Le otto questioni di Dulcizio |
Dulcizio, figlio carissimo, non mi sembra di aver tardato a rispondere ai tuoi interrogativi.
Ho ricevuto le tue lettere che mi hai spedito da Cartagine al tempo di Pasqua, che quest'anno cadeva il 30 marzo, quand'ero a casa tra i miei.
Dopo quei santi giorni sono partito subito per Cartagine: in questa città la molteplicità delle occupazioni, che ivi non mancano mai, non mi ha permesso di dettare alcunché.
Ma dopo il mio ritorno, trascorsi quindici giorni tra i nostri concittadini, che mi spinsero ad occuparmi di altre questioni trascurate nella mia lunga assenza - infatti sono rientrato dopo tre mesi -, non ho tralasciato di scriverti e di offrire alle questioni da te inviate, che erano già state trattate da me in vari opuscoli, una soluzione o almeno un parere ripreso dagli stessi opuscoli.
Solo di una questione, quella in cui domandi perché il Signore, pienamente consapevole degli avvenimenti futuri, ha detto: Ho scelto Davide secondo il mio cuore, ( 1 Re 8,16 ) quantunque egli abbia commesso così gravi e numerose mancanze, non ho potuto trovare né dove l'ho trattata né come l'ho esposta e neppure so se è in qualche libro o in una mia lettera.
Per questo motivo, avendomi costretto ad una nuova indagine su questo argomento, l'ho messa alla fine dello scritto: prima ho voluto, infatti, riprodurre ciò che era già preparato negli altri miei libri, per non venir meno al desiderio della tua Santità, che mi è tanto cara, e per non essere costretto a ripetere in altro modo le identiche cose: il che sarebbe a me assai faticoso e a te non gioverebbe affatto.
La tua prima domanda è questa: È possibile a coloro che hanno peccato dopo il battesimo essere liberati una buona volta dall'inferno?
Tu dici che su questo argomento le opinioni sono diverse.
Alcuni rispondono che i tormenti dei peccati sono senza fine, come il premio dei giusti.
Essi vogliono infatti affermare che il castigo è eterno quanto il premio.
Ma contro costoro c'è la parola evangelica che dice: "Non uscirai di là, finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo ". ( Mt 5,26 )
Ne deriva quindi che, saldato il debito, possa uscire.
Questa, noi crediamo, è anche la sentenza dell'Apostolo che dice: " Egli si salverà però come attraverso il fuoco ". ( 1 Cor 3,15 )
Ma poiché altrove si legge: " Egli non l'ha conosciuto prima di partorire ", ( Mt 1,25 ) tu dici che non si può interpretare così; per questo desideriamo essere meglio informati su questo punto.
Questa è la tua domanda.
Ad essa rispondo con un brano del mio libro La fede e le opere, dove su questo tema mi sono così espresso: Giacomo, io affermo, è così avverso nei confronti di quanti presumono che la fede senza le opere valga per ottenere la salvezza da paragonarli addirittura ai demoni.
Dice infatti: " Tu credi che c'è un solo Dio? Fai bene; anche i demoni lo credono, e tremano ". ( Gc 2,19 )
Che cosa si sarebbe potuto dire di più vero e in modo più breve ed incisivo?
Anche nel Vangelo infatti leggiamo di questa confessione dei demoni quando proclamarono Cristo Figlio di Dio e da lui furono rimproverati, ( Mt 8,28-32; Mc 1,24-25 ) cosa che fu lodata da Pietro nella sua professione di fede.
" Fratelli miei, domanda Giacomo, che giova ad uno dire di aver la fede, se non ha le opere?
Forse che quella fede potrà salvarlo? "; ( Mt 16,16-17 ) e ancora: " Perché la fede senza le opere è morta ". ( Gc 2, 14.20 )
Ecco fino a qual punto dunque s'ingannano quelli che si ripromettono la vita eterna sul fondamento di una fede morta!
Perciò bisogna esaminare con diligenza come interpretare quel passo, veramente difficile da comprendere, dove l'apostolo Paolo dice: " Nessuno infatti può porre altro fondamento oltre quello già posto, cioè Gesù Cristo.
Ora, se uno costruisce sopra a questo fondamento con oro, argento e pietre preziose, oppure con legno, fieno e paglia, l'opera di ciascuno si renderà manifesta qual è; infatti il giorno del Signore la farà conoscere, poiché si rivelerà nel fuoco e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno.
Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà la ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito; tuttavia egli si salverà, ma come attraverso il fuoco ". ( 1 Cor 3,11-15 )
Secondo alcuni questo passo deve essere interpretato come se quelli che sembrano edificare sopra questo fondamento con oro, argento e pietre preziose sono coloro che, alla fede che riposa sul Cristo, aggiungono le opere buone; quelli invece che sembrano edificare con fieno, legno e paglia, sono coloro che, pur avendo la medesima fede, agiscono male.
E ne concludono che anche questi ultimi possono essere purificati come per mezzo delle pene del fuoco, in modo da ottenere la salvezza, per merito del fondamento.
Se è così, riconosciamo che costoro si adoperano con encomiabile carità per far ammettere tutti, senza distinzione alcuna, al battesimo: e non solo gli adùlteri e le adùltere, che portano a pretesto false nozze contro il giudizio del Signore, ma anche le pubbliche meretrici, che perseverano in una così turpe professione, quelle che di certo neppure la più trascurata delle Chiese ha la consuetudine di ammettere, a meno che non si fossero liberate previamente da quel vizio.
Ma, in base a tale criterio, non vedo proprio perché non dovrebbero essere ammesse senza alcuna riserva: chi, infatti, non preferisce che anche esse in virtù del fondamento posto, per quanto vi abbiano ammucchiato sopra legno, fieno e paglia, siano purificate, magari con un fuoco parecchio più lungo, piuttosto che vadano perdute in eterno?
In tal caso però saranno falsi i testi, esenti da oscurità e ambiguità, come: " Se possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, io sono un niente ", ( 1 Cor 13,2 ) e: " Fratelli miei, che giova ad uno dire di avere la fede se non ha le opere? Forse che quella fede potrà salvarlo? " ( Gc 2,14 )
E falso sarà anche quello che dichiara: " Non fatevi illusioni: né i fornicatori, né gli adoratori di idoli, né i ladri, né gli avari, né gli adùlteri, né gli effeminati, né i pederasti, né gli ubriaconi, né i maldicenti, né gli avidi possederanno il regno di Dio ". ( 1 Cor 6,9-10 )
E anche quello che dice: " Le opere della carne sono ben note: fornicazioni, impurità, libertinaggi, piaceri, idolatria, stregonerie, inimicizie, contese, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come ho già detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio ". ( Gal 5,19-21 )
Questi testi dunque saranno falsi, se è sufficiente che credano e che siano battezzati, perché essi, per quanto perseverino in simili peccati, siano salvati per mezzo del fuoco.
Coloro che sono battezzati in Cristo perciò, anche se commettono tali colpe, possederanno il regno di Dio.
Quindi è detto senza senso: " E tali eravate alcuni di voi, ma siete stati lavati ", ( 1 Cor 6,11 ) dal momento che, anche lavati, restano tali.
Sembrerà detto invano anche ciò che è affermato da Pietro:" Figura, questa, del battesimo, che ora fa salvi anche voi, non lavando le sozzure del corpo, ma domandando una buona coscienza ", ( 1 Pt 3,21 ) se è vero che il battesimo fa salvi anche coloro che hanno una coscienza pessima, piena di tutte le colpe più riprovevoli, e non cambiata dal pentimento per esse; grazie al fondamento che è posto proprio nel battesimo, essi infatti saranno salvi, benché attraverso il fuoco.
E non vedo neppure perché il Signore abbia detto: " Se vuoi aver la vita, osserva i comandamenti " - e ricordò quelli che concernono i buoni costumi ( Mt 19,17-19 ) -, se è possibile avere la vita eterna anche senza osservarli, per mezzo della sola fede, la quale " senza le opere è morta ".
Inoltre, come potrà essere vero ciò che dirà a coloro che collocherà alla propria sinistra: " Andate al fuoco eterno, che è preparato per il diavolo e per i suoi angeli "?
Costoro non li rimprovera perché non hanno creduto in lui, ma perché non hanno compiuto opere buone.
