Contro l'avversario della Legge e dei Profeti |
Fratelli carissimi, per rispondere in modo breve, per quanto posso, al libro di non so quale eretico, che mi avete inviato, ho indicato in primo luogo quale errore venga in esso trattato.
Secondo quanto avete scritto, il testo veniva letto sulla piazza del porto alla turba che accorreva con pericolosa curiosità e ascoltava con piacere.
In verità i Manichei non sono gli unici che condannano la Legge e i Profeti, ci sono anche i Marcioniti e alcuni altri le cui sette non sono molto conosciute dal popolo cristiano.
Questo individuo, il nome del quale da questo libro non sono riuscito a trovare, rigetta Dio come creatore del mondo, mentre i Manichei non accettano il libro della Genesi e lo bestemmiano, senza dubbio professano però che Dio ha creato il mondo buono, sebbene da una natura differente dalla propria e plasmando la materia.
Per quanto, dunque, io non sia riuscito a scoprire di che setta sia questo individuo blasfemo, la Scrittura divina che egli attacca con le sue malevoli discussioni deve esser difesa contro la sua lingua.
Inoltre, poiché vuol apparire in ogni modo cristiano, giacché adduce alcune testimonianze del Vangelo e dell'Apostolo, dev'esser confutato ricorrendo anche alle Scritture che fanno parte del Nuovo Testamento, affinché si veda in modo ancora migliore che egli, nell'attaccare il Vecchio Testamento, delira più con sconsideratezza che con furbizia.
In primo luogo questo autore empio chiede con bocca sacrilega ciò che un uomo pio avrebbe potuto chiedere in modo religioso, ovvero " come si debba intendere ciò che sta scritto: In principio Dio fece il cielo e la terra ", ( Gen 1,1 ) tralasciando nel suo testo, oltretutto, la terra della quale invece poi parla.
Domanda quindi: " Di quale principio si tratta? Di quello in cui Dio stesso cominciò ad essere o di quello in cui si tediò del fatto d'essere inoperoso? ".
A tali domande si deve rispondere: Dio non ha cominciato ad essere, né si è tediato della sua solitudine: è sempre esistito e non illanguidisce quando riposa né si affatica quando opera, e quando il cielo ancora non c'era non mancava di una sede, né ha ottenuto la sede solo dopo aver creato il cielo quasi fosse un viandante al termine delle sue peregrinazioni.
Infatti ha il potere di permanere in modo beatissimo in se stesso e di quel suo tempio, che sono tutti i santi e gli angeli e gli uomini, si costituisce la sua abitazione, nel senso che essi ricevono da lui quel bene che li rende beati, non che lui riceva da loro la dimora senza la quale non potrebbe essere beato. ( 1 Cor 3,16-17; Ef 2,21-22 )
In conseguenza di ciò si dovrà interpretare ciò che sta scritto: In principio Dio fece il cielo e la terra, come il principio in cui cielo e terra cominciarono ad essere.
Infatti non sono sempre esistiti, coeterni a Dio, ma, essendo cose create, hanno avuto un inizio quando hanno cominciato ad essere.
Oppure, siccome Dio ha creato il cielo e la terra nel principio coeterno a sé, lo intendiamo nel suo Figlio unigenito. ( Gv 3,16-18 )
Costui è infatti la Sapienza di cui l'Apostolo dice: Cristo è la potenza di Dio e la sapienza di Dio. ( 1 Cor 1,24 )
E nel salmo a Dio che fece il cielo e la terra si dice: facesti tutte le cose nella sapienza. ( Sal 104,24 )
O, se questo individuo non vuole accettare la testimonianza del salmo, che ascolti l'Apostolo che parla di Cristo: Per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili. ( Col 1,16 )
Dio dunque, come non ha avuto un inizio, così non ha una fine; ma le sue opere che hanno un inizio hanno anche una fine certa, e così avranno fine i tempi e le cose temporali.
Altre cose che hanno inizio permangono: tale la vita eterna che riceveranno gli uomini santi.
Ciò non lo vide questo individuo che credette si dovesse ritenere e teorizzare che non vi è alcun principio che non abbia anche una fine.
Egli non è riuscito a comprendere nemmeno come non ha fine la serie numerica, che prende inizio dall'uno.
