Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio ) |
Appariva evidente dalle visite frequentissime che faceva al Tabernacolo: sempre, uscendo di casa o tornandovi; dopo pranzo prima di recarsi a riposo; e ancora, interrompendo a quando a quando il suo lavoro.
Un anonimo dice: « Non dimenticherò mai la sua visita al SS.mo Sacramento: immobile, gli occhi chiusi o rivolti al Tabernacolo rivelavano la sua intima unione con l'Ospite divino ».
Visite lunghe, quando poteva.
Ecco una duplice testimonianza del Fr. Anastasio:
"Quando, fuori di casa, si passava presso una Chiesa, entravamo; e siccome sapevo che Fratel Teodoreto sarebbe rimasto chissà quanto tempo dinanzi al suo Divino Amore, uscivo il primo ed Egli mi seguiva con un sorriso di cielo".
"Prima di recarsi a riposo, passava nella semibuia Cappella della Comunità, a rendere conto al Prigioniero d'amore della sua lunga giornata: delle gioie, delle tristezze e delle piccole cadute, con la semplicità del bimbo al più affezionato dei Padri.
Alcune volte la visita era prolungata assai.
Il Fratel Teodoreto nelle sue conferenze ai giovani catechisti ripeteva di tempo in tempo questa frase: "Gesù in questo mondo ha bisogno di anime che l'amino molto".
C'è chi, parlando del giorno di Ritiro Mensile che egli si recava a passare al Noviziato, quando gli era possibile, attesta:
"Si tratteneva con noi l'intera giornata nel più edificante silenzio, trascorrendo quasi tutto il tempo in Cappella, davanti al Santissimo.
Mi impressionava la sua compostezza e il suo sguardo quasi immobile rivolto al Tabernacolo" ( Anonimo ).
Il Fr. Ezio Stanislao racconta:
"Negli ultimi anni, al S. Giuseppe, Fratel Teodoreto passava tanto tempo in Chiesa e, durante la Messa degli alunni interni, immancabilmente si trovava nella tribunetta laterale della Cappella, proprio dove io avevo posto un gruppo di miei ragazzi di 5 Ginnasio, non tutti molto buoni purtroppo.
Un giorno uno di questi, che mi dava tanto pensiero per la scarsa religiosità e che così poco mostrava di apprezzare noi e il nostro Collegio, uscendo da Messa e indicandomi il Fratel Teodoreto, con la solita confidenza, fatta in quel momento molto sfacciata, mi disse: "Quello sì che è un Fratello, e tutti voi dovreste imparare da lui qui dentro!".
Non lo aveva conosciuto che vedendolo pregare...".
Questa seconda Messa, che Egli ascoltava dalla tribunetta, non era l'ultima della sua mattinata.
Negli anni in cui, causa la salute, aveva maggiore tempo disponibile, oltre ad ascoltare tutte le Messe che si celebravano nella Cappella del Collegio per Fratelli ed allievi - almeno tre ogni giorno - si era fatto autorizzare a recarsi nelle vicine Chiese di S. Massimo e della Madonna degli Angeli, per prendere parte ad altre celebrazioni del S. Sacrificio!
Messa e Comunione si tengono per mano, e Fratel Teodoreto non mancava mai al suo quotidiano banchetto eucaristico!
Malato, reclamava, appena appena gli fosse possibile, la visita del suo Signore.
"Io, che gli dormivo accanto, ero svegliato da una voce commovente di preghiera: "Gesù, vieni! Vieni, Gesù".
Un mattino mi disse: "Il momento più bello è quello in cui Gesù viene nel mio cuore".
E voleva che lo preparassi: gli rassettassi il letto, gli dessi l'occorrente per lavargli la bocca tormentata della sete...
Quando Gesù era in Lui, sembrava un altro Gesù: il volto pareva illuminato, le labbra avevano dei sorrisi di cielo". ( Fr. Anastasio ).
Una bella occasione in cui ebbe modo singolare di palesarsi il suo amore al SS.mo Sacramento, fu quella del Congresso Eucaristico Nazionale di Torino, nel settembre 1953.
Cedo la penna al Fr. Cecilio, che gli fu allora compagno nelle varie peregrinazioni.
"Quanta commozione provò quasi di continuo!
