La Scala del Paradiso |
Noi, li quali siamo quasi servi perpetuali e servi ricomperati dalle immonde vizia, per questi infrascritti modi conoscemo particularmente le fraude e gli inganni e i modi e le comandamenta e l'astuzie degli spiriti, li quali ingiuriano la nostra misera anima.
Alcuni sono, li quali per operazione dello Spirito Santo essendo alluminati, e per la liberazione da esse vizia che aveano ricercata, compresono le machinazioni e le 'ndustrie d'essi spiriti, ed è alcuno, che per lo dolore che è nella infermità delle vizia, albitra e comprende lo riposo della sanità e libertà d'esse vizia; ed è alcuno, il quale da buono animo e da buona disposizione della sanità mentale che ae in sè, comprende l'affezione della tristizia e l'ansietà, ch'è nella infermità delle vizia.
Noi adunque come infermi avemo pavento ora in questo sermone del porto della quiete altamente parlare, sappiendo che uno cane, cioè una demonio, sempre sta dinanzi alla mensa della buona conversazione, cioè della buona disposizione ch'è nell'anima, del volere bene operare; il quale, come sapete, si studia e pruova di rapire di questa mensa il pane, cioè l'anima, lo quale pane avendolo preso con bocca, va correndo per mangiarlo in quiete; ed acciò che noi per lo nostro parlare della bellezza della quiete non diamo luogo a questo cane, e non diamo cagione di male a quelli che la cercano, estimiamo di non essere licito di far parlamento e disputazione di pace a quelli combattitori dello re nostro, gli quali con buono animo stanno nella battaglia nello stato della obedienzia, ma solo questa parola a loro diciamo, che a quelli che combattono bene e diligentemente, sono riposte di pace e di tranquillità doppie corone; ma se a voi pare; per modo di discrezione diremo alcune poche cose di questa quiete, acciò che alcuni non si contristino, se in mezzo di questo libro lasciamo di fare non esercitato ed ignudo parlamento e trattato di questa materia.
La quiete del corpo è uno stato fisso ed ordinato de' costumi e de' sensi fatto scientemente; la quiete dell'anima è scienzia delle cogitazioni.
L'amico della quiete è una virile e forte e dura cogitazione, la quale sta nella porta del cuore vegghiante e non dormente, e tutte le cogitazioni contrarie discaccia ed uccide.
Quegli che è quiescente in sentimento di cuore, conosce la detta parola; ma quegli che ancora è parvolo, non à gusto nè notizia di questa cosa.
Lo quiescente intellettuale non abbisogna di parole per suo maestro, però che per l'opere sue riceve più lume e magisterio che non riceverebbe per le parole altrui.
Lo principio della quiete è discacciare con umile orazione gli strepiti e gli fragori, che gli spiriti maligni operano per impaurire, li quali quasi conturbano lo profondo della mente, ma la fine e la perfezione d'essa quiete è non temere gli tumulti, ma soprastare ad essi come non gli sentisse.
Quegli che è amatore di quiete, se esce fuori di cella, non esce fuori di silenzio per parlamento, però che è tutto mansueto e casa piena di carità, ed è forte cosa a muoverlo a parlare, ed è immobile a furore naturalmente, e lo contrario è manifesto in quegli che non è amatore di quiete.
Quiescente è quegli, lo quale la cosa che è incorporea, siccome la mente e l'anima, combatte di circonterminare e concludere nella casa corporale, chiudendogli le porte delle sensora, la qual cosa è sopragloriosa.
La gatta pigliatrice fa l'agguato per prendere il topo; così la 'ntenzione del quiescente sta attenta per potere prendere in sè le immessioni del sorcio intellettuale, cioè del demonio.
Non avere per vile questo esempio, però che se questo non cognosci, non cognosci ancora la quiete.
Il monaco solitario corporalmente sarà così monaco, come lo monaco che è attendente e stante congiunto al monaco compagno corporalmente ed a Dio mentalmente, però che lo monaco solitario per le molte e continue e forti battaglie che pate degli maligni spiriti, abbisogna di molta sobrietà e vigilia e di continua orazione, e d'avere la mente sanza ogni elazione, le qua' cose non s'acquistano leggiermente; ed allo primo monaco spesse frate è stato bisogno e aiutorio l'altro monaco, ed al secondo à dato aiutorio l'angelo.
Le virtù intellettuali ministrano ed amano d'abitare nello quiescente spirituale sopradetto, ma lo contrario taceroe.
L'altezza delle divine Scritture è uno pelago profondissimo, e la mente del quiescente sanza pericolo non salterà in esse.
Non è cosa sicura col vestimento nel pelago notare, e così non è cosa sicura l'uomo che à lo vizio, la teologia toccare.
