Soliloqui |
Il giorno seguente ripresi:
AGOSTINO - Ti prego, fammi conoscere, se puoi, questo metodo.
Conducimi e portami nella direzione che vuoi, con i mezzi che vuoi, nel modo che vuoi.
Imponimi gli sforzi più duri, le prove più ardue, purché siano nella mia possibilità, affinché per mezzo loro possa con sicurezza giungere là dove desidero giungere.
RAGIONE - Uno solo è il comandamento che ti posso dare, poiché non ne conosco altri: fuggire assolutamente le cose sensibili.
Ci si deve guardare finché portiamo questo corpo terrestre che le nostre ali non ne siano invischiate; dobbiamo infatti averle intatte e perfette per salire da queste tenebre verso quella luce, che neppure si degna di mostrarsi ai prigionieri rinchiusi in questa prigione, a meno che essi non siano in grado, spezzata e distrutta la prigione, d'innalzarsi nell'atmosfera in cui essa riluce.
Quando sarai divenuto tale che nulla di quanto è terrestre più ti seduca, allora, credimi che in quel momento, in quell'attimo vedrai ciò cui aspiri.
AGOSTINO - Ti prego di dirmi quando avverrà tutto questo, perché credo che non mi sia possibile pervenire a disprezzare tutto in quel modo, senza aver visto l'oggetto al cui paragone tutte queste cose diventano vili.
RAGIONE - Così potrebbe dire pure l'occhio del nostro corpo.
Non cesserò di amare le tenebre, fin quando non avrò visto il sole.
Anche questo sembra addirsi a quel metodo e invece non è proprio così.
L'occhio ama le tenebre perché non è sano; solo l'occhio sano può vedere il sole.
In questo spesso s'inganna l'anima; si crede sana e se ne vanta; e siccome non vede ancora, crede di aver diritto di lamentarsi.
Ma la Bellezza sa quando deve mostrarsi.
Essa infatti esercita l'ufficio del medico e comprende chi è sano, meglio di quanto lo comprenda chi è risanato.
Per parte nostra a noi sembra di vedere di quanto siamo emersi; ma non ci è permesso né di avere coscienza, né di avvertire quanto eravamo immersi e fino a che punto eravamo giunti.
È in paragone con questa malattia più grave che ci crediamo in salute.
Non vedi con quanta presunzione solo ieri abbiamo affermato che non eravamo più soggetti ad alcuna malattia morale, che non amavamo nulla fuorché la sapienza, che cercavamo e volevamo tutti gli altri beni solo per essa?
Quanto basso, vile, indesiderabile, increscioso ti era apparso l'amplesso della donna, quando discutevamo tra noi del desiderio di avere una moglie.
Eppure stanotte quando, svegli entrambi, abbiamo ripreso l'argomento, hai provato, ben diversamente dalle tue previsioni, che l'immagine di quelle blandizie e la loro amara dolcezza ti hanno sollecitato; molto meno, certo, molto meno del normale, ma parimenti molto diversamente da quanto avevi supposto.
Così quel medico che agisce nell'intimità ti ha dimostrato in una volta sola due cose: la malattia da cui sei uscito per mezzo delle sue cure e la debolezza che ancora rimane da curare.
AGOSTINO - Taci, taci, te ne supplico. Perché mi tormenti, perché scavi tanto e discendi così nel profondo?
Non posso più trattenere il pianto; non faccio ormai più promesse; non presumo più nulla; non interrogarmi più su questi argomenti.
Dici bene: quando sarò sano, lo sa colui che ardentemente desidero di vedere.
Faccia ciò che è il suo beneplacito; si mostri quando gli piacerà; ormai mi affido totalmente alla sua clemenza e alla sua cura.
Sono convinto una volta per tutte che egli non mancherà di sollevare quelli che sono così disposti verso di lui.
Quanto a me, non dirò più nulla dello stato di salute della mia anima, finché non avrò visto quella sua Bellezza.
RAGIONE - Sicuro: fa così. Ma ormai frena le tue lacrime e fatti coraggio.
Hai già pianto molto e codesta tua malattia di petto risente gravemente di tutto ciò.
AGOSTINO - Vuoi che metta fine alle mie lacrime, mentre ancora non vedo la fine della mia miseria?
Mi esorti ad avere riguardo alla salute del corpo, mentre tutto il mio io è disfatto da questa malattia?
Ti prego, se tu hai qualche potere su di me, tenta di condurmi attraverso una qualche via più breve; avvicinami un poco a quella luce, di cui i miei progressi devono ormai consentire di sopportare il fulgore; fa che mi rincresca di rivolgere gli occhi a quelle tenebre che ho lasciato, se tuttavia ancora si può dire che le ho lasciate, esse che osano lusingare la mia cecità.
RAGIONE - Concludiamo, se sei d'accordo, questo primo libro.
Prenderemo in un secondo quella via che si offrirà più comoda per noi.
Per questa tua disposizione spirituale non bisogna cessare infatti dall'esercizio, per quanto moderato.
AGOSTINO - Non permetterò affatto di terminare questo libro, senza che tu mi assicuri un poco sull'avvicinarsi della luce, alla quale io debbo rivolgermi.
RAGIONE - Quel medico di cui parlo è compiacente con te; infatti non so quale improvviso splendore mi orienta e mi indica dove condurti; perciò ascolta con attenzione.
AGOSTINO - Guidami, ti prego, e portami dove vuoi.
RAGIONE - Continui a dire che vuoi conoscere l'anima e Dio?
AGOSTINO - Questa è tutta la mia preoccupazione.
RAGIONE - Null'altro?