Evidentemente, proprio perché nessuno si ripromettesse la vita eterna sul fondamento della fede che, senza le opere, è morta, per questo annunziò la separazione di tutte le genti che, mescolate, godevano dei medesimi pascoli, perché apparisse chiaro che a dirgli: " Signore, quando mai ti abbiamo visto patire questo e quello e non ti abbiamo soccorso? " saranno quelli che avranno creduto in lui, senza curarsi però di fare opere buone, come se dalla stessa fede morta si potesse avere la vita eterna.
O forse andranno nel fuoco eterno coloro che non hanno compiuto opere di misericordia, mentre non ci andranno coloro che rubarono i beni altrui o non ebbero misericordia verso se stessi, profanando in se stessi il tempio di Dio?
Quasi che le opere di misericordia giovino a qualcosa senza l'amore, quando invece l'Apostolo dice: " E se anche distribuissi tutte le mie sostanze ai poveri e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, ( tutto questo ) non mi giova a nulla ". ( 1 Cor 13,3 )
Oppure quasi che chi non ama se stesso possa amare il prossimo come se stesso, quando invece: " Chi ama l'iniquità, odia l'anima sua ". ( Sal 11,6 )
E a questo punto non si potrà dire ciò che alcuni pur dicono, fuorviando se stessi, cioè che si tratta di un fuoco eterno, ma non già di una pena eterna; per cui pensano che per il fuoco, che sarà eterno, passeranno coloro ai quali promettono la salvezza attraverso il fuoco, a causa della loro fede morta.
Di modo che il fuoco in se stesso sarebbe eterno e non il loro bruciare; ossia l'azione del fuoco su di loro non sarebbe eterna.
Ma il Signore, proprio in quanto tale, prevedendo ciò, ha concluso le sue parole dicendo: " E se ne andavano, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna ". ( Mt 25,45-46 )
Il bruciare, dunque, sarà eterno, come il fuoco, e la Verità ha detto che vi andranno, come ha dichiarato, coloro ai quali non è mancata la fede ma le opere buone.
Se, dunque, tutte queste affermazioni ed altre ancora che si possono trovare in quantità per tutte le Scritture formulate senza ambiguità, saranno false, allora potrà essere vera quella interpretazione che danno della legna, del fieno e della paglia, secondo la quale saranno salvi attraverso il fuoco quelli che si sono limitati a serbare la fede in Cristo e hanno trascurato le opere buone.
Se invece le affermazioni riportate sono vere oltre che chiare, allora non c'è alcun dubbio che quel passo dell'Apostolo va interpretato in un altro modo e deve essere posto tra quelli a proposito dei quali Pietro dice che nei suoi scritti vi sono alcune cose difficili da comprendere, ma che gli uomini si devono guardare bene dallo stravolgerne il senso a loro propria rovina, fino al punto di assicurare, in contrasto con evidentissimi testi delle Scritture, a individui completamente pervertiti e ostinatamente attaccati alla loro perversione che otterranno la salvezza, pur restando gli stessi, cioè senza correggersi e senza fare penitenza.
1.6 A questo punto qualcuno potrebbe chiedermi quale è la mia opinione sul passo richiamato dell'apostolo Paolo e come ritenga che debba essere interpretato.
Confesso che sull'argomento preferirei ascoltare esegeti più penetranti e competenti, capaci di spiegarlo in modo che conservino tutta la loro verità e incontrovertibilità sia i testi sopra richiamati sia tutti gli altri non richiamati, con i quali la Scrittura attesta in modo assolutamente inequivocabile che la fede non giova a niente, se non si tratta di quella " che", come l'ha definita l'Apostolo " opera per mezzo della carità "; ( Gal 5,6 ) invece la fede senza le opere non può salvare né senza il fuoco né per mezzo del fuoco, perché, se salva attraverso il fuoco, in ogni caso è ancora essa che salva, mentre è detto in modo assolutamente chiaro: " Che giova ad uno dire di avere la fede, se non ha le opere? Forse che quella fede potrà salvarlo? ". ( Gc 2,14 )
Dirò tuttavia, nella forma più breve possibile, anche quale è la mia opinione su quel passo dell'apostolo Paolo difficile da intendersi; però, a proposito della mia dichiarazione, si tenga conto soprattutto di quello che ho già detto, cioè che su questo punto preferirei ascoltare esegeti migliori di me.
