Filocalia

Dalle sue sante parole in difesa degli esicasti

Domanda: … Alcuni dicono che noi agiamo male quando cerchiamo di far discendere il pensiero nel corpo, mentre dovremmo con ogni materia porlo fuori dal corpo.

Maltrattano nei loro scritti, quelli che tra di noi consigliano i principianti a volgere l'attenzione su se stessi e a servirsi del respiro per introdurre il pensiero nel loro interno; affermano che il pensiero non è separato dall'anima, come potrà essere introdotto nell'interno di una cosa ciò che non è separato, ma è tutt'uno con essa?

Dicono anche che noi vogliamo far discendere la grazia divina attraverso le narici.

È ovvio che affermano queste cose per denigrarci, non ho mai sentito queste asserzioni tra di noi, e così aggiungono malignità su malignità.

Il loro mestiere sembra esser quello di inventare ciò che non è vero, e di alterare ciò che è vero.

Per questo, Padre, spiegami perchè ci è richiesto di far discendere il pensiero con ogni attenzione, e come non sia cosa errata di introdurlo nel nostro interiore.

Risposta: … Il male, vedi, non nasce dalla carne ma da quella facoltà che vi ha la sua dimora.

Il male non deriva dal fatto che il pensiero sia legato al nostro fisico, ma da una tendenza che dimora nelle nostre membra e che è in contrasto con lo Spirito.

Per questo motivo ci ribelliamo alle tendenza del peccato e cerchiamo di sostituirle con la signoria della mente; in virtù di questa signoria, imponiamo la sua legge ad ogni potenza dell'anima e alle membra del corpo, a ciascuno il suo dovuto.

Ai sensi ciò che è conforme alla loro natura: quest'opera di controllo porta il nome di temperanza; alla parte passionale dell'anima il comportamento nobile, e questo chiamasi amore; miglioriamo la facoltà del raziocinio rifiutando tutto ciò che si oppone all'ascesa dell'intelletto vero Dio, e questo porta il nome di sobrietà.

Chi è riuscito a purificare il corpo con la temperanza, a incanalare la sua irascibilità e la sua concupiscenza sul cammino della virtù, e che infine, presenta a Dio un pensiero purificato dalla preghiera, raggiunge e vede in se stesso la grazia promessa ai cuori puri.

Allora potrà dire con le parole di Paolo: lo stesso Dio che con la sua parola fece risplendere la luce dalle tenebre, ha fatto brillare la sua luce nei nostri cuori, perchè in essi risplenda la conoscenza della gloria di Dio, che rifulge nel volto di Cristo.

"Portiamo questo tesoro in vasi d'argilla", cioè nei nostri corpi materiali; se le cose stanno così, come possiamo pensare che introducendo l'attenzione mentale nella nostra società corporea, possiamo violare la sublime nobiltà del pensiero?

… L'anima nostra è un complesso di molteplici potenze, si serve, come supporto, del corpo che con lei si è formato.

La sua potenza, la mente, come siamo abituati a chiamarla, agisce attraverso dei precisi strumenti.

Nessuno ha mai pensato che la mente possa aver la sua dimora nelle unghie, nelle palpebre, nelle narici, o nelle labbra.

Tutti concordano nel localizzarla dentro di noi, le opinioni divergono quando si tratta di stabilire l'organo in cui risiede.

Alcuni la collocano, come in una fortezza, nel cervello; altri le attribuiscono il centro del cuore, puro da ogni passionalità carnale.

Per esperienza, posso affermare, con certezza, che la nostra capacità mentale non è dentro di noi, come in un recipiente, essendo incorporea, e neppure è al di fuori, essendo unita al corpo, ma è nel cuore come nel suo appropriato supporto.

Questa certezza non ci viene dagli uomini, ma da Colui che ha plasmato l'uomo: "Non ciò che entra dalla bocca inquina l'uomo, ma ciò che dal di dentro vien fuori … i pensieri malefici escono dal cuore".

La stessa cosa afferma il grande Macario: "Il cuore è preposto a tutto l'organismo.

Quando la grazia si è impossessata dei pascoli del cuore, regna su tutti i pensieri e su tutte le membra.

La mente e i pensieri dell'anima hanno il loro territorio sul cuore".

Il cuore è quindi la sede della mente e il suo più importante supporto.

Volendo impegnarci alla vigilanza e alla correzione dei pensieri mediante una sobrietà cosciente, il miglior modo di controllo è raccogliere la mente dissipata all'esterno dalle sensazioni, ricondurla nel nostro interiore fino al cuore che è la sede dei pensieri.

