Pensieri sulle Regole e Costituzioni 1949 |
La perfezione della vita cristiana ha per misura la pienezza del dominio esercitato dalla carità sopra l'insieme di detta vita e sopra ciascuna delle sue attività, perché la misura di questa pienezza è la misura dell'accrescimento della grazia santificante nell'anima, e la misura della gloria resa a Dio da detta anima durante tutta l'eternità.
L'intensità di detta vita di carità sarà l'opera della grazia con la cooperazione della volontà umana.
Ad eccezione della SS. Vergine, detta cooperazione, non esclude, in nessuna creatura, ogni infedeltà, essa si realizza a prezzo di sforzi costanti.
Dio vuole unire la nostra volontà alla sua attraverso le nostre debolezze, i nostri sforzi faticosi, costanti, con lenta progressione.
Le grazie trasformatrici fulminee come quella di S. Paolo, sono rare;
ordinariamente Dio procede con una serie di grazie più umili, meno appariscenti che portano l'anima, a poco a poco, a tale preghiera, a tale sacrificio, a tale sforzo particolare, facendole conquistare, così, buone abitudini, correggendola dei suoi difetti, preparando la via alla crescenza della carità.
L'insieme delle risposte dell'anima a tutte queste grazie costituisce lo sforzo ascetico;
gli atti che tale sforzo richiede, qualunque essi siano:
vigilanza, lotta, esami ecc. sono tante risposte dell'anima alle sollecitazioni della grazia;
soluzione dell'antinomia apparente tra sforzo ascetico e docilità alla grazia;
la grazia può essere meno sentita che in altri atti più passivi, essa non è però meno reale ed efficace.
L'ascesi risponde dunque alla parte più attiva della vita spirituale;
sotto l'iniziativa e con l'aiuto della grazia essa assicura la cooperazione umana armoniosa, laboriosa, sovente costosa, sotto forma di sforzo positivo, di repressione certe volte energica di quella reazione spontanea, istintiva che la natura oppone al lavoro più sentito di Dio, all'azione potente della grazia che trascina verso rinunce che essa teme e ha ripugnanza ad accettare.
La necessità di questa lotta, di questo sforzo intenso per tendere alla perfezione spicca con evidenza dal S. Vangelo:
"Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, dia di mano alla sua croce e mi segua" ( Mt 16,24 ) cfr. discorso della montagna ( Mt 5 ).
Si tratta, secondo S. Paolo, di "spogliarsi del vecchio uomo per rivestirsi dell'uomo nuovo" per la pratica delle virtù delle quali Nostro Signore ci ha dato l'esempio;
di qui due forme di ascesi:
L'ascesi negativa non consiste, propriamente parlando, nell'evitare il peccato, ma tende a sopprimere gli ostacoli opposti al dominio della carità, essa reprime le tendenze che impediscono la piena pratica della carità e delle altre virtù, con la soppressione di certe soddisfazioni non colpevoli, ma che mantengono in vigore le stesse tendenze.
L'ascesi positiva sviluppa le attività e le tendenze interiori che aiutano e facilitano la pratica della carità e delle altre virtù;
essa comprende ogni esercizio positivo delle differenti virtù, come pure tutti gli esercizi interiori che tendono ad accrescere la vita interiore e il raccoglimento in Dio.
A questi diversi atti si aggiungono quelli che, più liberamente mirano a contrastare e mortificare le tendenze naturali, unendo a un sforzo negativo potente per dominarle, uno sforzo positivo efficace per lo sviluppo delle tendenze superiori verso i beni soprannaturali in vista dei quali uno s'impone quella costosa offensiva contro se stesso, quell' "agere contra" la cui efficacia richiede che la lotta così proseguita con perseveranza e purità d'intenzione sia sostenuta da una volontà risoluta, energica e decisa di andare a Dio e da un grande amore per Lui.
Volontà e amore che crescano con l'intensità dello sforzo e "innalzino la vita ad altezze divine lanciandola verso le vette della santità ove si vede tutto nella luce di Dio" ( Enciclica Summi Pontificatus 1939, Pio XII ) ( Cf.P. Lallemant Doctrine spirituelle II ).
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