Lettere |
Scritta poco dopo la precedente.
A. si lamenta ancora con Eusebio, pregandolo di espellere il diacono Primo ( n. 1-2 ) e di reprimere l'audacia dei chierici Donatisti, altrimenti userà tutti i mezzi leciti e la pubblica accusa di essi onde difendere la libertà di coscienza ( n. 3-4 ).
Chiede una risposta ( n. 5 ).
Agostino ad Eusebio, esimio, degno di ogni merito e dilettissimo fratello
Non sono stato io, con esortazioni e con preghiere importune, ad imporre alla tua volontà riluttante di assumerti il compito di giudice - come tu affermi - in mezzo ad un consesso di vescovi.
Anche se avessi voluto indurti a ciò, non mi sarebbe forse difficile dimostrarti di quanto grande autorità tu sia rivestito per giudicare tra noi in una faccenda sì chiara e lampante e che razza di condotta è la tua, dacché, senza aver ascoltato le due parti, non esiti a pronunciare il tuo parere a favore di una di esse, proprio tu che hai paura di pronunciare il tuo giudizio in proposito; ma per ora - come t'ho già detto - non voglio parlare di questo.
Io, comunque, non avevo domandato alla tua venerata Benignità - e ti prego di volerne prendere atto una buona volta almeno in questa lettera - non avevo domandato se non che tu domandassi a Proculiano se aveva detto al suo prete Vittore quanto il pubblico ufficiale riferì come denunciato a lui, o se invece per caso quelli che ne avevano ricevuto l'incarico riferirono non già quanto avevano sentito da Vittore, ma fecero registrare una menzogna negli Atti municipali.
Ti chiedevo pure che gli domandassi cosa pensasse della mia proposta di discutere l'intera questione tra noi.
Ora, io penso che uno non viene costituito giudice per il solo fatto che è pregato d'interrogare un altro e di usare la cortesia di far sapere per iscritto la risposta ottenuta.
Ti prego ancora una volta che non ti dispiaccia di farmi questo favore, poiché Proculiano, come so anche per esperienza, rifiuta di ricevere mie lettere; se avesse acconsentito, non sarei ricorso ai tuoi buoni uffici per questo scopo.
Dato però ch'egli non acconsente, che cosa posso fare di più moderato se non chiedergli, per mezzo d'un personaggio par tuo e suo amico, notizie su un affare che la responsabilità della mia carica m'impedisce di tacere?
Il tuo nobile cuore ha disapprovato il fatto che quella madre sia stata battuta dal figlio; "se lo avesse saputo pure Proculiano - tu mi dici - avrebbe allontanato dalla sua comunione un giovane sì scellerato"; a ciò ti rispondo in due parole: "Adesso egli lo sa, ordunque lo allontani".
Debbo segnalarti anche un altro fatto.
Un suddiacono di nome Primo, appartenente una volta alla Chiesa di spaniano, poiché gli era stato proibito di praticare, contro le norme disciplinari, l'abitazione delle religiose e disprezzava i sani precetti delle regole, fu rimosso dalla dignità clericale.
Egli allora, irritato del castigo inflitto secondo la legge di Dio, passò ai Donatisti e da questi fu ribattezzato.
Intanto due religiose del medesimo contado, abitanti in un podere appartenente a cristiani Cattolici, o perché trascinate da lui o per averlo seguito spontaneamente nella sètta, sono state ribattezzate anch'esse.
Ed ora eccolo aggregato a bande di Circoncellioni e in mezzo a turbe di femmine vagabonde, che hanno rinunciato al matrimonio per non stare sottomesse ad alcuna regola; eccolo abbandonarsi sfrontato e tracotante agli eccessi del bere e alle orge, contento di essersi procurato la più ampia licenza di vivere nel male, da cui veniva allontanato nella Chiesa Cattolica.
Forse Proculiano ignora anche questo fatto: voglia dunque la tua mansueta Nobiltà farglielo sapere e ordini che sia rimosso dalla sua comunione colui che la scelse unicamente perché nella Chiesa Cattolica era stato rimosso dalla dignità clericale per la sua disubbidienza e per la sua condotta depravata.
