Esposizione dei Salmi |
Cerchiamo di trovare, con l'aiuto di Dio, che significhi il verso di questo lungo salmo che inizia con: Trasgressori, o meglio: quei che trasgrediscono, poiché il greco ha παραβαίνοντας e non παραβατας.
Cerchiamo, dico, come si debbano intendere le parole: Io ha considerato trasgressori tutti i peccatori della terra, tenuto conto di quanto afferma l'Apostolo: Dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione. ( Rm 4,15 )
Le quali parole egli dice mentre mira a distinguere la promessa dalla legge.
Ecco infatti le parole precedenti, che consentono di ricavare il senso globale del testo: Non fu per la legge - dice - che è stata fatta ad Abramo o alla sua discendenza la promessa dell'eredità del mondo, ma per la giustizia della fede.
Poiché se eredi fossero solo quelli della legge, sarebbe vana la fede e annullata la promessa.
La legge infatti produce l'ira, poiché dove non c'è legge, non c'è neppure trasgressione.
Perciò eredi si è per la fede, affinché, basata sulla grazia, sia stabile la promessa per tutta la discendenza, non solo quella della legge ma anche quella che ha la fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi. ( Rm 4,13-16 )
Perché l'Apostolo dice questo se non perché vuol dimostrare che la legge senza la grazia della promessa non solo non toglie il peccato ma lo accresce?
Come asseriscono le altre parole: La legge subentrò perché il delitto abbondasse. ( Rm 5,20 )
Ma siccome mediante la grazia vengono rimesse non solo le colpe che si commettono senza la legge ma anche quelle commesse sotto la legge, per questo continuando il discorso conclude: Dove però abbondò il delitto, la grazia fu più abbondante ancora. ( Rm 5,20 )
L'Apostolo dunque non considera rei di trasgressione tutti i peccatori, ma soltanto coloro che peccano trasgredendo la legge.
Dice infatti: Dove non vi è legge, non vi è nemmeno trasgressione. ( Rm 5,20 )
Cioè, secondo l'Apostolo ogni trasgressore in quanto pecca contro la legge è peccatore, ma non ogni peccatore è anche trasgressore, poiché ci sono taluni che peccano senza trasgredire la legge e, se non c'è la legge, non c'è nemmeno la trasgressione.
D'altra parte, se nessuno peccasse senza la legge, lo stesso Apostolo non direbbe: Coloro che hanno peccato senza la legge, periranno senza la legge. ( Rm 2,12 )
Al contrario, secondo il nostro salmo tutti i peccatori della terra - sono trasgressori e quindi non c'è peccato che insieme non sia trasgressione.
Che se non c'è trasgressione senza che vi sia la legge, ciò vorrebbe dire che non c'è peccato se non nell'ambito della legge.
Chi pertanto afferma: Io ho considerato trasgressori tutti i peccatori della terra, vuol significarci che, secondo lui, non ci sono peccatori che non abbiano trasgredito la legge, e quindi è in contrasto con chi afferma: Quanti hanno peccato senza la legge periranno senza la legge.
Infatti, secondo l'uno ci sono peccatori che non sono trasgressori, coloro cioè che peccarono senza la legge ( e dove non c'è legge, non c'è trasgressione ); secondo l'altro invece non c'è peccatore che non sia anche trasgressore, poiché egli ritiene trasgressori tutti i peccatori della terra.
Quindi secondo lui non c'è nessuno che abbia peccato senza la legge, se è vero che dove non c'è legge, non c'è trasgressione.
Cosa diremo allora? Che è vero che dove non c'è legge non c'è nemmeno trasgressione, mentre non è vero che alcuni hanno peccato senza la legge?
Oppure che è vero che alcuni hanno peccato senza la legge, mentre non è vero che, per esservi la trasgressione, occorre necessariamente vi sia la legge?
Ma l'Apostolo afferma tutt'e due le cose, e tutt'e due debbono essere vere perché per bocca dell'Apostolo parlava la Verità.
