Pensieri |
A P.R. Per domani. [ Appunti preparatori ]
Prosopopea.
Inutilmente, uomini, cercate in voi stessi il rimedio alle vostre miserie.
Tutta la vostra intelligenza può solo farvi capire che non troverete in voi né la verità né il bene.
I filosofi ve l'hanno promesso ma non hanno saputo farlo.
Essi non conoscono qual è il vostro bene autentico, né qual è da vostra autentica condizione.
Io sola posso insegnarvi queste cose, e quale sia l'autentico bene, e questo insegno a coloro che mi ascoltano.
I libri che ho messo tra le mani degli uomini sono molto chiari a tal proposito, ma non ho voluto che questo tipo di conoscenza fosse troppo evidente.
Io insegno agli uomini ciò che può renderli felici.
Perché rifiutate di ascoltarmi?
« Non cercate soddisfazione su questa terra, non sperate niente dagli uomini, il vostro bene si trova solo in Dio, e la suprema felicità consiste nel conoscere Dio, nell'unirsi a lui per sempre nell'eternità.
Il vostro dovere sta nell'amarlo con tutto il cuore.
Egli vi ha creato … »
Come avrebbero potuto darvi dei rimedi per i vostri mali, se non sanno neppure quali sono?
Le vostre malattie più gravi sono l'orgoglio, che vi allontana da Dio, la concupiscenza che vi tiene legati alla terra.
Essi non fanno altro che alimentare una o l'altra di queste malattie.
Se vi hanno dato Dio come scopo è stato solo per realizzare la vostra superbia; vi hanno fatto credere che eravate simili a lui e della stessa natura.
Mentre quelli che si sono accorti di questa vana pretesa vi hanno spinto verso l'altro precipizio, facendovi credere che eravate della stessa natura delle bestie, e vi hanno convinto a cercare il bene in quelle concupiscenze che sono il dominio degli animali.
Non è certo questo il modo per guarire dalle ingiustizie che questi sapienti non hanno conosciuto.
Solo io posso farvi comprendere chi siete … Gesù Cristo.
Se vi unite a Dio, ciò avviene per grazia, non per natura.
Se venite abbassati, ciò avviene per penitenza, non per natura.
Così questa duplice capacità.
La vostra condizione non è più quella di quando siete stati creati.
Una volta rivelate queste due condizioni, è impossibile che non le riconosciate.
Seguite le vostre azioni.
Osservatevi e vedrete che scoprirete le tracce viventi di queste due nature.
Sarebbe possibile trovare in un soggetto semplice tante contraddizioni?
[ Redazione definitiva ]
Incomprensibile.
Che una cosa sia incomprensibile non implica che non esista.
Il numero infinito, uno spazio infinito uguale al finito.
Inconcepibile che Dio si congiunga a noi.
Questa considerazione è ricavata dalla visione della nostra bassezza, ma se questa visione è davvero sincera, spingetevi fino in fondo come me, e riconoscete che siamo così in basso da risultare incapaci di conoscere con le nostre sole forze se la sua misericordia possa renderci capaci di lui.
Perché vorrei sapere da dove questo animale che si riconosce così debole prende il diritto di misurare la misericordia di Dio, per porle i limiti che la sua fantasia gli suggerisce.
Sa così poco cosa sia Dio, che non sa neppure cos'è egli stesso.
E tutto turbato dalla visione della propria condizione, ha il coraggio di affermare che Dio non può renderlo capace di comunicare con lui.
Ma vorrei domandargli se Dio gli chieda qualcos'altro oltre l'amarlo e conoscerlo, e come riesca a pensare che Dio non possa farsi oggetto di conoscenza e di amore per l'uomo, dal momento che l'uomo è per natura capace d'amore e di conoscenza.
Ma allora, se dalle tenebre dove si trova, egli scorge qualcosa, e trova pur qualche soggetto d'amore in mezzo alle realtà terrene, perché, se Dio gli svela qualche raggio della sua essenza, non dovrebbe essere capace di conoscerlo e di amarlo, in quelle forme che a Dio parrà di comunicare con noi?
C'è dunque in questa specie di ragionamenti un'intollerabile presunzione, per quanto essi sembrino fondarsi su un'apparente umiltà, che non è sincera né ragionevole, nella misura in cui c'impedisce di confessare che, incapaci di conoscere chi siamo, non possiamo apprenderlo che da Dio.
A P.R. Inizio.
Dopo aver spiegato l'icomprensibilità.
La grandezza e la miseria dell'uomo sono così evidenti che è necessario che la vera religione ci ammaestri sull'esistenza di qualche grande principio della grandezza e della miseria umana.
È necessario anche che ci spieghi queste stupefacenti contraddizioni.
Per rendere felice l'uomo essa gli deve mostrare che c'è un Dio, che siamo obbligati ad amarlo, che la nostra vera felicità consiste nell'essere in lui e il nostro unico male nel rimanere separati da lui, che è consapevole delle tenebre di cui siamo pieni, tenebre che ci impediscono di conoscerlo e di amarlo.
E che proprio per questo, poiché i nostri doveri ci obbligano ad amare Dio ma le nostre concupiscenze ce ne allontanano, siamo pieni d'ingiustizia.
Ci deve spiegare questo rifiuto che noi proviamo nei confronti di Dio e del nostro bene.
Ci deve insegnare i rimedi per questa incapacità e i mezzi per ottenere questi rimedi.
