Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se un abito possa dissolversi

I, q. 89, a. 5

Pare che un abito non possa dissolversi.

Infatti:

1. L'abito si trova nel soggetto come una [ seconda ] natura: infatti le azioni che ne derivano sono piacevoli.

Ma la natura non si dissolve finché rimane l'essere di cui è la natura.

Quindi neppure l'abito può dissolversi finché rimane il soggetto.

2. La dissoluzione di una forma dipende o dalla dissoluzione del suo soggetto, o dal suo contrario: come la malattia viene a cessare o per la morte dell'animale o per la guarigione.

Ma la scienza, che pure è un abito, non può cessare per la dissoluzione del soggetto: poiché « l'intelletto », che ne è il soggetto, « è una sostanza che non si corrompe », come insegna Aristotele [ De anima 1,4 ].

E neppure può distruggerla il suo contrario: infatti le specie intelligibili non sono mai contrarie fra loro, come dice il medesimo Autore [ Met. 7,7 ].

Perciò l'abito della scienza in nessun modo può andare in dissoluzione.

3. Ogni distruzione dipende da un moto.

Ora l'abito della scienza, che è nell'anima, non può essere distrutto direttamente da un moto dell'anima: poiché l'anima non si muove di per sé, ma si muove soltanto indirettamente con il moto del corpo.

D'altra parte nessuna trasmutazione del corpo può distruggere le specie intelligibili che si trovano nell'intelletto, poiché l'intelletto per se stesso, indipendentemente dal corpo, è il luogo delle specie [ intenzionali ]: per cui si ritiene che gli abiti non vengano distrutti né dalla vecchiaia, né dalla morte.

Quindi la scienza non può essere distrutta.

E per conseguenza neppure gli abiti delle virtù, che sono anch'essi nell'anima razionale: come infatti scrive il Filosofo [ Ethic. 1,10 ], « le virtù sono più persistenti delle conoscenze ».

In contrario:

Aristotele [ De long. et brev. vitae 2 ] afferma che « la scienza è corrotta dalla dimenticanza e dall'errore ».

Inoltre chi pecca perde l'abito della virtù.

E d'altra parte, come dice il medesimo Autore [ Ethic. 2, cc. 1,3 ], le virtù nascono e muoiono in forza di atti contrari.

Dimostrazione:

Una forma viene distrutta direttamente dal suo contrario, e indirettamente mediante la distruzione del suo soggetto.

Se quindi esiste un abito il cui soggetto è corruttibile e la cui causa può essere contrariata, tale abito è soggetto alla dissoluzione in tutti e due i modi: come è evidente per gli abiti del corpo, cioè per la salute e per la malattia.

Invece gli abiti il cui soggetto è incorruttibile non possono avere una dissoluzione indiretta.

Tuttavia ci sono degli abiti che, pur avendo un soggetto principale incorruttibile, hanno anche un soggetto secondario corruttibile: gli abiti scientifici, p. es., sono principalmente nell'intelletto possibile, ma in modo secondario risiedono nelle facoltà conoscitive sensibili, come si è detto sopra [ q. 50, a. 3, ad 3 ].

Perciò un abito scientifico non può avere una dissoluzione indiretta rispetto all'intelletto possibile, ma può subirla limitatamente alle facoltà sensitive.

Dobbiamo quindi considerare se questi abiti possano subire una dissoluzione diretta.

Se dunque c'è un abito che ha qualche contrario, o per se stesso o per la sua causa, esso potrà dissolversi per sé; se invece non ha contrari non potrà subire una dissoluzione diretta.

Ora, è evidente che le specie intelligibili che risiedono nell'intelletto possibile non hanno contrari.

E neppure ci può essere un contrario per l'intelletto agente, che è la loro causa.

Per cui se nell'intelletto possibile esiste un abito causato immediatamente dall'intelletto agente, tale abito è incorruttibile, sia direttamente che indirettamente.

Ora, tali sono gli abiti dei primi princìpi, sia di quelli speculativi che di quelli pratici, i quali non possono essere distrutti da nessuna dimenticanza e da nessun errore: come il Filosofo [ Ethic. 6,5 ] afferma a proposito della prudenza, che « non può essere perduta per dimenticanza ».

- Ci sono però nell'intelletto possibile degli abiti causati dalla ragione, cioè gli abiti delle conclusioni, chiamati scienze; e le loro cause in due modi ammettono dei contrari.

Primo, dalla parte degli stessi enunciati di cui la ragione si serve: infatti, come nota il Filosofo [ Periherm. 2,14 ], all'enunciato: « Il bene è bene » si contrappone l'altro: « Il bene non è bene ».

Secondo, rispetto al procedimento della ragione: poiché al sillogismo dialettico, o a quello dimostrativo, si oppone quello sofistico.

Ed è per questo che mediante un ragionamento falso si può distruggere l'abito dell'opinione vera, oppure della scienza.

E il Filosofo può affermare, come si è già visto [ s.c. ], che « l'errore corrompe la scienza ».

Ora, ci sono delle virtù che sono intellettuali e che risiedono nella ragione stessa, come insegna Aristotele [ Ethic. 6, cc. 1,2; cf. 1,13 ]: la loro condizione è identica a quella della scienza e dell'opinione.

- Altre invece sono nella parte appetitiva dell'anima, e sono le virtù morali; e lo stesso si dica dei vizi contrari corrispettivi.

Ora, gli abiti della parte appetitiva sono causati dal fatto che la ragione muove la parte appetitiva.

Perciò gli abiti delle virtù e dei vizi possono essere distrutti dal giudizio della ragione che muove in direzione contraria, o per ignoranza, o per passione, oppure per una deliberazione.

Analisi delle obiezioni:

1. L'abito, come afferma Aristotele [ Ethic. 7,10 ], ha una somiglianza con la natura, ma è al disotto di essa.

Come quindi la natura di una cosa in nessun modo si separa da essa, così l'abito se ne separa con obiezioni.

2. Sebbene le specie intelligibili non abbiano contrari, tuttavia i contrari possono trovarsi negli enunciati e nel procedimento della ragione, come si è spiegato [ nel corpo ].

3. Dal moto del corpo la scienza non viene distrutta nella radice stessa del suo abito, ma soltanto viene impedita nei suoi atti: poiché l'intelletto nel suo esercizio ha bisogno delle potenze sensitive, che vengono ostacolate dalle trasmutazioni organiche.

Ma l'abito di una scienza può essere distrutto anche nella sua radice da un moto intellettivo della ragione.

E allo stesso modo può essere distrutto l'abito delle virtù.

- Tuttavia quando si dice che « le virtù sono più persistenti delle conoscenze », ciò va inteso non in rapporto al soggetto o alla causa, ma in rapporto all'operazione: infatti l'esercizio delle virtù è continuo per tutto il corso della vita, mentre non lo è l'uso del sapere.

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