Come allora sarà vero quanto senza equivoci in questo nostro salmo ci dice la medesima Verità, e cioè: Io ho considerato trasgressori tutti i peccatori della terra?
Ecco la risposta che conviene dare [ al problema ]: vedere chi sono coloro che, secondo l'Apostolo, hanno peccato senza la legge.
Fra costoro infatti ci potrebbe essere alcuno che non debba ritenersi trasgressore, dal momento che, sempre secondo l'Apostolo, dove non c'è legge non ci può essere trasgressione.
È da osservare in realtà che, quando l'Apostolo scriveva: Quanti hanno peccato senza la legge senza la legge periranno, si riferiva alla legge che Dio diede al suo popolo, Israele, per mezzo del suo servo Mosè.
Lo dimostrano le parole del contesto, in cui l'Apostolo tratta di Giudei e di Greci, cioè dei pagani, che rientravano non nell'ambito della circoncisione ma del prepuzio.
E se li chiama senza legge, lo fa perché essi non avevano ricevuto quella legge che costituiva il vanto dei Giudei, al segno che l'Apostolo poteva dire di loro: Se tu ti chiami Giudeo e riposi nella legge e ti glori di Dio. ( Rm 2,17 )
In particolare occorre riflettere bene sul passo che precede l'affermazione: Quanti peccarono senza la legge, periranno senza la legge.
Vi si legge: Ira e sdegno, tribolazione e angoscia sopra ogni anima d'uomo che fa il male, Giudeo prima e poi Greco; viceversa, gloria amore e pace a chiunque opera il bene, Giudeo prima e poi Greco: poiché non vi è riguardo a persone presso Dio.
A queste parole aggiunge quelle di cui ora discutiamo, e cioè: Quanti senza legge peccarono, senza legge anche periranno; e quanti peccarono nella legge, con tale legge saranno giudicati. ( Rm 2,8-12 )
Con questi ultimi identifica i Giudei, con gli altri i Greci.
Di essi infatti sta trattando, volendo dimostrare che gli uni e gli altri erano in dominio del peccato, perché, in tal modo convinti, confessassero di avere tutti bisogno della grazia.
Al riguardo dice: Non v'è infatti differenza; tutti hanno peccato e rimangono privi della gloria di Dio, e sono giustificati gratuitamente per la grazia di lui a mezzo della redenzione in Cristo Gesù. ( Rm 3,22 )
Chi sono dunque coloro di cui afferma che tutti hanno peccato, se non quei Giudei e Greci dei quali aveva detto che non v'è differenza?
Similmente un po' più avanti aveva detto di loro: Abbiamo dimostrato che tutti, Giudei e Greci, sono in potere del peccato. ( Rm 3,9 )
Ebbene quanti hanno peccato senza la legge ( quella legge cioè di cui si vantano i Giudei ) periranno senza la legge, mentre coloro che hanno peccato avendo la legge ( cioè gli stessi Giudei ) saranno giudicati mediante la legge.
Ma non per questo eviteranno la perdizione: a meno che non credano in Colui che è venuto a cercare ciò che era perduto. ( Lc 19,10 )
Ci sono stati degli esegeti, anche cattolici, che non hanno posto la debita attenzione a queste parole dell'Apostolo e le hanno svisate dal loro giusto valore.
Costoro hanno affermato che, se è vero che andranno perduti coloro che peccano senza la legge, gli altri ( cioè coloro che peccano avendo la legge ) saranno soltanto giudicati ma non andranno perduti.
Saranno purificati attraverso pene transitorie - così
opinano essi - come quel tale di cui fu detto: Egli però si salverà, magari
attraverso il fuoco. (
1 Cor 3,15 )
Tuttavia, se c'è questa via d'uscita ( lo si comprende bene ) dipende dai meriti del Fondamento, di cui stava trattando l'Apostolo prima di giungere alla nostra frase.
Ecco le sue parole: Io da savio architetto ho posto il fondamento, un altro ci lavora su.
