Summa Teologica - I-II |
In 3 Sent., d. 14, q. 1, a. 1, sol. 2, ad 1
Pare che negli angeli non vi possano essere degli abiti.
1. Scrive S. Massimo, commentatore di Dionigi [ De cael. hier. 7,1 ]: « Non è da credere che in queste divine intelligenze », cioè negli angeli, « ci siano delle virtù intellettive », ossia spirituali, « sotto forma di accidenti, come in noi, cioè come proprietà esistenti in un soggetto: poiché da esse è escluso qualsiasi accidente ».
Ora, tutti gli abiti sono accidenti.
Quindi negli angeli non ci sono abiti.
2 Scrive Dionigi [ ib. 4,2 ] che « le sante disposizioni delle essenze celesti partecipano più di ogni altra cosa la bontà di Dio ».
Ora, tutto ciò che è per se stesso [ cioè sostanza ] ha una priorità su ciò che è mediante altro.
Quindi le essenze angeliche ricevono per se stesse la perfetta conformità con Dio.
Quindi non mediante qualche abito.
- E questo sembra l'argomento di S. Massimo [ l. cit. ], il quale aggiunge: « Se ciò avvenisse, l'essenza degli angeli non rimarrebbe in se stessa, e non le sarebbe concesso di essere deificata per se stessa, nei limiti del possibile ».
3. L'abito, come insegna Aristotele [ Met. 5,20 ], è una disposizione.
Ma la disposizione è « l'ordine di un essere dotato di parti ».
Siccome dunque gli angeli sono sostanze semplici, sembra che in essi non ci siano disposizioni e abiti.
Dionigi [ De cael. hier. 7,1 ] afferma che gli angeli della prima gerarchia « sono denominati Brucianti, Troni ed Effusioni di sapienza, poiché tale è la manifestazione deiforme dei loro abiti ».
Alcuni hanno pensato che negli angeli non vi siano abiti, ma che tutti i loro attributi appartengano alla loro essenza.
Infatti S. Massimo, dopo le parole da noi riferite [ ob. 1 ], scrive: « Gli abiti e le virtù che sono in essi sono essenziali, per la loro immaterialità ».
E la stessa cosa è ripetuta da Simplicio [ Comm. praed. 8]: « La sapienza esistente nell'anima è un abito, mentre quella che è nell'intelletto è sostanza.
Infatti tutte le cose che sono divine sono per se stesse autosufficienti, ed esistenti in se medesime ».
Ora, questa tesi in parte è vera e in parte è falsa.
È chiaro infatti, da quanto si è detto [ q. 49, a. 4 ], che soggetto dell'abito è soltanto un essere in potenza.
Perciò i suddetti commentatori, considerando che gli angeli sono sostanze immateriali, prive della potenza della materia, esclusero da essi l'abito e qualsiasi altro accidente.
Ma poiché negli angeli, pur mancando la potenza della materia, si trova ancora una certa potenzialità ( infatti è esclusivo di Dio essere atto puro ), in essi ci possono essere gli abiti nella misura in cui c'è in essi la potenza.
Siccome però la potenza della materia e quella di ordine intellettivo non sono della stessa natura, neppure gli abiti rispettivi sono della stessa natura.
Simplicio [ l. cit. ] infatti afferma che « gli abiti delle sostanze intellettive non sono simili agli abiti di quaggiù, ma sono piuttosto simili alle specie immateriali semplici che esse contengono in se stesse ».
Tuttavia rispetto a questi abiti l'intelletto angelico si trova in condizioni diverse dall'intelletto umano.
Poiché l'intelletto umano, essendo l'ultimo fra gli esseri intellettivi, è in potenza rispetto a tutti gli intelligibili, come la materia prima rispetto a tutte le forme sensibili, e quindi ha sempre bisogno di qualche abito per qualsiasi conoscenza.
Invece l'intelletto angelico non è pura potenza tra gli esseri di ordine intellettuale, ma è un determinato atto; non atto puro ( essendo questo proprio di Dio soltanto ), ma combinato con una certa potenzialità; e quanto più l'intelletto angelico è superiore, tanto minore è la sua potenzialità.
Perciò nella Prima Parte [ q. 55, a. 1 ] si è detto che in quanto è in potenza ha bisogno di essere predisposto alla sua operazione mediante determinate specie fungenti da abiti, ma in quanto è in atto può intendere le cose mediante la propria essenza; per lo meno può intendere se stesso, e altro ancora secondo il grado della sua sostanza, come leggiamo nel De Causis [ 7 ]: e tanto più perfettamente quanto più è perfetto.
E poiché nessun angelo può raggiungere la perfezione di Dio, ma ne dista infinitamente, perché possa raggiungere Dio con l'intelletto e la volontà l'angelo ha bisogno di determinati abiti, essendo in potenza rispetto a quell'atto puro.
Perciò Dionigi [ l. cit. nel s.c. ] insegna che gli abiti degli angeli sono « deiformi », atti cioè a renderli conformi a Dio.
Invece negli angeli manca qualsiasi abito che sia una disposizione al loro essere naturale, essendo essi immateriali.
1. Le affermazioni di S. Massimo valgono per gli abiti e gli accidenti materiali.
2. In ciò che loro appartiene in forza della loro essenza gli angeli non hanno bisogno di abiti.
Ma poiché non sono enti per se stessi, così da non dover partecipare della sapienza e della bontà divina, è necessario ammettere in essi degli abiti nella misura in cui hanno bisogno di partecipare di qualcosa dall'esterno.
3. Negli angeli l'essenza non ha parti, ma le parti non mancano nelle loro facoltà, poiché il loro intelletto raggiunge la sua perfezione mediante una pluralità di specie intenzionali, e la loro volontà tende verso oggetti molteplici.
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