Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio ) |
E vediamo anzitutto come si faceva questa Adunanza settimanale.
Cogliamola sul vivo nel racconto di Chi presentemente regge l'Istituto dei Catechisti in qualità di Presidente Generale, ed era allora - 1917 - un ragazzo quindicenne, sperduto in Torino per i suoi studi, lontano dal Papà che stava al fronte e dalla Mamma rifugiatasi con i fratelli più piccoli al paese natio in attesa che la guerra finisse.
Situazione pericolosa quanto mai per la sua anima, se casualmente non fosse venuto a conoscere l'Unione e invitato a frequentare le adunanze.
Ed ecco, ora dice lui:
"L'impressione che ne ricevetti è incancellabile.
Avvertii immediatamente un'atmosfera diversa da quella degli ambienti in cui ero vissuto fino allora; sentii un benessere vivo, una pace profonda, come chi ha raggiunto la sua casa dopo un lungo peregrinare.
C'era un clima di purezza, un calore di amicizia e di rispetto, un senso di serietà e di sicurezza che io non riuscivo certo a definire, ma che mi entrava da tutti i pori e in cui mi immergevo e mi riposavo.
"Donde veniva tutto ciò? Sarebbe difficile spiegarlo, perché tutto era così semplice.
Alle 20,30 incominciavano ad arrivare i Soci e fino alle 21 si chiacchierava fra di noi.
Non c'era neppure l'ombra dei giuochi; ma quei giovani erano così gentili, così schietti, così saggi, che quella mezz'ora di conversazione aveva più attrattive di qualsiasi divertimento.
Un po' prima delle 21 arrivava Fratel Teodoreto e tutti si affrettavano da Lui.
Egli salutava uno per uno con un'affabilità lieta e rispettosa e una cordialità soave che conquideva tutti, si informava da ciascuno delle cose sue, diceva qualche breve parola e poi incominciava l'adunanza, sempre sullo stesso schema: divozione a Gesù Crocifisso, conferenza, avvisi e comunicazioni varie, preghiere della sera.
La preghiera veniva diretta da Lui stesso. Come si pregava bene!
Come si sentiva che tutte quelle anime giovanili si elevavano veramente verso Dio!
Io mi sentivo come trasportato da quell'onda che saliva, e quasi non avvertivo più distrazioni.
Del resto bastava guardare Fratel Teodoreto, che assumeva un aspetto profondamente raccolto e quasi trasfigurato: inginocchiato su di una sedia, il corpo eretto, gli occhi bassi, pareva impersonare l'Orazione.
Era evidente che Egli stava tutto immerso in un intimo colloquio con il mondo invisibile, e che l'anima sua si irradiava in tutte quelle giovinezze che lo circondavano.
"La conferenza era intonata a questo clima.
Il Fratel Teodoreto faceva leggere da qualche giovane l'Epistola e il Vangelo della domenica seguente e spesso, con mia soddisfazione, l'onore della lettura toccava a me.
Poi incominciava il commento preferibilmente sull'Epistola, perché il Vangelo sarebbe stato poi già spiegato in chiesa dal Sacerdote.
Adesso mi sembra di capire che il carattere morale dell'Epistola rispondesse meglio alla situazione spirituale del Fratel Teodoreto, in quegli anni tutto teso verso la perfezione, e rispondesse anche particolarmente alle mie personali esigenze.
"Il Fratel Teodoreto parlava con estrema semplicità, ma raggiungeva il cuore, diritto diritto.
Tutto quello che diceva era così vero, così bello, così importante che io non perdevo una sillaba.
Sembrava che parlasse proprio con me. E come conosceva bene l'anima umana!
Le sue parole mi destavano risonanze profonde, mi illuminavano, mi ammonivano e mi seguivano durante tutta la settimana.
Ma io non riuscivo a realizzare tutto; molte luci che Egli andava accendendo si spegnevano presto, cosicché desideravo di sentirlo di nuovo.
E mai che Egli mi abbia deluso, o annoiato, o parlato invano: il suo discorso così semplice e spoglio aveva un tale carattere di verità e una vibrazione così alta di saggezza che costituiva per me veramente il verbo di vita.
Nessuno mi aveva mai parlato con tanta efficacia.
"Mezz'oretta di conferenza passava in un baleno.