Lo corpo del quiescente è circonscritto e determinato nella cella sua, ma dentro da sè è la casa della sua scienzia, e quello che è infermo delle vizia spirituali, e studiasi d'andare alla quiete solitaria, lasciando lo monasterio, è assimigliato a quello, che della nave si getta nel pelago, pensando con una tavola sanza pericolo venire alla terra.
Quelli, li qua' vincono le propie volontadi, e combattono valentemente contro lo loto della carne, a questi nel propio tempo verrà la quiete, avendo essi conduttore che li regga, però che a loro bisogna d'essere disolati della fortezza angelica; e parlo de' veraci quiescenti dello spirito.
Lo quiescente negligente parlerà e dicerà menzogna, però che darà ad intendere ad altrui per certi atti oscuri, che esso intenda alla quiete, la qual cosa non fa; e lasciando la cella, ne incolpa le demonia, e non conosce che s'è fatto demonio a sè medesimo.
Io vidi li veraci quiescenti, li quali per la molta quiete lo infiammato desiderio loro verso Iddio insaziabilmente riempievano, accrescendo e partorendo fuoco a fuoco ed amore ad amore e desiderio a desiderio.
Lo quiescente verace è una imagine e una representazione d'uno angelo terreno, però che essere desolato, cioè sanza consolazione d'alcuno, bisogna che l'uomo abbia fortezza d'angelo; seguitandolo quanto è possibile ad esso, lo quale colla carta del desiderio e colle lettere della sollicitudine libera la sua orazione dalla pusillanimità e dalla negligenzia.
Quiescente è quegli, lo quale coll'opere manifestamente ed efficacemente chiama: Apparecchiato è lo cuor mio, Signor mio, apparecchiato è lo cuor mio.
Lo quiescente è quegli che dice: Io dormo, e lo cuor mio vegghia; chiude la porta della cella al corpo, e la porta del parlamento alla lingua, e la porta dentro alli spiriti.
La tranquillità del mare e l'ardore del sole nel mezzo die prova la pazienzia del marinaio, e la penuria delle cose necessarie dimostra la quiete dello quiescente, però che 'l marinaio ansiato dalla tristizia, poichè non può navicare in quel tempo, gittasi nell'acqua a notare; e lo quiescente insofferente per accidia, scrollato quando ae la penuria, si confonde e mettesi tra la moltitudine delle genti.
Non temere li strepiti nè li giuochi delli tumulti e delli fragori dei suoni, però che l'anima che à lo pianto, non si conturba e non à paura.
Quegli la cui mente veracemente ae imparato d'orare, questi essendo fatti dinanzi a Dio, parlano con esso, come quelli che parlano all'orecchie al re, ma quegli la cui bocca ora, sono assimigliati a quelli, li quali innanzi a tutta la corte slnginocchiano dinanzi al re.
Quelli che vivono o conversano nel mondo, sono come coloro che priegano il re in mezzo del tumulto e in mezzo di tutto il popolo.
Se tu ài imparata l'arte d'orare saviamente e regolarmente, non sarai ignorante di questo che è detto.
Tu, solitario, sedendo in alto luogo, cioè avendo levata la mente dalle cose terrene, raguarda in te medesimo, se tu lo sai fare; ed allora vedrai come e quando ed onde e quanti e qua' sono li furoni, che vegnono a furare i frutti dell'anima: e quando la mente e la intenzione sarà faticata in questi pensieri a cercare le 'nsidie e le diversitadi delle malizie, che li demoni ordinano contro all'anima, allora si levi a stare in orazione; di po' l'orazione, sedendo, ripigli virilmente l'operazione prima di pensare le sue miserie.
Alcuno ch'ebbe la sperienza di queste cose, inquirendo e diligentemente e sottilmente, ne volle parlare, ma temette, acciò che gli operatori che sono atti ad affaticare lo corpo nell'orazione, non gli facesse diventare negligenti, e quelli che avenno intenzione d'eleggere quello stato, non gli abbattesse col suono e collo strepito delle parole.
Quegli che della quiete saviamente e sottilmente narra ed esponendo notifica, fa le demonia surgere e levare contra sè, però che nullo altro può manifestare le loro laidezze e le loro sconvenienze come questi.
Quegli che perfettamente è pervenuto alla quiete, questi conosce l'abisso e la profondità de' divini misterii, ed a questo conoscimento non perviene, se in prima li tumulti delle battaglie e le ventora delli spiriti, cioè le immessioni delle demonia, non vide nè udì nè senti sopra sè.
Questa cosa, cioè il conoscimento de' divini misterii, santo Paulo apostolo chiama il ratto, però che se non fosse intrato in paradiso, quasi nella quiete della mente, non arebbe udite l'arcane segrete parole.