Non vi è numero, per quanto grande lo si dica poi, o, se non lo si può pronunciare, per quanto grande lo si pensi, al quale non si possa aggiungere un altro numero affinché diventi ancor più grande!
E credo che questo individuo, qualsiasi eresia sostenga in nome di Cristo ma in ogni modo contro Cristo, si augura certo una vita beata in Cristo, il cui inizio potrà esservi solo quando avrà avuto fine questa vita miserabile.
Che mi risponda allora: quella vita beata, che egli non nega che abbia o che avrà un inizio, avrà o non avrà una fine?
Se risponde di sì, come osa chiamarsi cristiano? Se risponde di no, come osa dire che non vi è principio che permanga senza fine?
Domanda anche: " Se questo mondo è qualcosa di buono, perché non è stato da lui creato, come sarebbe stato più giusto, all'inizio? ".
Come se Dio avesse fatto il mondo un poco migliore di se stesso, o, invece, non abbia dovuto farlo buono proprio perché non è uguale al suo creatore.
Quanto poi alla domanda perché il mondo non è stato creato fin dall'inizio, rispondo: Certo che venne creato fin dall'inizio.
Ma dall'inizio suo e non di Dio, che non ha alcun inizio.
Se poi costui ha riconosciuto che si parla proprio di questo inizio poiché si dice: In principio Dio creò, cos'è che vuol insinuare maliziosamente quando chiede: " In quale principio Dio ha creato ", visto che egli stesso, ripetendo la domanda, chiede perché il mondo non sia stato creato dall'inizio?
Pertanto va confutato con le sue stesse parole.
Infatti egli stesso, quanto al passo in cui si legge: In principio Dio creò il cielo e la terra, ( Gen 1,1 ) argomenta dicendo: " In quale principio? ".
Forse in quello in cui Dio stesso cominciò ad essere, o in quello a partire dal quale si tediò del nulla?
Così anche noi, alla domanda: " Perché il mondo non è stato creato dall'inizio del tutto? ", rispondiamo dicendo: " Da quale inizio del tutto?
Dall'inizio in cui Dio stesso cominciò ad esistere, o dal momento in cui si stancò di starsene inattivo? ".
Quando dice: " Perché dunque non fin dall'inizio? ", non gli aggrada che Dio non abbia fatto il cielo fin dall'inizio, come se avesse dovuto farlo in quell'inizio a partire dal quale esiste colui che lo ha creato.
Perché non ha temuto che, dicendo che Dio avrebbe dovuto fare il cielo nell'inizio a partire dal quale esiste Dio stesso, gli si replicasse: Allora Dio ha un inizio e perciò, secondo quanto tu dici, avrà anche una fine?
Tu stesso infatti hai detto che non vi è inizio senza fine.
E se Dio stesso non ha inizio, in che modo può creare qualche cosa proprio in quell'inizio quando egli stesso cominciò ad esistere?
Per questo ha creato in quell'inizio in cui effettivamente creò, ovvero in quell'inizio a partire dal quale ciò che ha creato cominciò ad essere.
Dunque o il Dio di costoro non ha mai creato nessun bene, oppure, secondo costui, quanto ha creato di buono lo ha creato in quell'inizio a partire dal quale esiste egli stesso: ma di ciò che ha un inizio si deve temere una fine.
Oppure costui deve adeguarsi alle parole della sacra Scrittura e comprendere che Dio, che non ha cominciato ad esistere in nessun principio, in principio fece il cielo: in quel principio cioè in cui il cielo cominciò ad esistere, ovvero nel Figlio, il quale, ai Giudei che gli chiedevano chi fosse, rispose dicendo di essere il principio. ( Gv 8,25 )
Ma costui potrebbe dire che una cosa è l'inizio e un'altra è il principio. Se fosse stato scritto che " Dio ha creato il cielo e la terra all'inizio ", colui che ha chiesto: " Perché non ha creato all'inizio?", leggendo che " Dio ha creato all'inizio " non avrebbe avuto nulla da obiettare, non pensando però che sarebbe empio credere che Dio abbia un " inizio " e non un " principio ".
