Supplica intorno ai cristiani
I | Tutti i popoli dell'Impero praticano liberamente i loro culti; solo noi, unicamente a causa del nostro nome di cristiani, siamo fatti segno a ogni vessazione e ad accuse infondate. |
II | Chiediamo anche per noi il trattamento equo che si usa per tutti gli altri, fondato non sul nome ma sulle nostre azioni, e determinato da un regalare giudizio |
III | Se le tre accuse che ci muovono, ateismo, cene tiestee e accoppiamenti edipodei, sono vere, ci si punisca come meritiamo; se sono chiacchiere infondate, tocca a voi investigare sulla realtà della nostra condotta |
IV | É infondata la prima accusa, di ateismo. |
V | Poeti e filosofi ( e si citano qui versi di Euripide e di Sofocle ) non furono considerati per atei; eppure essi respinsero la concezione volgare degli dei parlando di un Dio unico. |
VI | Come i poeti, così hanno professato l'unità di Dio, in diversi modi, i filosofi |
VII | Se i vostri scrittori hanno potuto dire intorno a Dio tutto ciò che loro pareva, convenendo tutti nell'ammettere un Dio unico |
VIII | Si dimostra razionalmente l'unità di Dio |
IX | Oltre che dimostrata dalla ragione, l'unità di Dio é attestata dai profeti; e si citano passi di Mosè e d'Isaia |
X | Non siamo atei, perché affermiamo un Dio unico e perfetto |
XI | La sublimità della dottrina morale del cristianesimo, che noi pratichiamo ( mentre tutti gli artifizi della dialettica non riuscirono a rendere migliori gli uomini ) e che anche gl'indotti dimostrano con la loro vita, é un'altra prova che noi non siamo atei. |
XII | Si argomenta della precedente esposizione della dottrina e della vita dei cristiani che essi non sono atei: solo la fede in Dio giudice spiega la loro condotta così intemerata |
XIII | Ci rimproverano di non offrire sacrifici e di non riconoscere gli dei ammessi dalle varie città |
XIV | Non meno infondata l'accusa di ateismo quando prende a pretesto il nostro rifiuto di riconoscere gli dei nazionali |
XV | Anche se i pagani venerassero gli stessi dei, il loro culto sarebbe egualmente falso, perché reso a immagini materiali della divinità, mentre fra Dio e la materia la distanza è infinita, e Dio solo, che la materia plasmò, merita lode, come si loda il vasaio e non l'argilla da lui lavorata. |
XVI | Bello è il mondo, ma non esso é da adorare, bensì il suo artefice, come i vostri sudditi ammirano la vostra reggia ma solo a voi dànno gloria, come si onora non lo strumento ma l'artista che lo suona. |
XVII | I nomi degli dei sono recenti; così le immagini, conoscendosi gl'inventori delle varie arti e gli artefici delle singole divinità, che, appunto perché fatte dall'uomo, non sono tali. |
XVIII | Si dirà che il culto reso agli idoli si riferisce agli dei ch'essi rappresentano e che la virtù operativa di alcuni idoli lo giustifica. |
XIX | Se gli dei hanno avuto principio, dovranno anche perire, come affermano pure Platone e gli Stoici. |
XX | I pagani raffigurano gli dei in maniera assurda e raccontano di loro gesta disonorevoli. |
XXI | Gli dei sono soggetti alle stesse passioni che gli uomini, vengono fatti dagli uomini e servono a loro. |
XXII | Né serve dare degli dei una spiegazione fisica. Se gli dei sono elementi, sono materiali, mutevoli e perituri come la materia. |
XXIII | Per spiegare le virtù operative di certi simulacri bisogna ricorrere ai demoni, che sono conosciuti anche dai filosofi, quali Talete e Platone. |
XXIV | Noi cristiani, come conosciamo il vero Dio, così abbiamo il vero concetto dei demoni, angeli creati da Dio e ribellatisi a lui e anime di giganti nati dall'unione di quegli angeli con le vergini |
XXV | Questi demoni e il principe della materia operano contrariamente alla bontà di Dio, sì da indurre taluni a dubitare della sua provvidenza; e gli uomini spesso liberamente si lasciano trascinare dietro di loro. |
XXVI | I demoni sono quelli che operano nei simulacri, come dimostrano le azioni contro natura che essi compiono, anche se i simulacri sono eretti a personaggi noti, come Nerillino, Alessandro e Proteo. |
XXVII | I demoni si giovano dei movimenti irrazionali dell'anima per inondarla di strane idee come se fluissero dai simulacri. |
XXVIII | I pretesi dei erano in realtà uomini, come dimostra la tradizione dei sacerdoti egiziani riferita specialmente da Erodoto |
XXIX | La stessa cosa affermano i poeti e gli storici greci riguardo ai loro dei. |
XXX | I pagani, che divinizzarono esseri detestabili, tanto più ritennero dei quelli che si distinsero per l'imperio, per la forza o per l'arte, attribuendo la divinità a esseri soggetti a nascere e a morire. |
XXXI | Le accuse di empi conviti e accoppiamenti non ci meravigliano: anche tra i filosofi i virtuosi furono sempre perseguitati. |
XXXII | I pagani accusano noi dei delitti ch'essi stessi attribuiscono ai loro dei. |
XXXIII | Per la speranza della vita eterna noi cristiani disprezziamo i piaceri del senso |
XXXIV | Costoro, che fanno mercato del vizio, anche contro natura, e l'attribuiscono ai loro dei, accusano di tali infamie noi, osservanti della castità; essi, che sono crudeli come le bestie, perseguitano noi che non ci vendichiamo, tutto sopportando pazientemente |
XXXV | Ci si accusa di cannibalismo. Ma nessuno ha mai osato dire d'averci visti a fare quanto ci si rinfaccia, nemmeno i nostri servi. |
XXXVI | I cristiani non sono cannibali, perché credono nella risurrezione e sanno di dover rendere conto a Dio; é naturale, invece, che non abbiano alcun ritegno coloro che fanno morire l'anima nel corpo. |
XXXVII | Riconoscete, o imperatori, il valore della mia apologia e accogliete la supplica: lo meritiamo noi cristiani, che preghiamo per la prosperità vostra e dell'Impero, la quale ridonderà anche a vantaggio nostro. |