L'orecchio della quiete riceve cose grandi, che trapassano le sensora; e però essa sapientissima quiete dice nel Iob: Quando è che lo mio orecchio non riceva da Dio cose grandi e trapassanti?
Quiescente è quegli che fugge la conversazione d'ogni persona sanza odio, come quegli che è negligente, si trae innanzi a conversare prontamente, non volendo ricevere il mozzamento della divina dolcezza.
Va e dispergi tutte le cose che tu ài, però che 'l vendere ricerca tempo, e dà agli poveri e infermi e bisognosi monaci e alle persone vergognose, acciò che con l'orazione t'aiutino per venire alla quiete, e togli la croce tua portandola per obedienza, e sostieni fortemente lo mozzamento della tua volontà, e poi vieni e seguita me all'adattamento della beatissima quiete, ed insegnerotti la visibile operazione e conversazione delle virtudi intellettuali.
Queste virtù intellettuali non si saziano in saecula saeculorum di laudare sempitemalmente lo Creatore, così quegli ch'entra nel cielo della quiete simigliantemente; e come quelli immateriali non sono solliciti delle cose materiali, cosi questi, cioè li quiescenti, li quali essendo materiali per sustanzia ed immateriali per l'affetto, non saranno solliciti delli cibi corporali; e come quelli primi, cioè gli angeli prima nominati, non mangiano cibo corporale, così li secondi cioè li quiescenti, non abisognano della richiesta di niuno uomo.
Quelli primi non saranno solleciti di possessioni nè di pecunia, nè questi quiescenti non si curano dell'afflizioni delli spiriti maligni.
Non è in quelli celestiali desiderio di visibili creature, nè in questi terreni non è desiderio d'aspetto di bellezza sensibile.
Giammai quelli proficienti dalla carità cesseranno, nè questi cesseranno di volersi ad essi continuamente accostare.
Non sono apo quelli celate le ricchezze del profitto e dell'accrescimento, nè a questi sarà celato l'amore di salire a Dio, e non poseranno li quiescenti infino a tanto che vegnano alli serafini, e non cesseranno d'affaticarsi infino a tanto che sieno fatti angeli.
Beato quegli che questo spera; tra tanti beato chi a ciò si studia, angelo chi lo comprende.
Manifesto è ad ogni persona discreta, che negli stati di tutte le scienzie e de' modi e dell'oppenioni e deliberazioni e delli consigli sono le differenzie, però che ogni persona non a tutte le cose perfette per lo difetto dello studio e della sollicitudine e per la poca e debile virtù; e così è in questo stato della quiete, però che sono alcuni, i quali in questo porto della quiete e maggiormente pelago e profondo entrano per curare le 'nfermità della bocca loro e le male consuetudini del corpo loro.
Alcuni altri prendono questo stato per la incontinenza che ànno del furore, dal quale essi miserabili, stando tra la moltitudine, non si possono contenere; alcuni altri entrano in questo stato per lo piacimento e regolazione della propia volontà e per la confidenzia di sè, e maggiormente perchè vogliono navicare, essendo superbi per loro propio senno.
Alcuni altri prendono questo stato, però che in mezzo della materia stando, non si possono astenere dalle materie.
Alcuni altri prendono questa vita per diventare più solliciti a' fatti dell'anima loro, stando remoti e solitarii.
Alcuni altri prendono questo stato per fare segretamente penitenzia delli peccati loro; e sono alcuni, i quali prendono questo stato per acquistare più gloria e onore, e sono altri, dei quali forse che ne sono alcuni, li quali venendo lo Figliuolo di Dio truovi sopra la terra, che per desiderio di Dio e per dilettamente della carità e della santa dolcezza di Dio si sono congiunti ed apparecchiati a questa santa quiete, e questo non fecioro, se prima non dierono lo libello del repudio quasi ad ogni accidia, però che l'accidia è reputata fornicazione apo la perfetta quiete.
Secondo la imperfetta e picciola mia scienzia, come maestro poco savio abbo fabricata e posta questa scala di questi gradi a salire alla perfetta quiete; però ciascuno pensi e veggia in quale grado della quiete sta.
Li gradi detti distintamente e brevemente parlando son questi, repetendoli: per piacimento della propia volontà e reputazione della propia fiducia, per essere lodato dalle genti, per la 'nfermità della lingua, per la incontinenzia del furore, per la molta mala usanza d'avere l'affetto vizioso alle persone ed alle cose, per fare segreta penitenzia e punizione de' propii peccati, per esser più sollicito alle cose spirituali, per prendere più fervore della divina carità.
Li primi di questi gradi saranno gli ultimi, cioè più vili, e gli ultimi saranno primi, cioè più degni.
