Summa Teologica - I-II |
I, q. 19, a. 9; In 4 Sent., d. 49, q. 1, a. 3, sol. 1; De Verit., q. 22, a. 6
Pare che la volizione non abbia per oggetto solo il bene.
1. Gli opposti sono l'oggetto di una medesima facoltà.
Ma il bene e il male sono opposti.
Quindi la volizione non ha per oggetto solo il bene, ma anche il male.
2. Le potenze razionali, secondo il Filosofo [ Met. 8,2 ], possono volgersi a perseguire cose opposte.
Ma la volontà è una facoltà razionale: infatti si trova « nella ragione » come scrive lo stesso Aristotele [ De anima 3,9 ].
Quindi la volontà ha per oggetto cose opposte.
Quindi non vuole soltanto il bene, ma anche il male.
3. Il bene e l'ente si equivalgono.
Ora, la volizione non abbraccia soltanto gli enti, ma anche i non enti: infatti talora noi vogliamo non camminare e non parlare; e talora vogliamo cose future, che non sono enti in atto.
Quindi la volizione non ha per oggetto solo il bene In contrario: Dionigi [ De div. nom. 4 ] insegna che « il male è estraneo alla volizione », e che « tutte le cose desiderano il bene ».
La volontà è un appetito razionale.
Ma ogni appetito ha per oggetto solo il bene.
E la ragione sta nel fatto che l'appetito consiste precisamente nell'inclinazione dell'appetente verso un oggetto.
Ma nessun essere prova inclinazione verso cose ad esso non conformi e non convenienti.
Siccome dunque ogni essere, in quanto ente e sostanza, è un bene, è necessario che ogni sua inclinazione sia orientata verso un bene.
Per questo il Filosofo [ Ethic. 1,1 ] scrive che il bene è « ciò che tutte le cose desiderano ».
Ora, bisogna considerare che, derivando ogni inclinazione da una data forma, l'appetito naturale dipende dalla forma che si trova nella natura; l'appetito sensitivo e quello intellettivo o razionale, chiamato volontà, dipendono invece dalle forme avute in seguito alla percezione.
Come quindi l'oggetto verso cui tende l'appetito naturale è il bene esistente nella realtà, così l'oggetto verso cui tende l'appetito animale o quello volontario è il bene conosciuto.
Perché dunque la volontà tenda verso un oggetto non è necessario che esso sia un bene vero, ma che sia conosciuto sotto l'aspetto di bene.
E per questo il Filosofo [ Phys. 2,3 ] scrive che « il fine è un bene, o un bene apparente ».
1. Gli opposti sono l'oggetto di una medesima facoltà, ma non allo stesso modo.
La volontà dunque ha per oggetto il bene e il male: mentre però il bene lo appetisce, il male lo fugge.
Quindi l'appetizione attuale del bene è detta volizione, in quanto denomina l'atto della volontà: e noi qui parliamo della volontà in questo senso.
Invece la fuga del male è piuttosto una nolizione.
Come quindi la volizione ha per oggetto il bene, così la « nolizione » ha per oggetto il male.
2. Una potenza razionale non può volgersi a perseguire tutti gli opposti, ma solo quelli che rientrano nel proprio oggetto: infatti ogni potenza non è capace di cogliere se non l'oggetto ad essa conveniente.
Ora, l'oggetto della volontà è il bene.
Quindi la volizione può avere per oggetto quegli opposti che rientrano nel bene, come muoversi e riposarsi, parlare e tacere, e così via: infatti la volizione persegue tali opposti sotto l'aspetto di bene.
3. Ciò che nella realtà è un non ente può essere considerato come ente dalla ragione: infatti si dice che le negazioni e le privazioni sono enti di ragione.
E in questo modo anche le realtà future, in quanto vengono pensate, sono enti.
In quanto dunque sono enti in questo modo sono apprese sotto l'aspetto di bene: e così la volontà tende verso di esse.
Per cui il Filosofo dice [ Ethic. 5,1 ] che « la privazione del male ha ragione di bene ».
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