Si esaminino su tutto ciò tutte le religioni del mondo e si veda se ce n'è una al di fuori di quella cristiana che soddisfi a queste esigenze.
Saranno forse i filosofi che come massimo bene ci propongono i beni che troviamo in noi?
È forse questo il vero bene?
Hanno trovato il rimedio per i nostri mali?
Aver reso l'uomo uguale a Dio significa averlo guarito dalla sua presunzione?
Quelli che ci fanno uguali alle bestie, o i musulmani, che non vedono altro bene al di fuori dei piaceri terreni, e questo perfino nella vita eterna, hanno posto rimedio alle nostre concupiscenze?
Quale religione c'insegnerà dunque a guarire dall'orgoglio e dalla concupiscenza?
E quale religione infine c'insegnerà quale siano il nostro bene, i nostri doveri, le debolezze che ce ne distolgono, la causa di queste debolezze, i rimedi che le possono guarire e i mezzi per ottenere questi rimedi?
Tutte le altre religioni non ci sono riuscite, vediamo quello che farà la sapienza di Dio.
« Non apettatevi o uomini », dice, « né verità né consolazione dagli uomini.
Io sono quella che vi ha concepiti e l'unica che può dirvi chi siete.
Ma ora non vi trovate nella condizione in cui vi avevo creato.
Io ho fatto l'uomo santo, innocente, perfetto; io l'ho colmato di luce e d'intelligenza; io gli ho comunicato la mia gloria e i miei prodigi.
Allora l'occhio dell'uomo vedeva la maestà di Dio.
Non si trovava ancora nelle tenebre che lo accecano, e neppure nella mortalità e nelle miserie che lo affliggono.
Ma egli non ha saputo sostenere tanta gloria senza cadere nella presunzione.
Egli ha voluto farsi centro di se stesso, indipendente dal mio soccorso.
Si è sottratto al mio dominio e poiché, desiderando di trovare in sé la propria felicità, si è voluto fare uguale a me, l'ho abbandonato a se stesso.
Così, rivoltandogli contro le creature che gli erano sottomesse, gliele ho rese nemiche, e oggi l'uomo è divenuto simile alle bestie, e talmente lontano da me che a stento gli rimane un confuso barlume del suo autore, a tal punto è estinta o turbata ogni sua conoscenza.
I sensi, indipendenti dalla ragione e spesso suoi padroni, l'hanno trascinato alla ricerca dei piaceri.
Tutte le creature l'affliggono o lo tentano, e lo dominano imponendosi con la loro forza o seducendolo con le loro lusinghe, che sono una forma di dominio più terribile e ingiuriosa.
Ecco in quale condizione si trovano oggi gli uomini.
Rimane loro qualche inutile conato di felicità della loro prima natura, ma sono immersi nelle miserie dell'accecamento e della concupiscenza, che è diventata la loro seconda natura.
Da questo principio che vi rivelo, potete riconoscere la causa di tante contraddizioni che hanno colpito tutti gli uomini, dividendoli in modi di sentire così diversi.
Ma osservate ora tutti quei moti di grandezza e di gloria che la prova di tante miserie non ha potuto soffocare, e vedrete se la causa di ciò possa non risiedere in un'altra natura.
Con questo non voglio che vi sottomettiate a me senza ragione, né intendo assoggettarvi in modo tirannico.
Neppure pretendo di spiegarvi ogni cosa.
Per conciliare le contraddizioni voglio farvi vedere in modo chiaro, con prove convincenti, quei segni della divinità che sono in me, capaci di convincervi su ciò che sono, e conquistandomi autorità per mezzo di fatti meravigliosi e prove che non possiate rifiutare, e che in seguito crediate alle cose che vi insegno quando non avrete altro motivo per rifiutarle se non che da soli non potete sapere se siano o non siano vere ».
Dio ha voluto riscattare gli uomini e offrire la salvezza a coloro che lo cercano, ma gli uomini se ne rendono così indegni che è giusto che ad alcuni, a causa della loro durezza, Dio rifiuti ciò che accorda ad altri a causa di una misericordia che non è certo loro dovuta.
Se avesse voluto superare l'ostinatezza dei più refrattari, avrebbe potuto farlo rivelandosi in modo tale che essi non avrebbero potuto dubitare della verità della sua essenza, così come apparirà l'ultimo giorno con un tale bagliore di fulmini e un tale sovvertimento naturale che i morti risusciteranno e anche i più ciechi lo vedranno.
Ma non è così che ha voluto fare la sua comparsa con il suo avvento di dolcezza, in modo da lasciare privi di quel bene che non volevano tanti uomini indegni della sua clemenza.
Non era giusto che apparisse nell'evidenza della sua divinità per convincere infallibilmente tutti gli uomini, ma neppure era giusto che venisse nascosto al punto da non poter essere riconosciuto da quelli che lo cercavano sinceramente.
A costoro si è voluto rendere perfettamente riconoscibile; così, volendosi rivelare a coloro che lo cercano con tutto il cuore, e nascondere a coloro che con tutto il cuore lo fuggono, egli ha temperato la sua conoscenza, in modo da lasciare tracce di sé visibili a quelli che lo cercano ma non a quelli che non lo cercano.
Per chi desidera vedere c'è abbastanza luce, e abbastanza oscurità per chi ha intenzioni opposte.
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