Perché se le cose stessero davvero come dice costui, che corregga allora il Vangelo dove sta scritto: In principio era il Verbo. ( Gv 1,1 )
Perché costui non chiede anche in questo caso: Di quale principio si tratta? Di quello in cui il Verbo cominciò ad esistere?
E poiché il Verbo era Dio, può chiedere anche, come fa in quel tal libro: " A cosa deve la sua esistenza Dio? ".
Che costui ripeta, se vuole, quella sua tesi decisiva anche dove ode: In principio era il Verbo; che ripeta ancora, se osa: " non vi è inizio senza fine ", fin quando gli stessi Manichei, che forse lo leggono con grande piacere perché trovano in lui un nemico della Legge e dei Profeti, finiranno per reputarlo folle.
Dato che, in verità, a costui non aggrada il Dio che ha fatto il mondo, perché non lo infastidisce anche colui per mezzo del quale il mondo venne creato?
Infatti riguardo a Cristo sta scritto: Egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo suo. ( Gv 1,10 )
Sappia costui che Dio può creare cose buone, ma non può aver bisogno delle cose buone da lui create; perciò non ha avuto necessità di crearle se non necessita di ciò che ha creato.
Il sommo bene ha creato tutte le cose senza dubbio inferiori a se stesso, ma pur sempre buone.
Infatti ogni bene, per quanto non sia sommo, anzi sebbene possa anche essere piccolissimo, comunque non può provenire se non dal sommo bene.
Hanno un concetto assolutamente erroneo su Dio coloro che negano che vi sia qualche cosa di buono proprio perché riconoscono che questo qualcosa non è uguale a Dio.
Infatti egli non sarebbe il bene sommo, ma l'infimo dei beni, se ciò che è inferiore a lui già non fosse più un bene.
Se tra le cose che ha creato anche i beni sommi sono molto inferiori al Creatore, proprio perché lui li creò, essi invece furono creati, senza dubbio si dovrà credere che chi non ha avuto bisogno di quei beni sommi per accrescere la propria felicità, molto meno avrà bisogno di cose meno buone e affatto di quelle infime.
Tuttavia egli le creò per essere, diciamo così, l'organizzatore di tutto ciò che è bene.
In effetti il Signore Gesù, mediante il quale è stato fatto il mondo, ( Gv 1,10 ) ci mostra chiaramente che Dio creò e crea non solo le cose celesti, ma anche quelle terrene - e tra queste anche quelle che sembrano insignificanti - quando dice: Se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? ( Mt 6,30 )
Dunque l'unico e medesimo Dio è il creatore del cielo e della terra, delle stelle e dell'erba, di tutto ciò che possiede una sua misura, una sua forma e un suo ordine in cielo e in terra, di tutto ciò che vive in cielo e in terra, di tutto ciò che ha vita sensitiva in cielo e in terra, di tutto ciò che ha intelligenza in cielo e in terra.
Era bene che tutto ciò non solo non fosse uguale a colui che lo ha creato, ma occorreva pure che le cose create non fossero uguali fra loro.
È per questo che sono molte.
Se invece fossero uguali, vi sarebbe un solo genere di beni, non beni di molte sorte.
Ora invece vi sono tanti beni perché gli uni sono migliori degli altri, e la bontà di quelli inferiori aggiunge lodi a quelli superiori, e nella disuguaglianza delle cose buone vi è la stessa splendida gradazione: e nel confronto con le cose più piccole, quelle più grandi risaltano meglio.
Quanto a ciò che viene chiamato " male ", o si tratta di difetti delle cose buone, che di per sé non possono esistere in nessun modo al di fuori delle cose buone, o sono castighi del peccato inflitti dalla bellezza della giustizia.
Ma persino i difetti recano testimonianza della bontà di tutte le cose naturali.
In realtà ciò che è male a causa di un difetto, certamente per natura è buono.
Il difetto è infatti contro la natura perché nuoce alla natura; e non le nuocerebbe se non ne diminuisse il bene.
Quindi il male non è nient'altro se non la privazione di un bene.
E per questo non esiste in nessun luogo se non in una cosa buona.
Non si tratterà di cosa sommamente buona, perché ciò che è sommamente buono permane incorruttibile e immutabile: e così lo è Dio.
Il male dunque non sta se non nelle cose buone: infatti non nuoce se non diminuendo ciò che è buono.
