Paolo VI e la costruzione della civiltà dell'amore |
In un mondo multiculturale, la civiltà dell'amore indicata da Paolo VI e dall'attuale pontefice come fine dell'umanità ( cf. DIM n. 14 ), è chiamata a molteplici tipologie di incarnazione.
Le varie civiltà sono rese simili e comunicanti dall'universale umano concreto – ossia una comune natura umana, dotata di intelligenza e di volontà libera – di cui sono espressione multiforme.
Ma differiscono talora profondamente quanto a religione, ad apertura nei confronti del Vangelo, a concezioni della persona e del diritto, delle scale di valori, dell'ethos.
Ciò deve rendere attenti alle loro condizioni concrete marcate da usi e costumi, psicologia collettiva, ambienti socioeconomici e politici specifici.
Già è stato detto che l'attuale animazione della globalizzazione è di tipo neoliberista, fondamentalmente immanentista e materialista.
In questo momento storico, sembra che l'uomo occidentale abbia particolarmente bisogno di nuovo pensiero, soprattutto di riacquistare il desiderio di vivere per non morire e continuare il suo esaltante, seppur faticoso, destino di divinizzazione.
La prima carità di cui mostra di aver bisogno è l'aiuto per uscire dalle situazioni di peccato e dalla connessa paura del futuro per accettare, con responsabilità e gioia, la cultura della vita che fa tutt'uno con la civiltà dell'amore.
Ogni civiltà ha i suoi punti di forza e i suoi punti deboli.
L'amore cristiano agisce sulle varie culture e sulle mentalità, purificandole e trasfigurandole.
Ne valorizza e potenzia i semi di positività.
Vivifica ciò che le unifica, facendo leva sulle risorse di bontà che giacciono nello spirito di ogni uomo.
Le sollecita a superare la loro finitezza irrimediabile, aprendosi verso Colui che di esse è la Fonte e il Termine, per dare a loro un arricchimento di pienezza.34
Quando, grazie all'evangelizzazione e all'educazione delle coscienze, cresce ciò che unisce e viene rinsaldato l'anelito al vero e al bene di ogni persona, quasi spontaneamente si allarga il terreno comune tra le civiltà, la loro capacità di dialogo e la comunione in Dio.
Mario Toso
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34 | Cf. Giovanni Paolo II, Lettera al cardinale Agostino Casaroli per l'istituzione del Pontificio Consiglio per la Cultura ( 20 maggio 1982 ) |