Discorsi sull'Epifania |
So bene, dilettissimi, che alla vostra santità non è nascosto il motivo della festa di oggi e che già la pericope del Vangelo, letta secondo l'uso, ve lo ha presentato.
Tuttavia oserò parlarvi della presente solennità, come il Signore mi ispirerà, affinché nulla manchi a voi del nostro ministero.
Così la pietà di tutti sarà con comune gaudio tanto più religiosa, quanto più tutti avranno compreso questa solennità.
La divina e misericordiosa provvidenza, avendo disposto di portare aiuto in questi ultimi tempi al mondo, che altrimenti sarebbe andato perduto, pose in Cristo la salvezza di tutte le genti.
Siccome l'empio errore aveva allontanato tutte le nazioni dal culto del vero Dio, e persino Israele, popolo che Dio aveva eletto come suo, si era allontanato quasi totalmente dalle prescrizioni della legge, Dio, avendo racchiusi tutti nel peccato, volle di tutti aver misericordia.
Dovunque era venuta meno la giustizia, tutto il mondo era caduto in balia della vanità e della malizia.
E se la divina maestà non avesse dilazionato il suo giudizio, tutti gli uomini avrebbero ricevuto la sentenza di dannazione.
Ma l'ira è stata mutata nell'indulgenza; e perché evidente fosse il tesoro di grazia, impiegato per noi, è piaciuto di donare il sacramento del perdono per abolire il peccato, quando nessuno poteva accampare dei meriti.
Ora, la manifestazione di questa ineffabile opera di misericordia si ebbe mentre Erode era re dei Giudei, quando venuta a cessare la legittima successione dei re e tolta la potestà ai pontefici, ottenne il dominio uno straniero.
In tal modo la nascita del vero Re era ben provata da quella profezia che dice: « Non sarà tolto lo scettro da Giuda, né il bastone del comando dai suoi discendenti, finché venga colui al quale appartiene e a cui i popoli dovranno obbedire ».
Un giorno era stata promessa al beatissimo patriarca Abramo una innumerevole discendenza che doveva essere generata non con il seme carnale, ma con la fecondità della fede.
Tale figliolanza fu paragonata alla moltitudine delle stelle, affinché dal padre di tutte le genti si attendesse una stirpe non terrena, ma celeste.
Per suscitare la promessa posterità, sono chiamati con il sorgere di una nuova stella gli eredi significati dalle stelle, affinché il cielo serva alla promessa che fu fatta con un segno celeste.
Una stella, più fulgente delle altre, attira l'attenzione dei Magi, abitanti dell'estremo oriente.
Essi erano uomini non ignari nell'arte di osservare le stelle e la loro luminosità, per questo comprendono l'importanza del segno.
Certamente operava nei loro cuori la divina ispirazione, affinché non fosse nascosto ad essi il mistero significato da questa grande visione e non restasse oscuro per l'animo ciò che era mostrato agli occhi.
In ultimo, compiono con molta pietà il proprio dovere prendendo con sè dei doni, sicché, venendo ad adorare il neonato, mostrino di aver creduto tre cose: e cioè di onorare con l'oro la persona regale, con la mirra l'umana, con l'incenso la divina.
Entrano, dunque, nella capitale del regno giudaico e nella città regale, domandano che si mostri a loro colui che avevano saputo essere il bambino destinato a regnare.
Erode si turba, teme per la sua sicurezza, teme per il suo potere: chiede ai sacerdoti e ai dottori della legge quel che la Scrittura ha predetto sulla nascita di Cristo.
Viene così a conoscere la profezia: ma mentre la verità illumina i Magi, l'infedeltà acceca i maestri.
Israele carnale non comprende quel che legge, non vede quel che mostra, usa libri alle cui parole egli non crede.
O Giudea, « dov'è dunque il motivo di vantarti? ».
Dove è la nobiltà ricevuta da Abramo?
« La tua circoncisione vale un bel nulla ».
Ecco che tu, primogenito, servi al fratello minore e proclamando quel testamento che tu tieni solo alla lettera, presti servizio agli stranieri che entrano a far parte della tua eredità.
Entrino, entrino pure le genti nella famiglia dei patriarchi, e i figli della promessa ricevano nel seme di Abramo la benedizione a cui rinunciano i figli secondo la carne.
Nella persona dei tre Magi tutti i popoli adorino l'autore dell'universo.