Ciascuno guardi come fabbrica; poiché nessuno può porre fondamento diverso da quello che già c'è, che è Gesù Cristo. ( 1 Cor 3,10-11 )
Continuando giunge a quel passo dove afferma che si salverà attraverso il fuoco colui che, sopra un tale fondamento, non costruirà con oro, argento o pietre preziose, ma con legno, paglia o stoppia, senza peraltro rifiutare di essere accolto nell'edificio e senza abbandonare il fondamento che ha accettato [ mediante la fede ].
Costui, messo al bivio se abbandonare le sue voglie carnali o Cristo, preferisce Cristo alle sue passioni, anche se da queste è dominato fino a soccomberne.
Se infatti non lo preferisse in tal modo, Cristo non sarebbe certo suo fondamento, poiché il fondamento precede e sta alla base dell'edificio e di tutte le sue parti.
Se dunque c'è stato qualcuno che ha ritenuto non essere dannati per sempre coloro di cui si dice che saranno giudicati mediante la legge, ( Rm 2,12 ) penso che l'abbia fatto considerando che costoro hanno Cristo come fondamento.
Ritenendo però una tale opinione, non hanno badato a quanto da noi dimostrato; e poi c'è la Scrittura che chiaramente attesta che le parole dell'Apostolo riguardano i Giudei, i quali evidentemente non hanno quel fondamento che è Cristo.
Ora potrà esserci cristiano che, a proposito dei Giudei increduli a Cristo, pensi che essi non saranno condannati per sempre ma solo giudicati?
Ovvero, non dice forse Cristo, parlando a tal popolo, che fu mandato per le pecore perdute della casa d'Israele, ( Mt 15,24 ) affermando insieme che nel giorno del giudizio si sarebbe usata più compassione con i sodomiti, dannati certo senza la legge, ( Mt 10,15 ) che non con la nazione giudaica incredula dinanzi ai prodigi da lui fatti con la sua onnipotenza. ( Mt 11,23-24 )
Risulta dunque che l'Apostolo, se chiama i pagani senza legge, lo fa riferendosi alla legge data da Dio al popolo d'Israele per mezzo di Mosè: ( Rm 2,14 ) legge che non fu data agli altri popoli.
In tal caso che senso daremo alle parole del nostro salmo: Io ho considerato trasgressori tutti i peccatori della terra?
Non dovremo forse intravvedervi un'altra legge, non data per mezzo di Mosè, in relazione alla quale anche i peccatori nati al di fuori del mondo giudaico divengano trasgressori?
Difatti dove non c'è legge non c'è neanche trasgressione. ( Rm 2,12-14 )
Ora, qual è questa legge se non quella di cui lo stesso Apostolo dice: Quando i gentili che non hanno la legge fanno per natura le cose della legge, costoro, non aventi legge, sono legge a se stessi. ( Rm 4,15 )
In vista di ciò egli dice: Quanti non hanno legge peccano senza la legge e andranno in perdizione senza la legge.
In quanto però egli afferma: Essi sono legge a se stessi, ci offre un motivo valido per concludere che tutti i peccatori della terra sono trasgressori.
Non c'è infatti alcuno che danneggi il prossimo e insieme non disapprovi la stessa cosa quando viene fatta a lui.
Col suo agire egli trasgredisce la legge naturale che non può non conoscere, tanto è vero che egli non vorrebbe ricevere lo stesso danno che reca all'altro.
Ebbene, forse che una tal legge non era nel popolo d'Israele?
Ma certo che c'era: poiché anche gli Israeliti erano uomini.
Per essere infatti senza legge naturale avrebbero dovuto essere fuori del consorzio umano.
Essi quindi si sono resi molto più trasgressori quando ricevettero la legge divina, con la quale la legge naturale viene restaurata, convalidata o rafforzata, come dir si voglia.
Fra i peccatori della terra ( e tutti lo siamo ) non è sbagliato annoverarci anche i bambini, a causa del peccato originale da cui sono avviluppati.
