Summa Teologica - I |
C. G., II, c. 47; De Verit., q. 23, a. 1
Pare che negli angeli non ci sia la volontà.
1. Il Filosofo [ De anima 3,9 ] afferma che « la volontà è nella ragione ».
Ora, negli angeli non c'è la ragione, ma qualcosa di superiore ad essa.
Quindi negli angeli non c'è la volontà, ma qualcosa di superiore alla volontà.
2. La volontà, come dimostra il Filosofo [ De anima 3, cc. 9,10 ], è un appetito.
Ma l'appetito è proprio di un essere imperfetto, avendo per oggetto ciò che non si possiede ancora.
Ora, non essendovi negli angeli, specialmente in quelli beati, alcuna imperfezione, pare che in essi la volontà non esista.
3. Il Filosofo [ De anima 3,10 ] insegna che la volontà è un movente mosso: infatti è mossa dagli oggetti appetibili conosciuti.
Ma gli angeli, essendo incorporei, sono immobili.
Quindi negli angeli non esiste la volontà.
Dice S. Agostino [ De Trin. 10,12.19 ] che nella mente si trova l'immagine della Trinità in quanto si trovano in essa la memoria, l'intelletto e la volontà.
Ora, l'immagine di Dio non è soltanto nella mente umana, ma anche nella mente angelica, essendo anch'essa fatta per possedere Dio.
Quindi negli angeli c'è la volontà.
È necessario ammettere nell'angelo la volontà.
Per averne la dimostrazione bisogna considerare che tutte le cose, procedendo dalla volontà di Dio, tendono al bene, ma ciascuna in modo diverso.
Alcune infatti hanno soltanto un'inclinazione naturale al bene, senza conoscerlo, come le piante e i corpi inanimati.
E questa inclinazione al bene viene chiamata appetito naturale.
- Altri esseri invece tendono al bene per averlo in qualche modo conosciuto: non nel senso che conoscano la natura stessa del bene, ma in quanto conoscono qualche bene particolare, come fa il senso che conosce il dolce o il bianco o altre simili cose.
E l'inclinazione che accompagna questa conoscenza viene chiamata appetito sensitivo.
- Altri esseri infine tendono al bene conoscendo la natura stessa del bene, il che è proprio dell'intelletto.
E questi esseri tendono al bene in modo perfettissimo: infatti non tendono al bene solo perché ricevono l'impulso o la direzione da un altro essere, come le realtà non dotate di conoscenza, e neppure tendono soltanto a un bene particolare, come gli esseri che hanno la sola conoscenza sensitiva, ma sono inclinati al bene universale.
E questa inclinazione prende il nome di volontà.
- Quindi, dato che gli angeli conoscono con l'intelletto la stessa nozione universale di bene, è evidente che in essi si trova la volontà.
1. La ragione trascende il senso in modo diverso da come l'intelletto trascende la ragione.
La ragione infatti trascende il senso a motivo della diversità dell'oggetto: poiché il senso conosce il particolare, mentre la ragione conosce l'universale.
Quindi l'appetito che tende al bene universale, proprio della ragione, dev'essere diverso dall'appetito che tende al bene particolare, proprio del senso.
- L'intelletto e la ragione invece si differenziano solo nel modo di conoscere: in quanto cioè l'intelletto conosce per una semplice intuizione, la ragione invece passando da una conoscenza all'altra.
Ciò nonostante la ragione, col suo processo discorsivo, giunge a conoscere l'oggetto medesimo che l'intelletto apprende senza raziocinio, cioè l'universale.
Quindi l'oggetto che viene proposto alla facoltà appetitiva è identico tanto per la ragione quanto per l'intelletto.
Per cui negli angeli, i quali sono semplicemente intellettuali, non c'è un appetito superiore alla volontà.
2. Sebbene il nome delle facoltà appetitive sia derivato dall'appetire quelle cose che non si posseggono, tuttavia le facoltà appetitive non si estendono soltanto a queste cose, ma altresì a molte altre.
Come il nome [ latino ] della pietra [ lapis ] deriva da ledere il piede, sebbene questa non sia la sua sola proprietà.
Parimenti la facoltà dell'irascibile viene denominata dall'ira, e tuttavia si trovano in essa molte altre passioni, come la speranza, l'audacia ecc.
3. La volontà viene detta un movente mosso nel medesimo senso in cui la volizione e l'intellezione sono anch'esse un moto; ora, nulla impedisce che vi sia un tale moto negli angeli, poiché questo moto è « l'atto di un essere perfetto », come dice Aristotele [ De anima 3,7 ].
Indice |