Li sette gradi sono l'operazioni di questo secolo, delli quali alcuni sono accetti appo Dio, ed alcuni no, ma l'ottavo manifestamente è significativo dell'altro secolo beato.
O monaco desolato e solitario, ponti a mente le ore delle bestie demoniali, le quali in diverse ore tentano di diversi vizii, altrimenti non potrai ponere contra esse li lacci, cioè le resistenzie convenevoli, se perfettamente è partita da te quella che à ricevuto lo libello del repudio, l'accidia soperchia e l'operazioni delle mani; ma se ella presuntuosamente e arditamente t'assalisce, non conosco che abbi quiete.
Qual fu la cagione che non furono tante luminarie, cioè tante anime alluminate, appo gli Tabescioniti, gli quali faceano pur monasteri e grandi congregazioni di monaci, quante furono appo quelli di Sciti, li quali non faceano grandi congregazioni, e non si costrignevano per obedienzia visibile?
Chi lo intende, intendalo, però ch'io non posso dire la ragione, e maggiormente non voglio.
Di quelli che dimorano in questo profondo stato della quiete, alcuni si studiano di menomare le vizia sue, considerandole con dolore o proponimento di lasciarle; altri si studiano di dire salmi, ed in questo modo ci perseverano; altri attendono alla contemplazione.
Questa proposizione sia cercata per modo di scala.
Chi à da Dio grazia di comprenderlo, comprendalo.
Sono alcune anime negligenti, che dimorano nelle monasteria, le quali trovando leggiermente in esse le materie della loro negligenzia, per essa vennero in perfetta e compiuta desperazione; e furono alcuni altri negligenti, i quali per l'esempio delle conversazioni de' solleciti, lasciarono la negligenzia loro; e questa cosa alcune fiate è avvenuta non solamente alli negligenti, ma è venuta alli solliciti.
Questa medesima regola potemo usare parlando della quiete, e diremo che la quiete ne ricevette molti buoni, li quali riprovoe; e questo avvenne per la complacenzia della propia volontà e per la reputazione della propia sufficienza, dimostrando ch'erano amatori della concupiscenza.
Alcuni altri ne ricevette, li quali fece diventare solliciti e ferventi per paura di non portare giudicio e sentenzia di negligenzia, stando in luogo e stato tanto atto a ben fare.
Neuno che stimolato sia da ira o da furore o da propia reputazione e da elazione e da ipocresia e da rancore, presuma di ragguardare a viaggio e segno di quiete, acciò che non ci acquisti solamente vessazione di demonia e pazzia; ma quegli ch'è mondato dalle predette vizia, esso da indi innanzi conoscerà quello che gli è mestiere, cioè di prendere stato di quiete o no; e questo non conoscerà, se non à perfetto e sollecito studio dell'osservanza, de' comandamenti di Dio e di vivere virtuosamente.
Li segni e le pruove di quelli, li quali ragionevolmente seguitano ed operano lo stato della quiete, sono questi, cioè avere lo 'ntelletto non elato in superbia, pensandosi molto intendere; avere la mente non dormitante nè arrogante, avere la intenzione santificata, avere lo ratto della mente a Dio, combattere di dare pena a sè per seguitare la vita di Cristo, nella qual cosa mostra che è morto a sè; avere l'orazione incessabile e la custodia di sè impredabile.
La mortificazione della fomicazione, la ignoranza d'avere affetto vizioso, la morte del mondo, cioè dell'avarizia, essere privato dell'avidità, della gola e dell'appetito di tutte cose golose, avere avuto il senso di parlare delle cose divine, e la fonte della discrezione, e lo sacrificio delle lagrime, ed il perdimento del molto parlare, essendo morta in esso ogni quistione ed ogni contenzione e lite ed ogni parlamento, per lo quale la comune gente ama di contendere insieme.
Ma i segni e le pruove di quelli, li quali questo stato della quiete non seguitano dirittamente, sono questi: imprima la penuria e la carenzia di queste ricchezze e grazie sopradette, anche l'accrescimento dell'ira, avere l'animo pieno di vendetta e di rancore, ed il menimamento della carità, e l'accrescimento della superbia, e quello che da questo seguita, taceroe.
E però che a queste cose che sono ora dette della quiete, pare che debbia seguitare alcuno trattato di quelli che stanno sotto l'obedienzia, massimamente però che a loro si scrive questo libro, specialmente dicemo ad essi così: che di quelli, che a questo bello stato e ornato della obedienzia si sono congiunti e ristretti legittimamente sanza adulterazione e contaminazione, li segni diterminati dalli santi padri sono questi infrascritti, li qua' segni da principio sono imperfetti, ma continuamente estendendosi crescono e ricevono prefetto, cioè il crescimento dell'umilità secondo i comandamenti, lo menomamento del furore, però che votato lo fiele, le tenebre vengon meno; ricevimento di carità, alienazione delle vizia, ricomperazione dell'odio, perdimento d'amore carnale per la reprensione, ignoranza d'accidia, accrescimento di sollicitudine, amore di compassione, dilungamento da superbia, la qual cosa è uno acquisto da molti desiderato, ma da pochi posseduto.