È dimostrato infatti che anche loro, per la similitudine che portano con la trasgressione di Adamo, ( Rm 5,14 ) sono partecipi di quella prima trasgressione che venne commessa contro la legge data da Dio nel paradiso. ( Gen 3,6 )
In tal senso tutti i peccatori della terra, nessuno assolutamente escluso, sono da considerarsi ( e lo sono veramente ) trasgressori, in quanto tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio. ( Rm 3,23 )
Sì, veramente, la grazia del Salvatore [ quando apparve ] trovò tutti trasgressori, sebbene chi più e chi meno.
Difatti quanto maggiore è la conoscenza che uno ha della legge, tanto meno è scusabile se pecca; e quanto minori sono le attenuanti che uno ha del peccato, tanto più è palese la sua trasgressione.
Non restava, quindi, altro se non che a tutti venisse incontro soccorritrice la giustizia di Dio, donata cioè da Dio, e non quella propria di ciascuno.
Non per nulla infatti dice l'Apostolo: Dalla legge la conoscenza del peccato.
Non la remissione ma la conoscenza, sicché può dire ancora: Ma adesso senza la legge si è manifestata la giustizia di Dio, attestata dalla Legge stessa e dai Profeti. ( Rm 3,20-21 )
In conformità con questo il salmista poteva aggiungere: Per questo ho amato le tue testimonianze.
È come se dicesse: Siccome la legge, tanto quella imposta nel paradiso quanto quella insita naturalmente nel cuore dell'uomo, quanto quella scritta su codici, aveva reso trasgressori tutti i peccatori della terra, per questo io ho amato le tue testimonianze.
Ho amato, cioè, le testimonianze che la tua legge mi dà riguardo alla tua grazia, perché sia in me non la mia ma la tua giustizia.
Questo infatti è il lato positivo della legge: che ci indirizza alla grazia.
E ciò essa compie non soltanto facendo fede riguardo alla giustizia di Dio che si ha da rivelare - giustizia che non è dalla legge ma anche col fatto stesso di rendere l'uomo trasgressore, cioè col suo stesso uccidere mediante la lettera. ( 2 Cor 3,6 )
Ciò facendo, suscita nell'uomo il timore e lo costringe a ricorrere allo Spirito vivificante per opera del quale viene distrutto ogni peccato e viene infuso l'amore per le opere buone.
Ecco perché dice: Per questo ho amato le tue testimonianze.
Alcuni recano sempre, altri no.
Se questo sempre c'è, è da intendersi nel senso di: " Finché si vive in questo mondo ".
Solo qui infatti ci sono necessarie le testimonianze della Legge e dei Profeti, che facciano fede alla giustizia di Dio per la quale, siamo giustificati gratuitamente.
Come pure è in questo mondo che sono necessarie le nostre testimonianze, rendendo le quali i martiri chiusero la loro vita temporale.
Conosciuta la grazia di Dio, unico mezzo per essere liberati dalla prevaricazione in cui si incorre attraverso la conoscenza della legge, prega e dice: Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni.
Con tale espressione più marcata alcuni nostri traduttori hanno reso quanto in greco è detto con un unico verbo, cioè χαθήλωσον, mentre altri hanno preferito dire semplicemente: Fissa, senza aggiungere: Con chiodi.
Volendo però tradurre con una sola parola latina l'unica parola greca, hanno spiegato con minore perspicuità il senso della frase.
Nella parola fissa non c'è infatti inclusa l'idea di chiodi, mentre χαθήλωσον non ha significati che prescindano dai chiodi: cosa che in latino non può esprimersi se non ricorrendo a due parole, esattamente cioè come è stato detto qui: Fissa con chiodi.
Riguardo poi al senso dell'espressione, non è altro se non quello di cui l'Apostolo: Quanto a me sia lungi dal gloriarmi d'altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per opera del quale il mondo è stato per me crocifisso, e io per il mondo. ( Gal 6,14 )
E ancora: Sono stato crocifisso con Cristo; e vivo non più io, ma vive in me Cristo. ( Gal 2,19 )
Ora questo cos'altro vuol dire se non: In me non c'è una mia giustizia, derivatami dalla legge ( la quale legge anzi mi ha reso trasgressore ), ma la giustizia di Dio, quella giustizia che mi è stata donata da Dio ( Fil 3,9 ) e non deriva da me?