Dio sia noto non solo in Giudea, ma in tutto il mondo, affinché dovunque « in Israele sia grande il suo nome ».
Infatti, come l'infedeltà mostra che nella posterità è venuta meno la dignità della stirpe eletta, così la fede rende a tutti comune tale dignità.
I Magi, dopo aver adorato e soddisfatto a ogni devozione, in conformità all'avviso avuto in sogno, non fecero ritorno per quella via che avevano fatto venendo.
Era necessario che, avendo creduto in Cristo, non camminassero più per i sentieri delle vecchie abitudini, ma, entrati nella via nuova, si tenessero lontano dagli errori abbandonati.
Questo avvenne anche perché si rendessero inefficaci le insidie di Erode, che sotto lo specioso motivo della venerazione celava macchinazioni dolose contro il fanciullo Gesù.
E poiché Cristo uscì sano e salvo da quel tranello, l'ira del re arse di maggior furore.
Infatti, ricordando il tempo che i Magi avevano indicato, sfoga la sua rabbia e la sua crudeltà contro tutti i bambini di Betlemme e con generale eccidio trucida i pargoletti di quella città che così passano alla gloria eterna.
Egli credeva che non lasciando vivo nessun fanciullo sarebbe stato ucciso anche Cristo.
Ma colui che rimandava ad altra età l'effusione del suo sangue per la redenzione degli uomini, già aveva raggiunto, sulle braccia dei genitori, l'Egitto.
In tal modo ricopiò gli antichi primordi della gente ebrea, realizzando con maggior provvidenza il principato del vero Giuseppe, affinché, venendo dal cielo il pane di vita e il cibo spirituale, togliesse quella fame, più intensa di qualunque inedia, che le menti degli Egiziani soffrivano per mancanza della verità.
Infatti, non doveva compiersi il mistero della vittima singolare senza l'intervento di quella nazione, in cui, per la prima volta fu anticipato il segno salvifico della croce e la Pasqua del Signore con l'uccisione dell'agnello.
Dilettissimi, ammaestrati da questi misteri della divina grazia, celebriamo con gioia spirituale il giorno delle nostre primizie e l'inizio della vocazione delle genti.
Rendiamo grazie al misericordioso Dio, che, come dice l'Apostolo, « ci ha fatto capaci di partecipare all'eredità dei santi nella luce dei cieli.
Perché egli ci ha strappato al potere delle tenebre e ci ha trasportato nel regno del Figlio suo diletto ».
E già Isaia aveva profetato: « Il popolo che camminava nelle tenebre vide un gran chiarore: sopra coloro che abitavano in terra tenebrosa spuntò la luce ».
E lo stesso dice al Signore: « Ecco, chiamerai popoli che non conoscevi e nazioni che t'ignoravano accorreranno ».
« Abramo ha visto questo giorno e ne ha goduto »; e quando ha conosciuto che i figli della sua fede sarebbero stati benedetti nella sua discendenza, che è Cristo, e quando ha visto che nella fede sarebbe stato padre di tutte le genti, « diede gloria a Dio, sapendo benissimo che qualunque cosa Dio prometta, ha pure il potere di portarla a compimento ».
Davide inneggiava nei salmi a questo giorno, dicendo: « Verranno tutte le genti che creasti a prostrarsi innanzi a te, o Signore, e daranno gloria al tuo nome »; e ancora: « Fece nota il Signore la sua salvezza, alle genti svelò la sua giustizia ».
Or noi sappiamo che questo è avvenuto da quando la stella condusse i Magi, sospingendoli da lontane regioni, a conoscere e adorare il Re del cielo e della terra.
E certamente anche noi con questo caratteristico servizio della stella, siamo esortati a prestare adorazione, affinché pure noi obbediamo a questa grazia che tutti invita a Cristo.
Chiunque nella Chiesa vive con pietà e castità, chiunque gusta le cose celesti e non le terrene, è come una luce celeste: mentre egli conserva il candore di santa vita, quasi stella, mostra a molti la via che porta al Signore.
In questo studio della virtù, dilettissimi, dovete tutti darvi reciproco aiuto, affinché possiate risplendere, come figli della luce, nel regno di Dio, a cui si giunge con la Fede retta e con le opere buone: per Gesù Cristo, nostro Signore, il quale con il Padre e lo Spirito santo vive e regna per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
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