in essi conta, non la loro persona.
Se infatti di per se stessi fossero stati personaggi di rilievo, lo sarebbero stati sempre; mentre al contrario egli dice: Quali fossero stati in antecedenza a me non interessa.
Non gli interessa il fatto che anche loro siano stati peccatori perché Dio non guarda in faccia alla persona umana, e Dio è colui che senza parzialità per l'uomo chiama tutti alla salvezza, non ascrivendo agli uomini le loro colpe.
Mancando dunque gli apostoli che erano stati chiamati al ministero prima di lui, Paolo fu reso perfetto dal Signore in persona, sicché, quando egli andò a confrontare [ la sua dottrina ] con quella degli altri non ebbero nulla da aggiungere a ciò che in lui era già perfetto.
Si avvidero anzi che lo stesso Signore Gesù Cristo, che salva gli uomini senza preferenza di persone, aveva dato a Paolo perché li distribuisse ai pagani gli stessi doni che aveva dato a Pietro perché li mettesse a vantaggio dei giudei.
Risultò pertanto che fra Paolo e gli apostoli non c'erano diversità di sorta per cui, mentre l'uno diceva d'aver ricevuto un Vangelo perfetto, gli altri glielo contestassero e volessero aggiungere qualcosa, come se fosse imperfetto.
E così, invece di rimproverarlo della sua incompletezza, divennero testimoni della sua perfezione, che non poterono non approvare.
E ci diedero la destra in segno di comunione.
Furono cioè d'accordo nell'ammetterli in loro comunione e obbedirono alla volontà del Signore consentendo a Paolo e Barnaba di recarsi fra i pagani mentre loro si sarebbero rivolti ai circoncisi, che si mostravano ostili verso il prepuzio, cioè verso le genti pagane.
Quanto all'espressione: Al contrario, essa può intendersi certamente in questa maniera, e la struttura della frase potrebbe essere così: Le persone autorevoli non mi fecero aggiungere nulla, ma furono d'accordo con me e con Barnaba che noi, a differenza di loro, ci recassimo fra i pagani, cioè da coloro che sono avversi alla circoncisione; loro invece sarebbero andati dai circoncisi.
A tale accordo si riferiscono le parole: Ci diedero la destra in segno di comunione.
13 Non si pensi che siano state dette a sfregio dei suoi predecessori le parole: Coloro che sembravano essere i notabili, cosa fossero stati prima a me non interessa.
Anch'essi infatti, da uomini spirituali com'erano, volevano che fosse opposta resistenza a quella gente che, essendo carnale, li stimava oltre misura e non riponeva la fiducia in Cristo, che abitava in loro.
Essi godevano vivamente quando qualcuno inculcava al popolo che anche loro, i predecessori di Paolo, erano stati peccatori come Paolo, e poi li aveva resi giusti il Signore, il quale non usa parzialità con nessuno.
Così pensavano in quanto cercavano la gloria di Dio e non la propria.
Quanto invece agli uomini carnali e orgogliosi, se viene detto qualcosa sulla loro vita antecedente [ la conversione ], si indispettiscono e se l'hanno a male; e in base a questi sentimenti fanno congetture sul conto degli apostoli.
Ora fra gli apostoli i più in vista erano Pietro, Giacomo e Giovanni: quei tre ai quali il Signore si era manifestato sul monte per mostrare la gloria del suo regno, avendo detto sei giorni prima: Fra i presenti ci sono alcuni che non esperimenteranno la morte senza aver prima visto il Figlio dell'uomo nel regno del Padre suo. ( Mt 16,28 )
Del resto nemmeno questi tre apostoli erano le colonne, ma sembrava che lo fossero.
Paolo infatti sapeva che la Sapienza nel costruirsi la casa non aveva impiegato tre colonne ma sette: ( Pr 9,1 ) numero che può riferirsi all'unità della Chiesa, in quanto il sette sta spesso a significare l'universalità.
Così nel Vangelo si legge: Riceverà sette volte tanto in questo mondo, ( Mt 19,29 ) espressione che più o meno equivale all'altra: Come gente che non ha nulla ma possiede tutto. ( 2 Cor 6,10 )
Così è anche per Giovanni: scrive alle sette Chiese, ma è senza dubbio perché esse rappresentano l'universalità della Chiesa. ( Ap 1,4 )
In altra accezione il numero sette, detto delle colonne, potrebbe indubbiamente riferirsi alle sette operazioni che compie in noi lo Spirito Santo: Spirito di sapienza e d'intelletto, di consiglio e di fortezza, di scienza, pietà e timore di Dio.
In effetti la casa del Figlio di Dio, ( Is 11,2-3 ) cioè la Chiesa, è inclusa nell'ambito di queste operazioni.
14 Avremmo dovuto soltanto ricordare le necessità dei poveri, la qual cosa ho cercato di fare con ogni premura.
Era impegno comune a tutti gli apostoli provvedere ai poveri delle comunità cristiane esistenti in Giudea, cioè a coloro che, venduti i propri beni, avevano consegnato agli apostoli la somma ricavata. ( At 4,35 )
Orbene Paolo e Barnaba furono lasciati andare fra i pagani con la condizione che esortassero le comunità sorte nel mondo pagano, che non avevano compiuto quell'atto di generosità, affinché venissero incontro a quelle che l'avevano effettuato.
Di ciò scrive ai Romani: Adesso mi recherò a Gerusalemme per provvedere alle necessità dei santi.
È parso bene infatti ai cristiani di Macedonia e di Acaia fare una colletta a vantaggio dei poveri delle comunità cristiane esistenti a Gerusalemme.
È parso bene a loro; e del resto ne erano in debito.
Se infatti i pagani sono diventati partecipi dei beni spirituali del giudaismo, è loro obbligo somministrare ai giudei i propri beni materiali. ( Rm 15,25-27 )
1 | Retract. 1, 23,6 |
2 | Retract. 1, 23,2 |
3 | Retract. 1, 23,3 |