I giovani non erano stanchi di sentirlo parlare, ma Egli possedeva in sommo grado il senso della discrezione, e in tutti i suoi interventi era tale da lasciare il desiderio del suo ritorno.
"Passava agli avvisi, e qui concedeva libertà di parola.
Si stabiliva così una conversazione ordinata e disciplinatissima, priva di qualsiasi intemperanza e mancanza di carità, dove sfilava un po' tutta la vita della giovane Unione, in vera perfetta unione di cuori attorno al Fratel Teodoreto: esperienze di Catechisti nel loro apostolato alle prime armi, richieste di parroci, diffusione della Divozione a Gesù Crocifisso, intenzioni particolari nelle preghiere, ammalati da visitare, diplomi di catechismo, scuola serale, missioni, ecc.
"I giovani presenti non erano dei ragazzi, ma piuttosto degli adolescenti o dei giovanotti: con i miei 15 anni scarsi figuravo tra i più teneri.
Per lo più si era studenti, e quando avveniva il felice compimento degli studi di qualcuno, il Fratel Teodoreto non mancava di sottolineare il fatto all'adunanza del sabato.
In queste circostanze le sue parole, seguite dal generale battimani, erano una cosa dolcissima, come il bacio della mamma ricevuto poco prima.
"Ai Neo-Catechisti, poi, si rendeva particolare onore.
Il Fratel Teodoreto allora voleva anche il discorso di qualche giovane, e ricordo che alcune volte ne diede a me l'incarico.
Non avevo mai parlato in pubblico né avevo l'idea delle difficoltà che occorre superare, specialmente se si ha un carattere impressionabile: il fiascone che feci la prima volta, me lo rivelò ottimamente.
La distribuzione dei diplomi ai Neo-Catechisti, Egli preferiva farla fuori dell'adunanza settimanale, durante una piccola accademia con canti, musiche, discorsi, ecc., e con l'intervento di molti Fratelli della Comunità.
Fu proprio così che io ricevetti il Diploma insieme a una decina di altri giovani, ed ebbi l'onore della precedenza, a motivo di quel "30 con lode" che la Commissione esaminatrice mi aveva generosamente regalato.
"Le adunanze del sabato terminavano con la preghiera della sera, verso le ore 22, in modo che tutti potessero rientrare a casa per tempo.
Ordine, regolarità e discrezione brillavano in tutte le manifestazioni della giovane Unione, riflettendo il clima della scuola Lasalliana e il carattere del Fratel Teodoreto.
Questi, appena finite le preghiere, andava a fermarsi vicino all'uscita e salutava tutti i giovani, uno per uno: stringeva la mano, faceva un leggero inchino col capo, dal quale aveva tolto lo zucchetto, e salutava con un'affabilità modesta e premurosa che lasciava nell'anima un senso di dolcezza e di dignità.
"Non avveniva mai che si lasciasse l'Unione senza aver salutato il Fratel Teodoreto, non solo perché Egli per primo avvicinava tutti, ma anche perché nessuno avrebbe rinunciato a quella stretta di mano e a quel sorriso, soffusi di delicatissimo riserbo e di soavità.
"Alla vigilia delle giornate di Ritiro, si era invitati a rientrare a casa in silenzio, recitando il Rosario.
Confesso che mi costava non poco sacrificio rinunciare all'animata conversazione che si faceva normalmente per istrada, tornando dall'adunanza; ma a nessuno sarebbe passato per la mente di trascurare una direttiva del Fratel Teodoreto.
Se qualche recluta poco docile non stava alla disciplina, rimaneva isolata, con la sola alternativa di uniformarsi oppure allontanarsi.
Ci disponevamo per gruppi a seconda delle abitazioni, e ciascun drappello si incamminava salmodiando sotto voce, finché i portoni delle nostre case uno per uno ci ingoiavano tutti"1
È evidente che le riunioni degli « Aspiranti », e cioè dei più piccoli, si facevano in ore diurne e, pur seguendo, nelle linee generali, lo stesso schema, tutto era proporzionato alla loro statura ...
Non si sarebbe davvero pensato che da adunanze così senza pretese dovesse poi uscire tutto quello che uscì.
segniamo, per finire, la data della prima adunanza, notata dal Fratel Teodoreto: 27 aprile 1913, adunanza che si tenne in Via delle Rosine 14.
Indice |
1 | Ne L'Amore a Gesù Crocifisso, giugno 1955; pag. 17 e segg. |