Summa Teologica - I-II |
Pare che la prestanza non sia la causa per cui uno facilmente si adira.
1. Il Filosofo [ Reth. 2,2 ] scrive che « alcuni sono irritabili al massimo quando soffrono: così i malati, i poveri e i delusi nei loro desideri ».
Ma tutte queste cose sono delle deficienze.
Quindi le deficienze rendono inclini all'ira più della prestanza.
2. Il Filosofo [ ib. ] aggiunge che « alcuni sono irritabili al massimo quando si può sospettare che in essi non ci sia una perfezione, o ci sia un difetto; quando invece pensano di eccellere nelle cose in cui vengono disprezzati, non vi fanno caso ».
Ora, questo sospettare è dovuto a una deficienza.
Quindi le deficienze sono causa dell'ira più della prestanza.
3. Le cose che contribuiscono alla propria prestanza sono quelle che rendono più affabili e fiduciosi.
Ora, il Filosofo [ Reth. 2,3 ] afferma che « nel gioco, nel riso, nelle feste, nella prosperità, nella riuscita delle loro imprese, nei godimenti onesti e nella piena fiducia, gli uomini non si adirano ».
Quindi la prestanza non causa l'ira.
Il Filosofo [ Reth. 2,9 ] insegna che gli uomini si adirano per la loro prestanza.
In due modi si può considerare la causa dell'ira dalla parte del soggetto.
Primo, in base al rapporto col movente dell'ira.
E allora la prestanza personale è la causa per cui uno facilmente si adira.
Infatti il movente dell'ira è, come si è detto [ a. 2 ], il disprezzo ingiusto.
Ora, è evidente che quanto più uno è eccellente, più è ingiusto che venga disprezzato in ciò che lo distingue.
Perciò quelli che eccellono in qualcosa si irritano al massimo se vengono in ciò disprezzati: come fa il ricco disprezzato nelle sue ricchezze, l'oratore disprezzato nell'oratoria e così via.
Secondo, la causa dell'ira dalla parte del soggetto può essere considerata in base alla disposizione che viene lasciata in lui da tale movente.
È chiaro, infatti, che l'unica cosa capace di muovere all'ira è un danno che rattrista.
Ora, le cose più rattristanti si riducono a delle minorazioni: poiché quando gli uomini sono minorati si affliggono con più facilità.
E questo è il motivo per cui i malati e gli infelici sono più portati all'ira: perché si addolorano con più facilità.
1. È così risolta la prima obiezioni.
2. Chi è disprezzato in cose dove eccelle particolarmente non ritiene di subire alcun danno, per cui non si rattrista: e da questo lato ha meno motivo di adirarsi.
Dall'altro lato invece, in quanto viene disprezzato più ingiustamente, ne avrebbe un maggior motivo.
A meno che egli non pensi di essere malvisto o deriso non per disprezzo, ma per ignoranza, o per altre cose del genere.
3. Tutte le cose indicate impediscono l'ira in quanto impediscono la tristezza.
Ma da un altro lato sono fatte per provocare l'ira, inquantoché rendono più irragionevole il disprezzo.
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