Osservazioni sulla morale Cattolica |
La morale nelle mani dei casisti fu assolutamente cangiata di natura; diventò estranea tanto al cuore quanto alla ragione; perdette di vista il dolore che ogni nostro fallo poteva cagionare a qualche nostra creatura, per non avere altre leggi che le supposte volontà del Creatore: rigettò la base che la natura le aveva data nel cuore di tutti gli uomini, per formarsene una affatto arbitraria.
Benché non abbiamo né il desiderio di difendere i casisti in monte, come sono presentati nel testo che esaminiamo, né le cognizioni per difenderne neppur uno, crediamo di poter appellar francamente da una condanna che li comprende tutti.
Una tal condanna é evidentemente, non solo altrettanto arbitraria, ma meno ragionevole di quello che sarebbe una giustificazione ugualmente generale.
Indipendentemente da ogni altra considerazione, e secondo le sole probabilità umane, come pensare che, tra tanti scrittori di quella materia, alcuni dei quali noti per sapere e per santità di vita, non ce ne siano di quelli che abbiano rettamente e utilmente applicata la morale cristiana ai casi particolari di cui trattavano?
Ma siccome la Chiesa è poco sopra accusata d'aver sostituito lo studio dei casisti alla filosofia morale; e siccome il non tenere altra norma, che le volontà ( non supposte ma rivelate ) del Creatore non è una massima privata dei casisti, ma universale della Chiesa, così queste censure vengono a ricadere sopra di essa.
A ogni modo, credo bene d'esporre lo spirito della Chiesa su questo punto, per mostrare che ciò che viene da lei è sapientissimo, e per impedire che le si attribuisca ciò che non è suo.
Che se l'intenzione dell'illustre autore non è stata di censurare la Chiesa, tanto meglio: io avrò avuto il campo di renderle omaggio, senza contradire a nessuno.
La Chiesa non ha poste le basi della morale, ma le ha trovate nella parola di Dio: Io sono il Signore Dio tuo ( Es 20,2 ): questo è il fondamento e la ragione della legge divina, e per conseguenza della morale della Chiesa.
Il principio della sapienza è il timor di Dio ( Sal 111,10 )
Ecco le basi sulle quali sole la Chiesa doveva edificare.
Ma col far questo ha essa potuto distruggere le basi naturali della morale, cioè i sentimenti retti, ai quali tutti gli uomini hanno una disposizione?
Tutt'altro, giacche questi sentimenti non possono mai essere in contradizione con la legge di Dio, dal Quale vengono anch'essi.
La legge è fatta anzi per dar loro una nuova autorità e una nuova luce, onde l'uomo possa discernere nel suo core ciò che Dio ci ha messo da ciò che il peccato ci ha introdotto.
Perchè, queste due voci parlano in noi; e troppo spesso, tendendo l'orecchio interiore, l'uomo non sente una risposta distinta e sicura, ma il suono confuso d'una triste contesa.
Di più ( e quanto di più! ) la legge divina ha estesi quei sentimenti al di là della natura; gli ha sollevati di nuovo al loro oggetto infinito, dal quale il peccato gli aveva sviati.
Conformare la morale a questa legge, è dunque un farla essere conforme al core retto e alla ragione perfezionata.
E questo ha fatto la Chiesa; ed essa sola può farlo, come interprete infallibile e perpetua di questa legge.
Perchè, cosa giova che il regolo sia perfetto, se a chi lo tiene trema la mano?
A che varrebbe la santità della legge, se l'interpretazione ne fosse abbandonata al giudizio appassionato di chi ci si deve assoggettare?
se Dio non l'avesse resa independente dalle fluttuazioni della mente umana, affidandola a quella Chiesa che ha promesso d'assistere?
Se dunque il riguardo al dolore degli altri, se il dovere di non contristare un'immagine di Dio, è uno di questi sentimenti stampati da Dio nel cuore dell'uomo, la Chiesa non l'avrà certamente perduto di vista nel suo insegnamento morale, perchè non l'avrà perduto di vista la legge divina.
Così è infatti.
È insegnamento catechistico universale, che i peccati si aggravano in proporzione del danno che con essi si fa volontariamente al prossimo.
La Chiesa insegna esser peccati una quantità d'azioni, alle quali non si può assegnare altra reità, che il torto che con esse si fa a degli altri.
L'intenzione d'affliggere un uomo è sempre un peccato: l'azione più lecita, l'esercizio del diritto più incontrastabile diventa colpevole, se sia diretto a questo orribile fine.
La Chiesa ha dunque tenuto di vista un tal sentimento; e ci ha poi aggiunta la sanzione, insegnando che il dolore fatto agli altri, diventa infallibilmente un dolore per chi lo fa; il che la natura non insegna; né la ragione potrebbe acquistarne la chiara e piena certezza, senza l'aiuto della rivelazione.
La Chiesa vuole che i suoi figli educhino l'animo a vincere il dolore, che non si perdano in deboli e diffidenti querele; e presenta loro un esemplare divino di fortezza e di calma sovrumana nei patimenti.
Vuole i suoi figli severi per loro; ma per il dolore dei loro fratelli li vuole misericordiosi e delicati; e per renderli tali, presenta loro lo stesso esemplare, quell'Uomo-Dio che pianse al pensiero dei mali che sarebbero piombati sulla città dove aveva a soffrire la morte più crudele ( Lc 19,41 )
Ah! certo, non lascia ozioso il sentimento della commiserazione quella Chiesa che, nella parola divina di carità, mantiene sempre unito e, per dir così, confuso l'amore di Dio e degli uomini: quella Chiesa che manifesta il suo orrore per il sangue, fino a dichiarare che anche quello che si sparge per la difesa della patria, contamina le mani dei suoi ministri, e le rende indegne d'offrire l'Ostia di pace.
Tanto le sta a core che si veda che il suo ministero è di perfezione; che se ci sono delle circostanze dolorose, nelle quali può esser lecito all'uomo di combatter l'uomo, essa non ha istituiti dei ministri per far ciò che è lecito, ma ciò che è santo; che quando si creda di non poter rimediare ai mali, se non con altri mali, essa non vuole averci parte; essa il cui solo fine è di ricondurre i voleri a Dio; essa che riguarda come santo il dolore, solamente quand'è volontario, quand'è una espiazione, quand'è offerto dall'animo che lo soffre.
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