La santità è un'utopia? |
Questa vita che io vivo nella carne io la vivo
nella fede del Figlio di Dio.
( Gal
2,20 )
Tra le tante attività di Fratel Teodoreto la corrispondenza non ha un posto di privilegio.
Il Servo di Dio è restio alla scrittura.
Fare l'Evangelista non è proprio il suo mestiere.
Egli preferisce agire di persona come Gesù e non vuole avere la taccia d'essere un narratore.
Lo sforzo più proficuo è la biografia di Fra Leopoldo M. Musso che dev'essergli costata un prezzo assai alto di sacrifici sia per la ricerca di documenti che per la stesura cosi vigilata di ogni frase ad evitare di parlare di se stesso.
Quel poco che si è salvato riflette uno stupefacente insegnamento di virtù, un insegnamento miracoloso di scoperte, di illuminazioni, di grazie inestimabili.
Peso determinante sono le lettere di una carmelitana di clausura, Suor Maria Eletta del Crocifisso in rapporto con il Servo di Dio per 34 anni e del suo direttore Spirituale, padre Arturo Piombino eminente barnabita del Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, cantore della spiritualità.
Suor Eletta definisce Fratel Teodoreto Irradiazione di purezza e di santità; a sua volta Padre Piombino in una conversazione con un Fratello delle Scuole Cristiane dice «Tenetelo caro, avete una reliquia».
In un brano della corrispondenza di Suor Eletta, allora maestra delle novizie, si legge ( 13.11.51. ) : «Rev.do e carissimo fratello in Cristo, mi ha fatto immenso piacere sapere che il Signore La tiene ancora fra noi, sia pure in stato non troppo buono di salute.
Penso a quante belle cose farà il Signore nell'anima sua.
Santa Geltrude diceva che la parte del nostro essere che soffre è come una fessura o una finestra aperta per noi sulle cose del Cielo.
Carissimo Fratello, gliela auguro con ogni abbondanza quella luce che da sulle cose di Dio e ce le rende più vicine, tanto quasi da toccarle e da arrivare a viverne quasi ad esclusione di tutto il resto.
Con la mia povera preghiera Le sono sempre vicina.
Ho grandi desideri per l'anima Sua, caro Fratello, e godrò un giorno lassù, se li vedrò realizzati.
E questi desideri si estendono pure a tutte le anime che il Signore ha legate alla Sua, e a tutte le opere per dar vita alle quali si è voluto servire di Lei.
Caro Fratello, chiedo sempre al Signore che voglia lasciarla ancora a lungo con noi; ma poi vorrei ancora che, quando verrà a prenderLa per darLe finalmente il Suo bei Paradiso, tanto amore si fosse, accumulato nell'anima Sua da poterne lasciare per testamento ( oltre a quello che si porterà lassù perché, come dice San Paolo, solo la carità entra con noi in Cielo ) a tutte le anime cui Ella vuoi bene per arricchirle tutte e renderle capaci di far tanto bene nella Chiesa di Dio.
E fra queste ben vorrei esserci anch'io, pur se tanto poveretta in tutti i sensi.»
In un'altra lettera si esprime cosi: «Caro Fratello, mi sembra di poterLe dire con verità che l'amicizia con la quale Dio stesso ha stretto le nostre anime è stata per la mia uno dei tanti suoi aiuti più forti e una delle sue più vere consolazioni.
La Sua vita è stata spesa tutta per le anime: ne lodi il Signore e Lo ringrazi ancor più perché ora, per quello stato di sofferenza in cui l'ha posta.
Le da modo di aiutare tutte le anime per cui ha lavorato in maniera più nascosta, ma non meno efficace.
Lei vedrà poi dal Paradiso quel che saranno stati per la fecondità del Suo apostolato questi Suoi anni di malattia».
Infine quest'altro scorcio di lettera, quasi un presagio della fine di Fratel Teodoreto per cui la carmelitana si sente in obbligo di ringraziarlo anche a nome delle novizie. È del 7 marzo 1954.