Perciò vi sono beni senza mali, come lo stesso Dio e tutte le cose superiori e celesti, invece i mali non possono esistere senza i beni.
Se infatti non nuocciono in alcun modo, non sono mali, mentre se nuocciono diminuiscono il bene; e se persistono nel loro nuocere è perché comunque hanno un bene da diminuire; e se consumano tutto il bene, non resterà nulla della natura a cui nuocevano e perciò, venendo meno la natura a cui nuocevano diminuendone il bene, non esisterà più nemmeno il male.
Se una natura o una sostanza possa essere ridotta al nulla è una questione molto complessa.
Ma la fede canta in tutta verità a Dio: Tu le muterai, ed essi saranno mutati; ma tu rimani lo stesso, il medesimo. ( Sal 102,27-28 )
Essi, dunque, beni mutabili, non sono stati creati e non vengono governati se non dal bene immutabile che è Dio.
Per questo i beni mutabili sono beni, perché sono stati fatti dal sommo bene, e per questo sono mutabili, perché non li ha fatti traendoli da se stesso, ma dal nulla.
Per cui gli stessi esseri mortali, per quanto siano in essi carenze e limiti in certa misura penali e solo l'immortalità possa colmare la misura della loro felicità perfetta, tuttavia hanno una loro specifica grazia nell'armonia dei tempi: ma non è esaltante che umano il senso che ravvisa tale armonia.
E la fede che dice al suo Dio: Tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso, ( Sap 11,20 ) sebbene per amore della vita inorridisca di fronte alla necessità di dover subire la morte, comunque loda il Creatore di tutti i beni anche in base ai beni mortali.
Quanto a costui che disapprova queste cose e crede che non vi sia Dio perché vede che le opere da lui fatte sulla terra sono mortali, egli stesso non ha potuto esporre la sua argomentazione, che gli è piaciuta al punto da scriverla per ricordarla, se non con dei suoni appropriati alle rispettive parole, suoni che però hanno un inizio e una fine.
Egli pertanto non ha potuto rappresentare la bellezza di questa argomentazione - con la quale vuole persuadere ognuno che ciò che nasce e muore non può essere un bene - se non per mezzo di sillabe che nascono e muoiono.
Cosa c'è di strano dunque se, nel succedersi dei tempi, nel tanto vasto mondo della natura vi è un bene piccolissimo, che nel suo genere non è bello per la durata obiettiva come alcuni sublimi esseri spirituali, ma per la forma attraente della sua struttura e per il fatto che compare e scompare sulla terra?
Stando così le cose, non osi costui incolpare la Scrittura che recita: Dio vide che la luce era cosa buona. ( Gen 1,4 )
E Dio ha creato sommamente buoni non solo la luce, che chiamò giorno, e il firmamento, che chiamò cielo, e il sole e la luna e le altre stelle, ma anche gli alberi e le erbe e tutto ciò che vi è di mortale nell'acqua e sulla terra; e vide che tutte queste cose erano buone nel loro genere e nel loro ordine.
Colui che stese questo libro ispirato dallo spirito di Dio non temette gli empi che sarebbero venuti in seguito: critici vanitosi e seduttori della mente, in primo luogo della propria e poi di quella degli altri, ai quali aggrada la loquacità blasfema.
Dio vide che anche costoro sono buoni.
Lo sono in quanto uomini, in quanto constano di corpo e anima razionale, in quanto le membra del loro corpo si distinguono per le loro funzioni specifiche, e nella loro composta differenza sono tutte raccolte con disposizione degna d'ammirazione in un'armoniosa unità. ( 1 Cor 12,12 )
L'anima poi per la sua eccellenza naturale primeggia e impera e colma e vivifica i cinque sensi della carne ( Gen 9,15 ) con potenze di volta in volta differenti e in perfetto accordo sociale, e mediante la mente e la ragione può sapere e intendere ciò che l'anima delle bestie non può.
Dio li vide buoni e per questo li creò. Egli infatti non vide gli uomini soltanto dopo averli creati, ma li conosceva anche prima di crearli.
