Summa Teologica - I

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Una scuola di vita teologale

Prima di ogni altra cosa, la teologia è un'espressione della vita teologale, un'attività che esercita a pieno le virtù di fede, di speranza e di carità.

Se nel seguito di questa ricerca si parla soprattutto della fede, è per essere brevi e per sottolineare dove si situa il nodo esplicativo di alcune qualità della teologia, ma deve essere chiaro che questa fede non è dell'ordine di una pura adesione intellettuale all'insieme di verità di cui si occupa il teologo.

La fede - in san Tommaso come nella Bibbia - è l'attaccamento vitale di tutta la persona alla stessa Realtà divina, raggiunta per mezzo della fede attraverso le formule che la svelano a noi.

Questo legame fra teologia e fede compare già nelle espressioni correnti: « intelligenza della fede » ( intellectus fidei ) oppure « la fede cerca di capire » ( fides quaerens intellectum ).

E per quanto lontano vogliamo risalire nella storia, i pensatori che hanno riflettuto sul metodo da loro impiegato hanno espresso tale convinzione.

Senza usare la parola « teologia », che non doveva apparire se non molto più tardi, sant'Agostino parla già di questa scientia « che genera, nutre, difende e fortifica la fede sovranamente salutare ».5

Nella preghiera finale della sua grande opera sulla Trinità, quando rende conto a Dio di ciò che ha voluto fare, egli spiega con garbo: « Dirigendo i miei sforzi secondo questa regola di fede, nella misura in cui ho potuto farlo io Ti ho cercato; io ho desiderato vedere con l'intelligenza ciò che conoscevo per fede ».6

Stupisce che anche sant'Anselmo - inventore della formula fides quaerens intellectum - esprima il suo progetto teologico in una preghiera: « Io desidero comprendere almeno un po' la Tua verità, la Tua verità che il mio cuore crede e ama », e aggiunge questo, che è molto significativo: « Io non cerco di comprendere per credere, ma io credo per comprendere ( credo ut intelligam ) ».7

All'origine di quest'ultima espressione si trova un versetto della Scrittura letto nella versione dei Settanta: « Se voi non credete, non comprenderete ».8

Agostino stesso ha ripreso varie volte questo versetto, ma non ha temuto di formularne l'aspetto complementare: « Bisogna comprendere per credere, ma occorre anche credere per comprendere ».9

In Anselmo, come in Agostino, al punto di partenza vi sono la fede e la sua oscurità, l'intelligenza e il suo desiderio di sapere, assieme alla certezza che l'una incitando l'altra saranno beneficiarie entrambe del successo della loro comune impresa.

Questo convincimento è rimasto per secoli un bene comune della teologia; i teologi contemporanei - come d'altronde quelli del passato - possono divergere su molti punti, ma se vogliono restare teologi non possono essere in disaccordo su questo legame della teologia con la fede.10

Nell'eredità di sant'Agostino e di sant'Anselmo, il pensiero di san Tommaso si può riassumere affermando che per lui la teologia intrattiene nei confronti della fede una relazione di origine e di costante dipendenza senza la quale non esisterebbe.

Essa non trova lì soltanto il suo punto di partenza ma la sua ragione d'essere.

Senza la fede, non soltanto la teologia non avrebbe alcuna giustificazione, ma non avrebbe nemmeno il suo oggetto: la cosa è facile da capirsi poiché solo la fede permette al teologo di entrare in possesso di questo.

Un parallelo con la filosofia può essere qui illuminante.

Se non vi fosse in noi nessuna possibilità di cogliere il reale, i nostri ragionamenti non sarebbero che puro artificio.

Per quanto fossero logicamente connessi, essi non esprimerebbero in alcun modo la realtà.

La fede costituisce in noi questa aggiunta di capacità di cui ha bisogno l'intelligenza umana per essere « all'altezza » del reale divino.

Essa ci permette di raggiungerlo poiché « l'atto del credente non termina alle formule [ del Credo ] ma alla stessa realtà [ divina ] ».11

Senza la fede noi non saremmo in possesso che di formule vacue e le nostre più belle costruzioni non sarebbero che botti vuote.

Viceversa, con essa si può veramente iniziare ad essere teologi.

A riguardo, Tommaso ha una straordinaria espressione concernente il suo santo patrono: dal momento in cui cade in ginocchio ai piedi del Risorto che gli mostra le sue piaghe, l'apostolo Tommaso, l'incredulo, diventa subito un buon teologo.12

La fede non aderisce al suo oggetto in modo statico.