Quando l'acqua non è nella fonte, impropio è lo suo nome, e chi à intelletto, conosce che non propiamente è detto monaco chi non à le virtù del monaco.
La giovincella che non serva fede al suo marito, contamina il suo corpo, e lo monaco che non serva la sua professione, contamina il suo spirito; a quella seguitano lo vituperio, l'odio, i flagelli, il dipartimento del marito, che è miserabile sopra tutti, ma al monaco seguitano contaminazioni, scordamento della morte, insaziabilità del ventre, incontinenza d'occhi, operazioni di vanagloria, insaziabilità di sonno, durizia di cuore, insensibilità, bottega di cogitazioni inutili, diposito di ragionamenti tempestosi, accrescimento di diversi consentimenti, prigionia di cuore, operazione di conturbazione, contradizione, isfrenabilità, inobedienzia, infidelità, avere lo cuore privato di certificazione di fede, lo molto parlare, essere legato con affetto vizioso alle cose, la confidenza a sè medesimo, la propia reputazione più crudele di tutti, e quello che è miserabile sopra ogni cosa, di non avere lo cuore a compunzione ed a contrizione; per la quale cosa seguita la privazione del dolore a quelli, che non attendono a sè medesimi, però che la carenzia del dolore è madre di tutte le ruine e cadimenti delli spiriti.
Dell'otto malizie le cinque combattono contra li quiescenti: ira, tristizia, accidia, superbia, vanagloria, e le tre combattono contra li ubbidienti, cioè gola, avarizia e lussuria.
Lo quiescente che al tutto non à cacciato l'accidia, ma sta a combattere con essa, spesso riceve danno, però che 'l tempo della orazione e contemplazione consuma nelle battaglie contro ad essa.
Uno tempo stando io nella cella con tanta negligenzia, che quasi pensava di lasciarla, sopravennoro alcuni uomini, li quali mi cominciarono a laudare e beatificare come perfetto quiescente.
Incontanente la cogitazione della negligenzia si parti, essendo scacciata dalla vanagloria, e maraviglia'mi come questo tribolo della vanagloria è contrario a tutti gli altri spiriti.
Tu, quiescente, attendi a tutte l'ore di questa tua moglie accidia, li levamenti ed innanzi rizzamenti e l'inchinamenti e le spesse alterazioni, come ed in qual parte s'inchina e possiede lo suo assentimento, solo quegli che possiede tranquillità e lo Spirito Santo, non è ignorante di questa parola di Dio; quegli che non possiede libertà dalla sollicitudine, come è possibile d'avere cura della orazione ed accendimento di cuore?
L'operazione di quiete è privazione di sollicitudine innanzi posta a tutte le cose ed a tutti i fatti ragionevoli e non ragionevoli, però che chi ammette e riceve le cure ragionevoli, cadrà al postutto nelle cure non ragionevoli.
Anche operazione di quiete è operazione di cuore impredabile.
Impossibile cosa è che quegli che non imparoe lettera, naturalmente possa meditare nei libri, ma più impossibile cosa è che quelli che non posseggono la prima delle tre cose predette, cioè libertà dalle sollicitudini, possano operare l'altre due ragionevolmente.
Eseguendo uno l'orazione vigilante sanza intermissione o pigrizia, la qual cosa è lo mezzo di tre operazioni sopradette della quiete, fu posto nel mezzo, cioè nelli ordini angelici ed intellettuali, i quali sono lo mezzo di Dio e degli uomini, e fu alluminato sopranaturalmente; e ritrovandosi la mente in quelle soprasustanziali immissioni divine e nella contemplazione d'esso Iddio, non si potea levare ed estendersi a Cristo Iddio, principio di ogni creatura per la luce inaccessibile, e contemplare quello che desiderava; e domandoe del verbo divino innanzi la assunzione dell'umana natura, dal quale domandamento essendo schiuso, anche domandoe come stae ora, ed uditte dall'angelo principe di queste visioni: « Sta nelle cose propie e non in queste »; ed anche domandò e disse: « Quale è lo stato e la sedia della mano diritta? »
Ed udie la risposta: « Impossibile è queste cose insognare per orecchia ».
