Summa Teologica - I-II |
Infra, q. 46, a. 1, ad 2; In 3 Sent., d. 26, q. 1, a. 3; De Verit., q. 26, a. 4
Pare che ogni passione dell'anima abbia il suo contrario.
1. Le passioni sono o nell'irascibile o nel concupiscibile, come si è detto [ a. 1 ].
Ma sia le une che le altre hanno la loro contrarietà.
Quindi tutte le passioni hanno il loro contrario.
2. Ogni passione è indirizzata o al bene o al male, che formano l'oggetto di tutta la parte appetitiva.
Ma alla passione che ha per oggetto il bene si contrappone quella che ha per oggetto il male.
Quindi ogni passione ha il suo contrario.
3. Ogni passione, come si è visto [ a. prec. ], è fondata o sull'atto di accedere o su quello di allontanarsi.
Ma a ogni avvicinamento si contrappone un allontanamento, e viceversa.
Quindi ogni passione dell'anima ha il suo contrario.
L'ira è una passione dell'anima.
Ma nessuna passione viene indicata da Aristotele come contraria all'ira [ cf. Ethic. 4,5 ].
Quindi non ogni passione ha il suo contrario.
È un fatto unico che la passione dell'ira non possa avere il suo contrario, né in base all'atto di accedere o di recedere, né in base alla contrarietà fra il bene e il male.
Infatti l'ira viene causata da un male ineliminabile e già presente.
E alla presenza di esso è necessario o che l'appetito soccomba, e allora non passa i limiti della tristezza, che è una passione del concupiscibile, oppure che abbia un moto d'ira per respingere il male dannoso.
Un moto di fuga è invece impossibile, poiché il male è già presente, o passato.
E così non esiste una passione contraria al moto dell'ira in base all'accedere o al recedere.
Così pure non esiste contrarietà in base all'opposizione tra bene e male.
Poiché al male già inflitto si oppone il bene già conseguito: ma questo non può più avere l'aspetto di bene arduo o difficile.
D'altra parte dopo il conseguimento del bene non rimane altro moto che l'acquietarsi dell'appetito nel bene raggiunto: e questo è il gaudio, o gioia, che è una passione del concupiscibile.
Dunque il moto dell'ira non può avere un moto psicologico contrario, ma ad esso si oppone soltanto il calmarsi del moto stesso: per cui il Filosofo [ Reth. 2,3 ] dice che « l'acquietarsi si oppone all'adirarsi »; ma è un'opposizione negativa, o privativa, non già contraria.
Rimangono sciolte così anche le obiezioni.
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