Pensieri sulle Regole e Costituzioni 1949

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Fine dell'Unione

Perfezione personale

La perfezione assoluta non è che in Dio.

La perfezione degli esseri creati non potrà essere che relativa, cioè finita in se stessa, subordinata e coordinata al fine supremo, la gloria di Dio, conforme alla natura dell'essere creato e proporzionata al suo fine specifico, quindi suscettibile d'aumento indefinito, non potendo essere su questa terra uno stato fisso, ma solamente una tendenza.

La perfezione di Dio è nella sua propria gloria, gloria intrinseca, d'una pienezza infinita, alla quale non si può né aggiungere né togliere nulla;

gloria estrinseca, tratta dalla perfezione delle creature e proveniente dalla stessa perfezione.

La creatura materiale trova la sua perfezione in ciò che la completa secondo la sua natura e il suo fine, e così proclama indirettamente e passivamente la gloria di Dio.

"I cieli narrano la gloria di Dio" ( Sal 19,2 ).

La creatura libera e ragionevole trova la sua perfezione completandosi intelligentemente e volontariamente secondo la sua natura e il suo fine, e così essa procura direttamente e attivamente la gloria del Signore.

Ora la natura dell'uomo fu creata ad immagine e somiglianza di Dio che è Carità.

"Deus Caritas est" ( 1 Gv 4,8 ).

Il suo fine è l'unione con Dio nella carità.

La sua tendenza alla perfezione sarà quindi in proporzione della sua tendenza alla carità e la misura della sua perfezione sarà la misura stessa della sua carità.

Ai diversi gradi di carità corrispondono quindi diversi gradi di perfezione:

- Un primo, corrispondente alla conoscenza di Dio per mezzo della legge naturale; perfezione naturale dell'uomo.

Per esempio quella di un pagano di coscienza retta e d'anima elevata.

- Un secondo, corrispondente alla conoscenza di Dio per la rivelazione;

conoscenza di fede soprannaturale nell'ordine della grazia che stabilisce la perfezione soprannaturale dell'uomo.

- Un terzo, corrispondente alla conoscenza intuitiva di Dio nell'ordine della gloria, visione beatifica, che raggiunge la perfezione della carità nella beatitudine infinita.

Tutto conduce dunque a conoscere per amare.

"Maledetta la scienza che non porta ad amare" ( Bossuet ).

La perfezione soprannaturale alla quale l'uomo viatore tende quaggiù ha diversi gradi:

Il primo, necessario alla salvezza, consiste a non allontanarsi dal fine essenziale, ciò che costituirebbe il peccato grave.

È il primo grado d'amore che conforma la nostra volontà alla volontà essenziale di Dio.

Il secondo, più perfetto, consiste non solo nel non allontanarsi mai volontariamente dal fine essenziale, ma ancora nell'abbracciare fedelmente tutte le intenzioni divine, anche quelle che obbligano solo sotto pena di peccato veniale e a proseguirle come e quanto Dio vuole.

È il secondo grado di carità che rende la nostra volontà più conforme a quella di Dio.

Il terzo grado, perfettissimo, consiste non solo nell'evitare tutto ciò che sarebbe, anche per poco, contrario all'intenzione divina, cioè ogni imperfezione volontaria, ma ancora nel cercare di contentare Dio abbracciando le sue volontà di precetto e anche quelle di consiglio e di beneplacito per unirsi sempre più a Lui nella più perfetta carità possibile quaggiù.

Così la perfezione spirituale è nella carità, scopo supremo e ideale della vita cristiana come della vita religiosa;

ma è nella tendenza abituale a questo terzo grado che consiste l'essenza della perfezione religiosa.

Si definisce infatti la vita religiosa "un genere di vita stabile, permanente, nel quale uno s'impegna a tendere alla perfezione evangelica, proponendosi d'osservare non solo i precetti comuni, ma anche i consigli evangelici, per mezzo dei voti d'obbedienza, di castità e di povertà, secondo una Regola approvata dalla Chiesa" ( Canone 487-488 ).

Così la vita religiosa ci mette sulla via della carità perfetta:

1º) Perché essa ci unisce a Dio nel modo più stretto possibile per la scelta libera dei consigli evangelici.

La perfezione non è nei consigli per se stessi, ma nella carità come termine finale di ogni fedeltà.

I consigli non costituiscono un nuovo ideale, essi sono i mezzi più diretti e più efficaci per raggiungerlo.

Non è solamente alla privazione dei beni della terra, alla rinuncia e all'abbandono di essi che è unita la perfezione, ma si richiede che contemporaneamente si possegga la carità descritta dall'Apostolo ( 1 Cor 13,1-10 ), condizione della quale è la purità del cuore;

2º) Perché essa ci aiuta a praticare perfettamente i consigli per mezzo dei voti;

3º) Perché essa con le sue osservanze allontana da noi gli ostacoli che si oppongono all'esercizio della carità perfetta, non perché siano i consigli che servono direttamente ad allontanare gli ostacoli essenziali alla carità, ciò che è ufficio dei precetti, ma perché essi allontanano gli ostacoli anche piccoli e facilitano grandemente l'esercizio e il progresso nella carità;

4º) Perché essa non solo ci consacra alla carità in modo che si potrebbe dire statico, ma anche perché c'infonde quel dinamismo possente dell'amore che è "vitalità in cammino" e che assicura la sua espansione e la sua crescenza indefinita nelle anime nostre.

Si distinguono tre forme di vita religiosa secondo i mezzi adoperati per arrivare alla carità perfetta.

La vita contemplativa è quella in cui predomina la preghiera.

La vita attiva è più particolarmente consacrata al servizio del prossimo.

La vita mista unisce la contemplazione all'azione.

Secondo S. Tommaso è la più perfetta in sé:

"Contemplare la verità, è bene; comunicarla alle anime è meglio ancora.

Rischiarare è meglio che non brillare.

Con la contemplazione l'anima si nutre, con l'azione essa si dà" ( S. Tommaso, II, II 5.188, 1-6 ).

Fu il genere di vita di Nostro Signore e della SS. Vergine, ed è quello di ogni vita religiosa integrale.

"Non c'è perfezione religiosa superiore alla vostra vocazione" ( P. de Clorivière a religiose nel mondo, come i Catechisti ).

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