Animata da un ardente desiderio proveniente dall'amore per la verità divina, il quale la penetra da parte a parte fin dai suoi primi balbettii, la fede è più e meglio che una semplice accettazione nell'obbedienza della rivelazione.

Essa è animata da un « certo desiderio del bene promesso »,13 che spinge il credente a dare il suo assenso, malgrado il possibile timore che l'oscurità da cui resta avvolta la verità divina potrebbe lasciargli.

Questo desiderio, che spinge verso il Bene ancora imperfettamente conosciuto e che sboccia infine nella carità pienamente teologale, costituisce il vero motore della ricerca teologica.

San Tommaso lo riassume in un testo giustamente celebre: « Spinto da un'ardente volontà di credere, l'uomo ama la verità che crede, la considera nella sua intelligenza e la circonda del maggior numero possibile di ragioni che può trovare a tale scopo ».14

Se per un verso ci è impossibile amare qualcosa di cui non abbiamo previa conoscenza, dall'altro non siamo in grado di conoscere davvero bene se non ciò che davvero amiamo.

Questa massima si applica evidentemente alle relazioni interpersonali, ed è precisamente per questo che trova la sua realizzazione eminente nel campo della fede teologale.

Se la fede non è concepibile senza amore, è perché essa non si riferisce a una verità astratta ma ad una persona in cui Bene e verità si identificano.

La Verità prima che forma l'oggetto della fede è anche il Bene supremo oggetto di tutti i desideri e dell'intero agire dell'uomo; è per questo che non la si può raggiungere nella sua globalità se non tramite un movimento complesso da parte nostra che coinvolge simultaneamente intelligenza e volontà, e che san Paolo chiama « fede che agisce tramite l'amore » ( Gal 5,6 ).15

La conoscenza che ne avremo non potrà che essere debole e imperfetta, eppure è la più nobile delle conoscenze che potremmo mai acquisire e che ci darà la più grande delle gioie.16

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5 De Trinitate XIV 1, 3 ( BA 16, p. 348; NBA 4, p. 465 ).
6 Ibid., XV 28, 31: «Desideravi intellectu videre quod credidi» (BA 16, p.564; NBA 4, p. 719).
7 Proslogion I, ed. F.S. SCHMITr, p. 100, in ANSELME DE CANTORBÉRY, Monologion. Proslogion, intr., trad. e note di M. Corbin, Paris 1986, p. 242
8 Is 7,9b; l'ebraico invero: "non avrete stabilità"; Trad. CEI.
9 Sermone 43, 7, 9: PL 38,58.
10 Per non citare che un solo esempio del XX secolo, E. Schillebeeckx parla della fede come «punto di partenza e fondamento permanente della teologia», e sviluppa l.idea secondo cui «la fede esige intrinsecamente la teologia», cf. Approches théologiques, I. Révélation et théologie, Bruxelles-Paris 1963, pp. 84-90.
11 II-II, q.1, a. 2 ad 2: «Actus autem credentis non terminatur ad enuntiabile sed ad rem».
12 In Joannem 20, lect. 6, n. 2562: «Statim factus est Thomas bonus theologus veram fidem confitendo».
13 De ver., q. 14, a. 2 ad 10: «quidam appetitus boni repromissi»; cf. Super Boetium De Trin., q. 3, a. 1 ad 4, in cui Tommaso sviluppa ciò con maggiore ampiezza.
14 II-II, q. 2, a. 10: «Cum enim homo habet promptam voluntatem ad credendum, diligit veritatem creditam, et super ea excogitat et amplectitur si quas rationes ad hoc invenire potest».
15 II-II, q. 4, a. 2 ad 3: «quia veritas prima, quae est fidei obiectum, est finis omnlum desideriorum et actionum nostrarum…, unde est quod per dilectionem operatur»; l'ispirazione agostiniana apertamente riconosciuta rinvia qui al De Trinitate I 8, 17 e 10, 20 (cf. BA 15, pp. 130 e 142; NBA 4, pp. 35 e 41; cf. SCG III 25, n. 2064: «Est igitur ultimus finis totius hominis, et omnium operationum et desideriorum eius, cognoscere primum rerum, quod est Deus»).
16 Cf. SCG I 5 e 8.