Anche essendo tratto dal desiderio, pregoe d'essere perdutto a quel tempo della perfezione, nel quale veggia lo verbo divino siccome è; e fue ad esso risposto, che questa cosa ricevere ed intendere non era d'uomo viatore, infino a tanto che 'l corpo mortale non era assorto dalla vita, e la imperfezione della nostra corruzione fosse fatta perfetta dal fuoco dello Spirito Santo, che consuma ogni miseria.
Dura cosa è nel tempo della state cacciare il sonno di mezzo dì, perù solo in quel tempo insieme coll'orazione non è da discacciare l'opera delle mani per vincere lo sonno.
Io so che 'l demonio dell'accidia apparecchia la via allo spirito della fornicazione, però che fortemente risolvendo lo corpo e sommergendolo nel sonno, quasi manifestamente opera nei quiescenti contaminazione di carne; e se resisterai ad essi fortemente, combatteranno contra te potentemente, acciò che ti facciano recessare dalla battaglia, quasi non potendo avere per essa vittoria.
Ma non è nulla cosa che tanto manifesti quando le demonia sono vinte da noi, come la crudele e dura battaglia loro contra di noi.
Studiati di guardare col silenzio quelle grazie, che ài acquistate nello stato della quiete solitaria, però che come gli uccegli rinchiusi nella gabbia si conservano, ed essendo aperta la gabbia si volano e perdono, così è delle virtù che esaltano la mente a Dio, aprendo la bocca vanamente ed indiscretamente si perdono e dispaiono.
Della tranquilla quiete non troverai niuno perfetto.
Uno picciolo pelo conturba l'occhio, ed una picciola sollicitudine esterminerà la quiete.
La quiete è lasciamento d'intendimenti mentali e sensuali, ed annegamento delle cure ben ragionevoli; e quegli che veramente prende la quiete, eziandio della carne sua non si curerà, però che quegli che promise d'avere cura di noi, non può mentire.
Quegli che vuole offerire a Cristo la mente monda, e dassi alle sollicitudini ed alle cure, è assimigliato all'uomo che si lega fortemente li piedi, e pruova se può correre velocemente.
Radi son quelli che la filosofia mondana sommamente abbiano imparata, ed io dico che sono più radi quegli, che la filosofia della quiete secondo Iddio perfettamente sappiano.
Quegli che non conosce Iddio, non sarà atto a quiete, e molti pericoli sosterrà, però che la quiete soffocoe quelli, che non erano esperti e gl'indotti.
Quelli che sono sanza il gusto della divina dolcezza, consumano lo tempo loro in prigione di cuore e furti e ansietadi e accidie e reclinazioni.
Quegli che toccò la bellezza dell'orazione, fuggirà la turba come l'onagro, cioè l'asino salvatico, però che non è nulla altra cosa, che tanto diparta lo quiescente da ogni compagnia e faccia libero, come questa.
Quegli ch'è circondato da' vizii e dimora in solitudine, attenda a quella esercitazione, la quale un santo padre insegnò ( questo santo fue santo Giorgio Arzellaita, lo quale tu, venerabile padre, conoscesti ); questi alcuna fiata ponendo cura ad alcuna anima rozza, per condurcela alla quiete, disse così: « Aggiorni posto a mente, che la mattina vanno comunemente a tentare le demonia della vanagloria e della concupiscenzia carnale, e infra 'l mezzo di vanno le demonia dell'accidia e dell'ira e della tristizia, ma appresso vespro vanno le demonia amatori delle stercora e li tiranni del misero ventre ».
Meglio è uno suddito povero, che uno quiescente occupato nella cura delle cose.
Quegli che ragionevolmente esercita lo stato nella quiete, e non ne vede ogni dì profetto, questi dalla elazione della mente pate furto.
La quiete è incessabile adorazione di Dio ed assistenzia dinanzi a Dio.
La memoria di Gesù sia unita al fiato ed alla respirazione tua, ed allora conoscerai l'utilità della quiete.
Lo cadimento dell'obediente è ripigliamento della propia volontà, e 'l cadimento del quiescente si è lo recessamento dalla orazione.
Se tu ti allegri dell'avvenimento de' frati alla cella tua, conosci che tu non attendi a Dio, ma attendi all'accidia colla mente tua.
L'esempio delia perseveranza dell'orazione sia a te quella femina offesa dal suo avversario della quale parla Cristo nel suo Vangelio; esempio della quiete sia a te quello grande quiescente eguale agli angeli, Arsenio.