Che Cristo sia fondamento rientra nel piano del sapiente Architetto, e questo non ha bisogno di spiegazione perché è detto chiaramente: " Nessuno infatti può porre altro fondamento oltre quello già posto, cioè Gesù Cristo ". ( 1 Cor 3,11 )
Ma se Cristo, senza dubbio la fede in Cristo: per mezzo della fede, infatti, Cristo abita nei nostri cuori, come dice lo stesso Apostolo. ( Ef 3,17 )
Inoltre, se la fede in Cristo non può essere che quella " che ", come l'ha definita l'Apostolo, " opera per mezzo della carità "; infatti non può essere presa come fondamento la fede dei demoni, benché anche essi credano e, tremanti, confessino che Gesù è il Figlio di Dio. ( Mt 8,28-29 )
E per quale ragione, se non perché non è fede che opera per mezzo dell'amore, ma fede che si manifesta sotto la pressione del timore?
È dunque la fede in Cristo, la fede della grazia cristiana, cioè la fede che opera per mezzo dell'amore e che, posta nel fondamento, non permette a nessuno di perdersi.
Ma che cosa significhi edificare su questo fondamento con oro, argento e pietre preziose, oppure con legno, fieno e paglia, temo che, se cercassi di approfondirlo, la spiegazione stessa sarebbe piuttosto difficile da comprendere.
Tuttavia, con l'aiuto del Signore, mi sforzerò di esporre in breve e, per quanto potrò, in modo chiaro quello che penso.
Ecco: colui che chiese al buon maestro che cosa doveva fare di buono per avere la vita eterna, si sentì rispondere che, se desiderava avere la vita eterna, doveva osservare i comandamenti; e quando poi domandò quali comandamenti, gli fu risposto: " Non ucciderai, non commetterai adultèri, non ruberai, non testimonierai il falso; onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso ". ( Mt 19,18-19 )
Agendo così nella fede di Cristo, senza dubbio avrebbe posseduto la fede che opera per mezzo della carità: infatti, non avrebbe potuto amare il prossimo come se stesso, se non dopo aver accolto l'amore di Dio, senza il quale non avrebbe potuto amare se stesso.
Ebbene, se avesse fatto anche quello che il Signore aggiunse dicendo: " Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi ", ( Mt 19,21 ) avrebbe edificato sopra quel fondamento con oro, argento e pietre preziose; infatti, non avrebbe pensato ad altro che alle cose che sono di Dio e a come piacergli, e questi pensieri, a mio avviso, sono oro, argento e pietre preziose.
Se invece, per una sorta di affezione carnale, fosse rimasto attaccato alle sue ricchezze - sebbene ne facesse materia per elemosine senza ricorrere, per aumentarle, a frodi o rapine e senza cadere nel vizio o nella colpa per timore di vederle diminuire o di disperderle ( altrimenti già in questo modo si sarebbe sottratto alla stabilità di quel fondamento ) - e se lo avesse fatto, come ho detto, per una sorta di affezione carnale nei loro confronti, per cui non potesse esser privo di tali beni senza dolore, avrebbe edificato su quel fondamento con legno, fieno e paglia.
E questo sarebbe accaduto soprattutto se avesse avuto una moglie e, per causa sua, avesse pensato alle cose del mondo e a come piacerle.
Poiché dunque queste cose, quando sono amate con attaccamento carnale, non si perdono senza dolore, per questo chi le possiede, benché abbia a fondamento la fede che opera mossa dalla carità, e per nessun motivo o cupidigia preferisca ad essa queste cose, tuttavia soffre un danno allorché le perde e così, attraverso questo dolore che è come un fuoco, perviene alla salvezza.
Dal dolore di così grande danno uno è tanto più al riparo quanto meno le ha amate oppure le ha possedute come se non le possedesse. ( 1 Cor 7,29 )
Chi invece o per conservarle o per ottenerle, ha commesso omicidio, adulterio, fornicazione, idolatria e cose simili, invece di essere salvato attraverso il fuoco grazie al fondamento, sarà tormentato col fuoco eterno, avendo perduto il fondamento.
Quasi per voler comprovare quanto vale la fede da sola, essi mi propongono quel passo dove l'Apostolo dice: " Ma se il non credente vuole separarsi, si separi pure; in tal caso il fratello o la sorella non sono costretti a servitù ", ( 1 Cor 7,15 ) cioè che, a causa della fede in Cristo, si può ripudiare senza colpa alcuna la moglie stessa, anche se sposata con legittime nozze, qualora essa non volesse rimanere con il suo sposo cristiano, proprio perché è cristiano.
