Lettere |
Scritta all'inizio del 402.
Agostino informa Santippo, primate della Numidia, della scandalosa condotta del prete Abbondanzio ( n. 1 ) al quale ha rifiutato di affidare la cura di una Chiesa, pur rimettendo ogni decisione ai giudici ecclesiastici ( n. 2 ).
Agostino invia cristiani saluti al primate Santippo sui felicissimo signore, rispettabilissimo e amatissimo padre e suo collega d'episcopato
Mentre saluto la tua Eccellenza con l'ossequio dovuto ai tuoi meriti e mi raccomando vivamente alle tue preghiere, annuncio alla tua Prudenza che un certo Abbondanzio fu ordinato prete nel borgo rurale di Strabonia appartenente alla mia giurisdizione.
Siccome costui, non seguendo la via delle persone consacrate a Dio, aveva cominciato ad acquistare una cattiva fama, io mi sono allarmato e pur non credendo nulla alla leggera, ho fatto del tutto per arrivare in qualche modo ad avere indizi sicuri della sua cattiva condotta.
E innanzitutto sono venuto a sapere ch'egli aveva stornato una somma di denaro affidatagli da un contadino come un deposito sacro, e della quale non ha potuto render conto in modo plausibile.
È stato provato - e lo ha confessato lui stesso - che la vigilia del Natale del Signore, in cui la Chiesa di Gippi, come tutte le altre, osservava il digiuno, dopo essersi accomiatato dal prete di Gippi, suo collega, poco prima di mezzogiorno, fingendo di recarsi alla propria Chiesa, senza avere con sé alcun chierico, rimase nel medesimo villaggio e pranzò e cenò in casa d'una femmina di cattiva reputazione, e rimase [ la notte ] nella medesima casa.
Orbene, egli era perfettamente a conoscenza - e non poté negarlo - che in quella stessa casa era già stato un nostro chierico d'Ippona, e perciò degradato.
Io ho rimesso al giudizio di Dio quanto da lui negato; ma ho giudicato solo quel che non aveva potuto nascondere; ho quindi avuto timore di affidargli la chiesa, soprattutto perché situata in mezzo agli eretici, che abbaiano attorno come cani arrabbiati.
Mi pregò inoltre di dargli una lettera di raccomandazione per il prete del borgo di Armemano, sito nel territorio di Bolla d'onde era venuto da noi, perché quello non sospettasse qualche colpa più nefanda sul conto di lui.
Aveva intenzione di vivere là nel modo più corretto possibile senza compiere alcuna funzione sacerdotale.
Io mi lasciai prendere dalla compassione.
Ecco le notizie che soprattutto era mio dovere comunicare alla tua Prudenza, perché non ti sorprendesse qualche inganno.
Venni a sapere il suo caso solo quando mancavano cento giorni alla domenica di Pasqua, che cadrà il sei aprile.
Mi sono preoccupato di farti sapere questo fatto in ossequio ai decreti del concilio, che ho fatto conoscere anche a lui; gli ho fatto inoltre sapere con molta esattezza che v'era una norma del concilio secondo la quale, se intendeva trattare la propria causa e non lo avesse fatto nel termine di un anno, passato quel termine, nessuno gli avrebbe più dato ascolto.
Quanto invece a noi, mio felicissimo signore e padre venerato e stimatissimo, stiamo attenti a punire secondo i decreti del concilio questi indizi di cattiva condotta dei chierici, soprattutto quando comincia ad accompagnarli una fama non buona.
Altrimenti incominceremo ad essere costretti a voler discutere su cose che non si possono accertare e così a condannare colpe incerte o a passare sopra a cose realmente sconosciute.
Io, senza affatto esitare, ho ritenuto mio dovere rimuovere dalle sue funzioni di sacerdote, temendo di affidargli in seguito una chiesa di Dio, un prete che in giorno di digiuno praticato pure nella chiesa di quel luogo, accomiatatosi dal prete del medesimo luogo, suo collega, osò rimanere a pranzare e cenare in casa di una femmina malfamata senz'essere accompagnato da nessun chierico, e dormire nella medesima casa.
Se però i giudici ecclesiastici fossero per caso di altro parere, essendo stato stabilito dal Concilio che la causa di un prete deve essere definita da sei vescovi, chi lo vuole gli affidi pure una chiesa posta sotto la propria giurisdizione.
Quanto a me, lo confesso, temo di affidare una qualunque comunità di fedeli a dei preti siffatti, non sostenuti per nulla da una buona fama in modo che si possa perdonar loro una colpa: e lo temo perché, se dovesse scoppiare uno scandalo più grave, non debba imputarlo con mio dolore a me stesso.
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