L'azione |
La via del nulla è sbarrata: non possiamo, non vogliamo addentrarci in essa; questa strada non esiste.
Mentre pareva che ci si inabissasse, si lasciavano aperte dietro di sé due altre strade: la via del fenomeno e la vita dei sensi; la via dell'essere e la vita di sacrificio.
E la volontà si è persa nei suoi movimenti contrari.
La sua incoèrenza l'ha condannata.
I.
Come è possibile ottenere in essa l'accordo profondo che darebbe all'azione la sua sufficienza e la sua coesione perfetta?
Si potrebbe vivere insieme di questa duplice vita cui condurrebbe la volontà ambigua del nulla?
Ma, a parte che probabilmente non si troverebbe il modo per conciliare queste due direzioni divergenti, non è scientifico ricorrere per prima all'ipotesi meno onerosa?
E seguendo una via unica non saremo più sicuri di trovare alla fine nell'azione l'omogeneità perfetta della volontà?
E dunque, dato che si vuole optare, che cosa sceglieremo: l'essere nel nulla del resto, nel disprezzo di ogni oggetto dei sensi o della scienza?
Oppure il resto posseduto nel nulla dell'essere, nel disprezzo dell'invisibile e del « soprannaturale »?
Ma che cos'è questo essere misterioso e inquietante che sembra sottrarsi alla nostra presa senza che noi gli sfuggiamo: non è proprio lui, lui soprattutto, lui solo che si vuole accantonare?
« Non c'è nulla », si diceva; ed ecco che questa negazione radicale è diventata gravida di un ignoto minaccioso e accusatore: « Tu non mi sfuggiresti, se non mi incontrassi ».
Quello che si vuole dunque è che vi sia qualcosa, e che questo qualcosa sia autosufficiente.
Si vuole che il fenomeno sia, che la vita sensibile, la scienza, tutta questa immensità dell'universo conosciuto e da conoscere di cui riempiamo il nostro sguardo e il nostro cuore sia, e tutto sia per noi.
E dietro questo schermo del fenomeno si spera che la vita sia chiara, completa e soddisfacente, si vuole che l'azione vi si dispieghi e vi si compia.
C'è qualcosa: questa proposizione semplice e vaga, che non pareva molto difficile da acquisire, ma nella quale non è agevole scoprire un riconoscimento sincero della volontà,9 finisce così per diventare tanto evidente e rassicurante quanto lo è questa frase ambigua e terribile: « Non c'è nulla ».
C'è qualcosa nelle nostre sensazioni e nei nostri piaceri, nella nostra conoscenza e nei nostri atti: la maggioranza delle persone vive con questa convinzione.
È la strada larga e lunga su cui avanza il grosso dell'umanità.
Senza dubbio queste parole non hanno alcuna precisione filosofica: esse sono antecedenti a qualsiasi professione di fenomenismo, di criticismo o di idealismo; traducono il movimento ingenuo della vita che si invaghisce di se stessa e di tutto ciò che la sorregge senza sapere che cosa essa sia.
Nei miei atti, nel mondo, in me, fuori di me, io non so dove ne che cosa, c'è qualcosa.
II.
Una volta concesso, da questo dato scaturirà, per una segreta iniziativa che apparirà sempre più chiaramente, tutto l'ordine sensibile, scientifico, morale e sociale.
In tal modo si vedrà rientrare nel piano volontario della nostra vita anche quelle cose che sembravano anteriori, estranee o conseguenti alla volontà.
E seguendo fino all'estremo lo slancio del volere, si saprà se l'azione dell'uomo può essere definita e perimetrata in questo ambito naturale.
Siccome la volontà, non tendendo mai al nulla, di solito si orienta verso l'oggetto della sensazione o della conoscenza, adesso bisogna indagare se l'azione può essere sufficientemente definita in funzione di questo oggetto che essa si propone come fine, e se si restringe realmente ai fenomeni; in una parola, se essa stessa non è che un fatto come gli altri, e se nel senso stretto del termine il problema della vita comporta una soluzione positiva.