Essi però non considerano che il ripudio è in tal modo pienamente giustificato, nel caso in cui questa dica a suo marito: " Non sarò tua moglie, se non accumulerai per me ricchezze anche rubando " oppure " se, anche da cristiano, non continuerai ad esercitare le solite ruffianerie, per le quali usavi la nostra casa ", e così di qualunque altro vizio o colpa che conoscesse nel marito, dalla quale era attratta e di cui saziava la sua libidine o ne ricavava abbondante vitto o si mostrava in pubblico con più sfarzo.
Di fronte a questa dichiarazione della moglie, il marito, se si è veramente pentito delle opere morte quando si è accostato al battesimo e ha per suo fondamento la fede che opera per mezzo della carità, senza dubbio si sentirà più legato all'amore della grazia divina che a quello del corpo della moglie: per questo amputa coraggiosamente il membro che gli è di scandalo.
Così, il dolore del cuore che sopporterà in questa rottura, a causa dell'attaccamento carnale alla moglie, è il danno che deve subire, il fuoco attraverso il quale, mentre il fieno arde, egli si salverà.
Se invece aveva già la moglie come se non l'avesse, rendendole più che non esigendo il debito coniugale non per passione ma per misericordia, nell'intento di salvare anche lei, di certo non proverà alcun dolore carnale quando tale unione si interromperà: in lei, del resto, non pensava che alle cose di Dio e come potesse piacere a Dio. ( 1 Cor 7,29-32 )
Così, nella misura in cui edificava su quei pensieri con oro, argento e pietre preziose, nella stessa misura non pativa alcun danno e la sua costruzione, che non era fatta con fieno, non bruciava per nessun incendio.
1.8 Sia dunque che gli uomini patiscano queste pene soltanto in questa vita, sia che anche dopo questa vita seguano giudizi di tal genere, l'interpretazione che propongo di questo passo, per quanto credo, non contrasta con il criterio della verità Comunque, se ce n'è un'altra che mi sfugge, va senz'altro preferita; fino a che ci atteniamo a questa, però, non siamo costretti a dire agli iniqui, agli indocili, agli empi, ai viziosi, ai parricidi, ai matricidi, agli omicidi, ai fornicatori, agli invertiti, ai plagiari, agli spergiuri e a quanti altri operino in modo contrario alla sana dottrina, che concorda con l'annuncio della gloria di Dio beato: " È sufficiente che crediate in Cristo e che riceviate il sacramento del suo battesimo, e voi sarete salvi, anche se non cambierete questa vostra pessima vita". ( 1 Tm 1,9-11 )
Quale fede della Cananea è stata lodata.
Questo non ce lo impone neppure quella donna cananea, per il fatto che il Signore le concesse ciò che chiedeva, benché prima le avesse detto: " Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini "; perché egli, che scruta i cuori, la vide cambiata, quando la lodò.
E appunto non disse: " O cane, grande è la tua fede ", ma: " O donna, grande è la tua fede ". ( Mt 15,26.28 )
Cambiò vocabolo, perché vide che era mutata la disposizione dell'animo e si rese conto che il rimprovero aveva dato il suo frutto.
Sarebbe invece motivo di sorpresa se avesse lodato in lei una fede senza le opere, cioè una fede che non fosse già in condizione di operare per mezzo dalla carità, una fede morta, che Giacomo, senza il minimo dubbio, ha definito fede propria dei demoni, non dei cristiani.
Da ultimo, se non vogliono intendere che questa cananea abbia mutato i suoi corrotti costumi, quando Cristo la redarguì con un atteggiamento di distacco e quindi di biasimo, tutte le volte che incontreranno persone disposte soltanto a credere, ma non a nascondere la loro vita assolutamente scandalosa, anzi pronte a renderla deliberatamente pubblica e a non volerla mutare, risanino i loro figli, se ne sono capaci, come fu risanata la figlia della donna cananea; si guardino bene tuttavia dal farne membri di Cristo, fino a che non smettano di essere membri di meretrice.
