Summa Teologica - I-II |
In 2 Sent., d. 25, q. 1, a. 1, ad 6; De Verit., q. 29, a. 1; In 3 Ethic., lect. 4
Pare che la volontarietà non si trovi negli animali bruti.
1. Volontarietà deriva da volontà; ma la volontà, trovandosi nella ragione, come dimostra Aristotele [ De anima 3,9 ], non può trovarsi negli animali bruti.
Quindi in questi non ci può essere la volontarietà.
2. Si dice che l'uomo è padrone dei suoi atti in quanto gli atti umani sono volontari.
Ma gli animali non hanno il dominio dei propri atti: poiché essi, come dice il Damasceno [ De fide orth. 2,27 ], sono piuttosto azionati che attivi.
Quindi negli animali bruti non c'è volontarietà.
3. Scrive il Damasceno [ ib., c. 24 ] che « agli atti volontari sono connessi la lode e il biasimo ».
Ma gli atti dei bruti non meritano né lode, né biasimo.
Quindi in essi non c'è volontarietà.
Il Filosofo [ Ethic. 3,2 ] insegna che i bambini e gli animali bruti partecipano della volontarietà.
E lo stesso dicono il Damasceno [ l. cit. ] e S. Gregorio di Nissa [ Nemesio, De nat. hom. 32 ].
La volontarietà richiede che il principio dell'atto sia interiore e accompagnato dalla conoscenza del fine.
Ora, ci sono due modi di conoscere il fine, cioè perfettamente e imperfettamente.
La conoscenza del fine è perfetta quando non solo viene percepita la cosa che costituisce il fine, ma viene conosciuto anche il suo aspetto di fine, e il rapporto di quanto è ordinato al fine col fine medesimo: e tale conoscenza del fine appartiene soltanto all'essere razionale.
Invece è imperfetta quella conoscenza del fine che consiste nella sola percezione del fine senza conoscerne l'aspetto di fine, e il rapporto dell'atto col fine: e tale conoscenza del fine si trova negli animali bruti mediante il senso e l'istinto naturale.
Quindi la volontarietà perfetta accompagna la perfetta conoscenza del fine: per cui uno, dopo la percezione del fine, è in grado di deliberare prima di tutto sul fine e sui mezzi diretti al fine, e quindi di muoversi o di non muoversi verso di esso.
Invece la conoscenza imperfetta del fine è accompagnata da una volontarietà imperfetta: per cui l'essere che percepisce il fine non delibera, ma subito si muove verso di esso.
Quindi soltanto la natura razionale possiede la volontarietà perfetta.
Tuttavia una certa volontarietà imperfetta compete anche agli animali bruti.
1. La volontà sta a indicare l'appetito razionale: perciò non si può trovare negli esseri privi di ragione.
Invece la volontarietà deriva il suo nome dalla volontà, e può estendersi alle cose che in qualche modo ne partecipano, per un rapporto con essa.
Ed è in questa maniera che agli animali bruti viene attribuita la volontarietà, cioè in quanto si muovono verso il fine mediante una certa conoscenza.
2. L'uomo è padrone dei suoi atti inquantoché può deliberare su di essi.
Infatti la volontà è indifferente verso più soluzioni, poiché la ragione può avere di mira gli opposti.
Ma la volontarietà non si trova negli animali bruti in questo modo, come si è spiegato [ nel corpo ].
3. La lode e il biasimo accompagnano l'atto volontario secondo la volontarietà perfetta, che non si trova nei bruti.
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