E sebbene essi si sarebbero resi malvagi per la volontà perversa e per il cieco errore, non per questo Dio credette che non dovesse crearli; previde infatti anche quale sarebbe stato il loro ruolo nel creato: e pertanto dalla stessa massa della prima prevaricazione giustamente condannata Dio fece dei vasi di ira, qualora essi avessero persistito sino alla fine nella loro malvagità, capaci però di giovare ai vasi di misericordia spronandoli coi pungiglioni della loro menzogna affinché indagassero con maggior diligenza gli arcani della verità. ( Rm 9,22-23 )
Infatti grandi [ sono ] le opere del Signore, le contemplino coloro che le amano. ( Sal 111,2 )
E cosa c'è di strano nel fatto che non piaccia alla stoltezza umana rendersi conto che le opere del Signore piacciono alla sapienza divina?
E che cosa significa: [ Dio ] vide che la luce era cosa buona, ( Gen 1,4 ) se non che essa gli piaceva?
Ma guardate ciò che afferma quel ciarlatano blasfemo che ha scritto questo libro sacrilego pieno di improperi ( volesse il cielo che egli restasse disgustato per la propria opera, non la credesse buona ma s'accorgesse che è cosa cattiva! ).
Dice: " Dio non sapeva cosa fosse la luce prima di averla creata, al punto che, nel vederla per la prima volta, disse che era cosa ottima ".
Anche il Signore Gesù tuttavia, quando udì le parole del centurione, si stupì e disse ai suoi discepoli: in verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. ( Mt 8,10 )
Quindi egli non sapeva, prima, quanto fosse grande quella fede, e così, al vederla per la prima volta, la giudicò grandissima!
O che forse ad alimentare quella fede nel cuore del centurione c'era qualche altro che non fosse colui che si stupiva?
E davvero gli insensati e gli infedeli potrebbero pronunciar cose blasfeme molto più sul fatto che Gesù si sia stupito per la grandezza della fede di un uomo, che non sul fatto che Dio " vide che la luce era cosa buona "!
In verità ciascuno può vedere che anche le cose ordinarie sono buone, cioè constatare che gli sono gradevoli.
Chi invece si stupisce, in base alle consuetudini secondo cui si parla tra gli uomini, dà ad intendere che per lui ciò che lo stupisce è qualche cosa di insperato o improvviso.
Ma Gesù, che aveva la prescienza di tutto, inculcava agli altri ciò che debbono ammirare e con la sua ammirazione lo lodava.
Che cosa vide Dio d'aver fatto che non avesse visto già prima di averlo fatto nella luce che è egli stesso?
E perché la sacra Scrittura ripete tante volte con insistenza che Dio vide che erano buone le cose che aveva fatto, se non per insegnare con l'esempio alla pietà dei fedeli a non giudicare le cose visibili e invisibili non secondo la sensibilità umana, che spesso viene posta in difficoltà anche dalle cose buone di cui ignora le cause e l'ordine, ma piuttosto a credere nel Dio che [ le ] loda e ad apprendere da lui?
Infatti uno riesce a conoscere una cosa progredendo tanto più facilmente, quanto più religiosamente crede in Dio prima di giungere a conoscerla. ( Is 9,9 )
Dio vide che la luce che aveva fatto era cosa buona perché gli piaceva che venisse fatto ciò che voleva fare e, una volta fatto, gli piacque che permanesse: un così grande fabbricatore doveva infatti stabilire per ciascuna cosa la misura della sua esistenza e conservazione.
Ma una cosa è la luce che è Dio, altra è la luce che Dio fece.
Certo, è luce incomparabilmente migliore colui che creò la luce: egli in nessun modo poteva aver bisogno di quell'altra luce che egli ha fatto.
Come fa dunque costui a chiedere con malizia perché Dio non abbia fatto tali beni fin dal principio di tutto, così come egli stesso è dal principio?
Da ciò si deve piuttosto concludere che non li creò perché egli ne avesse bisogno, ché senza di essi ha potuto esistere dall'eternità nella sua perfetta beatitudine senza inizio.
In effetti il motivo per cui li fece fu la sola bontà di Dio, perché non vi fu per lui necessità alcuna.
Quando costui insulta Dio come se avesse visto la luce per la prima volta, perché prima non la conosceva, constaterebbe lui stesso quanto ciò sia insulso e vano, se avesse dentro di sé un qualcosa della luce!
