Summa Teologica - I-II |
Pare che la divisione delle virtù umane in morali e intellettuali non sia adeguata.
1. La prudenza sembra essere qualcosa di mezzo tra una virtù morale e una virtù intellettuale: infatti viene enumerata da Aristotele [ Ethic. 6, cc. 3,5 ] tra le virtù intellettuali; e tuttavia da tutti è contata tra le quattro cardinali, che sono virtù morali, come vedremo [ q. 61, a. 1 ].
Quindi la divisione delle virtù in intellettuali e morali non è adeguata, in quanto non immediata.
2. La continenza, la perseveranza e la pazienza non vengono computate fra le virtù intellettuali.
Ma neppure sono virtù morali: poiché non raggiungono il giusto mezzo delle passioni rispettive, rimanendo in esse un eccesso di passionalità.
Quindi le virtù non sono divise adeguatamente in virtù morali e intellettuali.
3. La fede, la speranza e la carità sono virtù.
Ma non sono virtù intellettuali: essendo queste ultime, come si è detto [ q. 57, aa. 2,3,5 ], cinque soltanto, cioè la scienza, la sapienza, l'intelletto, la prudenza e l'arte.
E neppure sono virtù morali: poiché non riguardano le passioni, su cui sono impegnate principalmente le virtù morali.
Perciò la divisione delle virtù in intellettuali e morali non è adeguata.
Secondo il Filosofo [ Ethic. 2,1 ] « le virtù si dividono in intellettuali e morali ».
Le virtù sono abiti che dispongono perfettamente l'uomo a ben operare.
Ora, in esso non ci sono che due princìpi degli atti umani, cioè l'intelletto o ragione e l'appetito: infatti, come dice Aristotele [ De anima 3,10 ], questi sono i due motori dell'uomo.
Perciò ogni virtù umana deve essere un perfezionamento di qualcuno di questi princìpi.
Se quindi potenzia l'intelletto, o speculativo o pratico, nel ben operare, sarà una virtù intellettuale; se invece rafforza la parte appetitiva, sarà una virtù morale.
Perciò rimane stabilito che ogni virtù umana è o intellettuale o morale.
1. La prudenza è essenzialmente una virtù intellettuale.
Ma per la materia di cui tratta è affine alle virtù morali: infatti è la retta norma delle azioni da compiere, come sopra [ q. 57, a. 4 ] abbiamo detto.
E sotto questo aspetto viene enumerata tra le virtù morali.
2. La continenza e la perseveranza non sono un perfezionamento delle potenze sensitive.
E ciò è evidente per il fatto che nel continente e nel perseverante sovrabbondano le passioni disordinate: il che non avverrebbe se l'appetito sensitivo avesse raggiunto la perfezione mediante un abito che lo armonizzasse con la ragione.
Invece la continenza, o la perseveranza, è un perfezionamento della parte razionale, che contrasta le passioni per non esserne trascinata, ma non raggiunge il grado di virtù: poiché la virtù intellettiva che ha il compito di ben disporre la ragione rispetto alle azioni morali presuppone la rettitudine dell'appetito rispetto al fine, per potersi adeguare ai princìpi, cioè ai fini, da cui prende inizio il raziocinio; il che è quanto invece manca nel caso della continenza e della perseveranza.
- D'altra parte non può essere perfetta un'operazione che promana da due facoltà se entrambe non sono rivestite dell'abito richiesto: come non può essere perfetta l'azione di chi adopera uno strumento se lo strumento non è adatto, per quanto sia perfetto l'agente principale.
Se quindi l'appetito sensitivo mosso dalla parte razionale non è perfetto, per quanto la parte razionale sia perfetta, l'azione che ne deriva non potrà essere perfetta.
Dunque il principio di tale atto non sarà una virtù.
- Ed è per questo che la continenza dai piaceri e la perseveranza nei dolori non sono virtù, ma qualcosa di meno della virtù, come dice il Filosofo [ Ethic. 7, cc. 1,9; cf. 4,9 ].
3. La fede, la speranza e la carità sono al di sopra delle virtù umane: infatti appartengono all'uomo in quanto partecipe della grazia divina.
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