Summa Teologica - I-II

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Articolo 6 - Se l'eubulia, la synesis e la gnome siano virtù annesse alla prudenza

II-II, qq. 48; q. 51; In 3 Sent., d. 33, q. 3, a. 1, sol. 3, 4; De Virt., q. 1, a. 12, ad 26; q. 5, a. 1

Pare che alla prudenza non siano state aggiunte a proposito l'eubulia, la synesis e la gnome.

Infatti:

1. L'eubulia, come scrive Aristotele [ Ethic. 6,9 ], è « un abito mediante il quale deliberiamo bene ».

Ma egli dice pure [ ib., cc. 5,7,9 ] che « il ben deliberare spetta alla prudenza ».

Quindi l'eubulia non è una virtù aggiunta, ma la stessa prudenza.

2. Spetta al superiore giudicare degli inferiori.

Perciò si presenta come suprema quella virtù che viene esercitata nel giudizio.

Ma la synesis è fatta per ben giudicare.

Quindi la synesis non è una virtù aggiunta alla prudenza, ma una virtù principale.

3. Le cose da giudicare sono diverse, come diverse sono quelle su cui si deve deliberare.

Ma per tutte le cose da deliberare viene indicata una sola virtù, cioè l'eubulia.

Quindi per ben giudicare sulle azioni da compiere non è necessario stabilire una seconda virtù oltre alla synesis, vale a dire la gnome.

4. Cicerone [ De invent. 2,53 ] enumera tre altre parti della prudenza, cioè: « la memoria del passato, l'intelligenza del presente » e « la previdenza del futuro ».

E anche Macrobio [ Super somn. Scip. 1,8 ] aggiunge altre parti alla prudenza: « la cautela, la docilità » e altre cose del genere.

Quindi le virtù ricordate non sono le uniche da aggiungere alla prudenza.

In contrario:

C'è l'autorità del Filosofo [ Ethic. 6,11 ], il quale presenta le tre virtù suddette come aggiunte alla prudenza.

Dimostrazione:

Tra potenze subordinate la principale è quella che è ordinata all'atto più importante.

Ora, rispetto alle azioni umane troviamo tre atti della ragione, dei quali il primo è il deliberare, il secondo il giudicare, il terzo il comandare.

Ora, i primi due corrispondono agli atti dell'intelletto speculativo che sono la ricerca e il giudizio: infatti la deliberazione o consiglio è una specie di ricerca.

Invece il terzo è proprio dell'intelletto pratico, in quanto operativo: infatti la ragione non ha il compito di comandare le cose che uno non può fare.

Ora, è evidente che fra tutte le cose che uno compie l'atto principale è il comandare, a cui gli altri atti sono subordinati.

Perciò alla virtù che ha il compito di ben comandare, cioè alla prudenza, vanno aggiunte come virtù secondarie l'eubulia, che ha il compito di ben deliberare, nonché la synesis e la gnome, che hanno quello di giudicare, e della cui distinzione parleremo [ ad 3 ].

Analisi delle obiezioni:

1. La prudenza inclina a ben deliberare non nel senso che la buona deliberazione sia il suo atto, ma perché compie tale atto mediante una virtù subalterna, che è appunto l'eubulia.

2. In campo operativo il giudizio è ordinato a qualche altra cosa: infatti uno può giudicare bene sull'atto da compiere, e tuttavia eseguirlo malamente.

Invece l'ultima perfezione si ha quando la ragione passa a comandare bene sull'azione da compiere.

3. Il giudizio su una cosa si compie mediante i princìpi propri di essa.

Invece l'inquisizione o ricerca non può ancora fondarsi su tali princìpi: se infatti fossero posseduti non ci sarebbe più bisogno di inquisizione, ma la verità sarebbe già stata trovata.

Quindi si richiede una sola virtù per ben deliberare, e due per ben giudicare: poiché la distinzione non si compie tra i princìpi comuni, ma tra quelli propri.

Per cui in campo speculativo una sola dialettica serve per la ricerca in tutti i campi, mentre le scienze dimostrative, che hanno il compito di giudicare, sono diverse secondo la diversità degli oggetti.

- Ora, la synesis e la gnome si distinguono in base alla diversità delle norme con cui giudicano: infatti la synesis ha il compito di giudicare delle azioni da compiere in base alla legge comune; la gnome invece si spinge a giudicare, in base alla ragione naturale, di cose a cui la legge comune non arriva, come vedremo meglio in seguito [ II-II, q. 51, a. 4 ].

4. La memoria, l'intelligenza e la previdenza, come anche la cautela, la docilità e simili, non sono virtù distinte dalla prudenza, ma in qualche modo sono rispetto ad essa come parti integrali, in quanto sono tutte richieste per la sua perfezione.

Ci sono poi anche le parti soggettive, cioè le specie della prudenza: come la prudenza economica, quella politica, ecc.

Le tre virtù sopra indicate sono invece quasi parti potenziali della prudenza: poiché sono ordinate ad essa come gli elementi secondari a quello principale.

E anche di questo parleremo in seguito [ II-II, q. 48 ].

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