Ricorditi della conversazione di questo angelo quiescente nella solitaria mansione, e pensa come alcune fiate alcuni che andavano ad esso, cacciava e non gli voleva parlare, acciò che non perdesse quello ch'era maggiore bene, però ch'egli conosceva come gli demoni delli girovagi inducono loro sanza cagione ragionevole, quasi fosse ragionevole spesse fiate a visitare gli operatori per dargli un poco d'impedimento: e tu come questo Arsenio ponti a mente questi negligenti, e non ti dispiaccia di contristrarli, però che forse per la tristizia cesseranno di gire a torno; ma guardati che per questa intenzione tu non turbi quella anima, la quale per sete viene a te per bere l'acqua della spirituale dottrina; onde in tutte le cose è mestiere avere la lucerna della discrezione.
La vita de' quiescenti e maggiormente dei monaci dee essere fatta secondo conscienzia e secondo sentimento.
Quegli che vive ragionevolmente, tutte le cose che a Dio appartengono, e i desiderii e i parlamenti, e le cogitazioni e gli andamenti e li movimenti opera in sentimento d'anima nel conspetto di Dio, ma se ci pate furto, non conversa ancora virtuosamente.
Disse uno, cioè il profeta: Apriraggio nel salterio la proposizione mia e 'l consiglio mio; e questo disse per lo difetto della discrezione; ma io per l'orazione manifesto a Dio la volontà mia, e per essa ricevo la certificazione.
La fede è l'alia dell'orazione, però che se questa alia non avrò, un'altra volta tornerà nel seno della mente mia.
La fede è uno stato d'anima non dubitante, da niuna contrarietà rotta nè conturbata.
Fedele non è quegli che crede che Dio può fare ogni cosa, ma quegli che crede di tutte le cose essere partefice, cioè che crede che Dio tutte le cose faccia per sua utilità e per suo bene.
La fede è operatrice di quelli beni che l'anima non spera, e questo si mostra nel ladrone della croce.
Madre della fede è la grazia, la fatigazione e 'l cuore diritto, e la fatigazione fa l'anima costante, e la dirittura nello cuore cresce la constanzia; la fede è madre de' quiescenti, però che quegli che non crede, come poserà?
Quegli che giace legato nella prigione, ae paura del punitore; ma il timore del Signore lo quiescente entro la cella lo partorìe.
Non teme tanto lo primo gli tormenti de' giudici temporali, quanto teme lo secondo de' giudicii del giudice eternale.
O mirabile quiescente, molto timore a te è mestiere, però che nulla cosa potè tanto perseguitare, quanto l'accidia.
Quello prigione che è sentenziato, sempre riguarda quando lo giudice venga alla carcere; ma quello quiescente die è verace operatore, sempre desidera che vegna quegli che lo tragga di prigione.
Col primo è legato il pondo della tristizia, col secondo la fonte della lagrime.
Se tu, quiescente, terrai sempre la verga della pazienzia, li cani dell'accidia e della tristizia non verranno a stare con teco.
La pazienzia è uno dolore ed una fatica dell'anima, la quale non si può percuotere nè vincere nè muovere eziandio dalli ragionevoli tumulti; la pazienzia si è uno comandamento di ricevere tribulazione continuamente espettato e ricevuto; lo paziente è uno operatore sanza tribulazione e sanza cadimento, il quale per gli cadimenti e per le turbazioni acquista vittoria; la pazienzia è mozzamento delle cagioni de' cadimenti e delle tribulazioni, e propia accessione, cioè volontariamente appressarsi.
Non à bisogno tanto del cibo suo corporale il quiescente, quanto abisogna della pazienzia, però che per lo difetto del cibo corporale acquisterà corona, ma per difetto di pazienzia riporterà pericolo.
Lo paziente anzi lo sepolcro è morto, facendosi della cella sepoltura; la pazienzia partorie speranza e pianto, però che quegli ch'è sanza questi due, sì è servo dell'accidia.
Quegli che è combattitore per Gesù Cristo, conviene che conosca qua' nimici perseguiti da lunga, e qua' si lasci appressare a battagliare con seco, però che la battaglia acquista corona, ed alcuna fiata lo schifare della giostra fece diventare vile.
Queste cose non si possono insegnare per parole, però che tutti non sono qualificati e disposti igualmente.
Uno delli spiriti ti poni a mente con maggiore vigilia, però ch'esso è quegli che continuamente t'impugna sì nello stare e nel transmutare e nel sedere e ne' movimenti e 'ndinazioni e nell'orazione e nel sonno; questo è l'accidia.
