L'ideale cristiano e religioso

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Mantenere e perfezionare l'unione

Perché si perpetui l'unione dell'anima nostra con la santa Umanità di nostro Signore e coll'adorabile Trinità, basta conservarsi in stato di grazia.

Solo il peccato mortale può spezzare quest'unione permanente.

Sia che ci pensiamo o non ci pensiamo, noi siamo incorporati a Gesù Cristo, noi viviamo di lui.

Ma i frutti che ricaviamo da questa unione sono ben diversi secondo ch'essa è cosciente o incosciente, cioè secondo che l'anima nostra è attenta o distratta alla presenza di Dio in lei.

Noi possiamo essere uniti a Dio come il bimbo è unito alla madre sua quando egli dorme nelle sue braccia; o come l'Apostolo prediletto nella sera della Cena appoggiato con amore sul Cuore del Maestro, di cui ascolta i segreti.

Senza dubbio, la prima unione, incosciente, è già assai preziosa.

Ma quanto è più perfetta la seconda!

Solo questa conduce alla perfezione, alla santità.

Noi non possiamo trarre pienamente partito dalle infinite risorse della comunione, senza che l'unione ch'ella ha stabilito, sia costantemente rinnovata dalla nostra libera volontà, incessantemente voluta, o, per usare il linguaggio dei teologi, ognora più attuale.

Non ci contentiamo d'un vivo amore, ma cerchiamo un amore desto, sempre attivo, la cui ambizione sia d'arrivare a vivere incessantemente per mezzo di Gesù coll'adorabile Trinità.

Ciò sarebbe relativamente facile, se la nostra vita dovesse trascorrere pacifica a piè del tabernacolo, senza mai essere incalzata dalle occupazioni esterne.

Ma purtroppo così non è per la maggior parte di noi.

Dopo la comunione dobbiamo ritornare ai nostri fratelli per relazioni necessarie, ai doveri del nostro stato e ad occupazioni a volte assorbenti.

Ad ognuno di noi la Provvidenza ha fissato il proprio compito: Gesù Cristo viene a noi non già per distogliercene, ma per aiutarci a compierlo.

E vuole che l'affrontiamo arditamente.

Ma allora sorge una grave difficoltà.

Bisogna forse interrompere la contemplazione degli adorabili misteri che la comunione ha instaurati nell'anima nostra?

Abbandoneremo noi Iddio per metterci al servizio del prossimo?

Oppure se vuolsi ancor rimanere con Dio, come unire l'attività esterna con la contemplazione interna?

In una parola, come menare la vita necessaria del difuori senza diminuire la vita interiore?

Per riuscire in questa importantissima impresa dobbiamo dirigere i nostri sforzi con tenacia e tendere:

a) prima a mantenere l'unione con Dio in mezzo alle nostre occupazioni e nei diversi stati per cui ordinariamente passiamo

b) poi a perfezionare quest'unione.

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