Summa Teologica - I |
Pare che il bene differisca realmente dall'ente.
1. Dice Boezio [ De hebdom. ]: « Nelle cose io scorgo che altra cosa è l'essere buone e altra cosa l'essere enti ».
Quindi il bene e l'ente differiscono realmente.
2. Nulla è forma di se stesso.
Ma il bene, come si legge nel libro De Causis [ prop. 21 e 22 ], è una determinazione formale dell'ente.
Quindi il bene differisce realmente dall'ente.
3. Il bene può essere maggiore o minore, non invece l'ente.
Quindi il bene è realmente distinto dall'ente.
S. Agostino [ De doctr. christ. 1,32.35 ] dice: « In quanto siamo, siamo buoni ».
Il bene e l'ente si identificano secondo la realtà, ma differiscono secondo il concetto.
E lo si vede nel modo seguente.
La ragione di bene consiste nel fatto che una cosa è desiderabile: infatti Aristotele [ Ethic. 1,1 ] dice che il bene è « ciò che tutte le cose desiderano ».
Ora, è chiaro che una cosa è desiderabile nella misura in cui è perfetta, poiché ogni cosa tende appunto a perfezionare se stessa.
Ma in tanto una cosa è perfetta in quanto è in atto: e così è evidente che una cosa in tanto è buona in quanto è ente; l'essere infatti è l'attualità di ogni cosa, come appare da quanto si è detto sopra [ q. 3, a. 4; q. 4, a. 1, ad 3 ].
E così si dimostra che il bene e l'ente si identificano realmente; ma il bene esprime il concetto di appetibile, non espresso dall'ente.
1. Nonostante che il bene e l'ente siano in realtà l'identica cosa, siccome tuttavia differiscono nel loro concetto, una cosa è detta ente in senso assoluto [ simpliciter ] ed è detta bene in senso assoluto [ simpliciter ] non alla stessa maniera.
Siccome infatti « ente » indica che qualcosa è propriamente in atto, e l'atto dice ordine alla potenza, diremo che una cosa è ente in senso pieno e assoluto in forza di quell'elemento per cui originariamente viene a distinguersi da ciò che è solo in potenza.
E questo è l'essere sostanziale di ogni realtà: quindi una cosa è detta ente in senso pieno e assoluto in forza del suo essere sostanziale.
In forza degli atti sopraggiunti, invece, si dice che una cosa è ente secundum quid, cioè sotto un certo aspetto; come essere bianco significa essere sotto un certo aspetto: infatti la bianchezza non toglie una cosa dalla pura potenzialità, dal momento che l'essere bianco viene ad aggiungersi a una realtà che preesiste già in atto.
Il bene invece esprime l'idea di cosa perfetta, vale a dire desiderabile: e per conseguenza include il concetto di cosa ultimata.
Quindi si chiama bene in senso pieno e assoluto ciò che si trova in possesso della sua ultima perfezione.
Ciò che invece non ha l'ultima perfezione che dovrebbe avere, sebbene abbia una certa perfezione in quanto è in atto, non viene detto per questo perfetto in senso pieno e assoluto, e neppure buono in senso pieno e assoluto, ma solo buono sotto un certo aspetto.
Così dunque in base all'essere primo e fondamentale, che è l'essere della sua sostanza, una cosa è detta ente in senso pieno e assoluto e buona sotto un certo aspetto, cioè in quanto è un'entità; invece secondo la sua ultima attualità una cosa è detta ente sotto un certo aspetto e buona in senso pieno e assoluto.
Quindi, allorché Boezio afferma che « nelle cose altro è l'essere buone e altro l'essere enti », ciò va riferito all'essere e al bene presi entrambi in senso pieno e assoluto: poiché una cosa è ente in senso pieno e assoluto in forza dell'atto primo e fondamentale, mentre è bene in tale senso in forza del suo atto ultimo.
E tuttavia secondo l'atto primo è un certo bene, e secondo l'atto ultimo è un certo ente.
2. Si può dire che il bene è come una forma nuova in quanto si considera il bene in senso pieno e assoluto, che consiste nell'ultima attualità.
3. Ugualmente si risponde alla terza obiezioni: che cioè il bene può dirsi maggiore o minore in base alle attualità [ o perfezioni ] aggiunte, quali potrebbero essere la scienza o la virtù.
Indice |