AGOSTINO - Null'altro.
RAGIONE - E non vuoi comprendere la verità?
AGOSTINO - Come se fosse possibile conoscere queste realtà senza di essa!
RAGIONE - Quindi per prima cosa tu devi conoscere questa ultima, per mezzo della quale quelle altre realtà possono essere conosciute.
AGOSTINO - Non dissento di certo.
RAGIONE - Anzitutto dunque esaminiamo quest'asserto: verità e vero sono due parole distinte; ti pare che queste parole significhino due realtà distinte o una sola?
AGOSTINO - Due, a quanto mi sembra.
Infatti come altro è castità, altro è casto e molti altri casi in questa maniera.
Ritengo pertanto che altro è la verità e altro è ciò che si dice vero.
RAGIONE - Quale di questi pensi che sia più importante?
AGOSTINO - La verità, io penso.
Infatti non è l'essere casto che fa la castità, ma la castità che fa l'essere casto.
Parimenti quando una cosa è vera, lo è in forza della verità.
RAGIONE - E quando muore una persona casta, pensi che muoia anche la castità?
AGOSTINO - Per nulla.
RAGIONE - Dunque quando perisce qualcosa ch'è vero, non per questo perisce la verità.
AGOSTINO - Ma come può perire qualcosa di vero? Non lo capisco.
RAGIONE - Mi stupisco di questa tua domanda: non vediamo forse perire sotto i nostri occhi migliaia di cose?
A meno che tu non ritenga che quest'albero o sia un albero, ma non vero, oppure che non possa venire meno in nessun caso.
E quand'anche tu non credessi alla testimonianza dei sensi ed anche se tu potessi rispondermi di ignorare affatto se è un albero, non potrai negare almeno questo, a quanto penso: che è un vero albero, se è un albero.
Ciò infatti si giudica non con i sensi, ma con l'intelligenza.
Se l'albero è un albero falso, allora non è un albero; se invece è un albero per davvero, allora necessariamente è vero.
AGOSTINO - Lo ammetto.
RAGIONE - Altra osservazione: l'albero è di natura tale che nasce e muore. Lo ammetti?
AGOSTINO - Non posso negarlo.
RAGIONE - Si può dunque concludere che una cosa, che pure è vera, muore.
AGOSTINO - Non contraddico.
RAGIONE - E allora? Non ti è forse evidente che, anche se periscono cose vere, la verità non perisce, così come, morto un uomo casto, la castità non muore?
AGOSTINO - Anche questo ammetto e attendo con grande ansietà dove vuoi arrivare.
RAGIONE - Allora fai bene attenzione.
AGOSTINO - Eccomi.
RAGIONE - Ti sembra vera questa proposizione: Tutto ciò che esiste, è necessariamente in qualche luogo?
AGOSTINO - Nulla s'impone maggiormente al mio consenso.
RAGIONE - E ammetti sempre che la verità esiste?
AGOSTINO - L'ammetto.
RAGIONE - Dunque è necessario che cerchiamo dove sia.
Non è certamente in alcun spazio, a meno che non si ammetta che nello spazio esiste qualcosa che non sia un corpo, oppure si ammetta che la verità è un corpo.
AGOSTINO - Respingo entrambe queste affermazioni.
RAGIONE - Allora dove pensi che sia la verità?
Poiché ammettiamo la sua esistenza, bisogna ben che sia da qualche parte.
AGOSTINO - Se sapessi dov'è, forse non continuerei a cercare.
RAGIONE - Ma puoi sapere almeno dove non è?
AGOSTINO - Se mi aiuti a ricordarlo, forse lo potrò.
RAGIONE - Non si trova certo tra le cose mortali.
Infatti tutto ciò che esiste non può persistere, se non rimane il soggetto in cui esso è; ora che la verità persista, anche quando periscono delle cose vere, lo abbiamo ammesso poco fa; dunque la verità non esiste nelle cose mortali.
Però la verità esiste e deve ben esistere da qualche parte.
Esistono dunque delle cose immortali.
Ora nulla è vero, se non c'è la verità; ne consegue che sono vere solamente le cose immortali.
Un albero falso, non è un albero; e un legno falso non è un legno; dell'argento falso non è dell'argento e, per dirla in una sola parola, tutto ciò che è falso, non è.
Ebbene tutto ciò che non è vero, è falso.
A dire il vero, nulla dunque si può dire che esiste, se non ciò che è immortale.
Considera diligentemente tra te e te questo piccolo ragionamento, per vedere se ci sia qualche riserva da fare.
Se infatti tu l'approvi, abbiamo quasi esaurito tutto il problema, che forse meglio si chiarirà nel libro seguente.
AGOSTINO - Ti ringrazio.
Queste idee tra me e me e soprattutto con te esaminerò con diligenza e cautela, quando saremo in silenzio, purché le tenebre non si frappongano e, ciò che io temo fortemente, non mi facciano sperimentare la loro seduzione.
RAGIONE - Credi in Dio con perseveranza e affidati tutto a lui, per quanto puoi.
Non voler essere come tuo e pienamente in tuo potere; professati piuttosto schiavo di quel Signore pieno di clemenza e bontà; così egli non cesserà di elevarti a sé e non permetterà che ti accada se non quanto ti può giovare, anche a tua insaputa.
AGOSTINO - Ascolto, credo e obbedisco per quanto è in mio potere; inoltre prego molto Dio perché moltiplichi le mie forze.
Desideri forse qualcosa d'altro da me?
RAGIONE - Per il momento basta. Farai in seguito, dopo averlo visto, tutto ciò che egli stesso ti comanderà.
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