Ugualmente nel libro intitolato: Fede, speranza e carità, che ho scritto a mio figlio Lorenzo, tuo fratello, ho esposto la mia opinione sull'argomento con queste parole: Taluni poi credono che riusciranno a salvarsi, pur attraversando il fuoco, anche quanti non abbandonano il nome di Cristo, ricevono il lavacro del suo battesimo nella Chiesa, non se ne separano per qualche scisma o eresia, pur vivendo fra delitti tali, che nessuna penitenza ripara, né alcuna elemosina riscatta, perseverando anzi in essi con massima ostinazione fino all'ultimo giorno di questa vita; e questo anche ammettendo, in rapporto all'entità dei misfatti e dei vizi, una punizione con un fuoco durevole, ma non eterno.
Eppure quanti la pensano così mi sembra che s'ingannino, pur essendo cattolici, per una certa umana benevolenza: interpellando la divina Scrittura infatti, si ha una risposta diversa.
Sulla questione comunque ho scritto un libro intitolato: La fede e le opere, dove, basandomi sulle Sacre Scritture, con l'aiuto di Dio ho cercato, nei limiti del possibile, di mostrare che la salvezza dipende da quella fede, indicata dall'apostolo Paolo in modo sufficientemente chiaro con le parole: " In Cristo Gesù infatti non è la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità ". ( Gc 2,19 )
Se poi, anziché operare bene, essa opera male, non c'è dubbio, come afferma l'apostolo Giacomo, che " è morta in se stessa "; ( Gal 5,6 ) egli infatti aggiunge: " Se qualcuno dice di avere la fede, ma non ha le opere, quella fede forse potrà salvarlo? " ( Gc 2,17 )
Se poi un uomo scellerato attraversando il fuoco si salverà per la sola fede, intendendo così le parole del beato Paolo: " Tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco ", ( 1 Cor 3,15 ) allora la fede potrà salvare senza le opere e sarà falso quanto ha detto Giacomo, Apostolo come lui.
Sarà falso allora anche ciò che lo stesso Paolo ha detto: " Non ingannatevi: né impuri, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né accaparratori possederanno il regno di Dio ". ( 1 Cor 6,9-10 )
Se infatti costoro, perseverando in tali delitti, tuttavia si salveranno in virtù della fede in Cristo, come potranno non essere nel regno di Dio?
Ma poiché queste testimonianze apostoliche, assolutamente esplicite ed evidenti, non possono essere false, tutto quel che è stato detto in modo oscuro a proposito di quanti edificano sopra il fondamento che è Cristo non con oro, argento e pietre preziose, ma con legno, fieno e paglia ( di essi è stato detto che attraversando il fuoco si salveranno, poiché sarà il valore del fondamento a non farli perire ), si deve intendere in modo da non contraddire questi testi così espliciti.
Ora legno e fieno e paglia possono essere intesi in modo non arbitrario come una forma di passione per le cose del mondo, per quanto lecitamente accordate, tale che riesce impossibile perderle senza che l'anima ne provi dolore.
Quando perciò è un dolore di questo genere che brucia, se Cristo occupa nel cuore il posto di un fondamento, in modo che, in altri termini, niente gli venga anteposto e l'uomo, bruciato da tale dolore, preferisca privarsi di queste cose tanto amate piuttosto che di Cristo, allora egli, attraversando il fuoco, si salva.
Se al contrario, nel tempo della tentazione, ha preferito il possesso di queste realtà temporali e mondane a Cristo, allora non lo ha avuto come fondamento, mantenendo quelle cose al primo posto, mentre in un edificio niente precede le fondamenta.
Il fuoco di cui in quel passo ha parlato l'Apostolo si deve intendere come ciò attraverso cui passano entrambi, cioè chi costruisce sopra questo fondamento con oro, argento, pietre preziose e chi con legno, fieno, paglia.
E dopo aver detto questo, egli ha aggiunto: " Il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno.
Se l'opera costruita da qualcuno resisterà, costui ne avrà la ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, egli ne subirà le conseguenze: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco ". ( 1 Cor 3,13-15 )
Dunque il fuoco proverà l'opera di entrambi, non di uno dei due soltanto.