Ogni "relazione" sottolineava i suoi sentimenti più affettuosi per Gesù, li alimentava maggiormente, ed Egli si scioglieva in lacrime che non riusciva a trattenere.
Così, assistendo alla Funzione dei malati in Piazza Vittorio; così al teatro Alfieri mentre parlavano Mons. Ceriani e il Prof. Golzio, il conte Lovera e il Cardinale Roncalli; così in Duomo, all'arrivo del Cardinal Legato; così al saluto di quest'ultimo ai Torinesi da Palazzo Madama; così sulla Tribuna di Piazza Vittorio, durante la interminabile sfilata degli operai e poi mentre si svolgeva la oceanica adunata della Funzione finale.
Una commozione maggiore provò quando, nella cerimonia per gli operai, vide la lunga fila degli offerenti doni simbolici al Cardinal Legato, aperta proprio dagli allievi-operai della Casa di Carità, accompagnati da' suoi Catechisti.
Quasi una predilezione di Gesù, che li volle al primo posto!
Tornando da quelle imponenti adunate e dimostrazioni di fede e d'amore, Fratel Teodoreto non aveva che poche parole, e sempre le stesse: "Come è bello! Tutto per Gesù che lo merita!"
E poi godeva di recitare per via, con esemplare raccoglimento o la Corona, o le preghiere della sera, o la divozione a Gesù Crocifisso, che la lunghezza delle solenni Funzioni non ci permetteva di recitare con i Fratelli in Comunità.
In queste giornate ebbi modo di notare che Fratel Teodoreto negli anni della sua buona età e salute, ebbe delle mete di pellegrinaggio in città che gli erano state particolarmente care: così il Crocifisso di S. Dalmazzo, così il Crocifisso della Chiesa dello Spirito Santo, così la Consolata e l'Ausiliatrice...
Ovunque arrivava, subito si raccoglieva profondamente e godeva palesemente di trattenersi in celesti colloqui".
anche la sua devozione alla Madonna era straordinaria.
L'Unione volle intitolata, oltre che a Gesù Crocifisso, a Maria SS.ma Immacolata.
La recita costante del Rosario era la pratica più palese di questo suo grande amore.
Ogni volta che qualcuno dei suoi più intimi si recava da Lui per consigli su l'Unione, cominciava dall'invocare la Madonna con un'Ave Maria.
Né trascurava la devozione a S. Giuseppe, tanto raccomandata dal Santo Fondatore.
Quante volte ebbe a ripetere all'uno o all'altro: « Preghiamo S. Giuseppe, che ci aiuti a fare una buona morte! ».
Ai giovani dell'Unione parlava spesso del Santo Patrono degli operai e li animava a confidare in lui nelle necessità economiche e familiari. ( Fr. Anastasio ).
Quando Fratel Teodoreto era ancora il Giovannino di Vinchio, la mamma, prima che andasse per i campi, desiderava che si raccomandasse all'Angelo Custode.
Egli lo faceva allora tanto volentieri, e continuò ad invocare con fervore l'Angelo suo e quello degli alunni e Fratelli dai quali era incaricato, particolarmente lieto che questa devozione della sua famiglia naturale fosse anche una delle devozioni più inculcate nella grande Famiglia religiosa, che lo aveva accolto adolescente!
Ebbe anche particolare devozione per le Anime Purganti, a favore delle quali emise l'« atto eroico di carità ».
Anzi, a proposito, cito una testimonianza che ha dello straordinario, senza avventurare alcun giudizio sopra di essa:
"A Santa Pelagia ci fu, anteriormente ai Fratelli, un Convento di Suore con sepolcreto in Convento.
La cantina e i corridoi sotterranei passavano presso gli ossari, forse non del tutto esumati.
Facendo il suo turno serale prima di andar a riposo ( era Direttore ), gli capitò per due o tre sere di sentire accanto a sé un frusciare di vesti mentre cominciava a risalire la scala provenendo dal corridoi sotterraneo.
Accese la luce, guardò... nulla!
Disse poi Lui stesso che pensò fosse stato permesso da Dio il fatto, perché intercedesse per qualche anima di Suora forse bisognosa di suffragi.
Fece dire alcune Messe a tale scopo.
Poi tornò espressamente in quel luogo... e non gli capitò più di udire il fruscio di prima". ( Fr. Cecilio ).
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