Pensieri sulle Regole e Costituzioni 1949 |
Per la stessa sua natura, conversazione dell'anima con Dio, l'orazione richiede da parte nostra un'azione personale normale, secondo le condizioni della natura umana cioè all'inizio un atto intellettuale che muova la volontà e il sentimento e metta in moto tutte le potenze e le facoltà dell'anima;
operazione complessa che avviene in un'atmosfera di grazia, dinanzi a Dio e con Lui, tenendo conto della sua presenza e del fine stesso dell'orazione.
"È un errore deplorevole il credere che nell'orazione, sia ordinaria, sia straordinaria, le potenze superiori dell'anima debbano o possano rimanere prive delle loro operazioni" ( Massouliè ).
"Anche nella visione beatifica, dice S. Tommaso, non solo le potenze non sono prive delle loro operazioni, ma esse hanno allora le operazioni più perfette che possano avere".
Il compito dell'intelligenza è iniziale e necessario per far ascoltare come conviene tutta l'attività interiore.
Senza idee non può nessuna conoscenza.
"Se avviene dunque che persone d'orazione si trovino senza alcuna idea né di perfezioni divine, né dei misteri della religione, né delle virtù cristiane, esse devono persuadersi di essere in un puro e pericoloso ozio, poiché in tale stato il loro spirito essendo spoglio di ogni conoscenza, esse non potrebbero avere né amor di Dio, né desiderio di praticare la virtù, perché la volontà non può portarsi a nessun oggetto se non le è proposto dall'intelligenza" ( San Tommaso, de Veritate ).
"Bisogna che l'intelligenza sia illuminata, convinta, persuasa affinché la volontà si porti verso il Bene che le è proposto e lo abbracci con tanta maggior forza quanto più ne conoscerà meglio l'eccellenza" ( P. de Cloriviere ).
Un altro sbaglio si deve evitare.
Non è necessario avere una grande quantità di idee, ma basta "contentarsi di poche considerazioni sode senza moltiplicarle, né cercare quelle troppo sottili" ( P. de Cloriviere ).
Nell'epoca attuale il molto ragionare è meno da temere di una certa pigrizia o falsa quiete pseudo mistica.
Un altro pericolo si trova nell'orazione meno discorsiva:
quello di essere più esposti alle distrazioni, perché la semplicità stessa dell'idea lascia lo spirito più fluttuante e perciò lo rende più accessibile ad ogni sorta d'influenza.
Bisogna dunque fare in modo "che lo spirito non si perda in un sogno chimerico, ma che si accorga e sia convinto che ha un'idea di Dio, quantunque semplicissima, affinché la volontà possa amare l'oggetto che l'intelligenza le presenta" ( Massouliè ).
Il compito della volontà è primordiale come in ogni atto morale.
Essa comanda prima di tutto l'intenzione di pregare, di pregare per amore, la mantiene, la ravviva, la rinnova;
essa comanda pure l'applicazione delle altre facoltà, la prolunga, la sostiene.
Essa suscita soprattutto i suoi propri atti:
affezioni e risoluzioni, fine dell'orazione e condizioni del suo valore.
"Domandare insistentemente la grazia di conoscere più intimamente per amare più ardentemente e servire più perfettamente" (S. Ignazio).
Le affezioni sono atti di confidenza, d'amore, d'abbandono, certe volte multiple e formali, certe altre semplici e virtuali.
Questa attività dell'amore rimane anche quando quella dello spirito si ferma;
l'atto di carità, operazione della volontà affettiva, segue l'atto di fede, operazione intellettuale.
La oltrepassa, accresce la conoscenza, provoca il gusto, la gioia, il godimento, il riposo dell'anima in Dio.
Riposo attivo di un'attività latente e superiore, efficace, che dilata l'anima illuminandola, fortificandola, svincolandola.
"Non è l'abbondanza della scienza che nutre l'anima, ma il gusto e il sentimento intimo delle cose" ( S. Ignazio ).
S. Francesco di Sales analizza assai bene il concatenamento naturale che c'è tra l'attività dell'intelligenza e quella della volontà.
"Il desiderio di ottenere l'amor divino ci fa meditare, ma l'amore ottenuto ci fa contemplare.
Perché l'Amore ci fa trovare una soavità così gradevole nella cosa amata che noi non possiamo saziare il nostro spirito di vederla e di considerarla".
"Noi consideriamo al principio la Bontà di Dio per eccitare la nostra volontà ad amarLo, ma l'amore essendo formato nei nostri cuori, noi consideriamo questa infinità per accontentare il nostro amore che non può saziarsi di sempre vedere ciò che ama".
"La conoscenza è richiesta per la produzione dell'amore, noi non potremo mai amare ciò che non conosciamo, e man mano che la conoscenza attenta di Dio aumenta, l'amore altresì tende a crescere sempre più, a condizione che non vi sia nulla che impedisca il suo movimento;
ma avviene sovente che la conoscenza avendo prodotto l'amore sacro, questo non si ferma nelle forme della conoscenza, passa oltre e avanza molto al di là.
Così, in questa vita mortale noi possiamo avere più amore che non conoscenza di Dio".
"La meditazione è madre dell'amore, ma la contemplazione è sua figlia" ( S. Francesco di Sales. Amor di Dio, L.6, cap.3 ).
Così l'attività dello spirito nutre l'anima e prepara l'attività della volontà e del cuore cioè:
il raccoglimento dell'anima in Dio, attività interiore, quieta, ma attenta;
e affezioni, i sentimenti e le emozioni, reazioni vitali dell'amore; la contemplazione.
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