1.12 La prova della tribolazione è una specie di fuoco e altrove se ne parla esplicitamente: " La fornace saggia gli oggetti del vasaio e la prova della tribolazione gli uomini giusti ". ( Sir 27,5 )
Quel fuoco realizza temporaneamente in questa vita quel che l'Apostolo ha detto a proposito di due credenti, uno dei quali pensa " alle cose di Dio, come possa piacere a Dio ", edifica cioè sopra il fondamento che è Cristo con oro, argento, pietre preziose, mentre l'altro pensa " alle cose del mondo, come possa piacere alla moglie ", ( 1 Cor 7,32.33 ) cioè edifica sopra il medesimo fondamento con legno, fieno, paglia.
L'opera dell'uno non finisce bruciata, poiché non ha amato cose la cui perdita potrebbe tormentarlo.
Finisce bruciata invece l'opera dell'altro, poiché non è indolore la perdita delle cose possedute con amore; eppure visto che costui, posto dinanzi all'alternativa, preferirebbe privarsi di quelle cose piuttosto che di Cristo e che il timore di perderle non gli fa abbandonare Cristo, benché la perdita non sia indolore, questi senz'altro si salva, però come attraverso il fuoco, perché il dolore delle cose perdute e che aveva amato lo brucia, senza però atterrarlo e distruggerlo, difeso com'è dalla solidità incorruttibile del fondamento.
Che qualcosa del genere avvenga anche dopo questa vita non è incredibile, e ci si può domandare se le cose stiano in questi termini, e se è possibile o meno scoprire che alcuni credenti, attraverso un fuoco purificatore, si salvino in un tempo più o meno lungo, a seconda che il loro amore per i beni effimeri sia stato più o meno grande; tuttavia non saranno come coloro che " non possederanno il regno di Dio ", ( 1 Cor 6,11 ) se dopo un'adeguata penitenza non vengono loro rimessi i medesimi crimini.
Ho parlato di una penitenza adeguata, perché non siano infruttuosi nelle loro elemosine, alle quali la Scrittura divina ha attribuito tanta importanza, che il Signore proclama di ascrivere unicamente il loro frutto a chi sederà alla sua destra e unicamente la loro sterilità a chi sederà alla sua sinistra, quando agli uni dirà: " Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno ", mentre agli altri: " Andate nel fuoco eterno ". ( Mt 25,34.41 )
1.14 Riguardo poi alla parola del Signore: Non uscirai, finché non avrai pagato l'ultimo spicciolo, ( Mt 5,26 ) non ho avuto bisogno di rispondere perché tu stesso hai risolto la questione, citando una frase simile del Vangelo: Non l'ha conosciuta prima di partorire. ( Mt 1,25 )
Invero, senza nasconderti il mio parere su questo punto, vorrei che ciò fosse possibile; anzi voglio, se è possibile, essere vinto dalla verità in questa materia.
Quando infatti si dice che, dopo molto tempo, coloro che muoiono nella comunione cattolica, anche se sono vissuti sino al termine della vita in modo colpevole e criminoso, saranno infine liberati dalle pene vendicatrici, questo eccita maggiormente l'affetto che porto a quelli che con noi hanno in comune i sacramenti del corpo e del sangue di Cristo, quantunque odiamo il loro pessimo comportamento che non riusciamo a correggere con la disciplina ecclesiastica né riusciamo ad allontanare dalla mensa del Signore.
Ma io desidero essere vinto dalla verità irresistibile delle Sacre Scritture, soprattutto le più chiare.
Se vi si oppone qualcosa, è assolutamente impossibile credere o parlare di verità.
Prima però di udire o di leggere qualcosa di simile, ascoltiamo colui che dice: Non illudetevi: né immorali, né idolatri, eccetera, erediteranno il regno di Dio. ( 1 Cor 6,9-10 )
Se, infatti, le cose stanno così, qualunque cosa si dica al contrario, lo stesso Apostolo ci ha al riguardo e senza dubbio ammoniti a non stravolgere in altro senso il contenuto delle sue parole, dicendo: Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro, cioè idolatra, avrà parte al regno di Cristo e di Dio.
Nessuno vi inganni con vani ragionamenti. ( Ef 5,5-6 )
Quando dunque sentiamo che qualche fornicatore o impuro o avaro si salverà attraverso il fuoco e avrà parte nel regno di Cristo e di Dio non chiudiamo l'orecchio davanti all'Apostolo che grida e afferma: Nessun fornicatore, o impuro, o avaro avrà parte al regno di Cristo e di Dio; e non trascuriamo le parole che subito aggiunge: Nessuno vi inganni con vani ragionamenti.
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