Macario soggiunge: "È nel cuore che dobbiamo fissare lo sguardo per vedere se la grazia vi ha impresso le leggi dello Spirito"…

Puoi comprendere la necessità per chi ha deciso di vigilare su se stesso nella quiete, di ricondurre, di racchiudere il proprio pensiero entro i confini del corpo, in particolar modo in quello spazio che è nel centro del corpo: il cuore.

È scritto "Tutta la bellezza della figlia del re è nel suo interno", come potremo ricercarla al di fuori?

… Se "il regno dei cieli è dentro di noi", chi deliberatamente porta il suo pensiero all'esterno come potrà aver parte al regno?

Salomone dice: "il cuore retto cerca la conoscenza"; in un altro luogo lo stesso autore chiama "spirituale e divina" questa conoscenza.

I Padri esortando al suo raggiungimento affermano che la mente quando ha raggiunto la spiritualità viene avvolta da una forma soprasensibile di conoscenza; adopriamoci a raggiungerla, essa è insieme in noi e fuori di noi.

Vedi bene, se vuoi rintuzzare le tendenze alle deviazioni, raggiungere le virtù, impossessarti del premio del combattimento spirituale, più precisamente la conoscenza spirituale che ne è la caparra, riconduci dentro te stesso il pensiero, nella sua interiore dimora.

Il far divagare all'esterno il pensiero, sia verso i pensieri carnali, sia fuori dell'interiorità, per porsi come osservatore delle immagini spirituali, è comportarsi da non credente, e aprire il varco ad ogni falsa persuasione …

Riconduciamo il pensiero, nell'interiorità del corpo e del cuore, soprattutto in se stesso …

Il pensiero quando compie la sua attività esterna segue un movimento orizzontale, per usare un termine di Dionisio; quando rientra in se stesso e svolgendo su se stesso la sua azione si immerge in se, compie un movimento circolare, come dice lo stesso Dionisio.

Questo è l'atto più caratteristico, più specifico del pensiero.

Mediante quest'azione in certi momenti trascende se stesso per unirsi a Dio.

"Il pensiero, afferma Basilio il Grande, che non si dissipa nell'esteriorità, … rientra in se stesso e si eleva, partendo da se stesso, a Dio, seguendo un cammino sicuro" …

Il padre dell'errore e della menzogna, sempre pronto a far deviare l'uomo … trova dei collaboratori in quegli autori che scrivono dei trattati in questo senso cercando di convincere qualcuno, anche quelli che hanno scelto il sentiero superiore del silenzio, che la cosa migliore, nella preghiera, è quella di tenere il pensiero fuori di se stesso.

Non tenendo nel suo giusto valore la sentenza di Giovanni nella sua Scala Celeste: "L'uomo consacrato alla preghiera silenziosa è colui che tenta di circoscrivere l'incorporeo nel corpo …"

È bene che i principianti si addestrino a fermare in se stessi lo sguardo, e a introdurre nella loro interiorità il loro pensiero insieme al respiro …

È un fatto, sperimentabile da chiunque intraprenda questa lotta, che il pensiero appena viene concentrato sfugge, ed è necessaria molta ostinazione per ricondurlo al suo centro.

Finchè sono principianti non si possono rendere conto che nulla è visto di più restio al controllo e di più pronto a dissiparsi.

Per questo alcuni maestri li consigliano a controllare il movimento del respiro, trattenendolo per un breve intervallo, in modo da controllare il pensiero durante la ritenzione del respiro.

Nell'attesa di fare un qualche progresso, con l'aiuto di Dio, nella purificazione del pensiero, nel tenerlo lontano dai divagamenti esteriori e di controllarlo perfettamente in una concentrazione unificatrice.

Ognuno può sperimentarla e riconoscerla come frutto naturale dell'attenzione della mente: il movimento respiratorio diventa più lento quando la riflessione è più intensa.

Ciò si verifica in modo particolare in chi pratica il silenzio del corpo e della mente.

Essi festeggiano veramente il sabato spirituale; sospese le attività personali, sopprimono, per quanto è possibile l'attività mobile e cangiante, sfibrante e molteplice delle facoltà conoscitive dell'anima, contemporaneamente all'attività dei sensi, in una parola ogni lavoro fisico dipendente dalla volontà.

Riducono, nella misura del possibile, le attività che non dipendono del tutto da noi, come la respirazione.

Questo si produce spontaneamente, senza pensarvi su, in chi è avanti nella pratica esicasta; nella mente concentrata in sè stessa tutto questo avviene automaticamente.

I principianti dovranno travagliare non poco.

Prendiamo un esempio: "La pazienza è un frutto della carità; la carità tutto tollera" ora ci vengono indicati quei mezzi per giungere alla carità.

