Consacrazione secolare valori comuni e valori specifici |
La grande « missione » dell'uomo ci è presentata dalla Genesi, là dove Dio si rivolge alla sua prima creatura umana, anzi alla prima coppia, e comanda di crescere e moltiplicarsi, di riempire la terra e soggiogarla, di dominare sui pesci del mare e sui volatili del cielo, sugli animali e sulle fiere, su ogni essere che striscia sulla terra. ( Gen 1,28 )
L'umanità è così chiamata a una « missione »: a continuare l'opera della creazione, a farsi con-creatore con Dio nel costruire la città terrena, nel cogliere tutte le forze e le potenzialità del creato, quale signore del cosmo: l'uomo a servizio dell'uomo per la sua crescita, per la crescita dell'umanità in ogni tempo e luogo.
È la « missione » del laico a cui sono affidate tutte le realtà del mondo da orientare a Dio.
Il Concilio Vaticano il ce lo ricorda e sottolinea, per esempio in Gaudium et spes e in Lumen gentium.
« … l'attività individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita ( … ), corrisponde al disegno di Dio.
L'uomo, infatti, creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene per governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose, in modo che, nella subordinazione di tutte le realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra.
Ciò vale anche per le realtà quotidiane.
Gli uomini e le donne che ( … ) esercitano le proprie attività, così da portare anche conveniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che col loro lavoro prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e danno un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio ».1
« L'indole secolare è propria e peculiare dei laici ( … ).
Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio.
Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli i doveri e affari del mondo ( … ) vi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esercizio del proprio ufficio e sotto la guida dello spirito evangelico… ».2
Non riporto altri pur interessanti brani ed affermazioni del Concilio.
Ma vorrei sottolineare, in Lumen gentium, che si tratta di vocazione a trattare le cose temporali e a ordinarle secondo Dio.
Vocazione dei laici: di tutti gli uomini.
Dei battezzati, in forza del loro battesimo.
Ma in modo particolarissimo di coloro che, nell'Istituto secolare, non sono per questo meno laici, come non sono più uomini o più cristiani, ma devono essere più impegnati nel realizzare questa « missione » nel mondo e per il mondo.
Poiché, come ci ricorda il Codice di Diritto Canonico: « i membri degli Istituti secolari esprimono e realizzano la propria consacrazione nell'attività apostolica, e come un fermento si sforzano di permeare ogni realtà di spirito evangelico per consolidare e far crescere il corpo di Cristo.
I membri laici, nel mondo e dal mondo, partecipano della funzione evangelizzatrice della Chiesa, sia mediante la testimonianza di vita cristiana e di fedeltà alla propria consacrazione, sia attraverso l'aiuto che danno perché le realtà temporali siano ordinate secondo Dio e il mondo sia vivificato dalla forza del Vangelo.
Essi offrono inoltre la propria collaborazione per il servizio della comunità ecclesiale, secondo lo stile di vita secolare loro proprio ».3
Dobbiamo però avere dinanzi agli occhi anche ciò che la Chiesa, nella persona dei Pontefici, ha voluto dire proprio ai laici consacrati.
Ricordiamo per brevità poche espressioni davvero significative di Paolo VI, che sottolineano la loro « missione »: « ( gli Istituti secolari ) devono oggi essere testimoni specializzati, esemplari, della disposizione e della missione della Chiesa nel mondo.
Per l'aggiornamento della Chiesa oggi ( … ) sono richieste personalità e comunità responsabilmente consapevoli di incarnare e di trasmettere lo spirito voluto dal Concilio.
A voi è affidata questa esaltante missione: essere modello di instancabile impulso alla nuova relazione che la Chiesa cerca di incarnare davanti al mondo e al servizio del mondo ( … ).
La vostra secolarità vi spinge ad accentuare specialmente - a differenza dei religiosi - la relazione col mondo ( … ): essere presenti nel mondo; sapersi responsabili per servirlo, per configurarlo secondo Dio in un ordine più giusto e umano, per santificarlo dal di dentro ».4
E ancora, le parole di Giovanni Paolo II, nel suo primo discorso ai responsabili maggiori degli Istituti secolari: « È vocazione ( dei laici ) e loro missione specifica manifestare il Vangelo nella loro vita e inserirlo così come lievito nella realtà del mondo ove essi vivono e lavorano ( … ).
Se le grandi forze che reggono il mondo sono dirette da persone che sono veri discepoli di Cristo e che, nello stesso tempo, per le loro conoscenze ed i loro talenti, sono competenti nel loro campo specifico, allora il mondo sarà certamente cambiato dal di dentro per la potenza redentrice di Cristo ».5
Non possiamo dunque dimenticare mai la « missione » specifica che Dio, tramite la Chiesa, ha affidato ai laici e in particolare, o a maggior ragione, ai laici consacrati nel mondo a servizio del mondo, per la sua crescita secondo Dio.
