Summa Teologica - I |
Infra, q. 54, a. 2; In 1 Sent., d. 45, a. 1; C. G., I, cc. 72, 73; IV, c. 19; De Verit., q. 23, a. 1; Comp. Theol., c. 32 C. G., IV, c. 13; De Verit., q. 4, a. 8; In Ioan., c. 1, lect. 2
Pare che in Dio non vi sia la volontà.
1. L'oggetto della volontà è il fine e il bene.
Ma a Dio non si può assegnare alcun fine.
Quindi in Dio non c'è la volontà.
2. La volontà è un appetito.
Ma l'appetito, in quanto riguarda una cosa non posseduta, è indice di imperfezione, che non può essere attribuita a Dio.
Quindi in Dio non c'è volontà.
3. Secondo il Filosofo [ De anima 3,10 ], la volontà è un movente mosso.
Ma Dio è il primo motore immobile, come prova lo stesso Aristotele [ Phys. 8, cc. 4-6 ].
Quindi in Dio non c'è volontà.
L'Apostolo [ Rm 12,2 ] così si esprime: « Per poter discernere qual è la volontà di Dio »
In Dio c'è la volontà come c'è l'intelligenza, essendo la volontà intimamente connessa con l'intelletto.
Come infatti ogni cosa esistente in natura ha l'essere in atto in forza della sua forma, così ogni intelligenza ha l'intendere in atto mediante la sua forma intelligibile.
Ogni cosa, poi, ha verso la propria forma questo rapporto, che quando non la possiede vi tende, e quando la possiede vi si riposa.
E lo stesso vale per ogni perfezione naturale, che costituisce un bene di natura.
E questa tendenza al bene negli esseri privi di conoscenza viene detta appetito naturale.
Per cui anche gli esseri intelligenti hanno una simile inclinazione al bene appreso mediante una specie intelligibile, in maniera che quando hanno questo bene vi si riposano, e quando invece non l'hanno lo ricercano.
E questa duplice operazione appartiene alla volontà.
Quindi in ogni essere che ha l'intelletto c'è la volontà, come in ogni essere dotato di senso c'è l'appetito sensitivo.
Quindi è necessario affermare che in Dio esiste la volontà, essendoci l'intelletto.
E come la sua intellezione è il suo essere, così lo è il suo volere.
1. Nessuna cosa distinta da Dio è il fine di Dio, tuttavia egli stesso è il fine di tutto ciò che da lui è fatto.
E lo è per essenza, poiché è buono per essenza, come sopra si è dimostrato [ q. 6, a. 3 ]: infatti il fine ha ragione di bene.
2. La volontà, in noi, appartiene alla parte appetitiva la quale, sebbene derivi il suo nome dall'appetizione, tuttavia non comporta solo l'atto di desiderare ciò che non ha, ma anche quello di amare ciò che ha e di dilettarsi in esso.
E sotto questo aspetto si ammette in Dio la volontà; la quale possiede sempre quel bene che ne è l'oggetto, non essendo questo essenzialmente distinto da Dio, come si è spiegato [ ad 1 ].
3. Una volontà il cui oggetto principale è fuori di essa deve essere mossa da altro.
Ma l'oggetto della volontà divina è la sua stessa bontà, che si immedesima con la sua essenza.
Siccome quindi la volontà di Dio è la sua essenza, essa non è mossa da altro, ma solo da se stessa, secondo quel modo di parlare per cui intendere e volere sono detti movimento.
E in questo senso Platone [ Phaedri 24 ] disse che il primo motore muove se stesso.
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