Se c'è una novità nel metodo di questa indagine, a me pare che consista in questo: a partire dal primo risveglio della vita sensibile fino alle forme più alte dell'attività sociale si sviluppa in noi un movimento continuo di cui è possibile evidenziare insieme il concatenamento rigoroso e il carattere fondamentalmente volontario.
Così cammin facendo, attraverso la lunga investigazione che ci tocca compiere, si dovrà osservare che la palese necessità di ogni tappa è la risultanza di un volere implicito.
Da una parte i termini successivi dell'azione saranno collegati tra loro in modo tale che il rigore scientifico poco alla volta si comunicherà a studi che finora non l'hanno avuto.
Dall'altra, scoprendo come i nostri atti sbocciano ineluttabilmente e per quale impulso intimo si trascendono incessantemente, come i risucchi di una pietra caduta nell'acqua profonda, saremo preparati gradualmente al problema ultimativo: per chi si limita all'ordine naturale c'è o non c'è concordanza tra la volontà volente e la volontà voluta?
E l'azione che è la sintesi di questo doppio volere trova alla fine in se stessa la ragione della propria definizione e autosufficienza?
La vita dell'uomo si restringerà o no a ciò che appartiene all'uomo e alla natura, senza ricorso a nulla di trascendente?
Eccoci in procinto di studiare il fenomeno dell'azione dalle sue origini più elementari fino al suo sviluppo più ampio possibile.
Siccome questa indagine è complessa, e questo movimento di espansione si articola attraverso l'immenso organismo della vita, considereremo successivamente diverse tappe.
Vedremo germinare l'azione dalle condizioni in cui attinge il suo alimento, poi ne seguiremo la vegetazione naturale e lo sviluppo nell'ambiente in cui è nata e fruttifica.
Proprio analizzando in primo luogo i dati più immediati della sensazione e della scienza libereremo allo stesso tempo gli elementi dell'azione, così come discutendo le condizioni della conoscenza ritroveremo gli stessi principi della realtà conosciuta.
Perché nell'ordine dei fenomeni e nelle scienze che a essi si restringono la distinzione ontologica tra essere e conoscere non ha senso: il fenomeno rileva a un tempo dal conosciuto e dal conoscente.
Si può e si deve mostrare come dall'oggetto risulta il soggetto, e come il soggetto a sua volta agisca e viva nell'oggetto, senza per questo pregiudicare alcuna questione ontologica.
Con ciò stesso sarà ricondotto ai suoi termini autentici e sarà sicuramente risolto il problema dell'originalità del pensiero.
Perché, ammesso che si sia stabilito positivamente che l'oggetto della sensazione e delle scienze non è posto che in funzione di qualche altra cosa, diventa palese che non si può riservare al principio soltanto ciò che non può essere concepito da solo: per dimostrarlo non c'è bisogno di alcuna speculazione; è un fatto.
Dunque uno dei risultati essenziali di questa ricerca deve essere quello di accreditare un carattere propriamente scientifico ( il carattere di una scienza distinta e originale ) a studi di cui si sono contese il privilegio le scienze positive e la metafisica, con pretese ugualmente illegittime.
Pertanto a fondamento della scienza dell'azione si porrà il campo più vasto possibile, tutto il campo del sapere umano; perché l'azione costituisce il nodo dell'esperienza sensibile, così come della conoscenza scientifica e della speculazione filosofica.
Quindi lungo il cammino incontreremo i pensatori più diversi, e se essi si sono fermati intempestivamente sulla strada, tenteremo di farli proseguire fino alla meta della loro aspirazione segreta.
Indice |
9 | Questo modo, senza dubbio artificioso e provvisorio, di mostrare che " il fenomeno è voluto " proprio nel momento in cui è subito, traduce a livello di pensiero esplicito il movimento naturale di una volontà che, come vedremo, riprende per proprio conto tutto quello che la precede e la produce, e non ha bisogno di sapere tutto quello che vuole, per volere effettivamente tutto quello che è [nda]. |