«Rev.do e carissimo Fratello in Gesù Cristo, la ringrazio tanto tanto della carissima Sua lettera.
Ho pena al saperla ammalata e spesso lungo il giorno vengo a trovarLa nella Sua infermeria e sa il Signore con quanto affetto Le presterei i miei poveri servizi.
Prego la Madonna a farlo in vece mia, e se ogni volta che penso a Lei e prego per Lei, Essa mi ascolta e viene a farLe una visitina, veramente Lei deve restare poco tempo solo e senza la Sua materna presenza.
La ringrazio delle preghiere per la Comunità e per le novizie.
Tutte Gliene sono riconoscenti e Gliele ricambiano.
Le vogliono bene e s'interessano della Sua salute, e dopo tanti anni di sincera e fedele amicizia non può essere altrimenti.
Per me ritengo che questa amicizia sia stata fonte di molte grazie e spero abbia da continuare ad esserlo fino a che piacerà al Signore di venire a prendermi e portarmi con Sé in Paradiso, dove ormai mi attendono gli esseri più cari che ho amato su questa terra.
Se Lei dovesse precedermi nella Patria, non mi dimentichi, caro Fratello.
Nella luce di Dio vedrà meglio di quanto possa dirgliene io i miei bisogni e certamente Lui stesso La muoverà ad aiutarmi e magari a venire a prendermi quanto prima.
Caro Fratello, quante grazie Le ha fatto il Signore, e come in questi momenti l'eredità che Lei lascia dietro di sé deve esserLe d'immensa gioia.
Quante anime per opera Sua hanno conosciuto il Signore, lo hanno amato e si sono date a servirlo per condurre a lui altre e altre anime».
Esiste un filo conduttore ininterrotto tra due anime ansiose di lasciare le bassure del pianeta per innalzarsi fino al marciapiede di Dio, una comunicazione profonda di sentimenti in concordanza con lo Spirito Santo da cui sono irradiati, mentre passano dinanzi a noi, sia pur velate, le terribili parole che chiudono di colpo tutti i discorsi, tutti gli egoismi, tutte le ingiustizie, tutte le carognate
Homo? Humus; Fama? Fumus; Finis? Cinis.
Questo è il compendio della vita terrena.
Lo dico a coloro che seguendo le teorie di Darwin ci hanno dichiarati cugini di un gorilla, negandoci di conseguenza l'origine divina.
L'uomo può essere angelo, può essere demonio: due forze scatenanti che trasformano l'essere umano ai vertici dello splendore e negli abissi della vergogna.
Ma quando si chiama angelo Ti costruisce il Partenone, la cattedrale di Chartres, la Basilica di San Pietro, la Cappella Sistina, ti compone la Quinta sinfonia, l'Odissea, la Divina Commedia, l'Amleto, il Faust, si sacrifica come Padre Massimiliano Kolbe in un campo di concentramento per salvare la vita di un connazionale che ha famiglia e viene ucciso con una fiala di cianuro dall'uomo bestia, dall'uomo demonio, dall'uomo atroce che grondando sangue dal protoplasma di una ideologia violenta impone il suo Credo al Credo di Dio.
Fratel Teodoreto che ha raggiunto lo stadio del misticismo e del profetico penetra sempre di più nel vivo del Cristianesimo alla ricerca della perfezione.
Padre Piombino ricorda: «Mi recavo spesso da Fratel Teodoreto a Torino non per dare, ma per ricevere.
Ho avuto da Dio la missione di seguirlo nella via dell'Amore, di aiutarlo ad amare tanto il Signore e la Madonna, di impedirgli di abbandonare le opere da lui fondate; anzi l'ho sempre esortato a rimanerne a capo, pur continuando a riposare tra i Cuori amabilissimi di Gesù e di Maria, come Lui desiderava, essendo io ben certo che l'opera sua sarebbe stata fecondata dalla Sua eccezionale vita interiore.
"Sono felice", mi disse un giorno con le lacrime agli occhi, non solo perché amo tanto Gesù e la Madonna ( e lo fece sempre in modo straordinario ) ma soprattutto perché sono sicuro che questa è veramente l'unica via che io devo seguire».