Dobbiamo vederla quale realmente è, questa chiamata, perché è chiamata stupenda: « vocazione amorosa e mandato di Dio », ha detto Giuseppe Lazzati.6
Chiamata che reclama conoscenza, rispetto, riconoscimento dell'autonomia delle realtà del mondo, rinuncia a qualunque capricciosa manipolazione.
Chiamata stupenda: a costruire la città terrena nell'attesa della città celeste.
Chiamata ad aprirsi a tutto e a tutti.
A rendersi capaci di accettare il mondo nella sua realtà, così come è, come sono le cose e gli uomini: ciascuno coi suoi limiti e i suoi valori, i suoi talenti da valorizzare sempre più e la sua pochezza da comprendere, compatire, rispettare.
Chiamata ad animare tutto ciò che, nel mondo e negli uomini, è suscettibile di animazione.
Ad orientare verso l'alto tutto ciò che è umano.
Tutto, escluso il peccato ( o compreso il peccato, visto, come Dio lo vede nella sua infinita misericordia di Padre, quale frutto della fragilità e della debolezza dell'uomo - dell'uomoche Dio capisce, compatisce, rispetta come figlio prodigo che il Figlio salvatore ha redento? cosa ne sappiamo, noi, del peccato e della grande pietà di Dio?! ).
Chiamata a una « missione ».
Poiché questo mondo, creato da Dio per amore come « cosa buona » in tutte le sue realtà, è l'ambiente in cui l'uomo vive, di cui è responsabile, in cui è chiamato ad essere sale, luce, fermento.
Una chiamata che è un dono di Dio: un dono di gioia e di speranza, poiché siamo invitati a gioire e ringraziare Dio di tutto ciò che abbiamo e siamo, e di tutto ciò che anche gli altri hanno e sono.
Invitati ad amare ogni uomo d'un amore soprannaturale e insieme umano, come fu l'amore di Cristo per noi: ad amare Dio nell'uomo e l'uomo in Dio e per Dio ed anche per se stesso, perché è « uomo » e la sua creazione è stata agli occhi di Dio una cosa « molto buona ».
Una chiamata a cui rispondere momento per momento, molto umilmente, e da avere sotto gli occhi in ogni istante.
« Io non voglio onori. Non aspiro a essere un capo.
Io desidero solo farli partecipi delle mie scoperte, mostrar loro i magnifici orizzonti che ora si sono aperti per noi tutti »,7 pensa - nella magnifica favola di Richard Bach - il gabbiano Jonathan Livingston.
L'attende la gogna da parte dello stormo, persuaso che l'unica cosa non imperscrutabile è che i gabbiani sono al mondo per mangiare e campare il più a lungo possibile.
Alla chiamata può rispondere, anche per i laici consacrati di oggi, la gogna.
L'importante è non perdere mai di vista la « missione », non aver paura delle difficoltà, « imparare, scoprire cose nuove, essere liberi! ».8
E restare umilmente a servizio del mondo, dei fratelli, per la comune crescita: perché è questa la « missione » dei laici consacrati.
Una vocazione specifica e una missione specifica, all'interno della vocazione e della missione dei laici, in genere.
Ma non ci siamo ancora posti la domanda di fondo: questa vocazione, questa « missione » reclamano valori specifici o i soli valori ( che non sono pochi! ) del laicato in genere?
Laici, certo. Ma consacrati.
E la consacrazione non è poca cosa, coinvolge l'intera persona.
E la consacrazione secolare richiede un coinvolgimento in tutte le realtà del mondo; è un mettersi allo sbaraglio per vocazione e per missione.
Quali, dunque, ammesso che ci siano, i valori specifici della vita quotidiana d'un secolare consacrato?
E mi chiedo: sapremo trovare una risposta?
Indice |
1 | Gaudium et spes, 34 |
2 | Lumen gentium, 33 |
3 | Codice di Diritto Canonico, can. 713, §§ 1 e 2 |
4 | Paolo VI: Nel XXV anniversario della Provida Mater Ecclesia, 2 febbraio 1972 |
5 | Giovanni Paolo il: a Limerick, 1 ottobre 1979 ( citato nel discorso del 28 agosto 1980 ) |
6 | Giuseppe Lazzati, in Atti del XLVII corso di aggiornamento culturale dell'Università Cattolica, in Laicità - problemi - prospettive, Vita e Pensiero, Milano 1977, p. 231 |
7 | R. Bach, Il gabbiano Jonathan Livingston, Ed. Rizzoli, Milano 1984, pp. 34-35 |
8 | Ibid. |