Lettere |
Scritta dopo il 395.
Agostino al vecchio amico Marziano divenuto catecumeno e perciò davvero amico ( n. 1 ) spiega in che consiste la vera amicizia ( n. 2-4 ) esortandolo a ricevere il battesimo e gli altri sacramenti dei fedeli ( n. 5 ).
A Marziano, signore meritatamente illustre e fratello dilettissimo e degnissimo d'affetto in Cristo, Agostino invia saluti nel Signore
Mi sono strappato o meglio mi sono sottratto di nascosto e, per così dire, ho trafugato me stesso alla moltitudine delle mie occupazioni per scrivere a te, amico di vecchia data, che però non possedevo, fintantoché non ti possedevo in Cristo.
Poiché tu sai bene come ha definito l'amicizia Tullio, il più grande oratore romano, come lo chiama un tale:1 L'amicizia - afferma egli e lo afferma molto giustamente - è il perfetto accordo su tutte le cose divine e umane, accompagnato da benevolo affetto.2
Tu invece, mio carissimo, un tempo eri d'accordo con me nelle cose umane, allorquando io desideravo di goderle alla maniera del volgo; tu inoltre, affinché io potessi arrivare a ottenere quelle cose di cui ora mi pento, t'adoperavi con ogni sforzo per assecondarmi, e con tutti gli altri miei amici eri anzi tra i primi a gonfiare le vele delle mie passioni col vento delle lodi; al contrario nelle cose divine, delle quali a quel tempo non m'era brillata alcuna verità, la nostra amicizia zoppicava certamente riguardo alla parte più importante di quella definizione.
La nostra infatti era una perfetta intesa solo sulle cose umane, ma non anche su quelle divine, anche se accompagnata da benevolo affetto.
Anche dopo ch'io cessai di desiderare le cose terrene, tu veramente continuasti a volermi bene e m'auguravi ch'io stessi bene quanto al benessere mortale e fossi felice per la prosperità delle cose che suole augurarsi il mondo.
Anche in tal modo pertanto esisteva fra te e me, in discreta misura, una dolce e affettuosa intesa sulle cose umane.
Ora invece con quali parole potrei esprimere la gioia che provo per te, dal momento che colui il quale in modo imperfetto ho avuto per amico, ora l'ho per vero amico?
Si è aggiunto infatti l'accordo sulle cose divine, poiché tu che un tempo, con graditissima benevolenza, trascorresti con me la vita temporale, hai ora cominciato ad essere unito con me nella speranza della vita immortale.
Ora sì che tra noi non c'è alcun disaccordo nemmeno sulle cose umane, dal momento che le valutiamo secondo la conoscenza che abbiamo delle cose divine, per non attribuire loro maggior peso di quel ch'è richiesto a giustissimo titolo dalla loro limitatezza, ma senza far oltraggio al loro creatore, Signore delle cose celesti e terrestri, rigettandole con ingiusto disprezzo.
Avviene in tal modo, che tra amici tra i quali non c'è perfetto accordo sulle cose divine, non può esserci pieno e sincero accordo neppure sulle cose umane.
E questo accade perché è inevitabile che stimi le cose umane diversamente da quel che si conviene colui il quale disprezza le cose divine, e che non sappia amare rettamente l'uomo chiunque non ama Colui che ha creato l'uomo.
Per tal motivo io non dico che ora tu mi sei amico più pienamente, mentre prima lo eri solo in parte, ma - come ci avverte la logica - dico che non lo eri nemmeno in parte, dal momento che nemmeno riguardo alle cose umane eri stretto a me da vera amicizia.
Infatti non eri partecipe con me delle cose divine, in confronto alle quali si valutano quelle umane, sia quando ne ero lontano io stesso, sia dopo che io, alla meglio, cominciai a comprenderle, mentre tu ne sentivi parecchia ripugnanza.