Quanto a me, ecco la norma che osservo con la grazia di Dio: se uno, degradato dai Donatisti per motivi disciplinari, vorrà passare alla Chiesa Cattolica, dovrà essere ricevuto nell'umiliazione della penitenza a cui forse l'avrebbero costretto gli stessi Donatisti, se avesse voluto rimanere nella loro sètta.
E ora considera quanto sia esecrabile il modo d'agire dei Donatisti, per cui quelli che a norma della disciplina ecclesiastica sono da noi puniti per la loro cattiva condotta, vengono costretti a ricevere un altro battesimo e, per meritare di riceverlo, a rispondere d'essere pagani, mentre perché una tale parola non uscisse più da labbra cristiane, è stato sparso sì abbondante sangue di martiri!
Questi ribattezzati poi, come se fossero rinnovati e santificati, mentre sono diventati peggiori di prima, vengono indotti a oltraggiare, col pretesto d'un nuovo stato di grazia e con un sacrilegio di rinnovato furore, la stessa disciplina cattolica che non seppero sopportare.
Ma se mi adopero inutilmente a far correggere queste scelleratezze ricorrendo alla tua Benevolenza, nessuno poi venga a lamentarsi di me, se farò in modo che Proculiano venga informato per mezzo degli Atti pubblici; credo che non possano essermi negati in una città romana.
Orbene, Dio ci comanda di annunziare e predicare la sua parola e confutare quelli che insegnano ciò che non si deve e anzi di insistere a tempo e fuor di tempo, ( 2 Tm 4,2 ) come dimostro con le parole del Signore e degli Apostoli nella Sacra Scrittura; nessuno quindi pensi di convincermi a tacere su tali cose!
Se poi gli avversari crederanno d'intimorirci con la violenza o con metodi briganteschi, sappiano che il Signore non mancherà di difendere la sua Chiesa, avendo egli assoggettato al proprio dominio nel suo grembo tutti i regni della terra.
Ecco un altro misfatto: un colono della Chiesa aveva una figlia, che era già stata catecumena presso di noi; fu indotta a passare dalla parte dei Donatisti contro la volontà dei genitori, perché da quelli fosse battezzata e abbracciasse pure la regola monacale.
Ora, suo padre voleva far valere rigorosamente i suoi diritti paterni per farla ritornare alla comunione cattolica, ma io non volli che quella donna ( il cui cuore era stato traviato ) fosse accolta, se non a patto che lei stessa avesse, di spontanea e piena volontà, scelto la condizione migliore.
Il contadino invece, perché la figlia gli desse retta, cominciò pure ad insistere con le percosse, ma io mi opposi subito assolutamente a tale metodo.
Mentre però passavamo per spaniano, un prete di Proculiano, che si trovava nel podere di una rispettabile donna cattolica, si diede a lanciarci alle spalle espressioni spudorate chiamandoci "traditori" e persecutori; tale insulto lo scagliò pure contro quella donna appartenente alla nostra comunione, mentre egli si trovava nel podere di essa.
A sentire quegli insulti, frenai non solo me stesso, ma anche la folla che m'accompagnava, dall'attaccar briga e venire a diverbio.
Eppure, se io dicessi: "Si cerchi chi sono o furono i traditori o i persecutori", mi si risponderebbe: "Noi non vogliamo disputare, vogliamo solo ribattezzare.
Vogliamo, a guisa dei lupi, depredare le vostre pecore, azzannandole nell'imboscate; voi invece, se siete buoni pastori, tacete".
Orbene, cos'altro mai ha ordinato Proculiano ( se davvero è stato lui a dare tale ordine ) se non: "Se sei cristiano, rimetti ciò al giudizio di Dio; se noi poi facciamo il contrario, tu sta' zitto".
La stessa minaccia osò rivolgere il medesimo prete a quel contadino, fittavolo di quel podere della Chiesa.
Fammi dunque il favore di far conoscere tutti questi fatti a Proculiano; voglia costui porre un freno al pazzo furore dei suoi chierici, di cui, mio venerando Eusebio, non ho voluto tacere con te.
Ti vorrai pertanto degnare di rispondermi e farmi sapere non la tua opinione riguardo a quanto ti ho scritto ( perché tu non creda che ti voglia addossare il peso di giudice ) ma che cosa essi rispondono.
La misericordia di Dio ti conservi sano e salvo, mio esimio signore, mio stimatissimo e dilettissimo fratello.
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