Summa Teologica - I-II |
In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 1, sol. 3; De Virt., q. 1, a. 12, ad 23; q. 5, a. 1, ad 1; In 2 Ethic., lect. 8
Pare che le quattro virtù suddette non siano virtù diverse, distinte fra di loro.
1. Scrive S. Gregorio [ Mor. 22,1 ]: « Non è vera la prudenza se non è giusta, temperante e forte; non è perfetta la temperanza se non è forte, giusta e prudente; non è integra la fortezza se non è prudente, temperante e giusta; non è vera la giustizia se non è prudente, forte e temperante ».
Ora, così non sarebbe se le quattro virtù indicate fossero tra loro distinte: poiché le specie diverse di un dato genere non possono denominarsi l'una con l'appellativo dell'altra.
Quindi le suddette virtù non sono distinte fra di loro.
2. Quando delle cose sono distinte fra di loro, ciò che è attributo all'una non può valere per l'altra.
Ora, ciò che è proprio della temperanza viene attribuito anche alla fortezza; scrive infatti S. Ambrogio [ De off. 1,36 ]: « Giustamente si deve parlare di fortezza quando uno vince se stesso, e non si lascia snervare e piegare da nessuna seduzione ».
E a proposito della temperanza afferma [ ib., c. 24 ] che « essa custodisce la misura e l'ordine di tutte le cose che pensiamo di dover fare o di dover dire ».
Perciò queste virtù non sono distinte fra di loro.
3. Il Filosofo [ Ethic. 2,4 ] insegna che nella virtù si devono riscontrare le seguenti cose: « Primo, se uno conosce; secondo, se sceglie, e sceglie per un fine; terzo, se è fermo e immobile nelle disposizioni e nell'operare ».
Ora, la prima di queste cose sembra appartenere alla prudenza, che è la retta ragione delle azioni da compiere; la seconda, cioè la scelta, alla temperanza, inquantoché uno agisce non per passione, ma per scelta, tenendo a freno le passioni; la terza, cioè il fatto che uno opera per il debito fine, implica una certa rettitudine, che sembra appartenere alla giustizia; il resto poi, cioè la fermezza e l'immobilità, è proprio della fortezza.
Perciò ognuna di queste virtù è generale rispetto a tutte le altre.
Quindi esse non si distinguono fra loro.
S. Agostino [ De Mor. Eccl. 15 ] insegna che « la virtù si divide in quattro abiti, secondo le variazioni dell'amore »: e seguita parlando di queste quattro virtù.
Quindi esse sono distinte fra di loro.
Come si è già accennato [ a. prec. ], queste quattro virtù vengono spiegate in due modi differenti.
Infatti alcuni le prendono come condizioni generali dello spirito umano, presenti in tutte le virtù: cosicché la prudenza non sarebbe altro che la rettitudine nel discriminare tra i vari atti o materie dell'attività; la giustizia una certa rettitudine dell'anima, in forza della quale un uomo compie ciò che deve in qualsiasi campo; la temperanza invece una disposizione dello spirito che impone moderazione a tutte le passioni e operazioni, perché non vadano oltre il dovuto; la fortezza infine una disposizione che rafforza lo spirito in ciò che è secondo la ragione, contro qualsiasi impulso delle passioni o delle obiezioni che si incontrano nelle operazioni.
Ora queste quattro disposizioni, distinte in questo modo, non implicano una diversità di abiti virtuosi quanto alla giustizia, alla temperanza e alla fortezza.
nfatti qualsiasi virtù morale, essendo un abito, deve avere una certa fermezza, per non essere distolta dal suo contrario: e questo, come si è detto, è proprio della fortezza.
In quanto poi è una virtù deve essere ordinata al bene, il quale implica la nozione di cosa retta o dovuta: e abbiamo detto che ciò appartiene alla giustizia.
In quanto infine è una virtù morale, e quindi razionale per partecipazione, deve rispettare in tutto la misura della ragione, così da non varcarne i limiti: e questo si diceva appartenere alla temperanza.
Soltanto la capacità di scegliere invece, attribuita alla prudenza, appare distinta dagli altri tre aspetti, in quanto appartenente essenzialmente alla ragione stessa, mentre le altre disposizioni implicano una certa partecipazione della ragione, come applicazioni di essa a certe passioni od operazioni.
Perciò, stando a queste spiegazioni, la prudenza sarebbe una virtù distinta dalle altre, ma le altre tre non sarebbero virtù distinte fra di loro: poiché è chiaro che la medesima virtù è insieme abito, virtù e virtù morale.
Altri invece, e con più ragione, prendono queste quattro virtù in quanto vengono determinate a speciali materie: e ciascuna di esse è ristretta a quella sola materia in cui principalmente viene apprezzata quella proprietà dalla quale è derivato il suo nome, come sopra [ ib. ] abbiamo spiegato.
Stando dunque a ciò, è chiaro che queste virtù sono abiti diversi, distinti secondo la diversità degli oggetti.
1. S. Gregorio parla delle virtù suddette secondo la prima accezione.
- Oppure si può rispondere che queste quattro virtù si scambiano le denominazioni per una certa ridondanza.
Ciò che infatti è proprio della prudenza ridonda sulle altre virtù, in quanto queste sono da essa guidate.
E delle rimanenti ciascuna ridonda sulle altre in base al principio che chi è capace del più è capace anche del meno.
E così chi può trattenere la brama dei piaceri del tatto entro i giusti limiti, che è la cosa più difficile, con ciò stesso diviene più adatto a contenere nei giusti limiti l'audacia di fronte ai pericoli di morte, il che è molto più facile: e in questo senso la fortezza potrà dirsi temperante.
E la temperanza può dirsi forte per il ridondare in essa della fortezza: in quanto cioè chi grazie alla fortezza ha l'animo fermo contro i pericoli di morte, che è la cosa più difficile, è meglio disposto a conservare la fermezza d'animo contro l'impulso dei piaceri: poiché, come dice Cicerone [ De off. 1,20 ], « non è probabile che si lasci vincere dalla cupidigia chi non si piega al timore; o che si lasci vincere dal piacere chi si è mostrato invincibile di fronte alla fatica ».
2. Così è risolta anche la seconda obiezioni.
Infatti la temperanza conserva la misura in ogni cosa, e la fortezza mantiene l'animo inflessibile contro gli allettamenti del piacere, o in quanto queste virtù indicano certe condizioni generali delle virtù, o per l'accennata ridondanza.
3. Le quattro condizioni generali delle virtù poste dal Filosofo non sono esclusive delle virtù cardinali.
Possono tuttavia essere appropriate ad esse nel modo indicato sopra [ nel corpo ].
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