Attribuisce inoltre " alla stoltezza dello scrittore l'aver detto che le tenebre vi furono sempre, senza inizio, mentre la luce prese inizio dalle tenebre ", quasi che leggesse, nel libro che calunnia, che le tenebre sono eterne là dove sta scritto: In principio Dio creò il cielo e la terra.
La terra era invisibile e informe e le tenebre ricoprivano l'abisso. ( Gen 1,1-2 )
Le tenebre cominciarono dunque ad esistere da quando cominciò ad esistere la mole caotica del cielo e della terra prima che fosse fatta la luce che avrebbe illuminato ciò che, senza luce, era immerso nel buio.
Che difficoltà può esservi dunque nel fatto che gli inizi della materia del mondo siano stati avvolti dalle tenebre, cosicché la luce al suo apparire rese migliore ciò che era stato fatto?
In questo modo viene descritta anche la disposizione d'animo dell'uomo che in seguito avrebbe così proceduto, egli stesso, nell'operare.
Inoltre chi per dono di Dio riesce a scrutare queste cose più acutamente, scopre forse nella creatura, di cui ci viene narrata la creazione senza intervalli temporali, un ordine oggettivo disposto in maniera meravigliosa.
In effetti la materia non è affatto un puro nulla, tanto che nel libro della Sapienza si legge: Tu che creasti il mondo dalla materia informe. ( Sap 11,18 )
Dunque, per quanto sia detta informe, non per questo essa è il nulla assoluto; ma non è coeterna a Dio, come se non fosse stata fatta da nessuno, o fosse stata fatta da qualcun altro, cosicché Dio avesse la materia per fare il mondo.
Lungi da noi il dire che l'Onnipotente non avrebbe potuto creare se non avesse avuto un qualcosa da cui creare.
Quindi fu Dio a farla. Né deve essere considerata qualche cosa di malvagio perché è informe, ma qualcosa di buono perché è formabile, cioè capace di formazione.
Se infatti la forma è qualcosa di buono, allora è buono anche l'esser capace di questo bene.
Così la voce confusa è un clamore finché mancano le parole, ma diventa voce articolata quando è modulata in parole: dunque quella è formabile e questa è formata; quella è ciò che riceve la forma, questa è ciò che l'ha, e come ciò accada è chiaro.
Infatti nessuno direbbe che il suono della voce derivi dalle parole; ma chi non si rende conto che le parole che risuonano [ sulle labbra ] derivano dalla voce?
Né si deve credere che Dio abbia fatto prima la materia informe e che, trascorso un certo periodo di tempo, abbia dato forma a ciò che prima aveva creato informe.
È come quando uno parla: egli emette le parole sonore, cioè non una voce che prima è informe e poi prende forma ma la stessa voce formata.
Così si deve intendere che Dio creò il mondo dalla materia informe, creando però questa contemporaneamente al mondo.
Non è inutile cominciare a dire prima da dove si parte per fare qualcosa e poi ciò che si fa partendo da quella.
Perché anche se le due cose possono esser fatte insieme, esse non possono però venir narrate contemporaneamente.
In primo luogo con " cielo e terra ", ovvero là dove si parla di terra invisibile e informe e di abisso tenebroso con appellativi tratti da cose conosciute si potrebbe significare la materia informe stessa.
La materia infatti è del tutto ignota ai sensi umani e a malapena in qualche modo la si intuisce nelle cose che si deteriorano, in quanto ciò che più è deforme gli si avvicina maggiormente; però non giunge mai alla deformità assoluta perché, per quanto piccola, resta comunque sempre una qualche specie visibile o intelligibile.
Con le parole " cielo e terra " si potrebbe anche alludere in generale alla natura spirituale e a quella corporea, o a qualcos'altro che qui può essere inteso salvando la regola della fede.
In nessun modo tuttavia è lecito dubitare che il Dio vero e sommo e buono fece tutte le cose, quelle che vediamo e le migliori che non vediamo, anche se la mente umana non può comprendere il modo in cui le fece.
Ma con questi ignoranti che bestemmiano le sacre Scritture non si deve discutere con le argomentazioni sottili e profonde con cui invece queste cose debbono esser ricercate e discusse tra i figli pacifici di Dio. ( Mt 5,9 )
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