Di quelli che si esercitano nella via della quiete, alcuni sempre in sè medesimi contengono l'operazione di quella parola del salmo che dice: Io sempre provvedea lo Signore nel cospetto della mente mia, però che li pani dell'alimento celestiale non sono tutti uniformi in operazioni: alcuni di essi contengono in sé l'operazione delle parole di Cristo che disse: Nella pazienzia vostra possederete l'anima vostra; alcuni altri pensano nella parola di Cristo: Vegghiate ed orate; alcuni altri in quella che disse: Apparecchiati di rendere ragione dell'opere tue nel fine; alcuni di quella parola del salmo: Umilia'mi ed Iddio mi salvoe; alcuni la parola dell'apostolo che dice: Non sono condegne le passioni di questo tempo alla futura gloria; alcuni sempre intendono alla parola del salmo che dice: Acciò che 'l demonio non rapisca l'anima, e non sia chi gliela tragga di mano; tutti costoro corrono per lo buono viaggio, ma uno prende lo palio sanza fatica.
Non solamente vegghiando, ma eziandio dormendo opera quello che è proficiente, onde alcuni ne' sogni le demonia che sono andati a loro, gli ànno cacciati con vergogna, e le femmine disoneste amoniscono di castità.
Per quelli che vegnono a te alla cella, non aspettare e non t'apparecchiare, però che tutto vuole essere semplice e sanza piega e sanza legame lo stato della quiete.
Neuno volendo edificare torre ovvero cella di quiete, si studii di cominciare, se prima non siede per l'orazione, e pensi e cerchi, se ae le propietà e le condizioni necessarie a quello stato seguitare perfettamente; e se altrimenti cominciasse, farebbe fare derisione di sè a' nemici suoi demonia, e darebbe impedimento agli altri operatori, che volessero prendere quello stato, vedendo ch'esso ci peggioroe, onde arebbono in sospetto lo stato della quiete.
Intendi e vedi, o quiescente, che la soavità, la quale viene peregrinando in te, cioè sanza cagione e principii ragionevoli, non sia confetta dagli amari medici, anco dagl'insidiatori dolosamente, e di notte dà più tempo a l'orazione e meno tempo alla salmodia, e di di ancora a questo medesimo ti apparecchia secondo la virtù tua, però che è più atta la notte all'orazione mentale che 'l tempo del die.
La lezione delle sante Scritture à natura e virtude non poca d'alluminare e ragunare la mente, però che sono parole di Spirito Santo, e regolano quelli che le vogliono seguitare, e però a te, che se' operatore, quelle parole che leggi, siano inducimento ad adoperare, però che l'operazione di esse a te basta, e fa a te essere superchia la lezione dell'altre scritture.
Basta a l'anima tanto leggere, quanto può operare; ma con fatiche e con dolori, non con libri, cerca d'essere alluminato dalle parole della sanità.
Le parole che possono avvelenare la mente, non le udire nè leggere, innanzi che abbi la virtù spirituale, cioè la mente solidata nella verità della fede, però che essendo parole di tenebre, oscurano la mente inferma.
Una guastada di vino assaggiata fa conoscere tutto 'l vino della botte, ed una parola del quiescente dà ad intendere tutto lo stato suo e l'operazione interiore a quelli che ànno lo gusto esercitato.
Tu, quiescente, studiati d'avere sempre aperto l'occhio dell'anima contra la elazione della mente, però che infra li furti non è nullo che più stermini lo stato tuo che essa.
Perdona alla linguae, però che essa lingua parlando, leggiermente e tosto sparge quello, che ae acquistato con molte fatiche.
Lo stato tuo esercita sanza curiosità, però che la curiosità contamina lo stato tuo quanto nulla altra cosa.
A quelli che vengono a te, pone innanzi le cose necessarie al corpo ed allo spirito colla piacevole carità, e se essi sono più savii di noi, dimostriamo lo' per lo silenzio l'amore della sapienzia, però che lo savio ode più volentieri che non parla; ma s'elli sono nostri pari d'uno stato, temperatamente apriamo ad essi la porta del nostro parlamento, parlando per loro consolazione poche parole e buone; ma ancora è più utile cosa e buona estimare che ogni persona sia più innanzi che noi.
Voleva io vietare le speziali fatiche e penitenzie nelle congregazioni a quelli ch'erano parvoli, ma tennemi da questo l'esempio di quegli che l'arena portoe nel mantello, e tutta notte in questo vegghioe.
Come nella santa Scrittura, quelle cose che parlano dell'adoranda ed increata Trinità, ànno opposizione a quelle che parlano della dispensazione della Incarnazione di quello, ch'è uno della sopra laudabile Trinità, però che quelle cose che in quello sono plurali, in questo sono singulari, e quelle che in questo sono singulari, in quello sono plurali, così altri studii sono convenevoli allo stato della quiete, altri allo stato della obedienzia.
Lo divino Apostolo dice: Chi conobbe il senso di Dio?
Ed io dico: Chi conosce la mente dell'uomo quiescente in corpo ed in spirito?
Allo re celestiale fortezza, ricchezza, imperio, ed al quiescente moltitudine d'orazione.
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