Simile è il caso che stiamo considerando.

Chi ha fatto l'esperienza si ride delle obiezioni dell'inesperienza; la loro guida sta a ricordare i discorsi, stimola lo sforzo e la pratica.

L'esperienza porta i suoi visibili frutti rovesciando le sterili proposizioni dei chiacchieroni.

Un grande maestro ha scritto: "Dopo la trasgressione, l'uomo interiore si modella sulle forme esteriori".

Chi vuole riportare il pensiero al suo centro imponendogli, al posto del movimento orizzontale, quello circolare, avrà grande vantaggio nel fissare lo sguardo sul suo petto e sul suo ombelico, invece di farlo girovagare in qua e là.

Incurvandosi a guisa di cerchio, accompagna il movimento interiore della sua mente, e con questo movimento corporale, introduce nel cuore la potenza del pensiero che l'occhio farebbe vagolare esteriormente.

Se la forza della bestia interiore ha il suo covo nella regione dell'ombelico e del ventre, luogo ove il peccato esercita il suo dominio, perchè non concentrarvi le forze della preghiera, introducendovi un'opposta legge?

È l'unica via per debellare lo spirito del male che, espulso dalle acque battesimali torna con sette spiriti più malefici creando una situazione peggiore di prima.

Mosè ha detto: "Fai attenzione a te stesso"; totalmente a te stesso, non a questo nè a quello; e come fare attenzione a se stesso? col pensiero.

Non c'è altro modo di avere attenzione a se stesso.

Poni questa custodia davanti all'anima e al corpo; ti libererà facilmente dalle cattive passioni dell'anima e della carne …

Non lasciare nessuna parte incustodita.

Scavalcherai la zona delle tentazioni inferiori e potrai stare con piena fiducia davanti a colui che "scruta le reni e i cuori", avendoli tu di già scrutati.

Avrai parte alla felice esperienza di David: "Le tenebre non saranno più oscure, la notte sarà luminosa come il giorno, perchè Tu hai formato le mie reni".

Non ti sei impossessato solo della parte concupiscibile dell'anima mia, ma se nel mio essere rimaneva ancora un fuoco di desiderio, l'hai ricondotto alla sua origine, servendoti dell'energia stessa di questo desiderio che ha preso il volo verso di Te e a Te ha aderito.

Chi è attaccato ai piaceri sensibili della corruzione, esaurirà nella carne tutto il potere del desiderio della sua anima, divenendo in tal maniera soltanto carne.

Lo spirito non può posarsi su di lui.

Invece chi innalza in Dio il proprio pensiero, abita nell'amore di Dio; la sua carne trasformata dallo slancio del pensiero si ricongiunge con lui nella comunione divina.

Diventa il possesso e la dimora di Dio, non ospitando più nè l'ostilità verso Dio, nè il desiderio contrario allo Spirito.

Qual è il bersaglio più ambito dallo spirito della carne che sale dal basso, la mente o la carne?

Certamente la carne che in sè, come dice l'Apostolo, non ha niente di buono finchè non accoglie la legge della vita.

Questo è il motivo che deve spingerci ad una vigilanza insonne.

Come allora dominare la carne, come difenderla dagli assalti del nemico non avendo ancora raggiunto la scienza spirituale per respingere gli spiriti del male se non servendosi di questa attenzione anche se legata ad una pratica esteriore?

È inutile stare a nominare quelli che iniziano la via della preghiera, sapendo che altri molto più avanti nel cammino spirituale si sono serviti di queste pratiche e sono riusciti ad ottenere la benevolenza divina.

Ciò è vero non solo dopo la venuta di Cristo, ma anche anteriormente.

Elia stesso, consumato nella visione divina appoggiò il capo sulle ginocchia, raccolse con vigore il pensiero in se stesso e in Dio e pose fine ad una siccità che durava da anni.

Tre capitoli sulla preghiera e sulla purità del cuore

1. Essendo Dio la bontà stessa, la misericordia e l'abisso senza fondo di dolcezza, essendo oltretutto ciò che può venir nominato o pensato, chi raggiunge la sua unione partecipa alla sua grazia.

L'unione con Lui si compie acquistando le virtù divine, e mediante la comunione con Lui attraverso la preghiera e l'implorazione.

La comunione operata dalla virtù rende chi è diligente, idoneo a raggiungere l'unione divina, ma non è essa che l'effettua; l'intensa preghiera con la sua energia santa compie la ascesa dell'uomo a Dio e l'unione con Lui.