Altra volta Padre Piombino scrive a Fratel Teodoreto: «Gesù è da anni nell'anima sua in modo speciale e ci sta bene.
Non occorre che Lei si sforzi di pensare sempre a Lui, resti solo con Lui così come facevano gli Apostoli, che non cessavano d'essere con Lui anche quando erano distratti o parlavano di altre cose».
Fratel Teodoreto risponde ogni istante al Signore come se ogni istante ricevesse la chiamata o fosse folgorato come Paolo sulla via di Damasco.
Egli ha presente la parabola del convitato ( Lc 14,13-24 ).
Un uomo fece una gran cena e invitò molti ... La cena rappresenta il regno del Messia.
I primi chiamati erano i farisei che invece di rispondere benevolmente perseguitarono Gesù, i secondi sono i pubblicani, le peccatrici e le turbe semplici, i terzi i Gentili.
I secondi e i terzi risponderanno all'invito, mentre i primi saranno abbandonati.
Fratel Teodoreto ha qualcosa in comune con San Giuda Taddeo, cugino di Gesù, dall'animo generoso e sensibile.
Nei due casi, ad esempio, c'è una opposizione dei padri, poi la scelta con eroica fermezza, il sorriso dolce, lo sguardo penetrante e la potenza dell'evangelizzazione.
San Giuda Taddeo è riconosciuto come l'Apostolo della Misericordiosa bontà e il Santo protettore delle cause difficili e disperate.
Fratel Teodoreto è bontà e comprensione e in quanto a protettore delle cause difficili e disperate ha fornito esauriente prova dei suoi mezzi provvidenziali nel cammino per la costruzione della «Casa di Carità».
Caratteristica una sua frase che lo colloca accanto a Don Luigi Orione, altro formidabile santo piemontese.
«Chi si preferisce anche a uno solo dei suoi Confratelli, da segno evidente che è peggiore di tutti».
Si rammarica con Padre Piombino perché non riesce a far di più a favore dell'Unione: «Vedo che Gesù e la SS. Vergine mi dimostrano ogni giorno più chiaramente che mi vogliono bene e questo mi consola; ma non trovando in me ne penitenza ne attività di apostolato e vedendo che il tempo si abbrevia sempre più resto sull'interrogativo: in tempo di tanto male, basta una vita cosi?
L'Unione dei Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata è stata eretta a Istituto secolare, secondo la Costituzione Provida Mater Ecclesia, ma è ferma da parecchi anni su 17 membri ed ha un solo postulante; la causa non sarà la mancanza in me dello spirito di sacrificio? dell'umiltà? della penitenza?».
E il padre spirituale che legge al di là delle parole risponde:
«Gesù non vuole oggi di più da Lei. Lei fa già molto oggi a starsene con Gesù!
Qui manet in me, hic facit fructum multum! Chi resta in me, fa gran frutto! Ecco il Suo apostolato».
In questa maniera, limpidamente chiarificatrice, tronca ogni dubbio dalla mente del Servo di Dio.
Già malato lo vedo nei corridoi sgranare rosari ed i ragazzi che lo incontrano capiscono che dove egli passa santifica anche quello che è più bassamente o banalmente umano.
È una specie di ostensorio su cui si indirizzano gli sguardi ed i pensieri degli allievi, espressione granitica di una fede che non ha bisogno come San Tommaso di toccare le ferite di Gesù per credere.
Il suo «Credo» è continuo, in evidente espansione col trascorrere degli anni, valvola di sicurezza del corpo macerato, la sofferenza è il suo regno, il passare ignorato la sua preoccupazione, il nascondimento il suo eremitaggio, il nulla di sé e il tutto in Dio l'estasi finale sul traguardo celeste.
Fratel Teodoreto vive col presentimento della morte, che non è distacco ma congiunzione di desideri nella realizzazione dell'eternità.
A questo punto per non fare della teologia e della metafisica su Fratel Teodoreto ( che mi rimprovererebbe ) passo al capitolo seguente.
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