Non voglio però che te l'abbia a male né che ti sembri strano se al tempo in cui io m'arrovellavo alla ricerca delle vanità del mondo, tu non eri ancora mio vero amico, sebbene ti sembrasse di amarmi assai, dal momento che nemmeno io ero amico di me stesso, ma piuttosto nemico, poiché amavo l'iniquità ed è vera, perché divina, l'affermazione contenuta nei Libri sacri: Chi ama l'iniquità, odia l'anima propria. ( Sal 11,6 )
Poiché dunque io odiavo l'anima mia, in qual modo potevo avere un amico sincero in chi m'augurava le cose a causa delle quali io sopportavo me stesso come nemico?
Quando invece brillò al mio spirito la benignità e la grazia del nostro Salvatore, non già in conformità dei miei meriti, ma della sua misericordia, ( Tt 3,4-5 ) in che modo avresti potuto essermi vero amico mentre eri maldisposto verso di essa, dato che ignoravi del tutto in virtù di che cosa potevo esser felice e non mi volevi bene in ciò per cui ero diventato ormai in qualche modo amico di me stesso?
Sia quindi ringraziato Dio che s'è degnato di renderti una buona volta mio amico.
Ora sì che c'è tra noi perfetto accordo sulle cose umane e divine accompagnato da un'affettuosa benevolenza,3 in Cristo Gesùnostro Signore, nostra autentica e genuina pace.
Egli ha riassunto tutti gl'insegnamenti divini in due comandamenti dicendo: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente; e: Amerai il tuo prossimo come te stesso.
In questi due comandamenti si fonda tutta la Legge e i Profeti. ( Mt 22, 37.39-40; Mc 12,30-31; Lc 10,27; Dt 6,5; Lv 19,18 )
Nel primo comandamento c'è il perfetto accordo sulle cose divine, nel secondo quello sulle cose umane, accompagnato da affettuosa benevolenza.
Se insieme con me li osserverai con la massima fedeltà, la nostra amicizia sarà sincera ed eterna e ci unirà non soltanto l'un all'altro, ma anche allo stesso Signore.
Affinché ciò si avveri, esorto la tua Dignità e Prudenza a ricevere presto anche i sacramenti dei fedeli, come s'addice alla tua età e come - per quanto io credo - si confà alla tua condotta morale.
Ricorda ciò che mi dicesti quando io ero in procinto di partire, citando un verso tratto bensì da una commedia di Terenzio ma quanto mai a proposito e utile: Ma ora questo giorno apporta una vita diversa, esige un'altra condotta.4
Orbene, se dicesti ciò con sincerità, come non debbo aver dubbi nei tuoi confronti, già vivi certamente in modo da esser degno di ricevere, nel salvifico battesimo, il perdono delle tue colpe trascorse.
Poiché, all'infuori di Cristo Signore, non v'è affatto alcun altro al quale il genere umano possa rivolgere le seguenti espressioni: Se ancora rimangono tracce del nostro delitto, spariranno del tutto, sotto la tua guida, e libereranno la terra dalla continua paura.5
Queste espressioni Virgilio confessa d'averle copiate dall'oracolo di Cuma, cioè della Sibilla; questa profetessa infatti aveva probabilmente udito in spirito qualche presagio riguardante l'unico Salvatore e reputò suo dovere rivelarlo.
Eccoti, o signore meritamente illustre, fratello dilettissimo e degnissimo d'affetto in Cristo, le considerazioni, poche o forse molte che siano, che alla bell'e meglio ho scritte sovraccarico di occupazioni.
Desidero ricevere una tua risposta e sapere da un momento all'altro che ti sei iscritto o hai intenzione di iscriverti nella lista dei catecumeni candidati al battesimo.
Dio, nostro Signore, nel quale hai creduto, ti conservi nella vita presente e nella futura, o signore meritamente illustre, fratello dilettissimo e degnissimo d'affetto in Cristo.
Indice |
1 | Lucan., Phars. 7, 62-63 |
2 | Cicer., Lael. 6, 20 |
3 | Cicer., Lael. 6, 20 |
4 | Terent., Andr. 1, 2 |
5 | Verg., Buc. 4, 13-14 |