L'essenza della preghiera è l'unione dell'essere dotato di intelligenza col suo creatore, quando le sue azioni vanno oltre le passioni e i pensieri passionali mediante l'ardente contrizione.

Finchè la mente è soggetta alle passioni l'unione con Dio non è possibile.

Rimanendo la mente in questo stato non può ricevere la grazia di Dio con l'aiuto della preghiera.

Nella misura in cui rifiuta i pensieri passionali, acquista la contrizione.

In proporzione alla contrizione riceve il conforto misericordioso e, permanendo con umiltà in questi sentimenti, riuscirà a trasformare la parte concupiscibile dell'anima.

2. Quando l'unicità del pensiero diventa triplice, per l'unione alla divina Uni-Trinità, vengono chiuse le porte ad ogni possibile smarrimento, peccato ed errore; essendo ormai al di sopra delle forze carnali, del mondo e del principe di questo mondo.

Fuori dei suoi agguati dimora raccolto in se stesso e in Dio, gustando quella gioia spirituale che sgorga dall'interno.

Il pensiero diventa triplice, pur rimanendo nella sua unicità, quando ritorna in sè stesso e dal suo intimo ascende a Dio.

Il pensiero discende in se stesso per mezzo dell'attenzione su di sè, ascende a Dio per mezzo della preghiera.

Quando esso dimora in questo raccolto stato mentale e nell'ardente ricerca di Dio interiorizzando i suoi pensieri vagolanti con uno sforzo intenso di autocontrollo, si avvicina mentalmente a Dio, incontra l'inesprimibile, gusta la vita futura e conosce con apprensione spirituale quanto è buono il Signore come il Cantore dice nei salmi "Gustate e vedete quanto è buono il Signore".

Non è forse cosa difficile il portare la mente al suo triplice stato, nel quale rimanendo una, contempla, è contemplata e ascende nella preghiera dimorare a lungo in questo stato dal quale scaturisce qualcosa di indescrivibile, è molto difficoltoso.

L'impegno per l'acquisto di qualunque altra virtù, è in suo confronto agevole e facile.

Per questo motivo molti, rifiutando la strettezza della virtù della preghiera, non ne arrivano ad acquistare la vastità del dono; a chi invece persiste è promesso il più grande intervento divino che li rende forti ad affrontare e sopportare quanto loro verrà richiesto, ad andare avanti con gioia che rende superabili le difficoltà dando alla nostra natura il potere angelico che dà il potere di compiere ciò che è al di sopra della natura.

Il profeta afferma: "Chi ha fiducia in Dio rinnova la sua forza, stendono le ali come l'aquila, corrono e non si affaticano, camminano e non si stancano".

3. Per pensiero intendo anche l'attività della mente, essa comprende i pensieri e le intellezioni; e per mente va inteso anche quella facoltà che la Scrittura chiama "cuore".

Attraverso il suo potere la mente, la più importante facoltà umana, l'anima interiore, pensa.

In essa pratichiamo la preghiera, in tal maniera l'attività della mente, i pensieri, vengono purificati con agevolezza; l'anima dalla quale i pensieri nascono diventa pura quando tutte le altre sue facoltà sono purificate.

L'anima è una, molteplici le sue facoltà; se il male si annida in una di esse tutta l'anima è inquinata; l'anima pur essendo una e semplice, ha le facoltà in reciproco rapporto.

Siccome ciascuna facoltà opera in azioni differenti, può succedere che mediante una speciale attenzione e diligenza, una di queste azioni si riveli temporaneamente pura.

Da questo non si può concludere che tutta la facoltà sia pura, essendo in correlazione con le altre potenze l'azione compiuta può essere più inquinata che pura.

Se invece, mediante una speciale attenzione e diligenza durante la preghiera, l'azione della mente si rivela pura ed acquisisce, gradualmente, l'illuminazione della comprensione e la contemplazione mentale, e comincia a considerarsi purificata, può ingannare se stessa e cadere nella menzogna quest'inganno aprirà la porta al nemico sempre pronto a sedurci.

Invece, riconoscendo l'inquinamento del proprio cuore, esso non Si esalta per una momentanea azione pura.

Vedrà sempre più chiaramente le opacità delle altre facoltà animiche, progredirà nell'umiltà, accrescerà la compunzione e il cordoglio, e troverà i rimedi efficaci per ogni potenza dell'anima.

Purificando con le opere la sua parte attiva, la mente con la conoscenza, la parte contemplativa con la preghiera e, per esse, approdando alla perfetta e stabile purezza del cuore e della mente, l'anima raggiunge il frutto delle azioni giuste, della costante contrizione, della contemplazione e della preghiera che anima la contemplazione.

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