La Scala del Paradiso |
Agli re terreni alcuni gli stanno innanzi come immateriali e nudi, alcuni stanno tenendo le verghe quali maestri e soprastanti, alcuni stanno tenendo l'arme, ed è molta differenzia dalli primi agli altri sanza comparazione, però che gli primi sono parenti e della casa, e queste cose terrene sono così; ma lasciando questo cose, veggiamo noi medesimi come dobbiamo fare l'assistenzia dinanzi a Dio ed allo re nostro nella orazione la sera, il di e la notte; però che sono alcuni, che istanno in orazione la sera e la notte immateriali e nudi da ogni cura, in prieghi istendendo le mani a Dio; alcuni altri sono, che stanno in orazione con dire li salmi, alcuni altri intendono più allo leggere; alcuni altri sono, i quali per la infermità combattono contra il sonno fortemente coll'opere delle mani; alcuni altri sono, i quali sollicitamente intendono a pensare della morte, volendo per quello pensiero prendere compunzione.
Di tutti questi li primi e gli ultimi intendono ad una pemottazione piacevole a Dio, li secondi orano monasticamente, li terzi vanno per una via più bassa; ma il Signore riceve i doni ed apprezzali secondo la intenzione e secondo la forza dell'operatore.
L'occhio vegghiante monda la mente, e lo molto dormire accieca l'anima.
Lo monaco vegghiante è nimico della fornicazione, ma il sonnolento sì gli è marito.
La vigilazione è rompizione della fomicazione della carne e liberatrice delle laide sognora.
L'occhio devoto e lagrimoso e lo cuore combattitore sono guardia delle ree cogitazioni e fornace che consuma li cibi, e discacciamento delle laide fantasie e domatrice delli vizii e raffrenamento della lingua.
Lo monaco vegghiante, pescatore delle cogitazioni nella tranquillità della notte, ottimamente puote intendere sopra esse, e prendere ed uccidere quelle che sono pericolose.
Lo monaco amatore di Dio, quando suona la campana a dire l'ore, tutto si rallegra e loda Iddio; ma il monaco negligente si lamenta e contristasi.
L'apparecchiamento della mensa dimostra gli golosi, però che tutti s'allegrano, e l'operazione dell'orazione dimostra gli amatori di Dio, però che ci vanno lietamente.
Lo molto sonno è conducitoro dello smemoramento, ma la vigilia purga la memoria.
Agli lavoratori del campo s'acquistano le ricchezze nel tempo della mietitura e della vendemmia, agli monaci s'acquistano le scienzie e le grazie spirituali la sera e la notte, stando dinanzi a Dio nell'operazioni della mente.
Il molto sonno è come la mala moglie, però che rapisce la metà della vita del negligente e anche più.
Il negligente monaco a udire li parlamenti inutili è vegghiatore, ma vegnendo l'ora dell'orazione, incontanente gli si aggravano gli occhi.
Lo monaco vagante nel molto parlare è pronto, ma essendoli posta innanzi la lezione santa, per lo molto sonno non la può vedere.
Quando sonerà l'ultima tromba e chiamerà li morti, sarà fatta la resurrezione de' morti, e facendosi uno parlamento ozioso, incontanente è fatto lo svegliamento de' dormitori.
Falso amico è lo tiranno sonno, il quale spesse fiate si parte quando siamo satolli, e quando siamo in fame ed in sete, fortemente c'impugna, ammonendoci di portare l'opera delle mani nel tempo dell'orazione, però che in altro modo non potrebbe sterminare l'orazione de' vegghiatori.
Questo sonno è lo primo assalitore ed impugnatore di quelli che son cominciatori e debbono essere introdotti, acciò che dal principio gli faccia essere negligenti e pigri, ovvero per apparecchiare la via al demonio della fornicazione.
Infino che da questo sonno siamo liberati, non ci ritraiamo da dire li salmi colla multitudine, però che molte fiate per la vergogna non dormiamo.
Il cane è nimico alle lepri, e lo demonio della vanagloria al sonno.
Lo venditore dopo lo dì siede la sera e compita lo guadagno, e così lo monaco operatore dopo li salmi siede, e pensa dello stato dell'anima sua; aspetta e persevera vegghiantemente in orazione, e vedrai l'empito delle demonia, quasi fossero impugnate da noi, e dopo l'orazione promuovano di fedirci con disoneste fantasie.
Sta fermo ed attendi diligentemente, e vedrai quelle demonia che sono usate di rapirci le primizie dell'anima.
Adiviene alcuna fiata, che per la frequentazione del meditare ne' salmi vegghiando, dormendo si truova pensare nelle parole de' salmi, ed è alcuna fiata, che questo medesimo ci addiviene per immissione delle demonia, acciò che ci facciano levare in superbia.
La terza parola non volli dire, ma alcuno me ne sforzoe.
Quella anima che continuamente il di pensa le parole di Dio, per l'amore ae natura di ritrovarsi pure in esse eziandio sognando, però che 'l secondo propiamente è remuneratore della mercè del primo contra l'avversità che fanno le demonia, immettendo le laide fantasie.
Questo ventesimo grado quegli che ci è salito, ae ricevuto lo lume nel suo cuore.
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