Positio super scriptis |
Consta di sette partì: Regole del governo individuale e collettivo dei Catechisti Congregati ( pp. 1-29 ); Appunti per la regola del governo ( pp. 30-59 ); Regola del governo per i postulanti e i novizi ( pp. 60-109 ); Conferenze sui voti ( pp. 110-196 ); Regole e riflessioni ( pp. 196-349 ); Lettere circolari ( pp. 350-439 ); Regole del governo per le elezioni e le adunanze capitolari ( pp. 440-471 ).
Conviene osservare che soltanto la prima parte è redatta in modo definitivo; le altre recano molte correzioni con aggiunte e tagli cospicui ( come avviene, appunto, nei testi provvisori); il che indica chiaramente che il Servo di Dio non ebbe il tempo di fissare il suo pensiero.
Alcuni di questi scritti sono appunti o schemi di conferenze che costituivano probabilmente una traccia di quanto la viva voce dell'autore intendeva esporre.
Non c'è dubbio che sono pagine piene di fervore che rivelano le intenzioni dell'autore nel formare i suoi Religiosi secondo il modello che è Gesù Cristo Crocifisso.
Di qui si spiegano l'austerità, lo spirito di povertà e di sacrificio che egli propone con una accentuazione che fa lieto e benefico stupore.
Certe indicazioni di austerità e certi divieti, spiegabilissimi nell'ascetica di allora, richiedono oggi una mitigazione.
Così, per es., quanto il Servo di Dio stabilisce intorno ai giornali, alle pubblicazioni in genere e ai libri in specie ( p. 36 ).
Altrettanto si dica per quanto riguarda l'uso della radio o il teatro e il cinema ( pp. 37-39 ).
Tali limitazioni poste ai Catechisti indicano il grado di mortificazione che il Servo di Dio aveva e che voleva coltivare nell'Istituto.
Che dire dello spirito di povertà? Sembra che egli avesse il terrore, per così dire, della ricchezza.
I suoi insegnamenti intorno alla povertà sono numerosi.
Scrive: « Noi dobbiamo considerare la povertà come difesa sicura della stato religioso e come nostra madre.
Il primo rapporto richiede che noi abbiamo per la povertà la massima stima e che facciamo tutti i nostri sforzi, con la grazia di Dio, perché essa non sia intaccata nella sua purità.
Il secondo rapporto richiede che noi abbiamo per la povertà un amore di tenerezza e di affetto; che noi amiamo e desideriamo di sentirne qualche rigore; che noi non facciamo nessun atto di proprietà ( senza permesso ) e che noi siamo disposti a mendicare di porta in porta se l'obbedienza o la necessità lo esigessero da noi » ( p. 255 ).
Sull'argomento della povertà ritorna con incalzante frequenza e con applicazioni minuziose ( come si usava allora ) che vanno, evidentemente, adattate ai nostri tempi ( pp. 39-43 ).
Notati i pregi del contenuto, qui si fanno alcune osservazioni di piccolo conto sul testo:
a) a p. 34 si tratta della Messa solenne, secondo la terminologia allora in uso, che non è più consentita dalla Costituzione sulla S. Liturgia del Concilio Vaticano II;
b) alle pp. 44-47 si danno indicazioni intorno al modo di prendere parte alla S. Messa che non corrispondono alla Costituzione citata: devono subire, perciò, gli opportuni adattamenti;
c) a p. 51 si parla di indulgenze annesse alla confessione quindicinale.
È necessario tener presenti, in proposito, le indicazioni della « Indulgentiarum doctrina » del 1967;
d) a p. 69 si legge che non si fissa, ne si limita ai Catechisti il numero dei giorni di comunione; ognuno seguirà le prescrizioni del proprio confessore. L'espressione va attenuata e migliorata;
e) alle pp. 204-205 si tratta di confessioni generali a determinate scadenze.
Sarebbe opportuno sottolineare maggiormente la loro utilità e lasciare ad ognuno la responsabilità di farle, evitando ogni idea di imposizione;
d) a p. 50 si consiglia la lettura della S. Scrittura.
Il testo va migliorato perché sembra dar minore importanza ai libri dell'A. T.
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