In questo modo non vivo più io ma vive in me Cristo, che è divenuto per noi sapienza da Dio e giustizia e santificazione e redenzione, affinché, come sta scritto, chi si gloria, nel Signore si glori. ( 1 Cor 1,30; 2 Cor 10,17 )
E ancora: I seguaci di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze. ( Gal 5,24 )
Nel brano di Paolo si dice che essi hanno crocifisso la loro carne, nel salmo si invoca Dio perché lo faccia lui, e per questo gli si dice: Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni.
Ciò è per farci intendere che quanto compiamo di bene deve attribuirsi alla grazia di Dio, il quale opera in noi e il volere e l'agire conforme alla buona volontà. ( Fil 2,13 )
Dopo aver detto: Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni, soggiunge: Poiché io ho temuto per i tuoi giudizi.
Che intende dire? Cos'è questo: Fissa col tuo timore, infatti ho temuto?
Se aveva temuto o temeva, perché continuare a pregare perché Dio crocifiggesse le sue carni col suo timore?
O forse voleva un aumento di timore? un timore tale, cioè, che fosse in grado di crocifiggere le sue carni, vale a dire le sue voglie e i suoi appetiti carnali?
Avrebbe detto più o meno: Sviluppa in me il tuo timore, poiché io già temo a causa dei tuoi giudizi.
Ma c'è un significato più profondo, che occorre ricavare scrutando con l'aiuto di Dio le sinuosità di questo brano scritturale.
Dice: Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni, poiché io ho temuto per i tuoi giudizi.
E vuol dire: Mediante il timore casto di te ( quel timore che rimane in eterno ) ( Sal 19,10 ) abbiano a reprimersi totalmente i miei desideri carnali.
Infatti io ho già temuto per i tuoi giudizi, quando cioè mi minacciava castighi quella legge che non poteva darmi la giustizia.
Occorre però che questo timore, per il quale si ha paura del castigo, sia scacciato dalla carità perfetta, ( 1 Gv 4,18 ) che rende l'uomo libero facendo leva non sul timore del castigo ma sull'attrattiva della giustizia.
In effetti il timore che non porta ad amare la giustizia ma ad aver paura della pena, essendo un timore carnale è anche un timore servile, e quindi incapace di crocifiggere la carne.
Sotto di lui seguita a vivere la volontà di peccare: la quale quando può ripromettersi l'impunità passa all'azione e sì manifesta, mentre invece quando è sicura d'incorrere nel castigo seguita a vivere nascosta.
È tuttavia sempre in vita: tanto è vero che preferirebbe le fosse lecito quel che la legge vieta e si rammarica perché lecito non è.
Così perché non sa godere spiritualmente del bene che la legge le presenta ma teme carnalmente il male che essa minaccia.
Quando invece si ha il timor casto, si ha la carità, la quale scaccia via il timore servile e fa temere il peccato in se stesso, anche quando si è sicuri dell'impunità.
Essa anzi mai si lusinga di restare impunita, in quanto, amando la giustizia, ritiene il peccato stesso già un castigo.
Un tale timore è davvero in grado di crocifiggere le carni, poiché quando si gode l'attrattiva dei beni spirituali si è in grado di vincere le concupiscenze carnali, a differenza di quel che si conseguiva con la lettera della legge, capace solo di vietarle ma non di farle evitare.
Quando poi tale vittoria si sarà estesa e avrà raggiunto la perfezione, le stesse passioni saranno eliminate del tutto.
Dice dunque: Fissa con i chiodi del tuo timore le mie carni, poiché io ho temuto per i tuoi giudizi.
E vuol dire: Dammi il timore casto, a chiedere il quale mi ha condotto l'altro timore, cioè quello della legge per cui ho temuto a causa dei tuoi giudizi e che è stato per me come un pedagogo perché io venissi a chiedertelo.
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